Convivere con la sclerosi multipla


Testo di Rosanna Novara Topino |


Malattia neurologica del giovane adulto, la sclerosi non è mortale ma potenzialmente invalidante. In Italia si contano 3.400 nuovi casi all’anno. Oggi la diagnosi precoce e la ricerca scientifica stanno dando risultati importanti.

La sclerosi multipla (Sm), detta anche sclerosi a placche, è una malattia in aumento soprattutto nella popolazione femminile. Si tratta di una patologia infiammatoria su base autornimmune del sistema nervoso centrale (Snc), caratterizzata dalla comparsa di lesioni rotondeggianti e ben delimitate (placche) in molteplici aree dell’encefalo e del midollo spinale. Tali lesioni possono essere rosee e mollicce oppure grigiastre e dure. Le loro dimensioni variano da pochi millimetri a diversi centimetri e sono caratterizzate dalla scomparsa progressiva della mielina presente nella sostanza bianca e dalla proliferazione delle cellule della neuroglia. Queste ultime sono cellule connettivali, che formano l’impalcatura di sostegno dei neuroni e provvedono al loro mantenimento. Nel Snc coesistono la sostanza bianca e quella grigia.

Sostanza bianca e grigia

La sostanza grigia è costituita dai corpi cellulari dei neuroni, dal primo tratto del loro assone (fibra nervosa lunga, per il trasporto degli impulsi nervosi in uscita dal neurone; insiemi di assoni formano i nervi) e dai dendriti (fibre nervose brevi e ramificate per gli impulsi in ingresso nel neurone). È localizzata nella corteccia cerebrale e nella parte centrale del midollo allungato e spinale.

Si è visto che la degenerazione di alcuni assoni comincia presto, all’inizio della malattia, comportando la morte del neurone corrispondente e conseguente deficit funzionale, ovvero alterazione delle prestazioni sensitivo-motorie e, a lungo termine, compromissione cognitiva e comportamentale. All’inizio della malattia, tuttavia, gli assoni degenerati non sono numerosi, per cui i deficit funzionali sono dovuti soprattutto alla flogosi (infiammazione). Quando quest’ultima si risolve, il paziente recupera completamente o in parte le sue funzioni.

Evoluzione della Sm

Come colpisce questa patologia? La Sm evolve da una fase acuta infiammatoria iniziale ad una fase cronica, quindi, una volta insorta, sarà presente per sempre nella vita del paziente.

Questa malattia è caratterizzata dalla disseminazione spaziale e temporale delle placche, cioè le aree di demielinizzazione della sostanza bianca compaiono in zone diverse del Snc e in tempi diversi. Il danno mielinico, che caratterizza la Sm è conseguente ad un’anomala attivazione del sistema immunitario sia cellulare che umorale indotta da fattori genetici e ambientali. Questi ultimi sono probabilmente rappresentati da virus come quello del morbillo (verso il quale sono stati trovati anticorpi nel liquor dei pazienti in quantità superiore rispetto ai controlli), ma finora nessun virus è stato correlato con certezza alla Sm. Sicuramente i fattori genetici hanno un peso importante nella predisposizione ad ammalarsi, come è dimostrato dalla concordanza di casi tra i gemelli monozigotici (20-30%), che scende al 4% tra i gemelli dizigotici. I geni coinvolti sembrano essere numerosi. Tra questi ci sono quelli del maggior complesso di istocompatibilità (DR2, DQW1), quelli che codificano per gli interferoni, per le catene leggere dei linfociti T, per il Tnf (Tumoral Necrosis Factor). Recentemente è stata identificata una mutazione genetica del tipo «nonsenso» (in presenza della quale, anziché esserci la codifica di un aminoacido, viene dato il segnale di stop alla sintesi proteica), direttamente collegata alla Sm, localizzata sul gene NR1H3; tale mutazione causa la perdita di funzione del prodotto genico, la proteina LXRA, che controlla l’espressione di diversi geni coinvolti nell’omeostasi dei lipidi (costituenti della mielina, oltre alle proteine), nei processi infiammatori e immunitari. È chiaro quindi che, perché si sviluppi la malattia, è necessaria una predisposizione genetica, su cui devono intervenire dei fattori esogeni (grafico di pagina 63). Gli studi condotti sulle migrazioni di popolazioni hanno evidenziato che c’è un fattore ambientale (forse un virus), che predispone alla Sm e che agisce prima della pubertà (14-15 anni). Un soggetto emigrato prima di questa età acquisisce la prevalenza del paese in cui si è recato, mentre se emigra dopo mantiene la prevalenza del paese d’origine. Tra i virus maggiormente sospettati come parti in causa per la Sm ci sono i Coronavirus, i Papovavirus, come già detto il virus del morbillo, gli Herpesvirus, il Simian V5 e i Retrovirus. Altri fattori di rischio esogeni sono la carenza di vitamina D, per la sua regolazione del sistema immunitario e l’esposizione al fumo di sigaretta.

