Pakistan. Attacco al Jaffar Express.

 

Un anno fa, in Pakistan, salivamo sullo «Jaffar Express», treno che da Peshawar porta fino a Quetta, capitale della regione del Balochistan.

In quell’occasione, data l’impossibilità per i giornalisti stranieri di entrare in questi territori, affrontavamo un viaggio di 30 ore in incognito, indossando abiti tradizionali pakistani. Nel reportage raccontavamo la crescente tensione tra i gruppi separatisti del Balochistan, soprattutto quello del Bla (Balochistan liberation army), e il governo pakistano.

Le ostilità non sono una novità in questa regione. Negli ultimi due mesi, però, gli scontri tra le due fazioni hanno toccato uno dei punti più tragici di questo conflitto. I primi scontri risalgono al 1948, anno in cui gli accordi post coloniali consegnarono il Paese nelle mani della maggioranza etnica dei punjabi.

L’11 marzo scorso, un gruppo di militanti del Bla ha attaccato lo Jaffar Express, dirottandolo e prendendo in ostaggio circa 400 passeggeri. Ne è seguita una durissima risposta dell’esercito pakistano che, dopo una battaglia durata 36 ore, ha messo fine all’attacco uccidendo 33 militanti balochi. Secondo il governo pakistano, sono state 31 le vittime, tra ostaggi e forze armate. Nel comunicato di rivendicazione dell’attacco, il Bla ha invece affermato di aver giustiziato 214 persone, ma – ha precisato – di aver subito lasciato andare donne e bambini.

Questa modalità di attacco non ha quasi precedenti in Balochistan. Fino ad ora, i separatisti si erano limitati a colpire autobus e automobili (motivo per il quale tutti si spostavano in treno) e a perpetrare attacchi suicidi contro installazioni militari e governative. Nel novembre 2024, un attentatore si è fatto saltare in aria nei pressi della stazione di Quetta, uccidendo 25 persone.

Abbiamo raggiunto, telefonicamente, uno dei nostri contatti in Balochistan, Arqam, nostra guida durante il viaggio dello scorso anno. «Ci sentiamo tutti molto in pericolo. Ora, i separatisti del Bla non attaccano più solo i militari e le infrastrutture, ma anche noi. Siamo civili, però facciamo parte di un’altra etnia: siamo punjabi in terra balochi. Quindi, ora, anche noi siamo un bersaglio. La loro lotta non è più solo per il possesso delle risorse minerarie, ma anche per l’espulsione dalla regione di tutte le etnie che non siano balochi. Abbiamo molta paura, per noi e per le nostre famiglie».

Negli ultimi anni, il Balochistan è diventato un campo di battaglia in una vera e propria guerra per il controllo delle sue risorse. Il governo del Pakistan ha, praticamente, espropriato le terre agli abitanti, appropriandosi dei giacimenti di quarzo, cromite, carbone, gas e petrolio, e delle cave di marmo e pietra. Inoltre, è proprio in queste terre che sono state vendute alla Cina le concessioni per costruire il «China-Pakistan economic corridor» (Cpec), un progetto di ferrovia e autostrada che mira a creare un collegamento di tremila chilometri dalla Cina fino al porto pakistano di Guadar. Prima del dirottamento allo Jaffar Express, i bersagli più colpiti erano proprio le infrastrutture per la costruzione del Cpec.

Dato il costante abuso e sfruttamentodi queste terre da parte del Pakistan, gruppi come quello del Bla vengono visti come liberatori dalla maggior parte degli abitanti, soprattutto quelli delle zone rurali. Governo pakistano e Stati Uniti, invece, li annoverano tra le organizzazioni terroristiche asiatiche.

Qui, però, non ci sono solo i corpi armati a cercare di tutelare i diritti del Balochistan. Ci sono anche altre forme di lotta, iniziative pacifiche ma costanti.

A gennaio del 2024, avevamo incontrato la dottoressa Mahrang Baloch, reduce da una marcia di 1.600 chilometri, da Quetta fino a Islamabad. Quel cammino, durato 15 giorni, è stato un evento simbolo delle donne balochi che cercano i propri cari, uomini fatti «scomparire» dall’esercito pakistano perché considerati terroristi.

Mahrang Baloch (seduta al centro), medico, è la più famosa tra le attiviste per i diritti della popolazione del Balochistan. Le donne mostrano foto dei loro parenti scomparsi per mano dell’intelligence pakistana. La dottoressa è stata arrestata lo scorso 22 marzo. Foto Angelo Calianno.

Il 22 marzo, durante una dimostrazione pacifica per i diritti del Balochistan, la dottoressa Mahrang Baloch è stata arrestata dalle forze governative. Il 27 marzo, le sue sorelle hanno lanciato un appello e una raccolta firme per il suo rilascio. Secondo la famiglia, la dottoressa soffrirebbe di gravi problemi di salute ma, nonostante questo, le si sta negando qualsiasi aiuto medico.

Durante la nostra intervista, Mahrang Baloch aveva più volte denunciato il governo pakistano di perpetrare, da ormai venti anni, un vero e proprio genocidio ai danni del suo popolo.

Angelo Calianno