Noi e Voi, dialogo lettori e missionari
MC, una casa per la cooperazione
Un paio di volte l’anno esco dal mio ufficio e mi chiudo la porta alle spalle, perché so che non tornerò per un paio d’ore. Vado nella biblioteca della casa generalizia dei Missionari della Consolata a Roma e mi siedo sulla scala di legno che porta dalla saletta principale a quella rialzata e che passa accanto allo scaffale dove ci sono i numeri di Missioni Consolata rilegati per anno. Con l’insolito e suggestivo sottofondo di musica, spesso lirica, che viene da un vicino teatro, mi metto a sfogliare.
Ho iniziato per cercare corrispondenze, anniversari, eventi di cui parlare in Cooperando: di che cosa scriveva la rivista in questo mese di trent’anni fa? E di cinquanta, sessanta, venti anni fa? C’erano progetti sul campo di cui dava conto?
La prima sorpresa è stata scoprire la rubrica «Appelli dal fronte», pubblicata dal gennaio del 1968 al maggio del 1974, che in ogni numero proponeva ai lettori un’iniziativa in missione da sostenere con un’offerta. Da lì è nato «Come cooperavamo», il box sui progetti d’antan – così d’antan che ancora non si chiamavano progetti – che ogni tanto è apparso all’interno di «Cooperando». Ma per trovare questi spunti basterebbe un quarto d’ora, dirà il lettore attento: perché non torni alla tua scrivania a tenere d’occhio i progetti?
Confesso: se mi fermo ore su quella scaletta è perché ogni volta trovo qualche gioiellino, a cominciare dai pezzi eleganti e divertenti di padre Benedetto Bellesi, il mio primo direttore. Ma ce ne sarebbero a decine da citare, come è inevitabile che sia quando una rivista fa per decenni da ponte non solo fra Italia e Africa, America Latina, Asia, ma fra persone e comunità italiane e persone e comunità in luoghi talmente isolati che sarebbe stato altrimenti quasi impossibile averne notizia.
E poi la storia, del secolo scorso e di questo, che attraversa le pagine: non di sfuggita, come fosse un’eco, ma come una presenza imponente che lascia orme profonde, solchi, dentro ai quali i missionari stessi hanno camminato, senza sottrarsi al confronto con mondi e punti di vista anche molto lontani dal loro.
Quanto alla cooperazione in particolare, poi, i pezzi sul volontariato, sullo sviluppo, sulla collaborazione con organizzazioni come Mani Tese pubblicati fra gli anni Sessanta e gli Ottanta del secolo scorso hanno contenuti e linguaggi di un’attualità che mi colpisce ogni volta.
Insomma, buon compleanno MC, te li porti bene questi 125 anni e più. E grazie del servizio che hai reso e rendi alla cooperazione.
Chiara Giovetti
Roma, 10/10/2024
Nonno missionario
Molto rev. padre Anataloni,
Ho seguito con entusiasmo l’elevazione agli altari di san Giuseppe Allamano.
In quei giorni ho potuto incontrare anche padre Rinaldo Do (a Isiro, in Congo Rd), con il quale ho un contatto quotidiano. Da pensionato e nonno faccio parte attiva, con entusiasmo e soddisfazioni, del gruppo missionario parrocchiale Belém, con presenza quasi tutte le domeniche, presso i nostri banchetti vendita, nelle cinque parrocchie del territorio parrocchiale di Alzano Lombardo (Bg).
Abbiamo diversi missionari locali, nessuno della Consolata, in Amazzonia, in Messico, in Papua Nuova Giunea, in Bangladesh, e anche missionarie, purtroppo ritornate al Padre di recente: suore che sono state nella Sierra Leone, che hanno subito anche un rapimento e sono state poi rilasciate (erano tra le sette missionarie di Maria-Saveriane che furono sequestrate il 25 gennaio 1995 dai ribelli del Fronte rivoluzionario unito e liberate il 21 marzo successivo, ndr).