Giovani e donne

Si stima che al mondo vi siano 2,5-3 milioni di malati di Sm. In Europa essi sarebbero circa 600.000 e in Italia 110.000. Nel nostro paese ci sono oltre 3.400 nuovi casi all’anno. Si prevede che in media una persona su 1.000 avrà la Sm nel prossimo futuro. Il rischio di ammalarsi è maggiore per le donne rispetto agli uomini (2:1). Si sospetta che questo divario sia dovuto a fattori neuroendocrini, che influenzano a più livelli il sistema immunitario. Quest’ultimo, attivato in modo anomalo, colpisce la mielina dell’organismo considerandola come non-self, ovvero estranea (autornimmunità). Il coinvolgimento dei fattori ormonali nella prevalenza della Sm nelle donne è indirettamente dimostrato dal fatto che essa è più frequente in giovani donne in età fertile e dagli effetti della gravidanza e del parto sulle ricadute (queste ultime diminuiscono durante la gravidanza, in particolare nel 2°-3° trimestre e aumentano nel puerperio). Rischiano di ammalarsi 30-50/1.000 persone, se hanno uno dei genitori ammalato di Sm, mentre se sono ammalati entrambi i genitori, il rischio sale a 120/1.000.

L’età di esordio di questa patologia è tra i 15-50 anni e colpisce prevalentemente le persone di 20-30 anni, mentre si rileva raramente sotto i 12 anni e sopra i 55. Per frequenza, la Sm è la seconda malattia neurologica del giovane adulto, dopo i traumi al Snc derivati dagli incidenti stradali e la prima di tipo infiammatorio cronico.

Tipologie di Sm

Nel 1869 il neurologo Jean Martin Charcot definì i sintomi clinici della malattia e i primi criteri diagnostici, raggruppati nella triade che da lui prende il nome: nistagmo, tremore intenzionale e parola scandita.

Nonostante nel tempo la Sm presenti un’evoluzione diversa da persona a persona, è possibile classificare le varie forme di decorso clinico in quattro gruppi principali: a ricadute e remissioni (SmRR), secondariamente progressiva (SmSP), primariamente progressiva (SmPP) e progressiva con ricadute.

La forma di Sm più diffusa all’esordio è la recidivante-remittente o SmRR (circa 85% tra le 4 forme principali), la quale presenta attacchi ben definiti (pousses), che si risolvono completamente o parzialmente dopo diverse ore o giorni, seguiti da periodi di benessere (remissioni) di durata variabile. Tra i sintomi più frequenti ci sono i problemi alla vista (diplopia), la spasticità o rigidità, le funzioni sfinteriche e viscerali alterate, la minzione imperiosa o urgenza urinaria. Tra un attacco e l’altro, la malattia può rimanere inattiva per mesi o anni.

Il passaggio alla forma secondariamente progressiva (SmSP) avviene dopo circa 10 anni. In questa seconda fase, la malattia cambia gradualmente dal processo infiammatorio tipico della SmRR alla progressione costante, caratterizzata dallo sviluppo di disabilità progressive, che non escludono la sovrapposizione di recidive.

Nella Sm primariamente progressiva (SmPP) non ci sono vere e proprie ricadute. I malati di questa forma di Sm (meno del 10%) presentano fino dall’esordio della malattia dei sintomi, che progrediscono in modo graduale, senza fasi di remissione. Le persone colpite da questa forma hanno più lesioni a livello del midollo spinale che dell’encefalo, tendono ad avere maggiori problemi di deambulazione e il rapporto maschi / femmine colpiti è circa 1:1.

La Sm progressiva con ricadute (SmPR) è una forma poco comune in cui, oltre ad un andamento progressivo fin dall’inizio, sono presenti anche episodi acuti di malattia, con scarso recupero. Passando dalla forma remittente-recidivante a quella secondariamente progressiva, può essere presente questa forma per qualche tempo.

