Bolivia. Evo Morales vuole tornare a palazzo

In migliaia hanno marciato da Caracollo, nella regione andina di Oruro, fino a La Paz, passando per El Alto. Partiti il 17 settembre, i manifestanti sono arrivati nella capitale il 25, dopo aver percorso 187 chilometri. Una marcia «per salvare la patria» secondo gli organizzatori, un palese tentativo di golpe per il governo.

La Bolivia è abituata ai momenti difficili, ma quello attuale è diverso. Nasce, infatti, all’interno dello stesso partito e vede come protagonisti due ex compagni di lotta e di governo. Il partito è il Movimiento al socialismo (Mas), al governo del Paese latinoamericano dal 2006 (con un anno d’interruzione nel 2019 in seguito al colpo di stato della destra), mentre i protagonisti sono l’ex presidente Evo Morales, che ha capeggiato la marcia, e quello attuale Luis Arce, democraticamente eletto nel 2020.

I contrasti tra Morales ed Arce sono iniziati subito dopo l’assunzione della presidenza da parte di quest’ultimo, già ministro all’economia nel governo dell’ex presidente. Il punto di rottura è stato raggiunto nell’ottobre del 2023. In quell’occasione, il congresso del Mas ha espulso Luis Arce per non essersi presentato, ha rieletto Morales a presidente del partito (ruolo che ricopre dalla fine del 1990) e indicato lo stesso come candidato unico del partito per le elezioni presidenziali del 2025 nonostante abbia già ricoperto quella carica dal 2006 al 2019.

Quella della rielezione è una diatriba che dura da anni a causa di Morales, che pure aveva firmato la nuova Costituzione (molto innovativa) del 2009. Disattendendo la legge e il risultato di un referendum costituzionale, l’ex presidente si era ripresentato alle elezioni del 2019 dando il via alla crisi istituzionale culminata nel golpe. Nel giugno 2021, la Corte interamericana per i diritti umani ha emesso un parere secondo il quale la rielezione presidenziale indefinita non è un diritto umano. Nel dicembre 2023, il Tribunale costituzionale della Bolivia (Tcp), cancellando una sua sentenza del 2017, ha concordato affermando che la rielezione presidenziale indefinita non esiste e non è un diritto umano. Pertanto, l’ex presidente Evo Morales non potrà essere candidato nelle elezioni del 2025. Potrà invece farlo Arce, anche se non sotto le insegne del Mas.

Al termine della marcia, Evo Morales ha lanciato un ultimatum all’attuale presidente, concedendogli 24 ore per apportare modifiche al suo gabinetto. Nella sua arringa, Morales ha chiesto la destituzione dei ministri che ha definito «corrotti, trafficanti di droga e razzisti».

Difficile quantificare l’appoggio popolare all’ex presidente. Tuttavia, è significativa la presa di posizione della cooperativa Nueva Calamarca di Potosí. «Chiediamo – hanno scritto i minatori – all’ex presidente Evo Morales Ayma di non danneggiare lo sviluppo del Paese con scioperi e blocchi, incitando sollevazioni e scontri tra fratelli boliviani per interessi politici personali».

Quali che siano gli (eventuali) errori di Luis Arce, il comportamento di Evo Morales è indifendibile. La sua non è una battaglia per la Bolivia e i boliviani, ma per il proprio ritorno al potere.

Paolo Moiola