Venezuela. Per Maduro è già Natale

La trasmissione si chiama Con Maduro+ e viene trasmessa tutti i lunedì alle cinque del pomeriggio. Il conduttore è lo stesso Nicolás Maduro, il controverso presidente del Venezuela.

Nella puntata dello scorso 2 settembre Maduro ha fatto un annuncio importante (ma non sorprendente per il personaggio): l’anticipo del Natale 2024 al primo di ottobre. Non è la prima volta che Maduro gioca la carta dell’anticipo delle festività del Natale. Lo aveva fatto anche nel 2020 anticipandole al 15 ottobre e nel 2021, al 4 ottobre.

La mossa ha una doppia valenza: politica (ingraziarsi la popolazione) ed economica (dare una scossa al sistema). Nelle settimane che precedono il Natale, il governo venezuelano è, infatti, solito aumentare aiuti e bonus, ai dipendenti statali attraverso il cosiddetto «aguinaldo» (una sorta di tredicesima), ai più poveri tramite le «cajas Clap», le scatole di alimenti essenziali.

L’annuncio sul Natale è stato dato poche ore dopo un altro, quello del mandato di cattura per Edmundo González Urrutia, il candidato dell’opposizione nelle elezioni dello scorso 28 luglio.

Secondo il Consiglio elettorale nazionale (Cne), le elezioni sarebbero state vinte da Maduro, mentre secondo l’opposizione e gran parte della comunità internazionale il vincitore (con ben il 67 per cento dei voti) è Edmundo González. Questi, lo scorso 7 settembre, ha lasciato il Paese latinoamericano e chiesto asilo politico in Spagna.

«Particolarmente preoccupante – ha scritto in uno dei suoi messaggi la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) – è la persecuzione a cui sono sottoposti i rappresentanti dei seggi elettorali, comunicatori sociali, il candidato più votato e leader dell’opposizione, in palese contraddizione con i principi di pluralismo politico e di indipendenza dei poteri pubblici garantiti dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica».

Nelle settimane successive alle elezioni il governo ha represso con forza le proteste mettendo in carcere almeno duemila persone, tra cui anche molti minori. Le aspettative sono diventate più cupe con la nomina, lo scorso 27 agosto, di Diosdado Cabello Rondón, politico potente e temuto, a ministro dell’Interno (della Giustizia e della Pace, secondo la denominazione completa).

Il suo operato è iniziato con la scoperta di un presunto complotto straniero per assassinare Maduro e rovesciare il regime. L’operazione ha comportato l’arresto – lo scorso 14 settembre – di sei persone: tre statunitensi, due spagnoli e un ceco. Il ministro venezuelano ha accusato i servizi segreti degli Stati Uniti (la Cia) e della Spagna (il Cni).

È in questo clima avvelenato che Maduro ha anticipato il Natale: «È arrivato per tutti e tutte con pace, felicità e sicurezza», ha detto il presidente. I suoi (tanti) oppositori hanno risposto con amara ironia: «Por una Navidad sin Maduro». Al momento, un Natale senza Maduro sembra, però, nulla più che una mera speranza.

Paolo Moiola




Venezuela. Una distrazione chiamata Esequibo

L’oggetto del contendere si chiama Esequibo. È un territorio di 159mila chilometri quadrati ricchi di risorse naturali e forestali. Scarsamente abitato (125mila persone), ospita vari gruppi indigeni: Sarao, Arawako, Kariña, Patamuná, Arekuna, Akawaio, Wapishana, Makushi, Wai Wai e Warao. Costituisce due terzi della superficie della Guyana, paese che è stato una colonia britannica fino al 1966. Il Venezuela reclama l’Esequibo come proprio e per questo ha indetto un referendum consultivo per il prossimo 3 dicembre.

Un’immagine dell’Esequibo (oggi appartenente alla Guyana), grande territorio con risorse naturali (sopra e sotto), abitato da popoli indigeni. Il Venezuela lo reclama come proprio. Giusta rivendicazione o furba distrazione? (Immagine da cuatrof.net)

Quella dell’Esequibo è una disputa vecchia di quasi due secoli. Tuttavia, la sua recrudescenza proprio in questo periodo di grave crisi – economica, sociale, politica – per il paese venezuelano induce a ritenere che la questione sia utilizzata dal governo di Nicolás Maduro come «arma di distrazione di massa». Anche se gli ultimi eventi hanno aperto – o parevano aver aperto – piccoli ma significativi squarci di ottimismo nella complicata vicenda venezuelana.

Nicolás Maduro conduce un proprio programma – «Con Maduro+» – sulla televisione statale. (foto Prensa presidencial – Correo del Orinoco)

Infatti, lo scorso 17 ottobre, a Barbados e sotto gli auspici della Norvegia, governo di Caracas e opposizione hanno raggiunto un accordo sul percorso per garantire che le elezioni presidenziali del 2024 siano libere e democratiche. In risposta a questo passo, l’amministrazione Biden ha immediatamente allentato le sanzioni sul settore petrolifero venezuelano autorizzando il paese, membro dell’Opec, a produrre ed esportare petrolio nei mercati prescelti per i prossimi sei mesi e senza limitazioni. Una potenziale, enorme boccata d’ossigeno per le esangui casse pubbliche di Caracas.

Il 22 ottobre si sono poi tenute le primarie dell’opposizione, alle quali – secondo i dati degli organizzatori – avrebbero partecipato 2,5 milioni di venezuelani. Ne è risultata vincitrice la dama de hierro (la signora di ferro) Maria Corina Machado (56 anni, tre figli, ex deputata di destra, ingegnere) con quasi il 93 per cento dei voti.

Maria Corina Machado, vincitrice delle primarie dell’opposizione tenute lo scorso 22 ottobre. (Foto da diarioelregionaldelzulia.com)

Le cose si sono però subito complicate: prima con la conferma di una sentenza di inabilitazione per la Machado a ricoprire cariche pubbliche per 15 anni e la conseguente esclusione dalle elezioni del 2024 e poi (il 30 ottobre) con la sospensione del risultato delle primarie da parte del Supremo tribunale del Venezuela per violazioni elettorali, crimini finanziari e cospirazione. In questo quadro generale già confuso, è arrivata la deflagrazione della contesa con la Guyana per l’Esequibo.

I media venezuelani stanno dando molto rilievo alla questione Esequibo.

Come avviene per quasi tutte le questioni internazionali in questa difficile epoca storica, anche in Venezuela le situazioni paiono cristallizzate. Lo confermano anche le risposte ricevute da alcuni nostri interlocutori di Caracas, vicini al governo Maduro: «La vicenda della Guyana – ci hanno spiegato – è molto semplice: il territorio è nostro, però gli Occidentali se lo vogliono rubare (come hanno fatto in tutta la storia degli ultimi 600 anni). Le primarie dell’opposizione sono state annullate per un sacco di dati falsi. È realmente triste che questa gente sia tanto disonesta. Infine, con riferimento a Maria Corina Machado non può essere candidata alle elezioni presidenziali semplicemente perché è stata inabilitata a rivestire cariche pubbliche da una precedente sentenza».

Paolo Moiola