A queste forme principali si aggiungono la Sm benigna, che, al contrario di tutte le altre forme, non peggiora col passare del tempo, esordisce con uno o due episodi acuti, che si risolvono senza lasciare disabilità o quasi e la Sm maligna di Marbourg o Sm fulminante acuta o tumefattiva, una rara forma con decorso tumultuoso ed esito letale nel giro di un anno o due circa. Ultimamente questa forma è risultata sensibile ad alcuni farmaci antitumorali ed al trapianto di cellule staminali.

Alcuni ricercatori ritengono che le forme benigne di Sm siano il 20% di quelle con diagnosi clinica.

Conseguenze della Sm

Tranne la forma maligna di Marbourg, la Sm non è una malattia che porta a morte il paziente, ma purtroppo in molti casi a grave invalidità.

Nonostante la ricerca faccia costantemente nuove scoperte, la causa primaria della malattia resta sconosciuta. Si sa che il sistema immunitario attacca la proteina basica della mielina, considerandola estranea all’organismo, grazie alle sue cellule, che superano la barriera emato-encefalica di difesa e si dirigono nel sistema nervoso centrale, provocando infiammazione e perdita della mielina.

Anche se c’è una predisposizione genetica, tuttavia la Sm non è una malattia ereditaria. È quindi infondato il timore di trasmetterla ai figli (al massimo viene trasmessa la predisposizione ad ammalarsi, che però necessita, come visto, anche di fattori ambientali per dare origine alla malattia). Questo significa che per le donne con Sm, che lo desiderano, non è impossibile intraprendere una gravidanza. È però necessario valutare attentamente la necessità di essere aiutate nell’accudimento dei figli, nel momento in cui dovessero presentarsi ricadute della malattia.

Tra i sintomi della Sm, oltre a quelli già citati precedentemente, ci sono anche i problemi di equilibrio e di coordinazione (compromissione delle funzioni cerebellari), le sensazioni alterate (formicolii, parestesie, dolore), senso di affaticamento, disturbi della sfera sessuale come l’impotenza, disturbi affettivi, ansia, depressione (dapprima psicogena reattiva e successivamente biologica da squilibrio dei sistemi serotoninergici).

Dopo circa 20-30 anni di malattia, compare un decadimento cognitivo nella maggior parte dei pazienti.

Le terapie attuali e future

Le terapie attualmente usate sono sintomatiche per limitare i danni delle ricadute e di tipo immunosoppressivo per allungare il più possibile i tempi di remissione della malattia e rallentarne la progressione. Già da alcuni anni però sono in corso ricerche, che prevedono l’uso di cellule staminali, nel tentativo di stimolare la produzione di nuova mielina, per ridurre il danno assonale.

Per i malati di Sm è fondamentale l’aiuto dei loro cari o comunque di persone che se ne prendano cura non solo per la disabilità a cui vanno incontro, ma per gli stati depressivi in cui possono trovarsi e che possono portare a tentativi di suicidio (il rischio di suicidio tra i malati di Sm è di 1:15, rispetto alla popolazione normale). La depressione può ridurre l’aderenza alla terapia, le performance cognitive e aumentare il senso di affaticamento, quindi è fondamentale un suo trattamento, che si è osservato essere associato a una riduzione della produzione di citochine pro-infiammatorie nei pazienti con Sm recidivante-remittente.

Rosanna Novara Topino
(quinta puntata – continua)


Approfondimenti

LE?PLACCHE

Le placche possono formarsi in ogni punto del Snc, ma sono più frequenti attorno ai ventricoli degli emisferi e del tronco cerebrale, nelle formazioni ottiche, nei peduncoli cerebellari superiori e medi e nel midollo spinale. Al microscopio ottico, le placche rosee si presentano con segni di infiammazione e sono localizzate prevalentemente in zona perivenulare, contengono linfociti T e plasmacellule mentre la mielina si presenta rigonfiata e incapace di assumere la tipica colorazione istologica di Niessel. Inoltre essa risulta frammentata e i suoi frammenti vengono fagocitati dai macrofagi. Le placche grigie sono croniche, in esse la mielina è andata persa e sostituita dalla deposizione di fibre prodotte dalle cellule connettivali, con conseguente cicatrizzazione o sclerosi, che porta allo stiramento e alla frammentazione degli assoni. Finché questi ultimi non sono lesionati, è possibile una riparazione perché la mielina può rigenerarsi. Quando però gli assoni si lesionano, diventano incapaci di trasmettere l’impulso nervoso. Quest’ultimo peraltro rallenta moltissimo già con la perdita del rivestimento di mielina.

