Iran. Droni e petrolio vendesi

Nonostante le foto diffuse dall’Agenzia di stampa della Repubblica islamica (Irna) sembrino mostrare il contrario, venerdì 1 marzo l’Iran – paese con 88 milioni di abitanti – è andato alle urne senza alcun entusiasmo, segnando la più bassa partecipazione di votanti dalla rivoluzione del 1979: il 41 per cento degli aventi diritto. In gioco c’erano i 290 seggi del Parlamento (Majlis) e gli 88 dell’Assemblea degli esperti. Quest’ultima è l’organo clericale cui spetta la scelta della Guida suprema, attualmente rappresentata dall’ayatollah Ali Khamenei (85 anni).

Come ampiamente previsto, anche senza attendere i risultati del secondo turno (sarà a maggio), hanno vinto i conservatori e gli ultra conservatori, agevolati dall’assenza – per divieto o per boicottaggio – non solo dei candidati progressisti ma anche di gran parte di quelli moderati.

Donne iraniane al voto venerdì 1 marzo 2024 in una foto diffusa dall’Agenzia di stampa statale. (Foto Maryam Almomen – IRNA)

Il popolo iraniano sta vivendo anni bui sotto il giogo della casta sciita al potere. Dopo le manifestazioni di piazza del 2022 (proteste guidate dalle donne), la violazione dei diritti civili e la carcerazione o l’uccisione degli oppositori sono una prassi consolidata.

Per la teocrazia iraniana non mancano, però, le note positive. Nonostante un’inflazione elevata (40 per cento annuo), l’economia resiste (più 4,2 per cento nel 2023), sospinta dai legami sempre più stretti con la Cina di Xi Jinping e la Russia di Vladimir Putin, paesi che lo scorso 1° gennaio hanno accolto l’Iran in seno al gruppo dei Brics. La produzione di petrolio, grande ricchezza del Paese, è in crescita (2,99 milioni di barili di petrolio al giorno nel 2023, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia) con la quota d’esportazione quasi interamente acquistata dalla Cina. In questo momento storico il maggiore successo economico (e politico) del Paese è però dato dalla vendita di un micidiale prodotto tecnologico per uso militare: i droni, i veicoli aerei senza pilota (Unmanned aerial vehicles, Uav). I droni iraniani – come lo «Shahed 136» o il «Mohajer-6» – sono venduti soprattutto alla Russia per la sua aggressione all’Ucraina, ma anche in Africa (Etiopia, Sud Sudan e Fronte Polisario del Sahara occidentale) e in America Latina (Venezuela e Bolivia).

Inoltre, essendo il Paese sponsor delle milizie sciite in Libano (Hezbollah), in Yemen (Houti) e in Iraq, i droni di fabbricazione iraniana sono un’arma sempre più utilizzata nell’esplosiva regione mediorientale.

Paolo Moiola




Iran. Dopo Masha, Armita

Nel Medio Oriente in fiamme per colpa di Hamas e dell’eccesso di difesa da parte del governo israeliano guidato dal Benjamin Netanyahu, agisce anche l’Iran degli ayatollah sciiti.

Sabato 28 ottobre è stata annunciata la morte di Armita Geravand, la ragazza di neppure 17 anni picchiata nella metro di Teheran dalla polizia morale (Gasht-e Ershad) per non indossare lo hijab, il velo islamico. Secondo l’agenzia governativa Irna (the Islamic republic news agency), la ragazza avrebbe invece avuto un mancamento (a causa di un abbassamento della pressione) mentre saliva sulla metro sbattendo a terra la testa.

Alla cerimonia funebre di domenica 29 ottobre, numerosi partecipanti – tra cui Nasrin Sotoudeh, nota avvocata dei diritti umani (già condannata a molti anni di carcere) – sarebbero stati picchiati e arrestati.

La giovanissima Armita Geravand è morta dopo alcune settimane di coma. Le autorità iraniane negano che sia stata picchiata nella metro da agenti della «polizia morale».

La vicenda di Armita ricorda quella di Masha Amini, la giovane curda di 22 anni uccisa in circostanze analoghe il 16 settembre 2022. Da allora le donne iraniane lottano contro il regime oscurantista, maschilista e violento di Ali Khamenei, la «guida suprema» del paese. Protestano sotto lo slogan «Donna, vita, libertà» (Zan, zendegi, azadi). O cantando in lingua farsi Bella ciao, la canzone per eccellenza della resistenza italiana.

Un ritratto di Masha Amini, uccisa dalla «polizia morale» iraniana il 16 settembre 2022. (Immagine da jornada.com)

La protesta è molto costosa in termini personali: si rischia la vita o la prigione. Le ultime a sperimentarlo sono state Nilufar Hamedi e Elaheh Mohammadi, due giornaliste iraniane che, all’epoca, fecero conoscere la tragedia di Masha Amini. Dopo essere state incarcerate, il 22 ottobre (guarda caso proprio nei giorni in cui Armita era in coma in ospedale) sono state condannate a sette e sei anni di carcere. Secondo Iran Human Rights (gruppo con sede a Oslo), nel 2023 in Iran sono state giustiziate – per impiccagione o lapidazione – almeno 589 persone (tra cui 14 donne), molte per l’accusa di moharebeh (in farsi, «fare la guerra a Dio» e, per estensione, all’ordine costituito, cioè alle autorità islamiche al potere), alcune per blasfemia, (ovvero per insulti al profeta Maometto o al Corano).

Ebrahim Raisi, presidente della Repubblica islamica dell’Iran dal 2021. (Foto da irna.ir)

Per capire meglio le connessioni geopolitiche (e giudicare con cognizione di causa), vale la pena di ricordare tre fatti riguardanti la teocrazia sciita. Il primo: da tempo la Cina di Xi Jinping è il primo partner commerciale dell’Iran: nel 2022, il commercio tra i due paesi è cresciuto del 7%, secondo fonti cinesi. Il secondo: lo scorso 26 ottobre, il viceministro degli esteri iraniano Ali Bagheri Kani è volato a Mosca per un incontro con omologhi russi e una delegazione di Hamas. Infine, non va dimenticato che Teheran dovrebbe essere un nuovo membro dei Brics, l’associazione economica di alcuni paesi del Sud alternativa a quella dell’Occidente, un’alternativa guidata dalle dittature di Cina e Russia. Tutti fatti che evidenziano un similia similibus, un’attrazione tra simili.

Paolo Moiola