E il cappuccino padre Apollonio, che con il suo decesso, ci ha lasciato in eredità un lebbrosario in Brasile.
Quando san Giuseppe Allamano, padre di missionari e missionarie, raggiunse la gloria del Bernini, ho sentito la necessità di rivolgere una preghiera per i nostri missionari. A metà preghiera mi ha raggiunto un dolorosissimo blocco, con una lacrimuccia: sono un ex seminarista della Consolata. Dopo 9 anni in istituto, alla vigilia dei primi voti, d’accordo con il padre spirituale, ho lasciato. Ma non solo, in seguito, in modo colpevole, ho accantonato anche lo spirito missionario, tra l’altro molto gioioso, che avevo appreso a suo tempo.
Ora, se, nella parte terminale della rivista MC, ci fosse un piccolo trafiletto, magari gestito da un padre in infermeria, dove ne conosco molti di persona, con esperienza di missione e mi aiutasse a rientrare nello spirito missionario della Consolata, forse servirebbe a molti volontari ed ex, che sempre vi stimano e amano.
Mettetemi in condizione di pregare l’Allamano, non raggiungereste grandi risultati, con me: alla fine otterreste non grandi fasci di luce, ma una lucina del presepio, che, in ogni caso, può stare davanti all’Allamano, e quale nonno, porterei in dotazione tre nipotini, che mi seguono nel mondo missionario.
Ferruccio Vitali
Alzano Lombardo, 16/11/2024
Caro Ferruccio,
grazie di questa condivisione personalissima e grazie della passione missionaria che non ti ha mai lasciato; un amore per la missione che sembra essere di casa nel paese dove vivi.
La canonizzazione è stato certamente un avvenimento che ha galvanizzato tutti noi. È stata una tappa essenziale del cammino che stiamo facendo insieme missionari, missionarie e laici che condividono la nostra passione. Davanti abbiamo ancora un anno molto pieno e significativo per tutti noi. La meta sarà il 16 febbraio 2026, centenaria della morte di san Giuseppe Allamano. Una data che diventa occasione e stimolo per rinnovare la nostra fedeltà al suo carisma e, soprattutto, per declinarlo nella nuova realtà in cui tutti viviamo, con tutte le sue crisi, contraddizioni e drammi, ma anche con tantissime nuove potenzialità inedite.
Le pagine di questa rivista saranno un luogo privilegiato per condividere con i nostri amici e «tifosi» questo cammino. Non aspettarti sorprese straordinarie, ma davvero cammineremo insieme per «fare bene il bene», da «santi» anzitutto, «poi missionari».
Sant’Allamano, Attento alla Stampa
A Torino è pubblicata regolarmente la rivista «Il Santuario della Consolata». È la continuazione de «La Consolata», il mensile sorto nel 1899, una rivista, meglio «bollettino», come si diceva allora, che, a sua volta, nel 1928, dopo aver accompagnato per molti anni i primi passi dei missionari e missionarie della Consolata, ha generato «Missioni Consolata» come rivista autonoma.
Quando entro, oggi, nella redazione di MC resto affascinato da una gigantografia appesa a una parete: è la copertina del primo numero de «La Consolata» (vedi la foto qui sopra). Un’immagine a colori di oltre 125 anni fa, disegnata e decorata con arte, dalle proporzioni perfette. Una bellezza. Sì, perché al fondatore de «La Consolata» piacevano «le cose belle», e le esigeva puntando sull’eccellenza.
Si chiamava Giuseppe Allamano quel fondatore, sacerdote, il quale nel 1901 fondò pure i Missionari della Consolata e, nel 1910, le Missionarie della Consolata. Con lui operava un altro prete speciale: Giacomo Camisassa.
Ed ecco che, last but not least, il 20 ottobre Giuseppe Allamano è stato dichiarato santo.