R.N.T.

 LA?DIAGNOSI

Caratteristica della Sm è la sintesi nel liquor cefalorachidiano di IgG (immunoglobuline G, cioè anticorpi) per cui, per porre la diagnosi di Sm, oltre alla valutazione dei segni clinici, alla risonanza magnetica nucleare (Rnm), ai potenziali evocati, si fa ricorso anche a un prelievo di liquor per verificare la presenza di abnormi quantità di IgG endogene.

R.N.T.

Siti web:

 




Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), dai neuroni ai muscoli


La Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia degenerativa tra le peggiori. In Italia si stimano 1.000 nuovi casi all’anno. Le cause rimangono sconosciute. Non esistono cure, ma solo la possibilità di rallentare il decorso. E le famiglie sono spesso lasciate sole.

Il 29 giugno di ogni anno è il Global day, la giornata dedicata in tutto il mondo ad una terribile malattia, la sclerosi laterale amiotrofica o Sla, capostipite di un gruppo di patologie neurodegenerative dette malattie del motoneurone o Mnd (motor neuron disease). Queste patologie colpiscono selettivamente i motoneuroni, cioè le cellule nervose che controllano l’attività della muscolatura striata o volontaria, la quale presiede alla fonazione, alla deglutizione, alla respirazione e a tutti i movimenti del corpo, quindi anche alla deambulazione, funzioni che vengono impedite dalla atrofia muscolare progressiva. Queste patologie sono progressive, gravemente invalidanti e dall’esito fatale per compromissione soprattutto della respirazione. La più grave del gruppo è la Sla, una malattia che colpisce il primo e il secondo motoneurone che sono localizzati a livello dei centri motori della corteccia cerebrale (il primo) e a livello del midollo spinale (il secondo). L’impulso nervoso che va a contrarre un muscolo, parte dal primo verso il secondo, e da questo va alla fibra muscolare.

Cos’è la Sla

La Sla, detta anche Morbo di Lou Gehrig, dal nome del famoso giocatore americano di baseball, che ne fu vittima, o anche malattia di Charcot, dal nome del neurologo francese che la descrisse nel 1860, è una patologia che colpisce solitamente dopo i 50 anni e che nel 5-10% dei casi si presenta in forma familiare mentre nel rimanente numero dei casi è sporadica. L’incidenza della Sla, cioè il numero di nuovi casi per anno, è di 1,5-2,4 su 100.000 persone con 3 nuove diagnosi al giorno e la sua prevalenza, cioè il numero di pazienti con Sla su 100.000 persone per anno, è di 4-8 casi. Purtroppo in Italia non esiste ancora un registro di questa patologia, tuttavia si stima che i casi di Sla siano attualmente almeno 6.000, con circa 1.000 nuovi casi all’anno. Attualmente al mondo ci sono circa 200.000 malati di Sla, ma secondo uno studio italo-americano condotto dal prof. Adriano Chiò del Centro Sla delle Molinette di Torino e dal dr. Bryan Traynor del National Institute of Health di Bethesda e pubblicato su Nature Communication, nel 2040 si arriverà a circa 370.000 casi. L’aumento di questi non sarà lineare in tutti i continenti, essendo le cifre dipendenti dall’invecchiamento della popolazione e si stima che esso vada da circa il 20% in Europa a oltre il 50% in Cina e al 100% in Africa, con una media mondiale del 32%. Per motivi tuttora ignoti sembrano essere più colpite le donne degli uomini.

L’esordio e il decorso della malattia sono variabili da persona a persona e dipendono dalla forma di Sla da cui si è colpiti. Generalmente i primi sintomi sono brevi contrazioni muscolari detti fascicolazioni, crampi (soprattutto notturni) o rigidità muscolare, debolezza muscolare, che influenza la motilità degli arti e voce non comprensibile. Questo tipo di esordio, detto spinale, rappresenta circa il 75% dei casi, mentre il rimanente 25% presenta l’esordio bulbare, caratterizzato dalla difficoltà di parola fino alla perdita della capacità di comunicare verbalmente e dalla disfagia, cioè difficoltà di deglutizione. I due tipi di esordio dipendono da quale motoneurone è colpito per primo: se è il primo, a livello di corteccia cerebrale, abbiamo l’esordio bulbare, se è il secondo, a livello di midollo spinale, abbiamo l’esordio spinale. Fino a qualche tempo fa si pensava che i malati, sebbene colpiti da paralisi muscolare progressiva, mantenessero sempre intatte le proprie capacità cognitive. Purtroppo recenti studi condotti con tecniche di imaging hanno rivelato che questo non è sempre vero e in qualche caso la Sla aggredisce anche il lobo fronto-temporale, portando così a demenza. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, restano perfettamente integre le funzioni sensoriali, cognitive, sfinteriali, sessuali e il muscolo cardiaco.

Come si scopre

La diagnosi di Sla viene posta grazie a successivi esami neurologici, esami del sangue, un approfondito studio neurofisiologico mediante elettromiografia, elettroneurografia ecc., nonché risonanza magnetica nucleare dell’encefalo e del midollo spinale. Negli ultimi anni sono stati messi a punto dei marcatori biologici per la diagnosi di Sla, i quali hanno dimostrato un grado di accuratezza di circa il 90%. Si tratta in particolare di tre proteine, che si trovano in concentrazioni sotto la media nel liquor cefalorachidiano dei malati di Sla.

Le cause

Le cause di questa patologia restano al momento sconosciute. Le molteplici ricerche in questo campo hanno portato a ritenere che la Sla sia una malattia con cause multifattoriali, la cui insorgenza cioè sia determinata da una concomitanza di cause genetiche e ambientali. In particolare sono stati individuati una ventina di geni, ciascuno dei quali, se mutato, avrebbe un carattere predisponente per la malattia. Tra questi c’è il gene Sod1, che codifica un enzima che ha il ruolo di ripulire le cellule da un particolare radicale libero. Quando questo enzima non funziona, si verifica un accumulo tossico del radicale libero, che alla lunga uccide le cellule, in particolare i neuroni. Per quanto riguarda le cause ambientali, è risultata statisticamente significativa l’associazione tra l’esposizione a campi magnetici a frequenza estremamente bassa e la Sla per gli uomini, che lavorano in loro presenza. È stata inoltre osservata un’associazione positiva, sebbene non statisticamente significativa, tra la malattia e l’esposizione a solventi e a metalli pesanti. Si ipotizza che possano avere un ruolo nell’insorgenza della Sla anche gli shock elettrici, i fitofarmaci, il fumo di sigaretta, i traumi e l’attività fisica-sportiva intensiva. Quest’ultima ipotesi è stata avanzata dopo avere osservato che la malattia sembra essere particolarmente presente tra gli sportivi, tra cui diversi calciatori come Stefano Borgonovo, Lauro Minghelli, Adriano Lombardi, Albano Canazza, Piergiorgio Corno e Gianluca Signorini, tutti deceduti di Sla. Essa prende infatti uno dei suoi nomi da Lou Gehrig, giocatore di baseball deceduto a causa della Sla a 38 anni nel 1941.

Il decorso

Per quanto riguarda l’evoluzione della Sla, il decorso medio di questa malattia, senza ventilazione invasiva, è di 3-5 anni, il 50% dei pazienti muore entro 18 mesi dalla diagnosi, il 20% supera i 5 anni e il 10% i 10 anni. Ci sono rarissimi casi di una forma di Sla meno aggressiva, in cui la malattia resta stabile per più di 30 anni. Questo potrebbe essere il caso del famosissimo matematico, fisico, astrofisico britannico e candidato al premio Nobel (per la sua teoria sui buchi neri) Stephen Hawking, al quale la diagnosi di Sla venne posta nel 1963, anche se la progressione particolarmente lenta della sua malattia fa propendere alcuni studiosi per la diagnosi di atrofia muscolare progressiva, altra malattia del motoneurone (colpisce solo il 2°) a decorso particolarmente lento e che permette una sopravvivenza decisamente maggiore.

Le cure

Attualmente non esiste una cura efficace per la Sla. L’unico farmaco approvato dalla Fda (Federal drugs administration statunitense) in grado di rallentarne il decorso per qualche mese è il riluzolo, che in Italia viene somministrato solo a livello ospedaliero.