Chi dice che a Giuseppe Allamano stava a cuore anche la stampa afferma una verità indiscutibile. Egli sostenne diversi giornali cattolici con consigli e denaro. Ebbe un peso rilevante sulle testate Italia Reale, Corriere Nazionale, La Voce dell’Operaio, Risveglio Cattolico. Inoltre, ispirò, incoraggiò e sostenne la nascita del quotidiano francese La Croix, il cui direttore, padre Paul Bailly, nel 1883 venne a Torino in pellegrinaggio al santuario della Consolata.
Questo dimostra che il canonico Allamano non era solo il rettore della Consolata, chiuso nel suo santuario, bensì partecipava alla vita sociale del suo tempo. «La Consolata» fu una rivista attraente anche sotto il profilo fotografico. I fotografi erano gli stessi missionari della Consolata, che raggiunsero il Kenya nel 1902. Però, prima di partire, frequentavano corsi di fotografia. Secondo padre Candido Bona, uno degli storici dell’istituto, il primo maestro di fotografia dei missionari fu nientemeno che Secondo Pia, il celebre fotografo della Sindone di Torino.
Secondo Pia era amico di Allamano, che gli commissionò la foto del quadro della Madonna Consolata dell’omonimo santuario. Poi l’immagine bianco e nero, incorniciata in centinaia e centinaia di quadretti, fu distribuita in tutta Torino. Un esemplare (foto qui sopra) si trova tutt’oggi in Corso Ferrucci 18, nella chiesa dedicata a San Giuseppe Allamano, che ne raccoglie le spoglie mortali.
Ebbene, i fotografi de «La Consolata» erano alcuni, pochi, missionari muniti di ottime macchine fotografiche (e relativo materiale di camera oscura per sviluppo e stampa, ndr), alcune delle quali sono conservate nel museo etnografico dell’istituto. Le foto destano tuttora ammirazione. Ritraggono specialmente l’etnia dei Kikuyu del Kenya. Oggi alcuni Kikuyu, visitando il nostro archivio fotografico, restano a bocca aperta di fronte ai ritratti dei loro nonni ed esclamano stupiti: «Ma noi eravamo proprio così?».
I missionari erano soprattutto scrittori. «La Consolata», prima, e MC, dopo, riportano i loro articoli che Allamano e Camisassa leggevano con passione. Si tratta di un materiale di notevole pregio anche etnografico. Alcune tesi di laurea sono state scritte avendo come fonte primaria le suddette riviste.
Sulla scia di Giuseppe Allamano, le Missionarie della Consolata hanno pure dato vita alla loro rivista «Andare alle Genti», mentre i Missionari hanno allargato l’orizzonte con «Fatima Missionaria» in Portogallo, «Antena Misionera» in Spagna, «Dimension Misionera» in Colombia, «Missões» in Brasile, «The Seed» (Il Seme) in Kenya, «Enendeni» (Andate) in Tanzania, «Missions» in Corea del Sud, «Reveil» in Canada, «Consolata missionaries» negli Usa. E tutto è «buona novella».
Francesco Bernardi
Torino, 28/09/2024
Una preghiera
Salve, non c’è un motivo particolare ma ho scritto una preghiera per invocare San Giuseppe Allamano, ve la mando, spero vi piaccia. Arrivederci,
Canonico Giuseppe,
primo padre della Consolata,
intercedi per noi,
affinché impariamo
ad affrontare
i nostri dolori nel corpo e nello spirito
e i nostri cattivi pensieri.
Consolaci con la tua
attenzione e il tuo ascolto e
sostienici nel nostro quotidiano,
a volte così duro e greve.
Insegnaci a incontrare l’altro,
chiunque sia, senza pregiudizi
e senza etichettare
con fretta e ignoranza.
Aiutaci a diventare santi
che sanno fare bene il bene
senza far rumore,
a diventare missionari d’amore,
testimoni di fede.
Andare alle genti?
Adesso comincio.
Deo gratias? Sempre.
Amen
Stefania Barbieri
08/11/2024