La Sla è una patologia che colpisce gravemente la persona, ma coinvolge anche tutta la sua famiglia, per cui è necessario un approccio multidisciplinare al paziente e un supporto informativo per lui e per i suoi familiari, per renderli edotti soprattutto sulle questioni di natura respiratoria, come l’arresto respiratorio improvviso o altre problematiche respiratorie acute che potrebbero comportare un intervento urgente con necessità d’intubazione e il passaggio alla tracheostomia, come spiega il Professor Mario Melazzini, medico e malato di Sla, nonché presidente di Aisla (Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica) e autore di un’autobiografia dal titolo «Lo sguardo e la speranza. La vita è bella non solo nei film» (Ed. San Paolo, 2015).

Occorre prendersi cura

Tra i principali problemi, che richiedono un monitoraggio attento del paziente con Sla ci sono, come visto sopra, quelli respiratori, quelli di deglutizione e la scialorrea. Si è visto che la sopravvivenza dei pazienti può essere migliorata da un trattamento precoce dell’insufficienza respiratoria (dovuta a progressiva atrofia dei muscoli respiratori) mediante ventilazione non invasiva con maschera facciale.

La disfagia, che può insorgere nel corso della malattia, può portare a una scarsa alimentazione con conseguente deperimento del paziente, per cui diventa importante il parere di un dietologo, che eventualmente consigli l’uso di addensanti per i liquidi, qualora la disfagia ne impedisca l’assunzione e l’adattamento della consistenza degli alimenti per soddisfare le esigenze del paziente. Se quest’ultimo non è più in grado di alimentarsi e idratarsi a sufficienza, diventa necessario l’intervento del gastroenterologo per il ricorso alla gastrotomia percutanea endoscopica per via enterale (il paziente viene alimentato attraverso un tubicino collegato allo stomaco).

La scialorrea è l’iperproduzione di saliva, che può verificarsi in questi pazienti e che può diventare una ulteriore complicanza. In questi casi si effettua un trattamento con anticolinergici o, nei casi resistenti, con tossina botulinica iniettata nelle ghiandole parotidi o sottomandibolari.

Oltre ai problemi respiratori e di deglutizione, il paziente con Sla può essere afflitto da problemi di comunicazione, di immobilità, di spasticità e da quelli psicologici. È evidente quindi che la sua presa in carico da parte sia dei servizi di neurologia, che delle istituzioni (che dovrebbero garantire anche l’assistenza domiciliare) rappresenta per il malato un bisogno essenziale e purtroppo attualmente non sono molte, in Italia, le strutture o i centri in grado di farsi pienamente carico dei pazienti con Sla.

Una malattia di famiglia

Per i pazienti di Sla (e di molte altre gravissime patologie, cancro in primis) e per i loro familiari è inoltre fondamentale il supporto psicologico, poiché una diagnosi come questa cambia improvvisamente la qualità della vita dell’intero nucleo familiare che all’improvviso si trova catapultato nel mondo della malattia e della disabilità. Quando la malattia irrompe nella vita delle persone, infatti, cambiano improvvisamente non solo le abitudini, ma spesso le relazioni con il mondo circostante, a partire dal mondo del lavoro, e con le varie dimensioni che fanno parte della vita quotidiana, come quella dello sport, degli hobby e così via. All’improvviso ci si trova immersi in un mondo nuovo fatto di medici, tecnici, infermieri, dove spesso è difficile individuare i raccordi tra le diverse figure professionali, quindi una figura di supporto potrebbe essere d’aiuto anche in tal senso. I pazienti e le loro famiglie inoltre dovrebbero essere sempre informati sulle caratteristiche della malattia, sulle attuali cure e sulla loro possibilità di scegliere il percorso terapeutico che preferiscono, soprattutto quando si tratta di decidere se ricorrere o no alla tracheostomia, che comporta un successivo percorso adattativo della capacità di comunicazione del paziente.

Purtroppo le malattie degenerative come la Sla hanno un forte impatto sulle famiglie sia a livello affettivo che relazionale ed economico. Qualcuno definisce la Sla una «malattia per ricchi». Sarebbe auspicabile una politica sanitaria in grado di far sì che tutte le famiglie dei malati di Sla o di altre patologie gravemente invalidanti siano supportate sia culturalmente che economicamente (non si deve dimenticare che spesso i familiari che assistono un malato grave in casa devono rinunciare alla loro attività lavorativa e nel contempo affrontare ingenti spese per i presidi medici necessari), in modo da limitare al massimo le ospedalizzazioni dei malati e da migliorare così la qualità della loro vita.

Rosanna Novara Topino
(quarta puntata – continua)