Il ritorno del guardiano invisibile dell’ecosistema sardo
Le ali del grifone Gli ecosistemi sono equilibri delicati. La scomparsa di una specie può avere gravi conseguenze. In Sardegna, grazie all’impegno di alcuni e a fondi europei, si è scongiurato il peggio. E il grande rapace sta ripopolando i suoi habitat.
La Sardegna, un’isola di rara bellezza, conosciuta principalmente per le sue spiagge dorate e il mare cristallino, conserva al proprio interno, nel cuore, un tesoro inestimabile: il grifone (Gyps fulvus). Questo maestoso rapace vive da sempre fra vette rocciose e paesaggi mozzafiato nella zona del bosano (provincia di Oristano).
Simbolo di forza e libertà, riveste un ruolo cruciale nell’equilibrio ecologico dell’isola, eppure ha rischiato l’estinzione a causa di minacce che hanno messo a dura prova la sua sopravvivenza.
Il grifone, considerato il «guardiano invisibile» dell’ecosistema, svolge una funzione essenziale nella decomposizione e nel riciclo delle carcasse animali. Questi imponenti avvoltoi, con un’apertura alare che può raggiungere i due metri e mezzo, rappresentano gli «spazzini aviari» dell’isola, contribuendo in modo significativo alla rimozione dei rifiuti organici e alla regolazione delle malattie. Il loro instancabile lavoro di smaltimento delle carcasse consente il ritorno dei nutrienti al suolo, alimentando così il ciclo vitale dell’ecosistema.
Nonostante il ruolo cruciale dei grifoni, la loro popolazione in Sardegna era drammaticamente diminuita, arrivando a contare solo 100-120 individui e 35 coppie territoriali. Le principali minacce erano legate alla scarsa disponibilità alimentare, all’uso di bocconi avvelenati e al disturbo antropico nei siti di nidificazione. Spesso, infatti, barche e gommoni cercavano di avvicinarsi il più possibile ai nidi pur di ottenere una foto o comunque avvistare un esemplare.
Il disturbo provocato portava i grifoni alla fuga e i giovani, non ancora abili nel volo, spesso finivano in mare, annegando.
Il ritorno
Fortunatamente, grazie al progetto Life under griffon wings, finanziato dall’Unione europea e coordinato dall’Agenzia regionale Forestas (struttura tecnica operativa nel settore forestale e ambientale), la specie ha iniziato a tornare a volare nei cieli sardi.
Un elemento chiave di questo programma di conservazione è stata l’introduzione innovativa dei «carnai aziendali».
Ci conduce a visitarli, il dottor Dionigi Secci, che si occupa del progetto europeo sin dai suoi esordi.
I carnai aziendali sono veri e propri punti di alimentazione per i grifoni e vengono gestiti direttamente dagli allevatori locali. Questi luoghi nei quali le carcasse di ovini e bovini vengono lasciate a disposizione dei grifoni affinché se ne possano nutrire, hanno rappresentato una soluzione sostenibile e di successo per garantire loro una fonte di cibo sicura e costante. Anziché dover provvedere al sotterramento delle carcasse o alla bruciatura, gli allevatori le collocano in questi speciali recinti, permettendo così ai rapaci di nutrirsi in modo controllato e senza rischio di avvelenamento. Si tratta di un progetto virtuoso poiché unisce il recupero di un animale in via di estinzione al controllo delle carni che vengono portate in tavola: affinché si possa continuare a smaltire le carcasse facendone cibo per i rapaci, infatti, l’allevatore è tenuto a garantire una giusta alimentazione agli animali allevati e dimostrare di non aver utilizzato farmaci o sostanze che possano essere dannosi per l’uomo e, di conseguenza, anche per i grifoni.
«I carnai aziendali hanno trasformato un costo di gestione per gli imprenditori in una risorsa preziosa per la conservazione della biodiversità», spiega il dottor Marco Muzzeddu, veterinario presso il Centro di allevamento e recupero della fauna selvatica di Bonassai (Sassari). «Grazie a questa rete di alimentazione sicura, abbiamo assistito a un incredibile aumento della popolazione di grifoni, che è passata da 100-120 individui a circa 230-250 in pochi anni».
Il dottor Muzzeddu è fra i maggiori esperti di fauna selvatica e all’interno del Centro faunistico di Bonassai si occupa anche del recupero di volatili come aquile reali, gufi, occhioni oltre a svolgere attività di divulgazione. Spesso, infatti, il Centro accoglie scolaresche e visitatori interessati al dialogo e all’approfondimento circa la tematica della sostenibilità ambientale.
Direttore sanitario della struttura, Muzzeddu si occupa – oltre che della salvaguardia dei grifoni e di animali in via di estinzione – di chirurgia sulla fauna selvatica terrestre e marina.
È famoso il suo intervento chirurgico su un leone arrivato a Sassari insieme ad artisti circensi. Interventi in barca, in elicottero, salvataggi e recupero di animali in luoghi impervi sono la quotidianità per questo medico veterinario che è diventato un punto di riferimento fondamentale.
Ripopolare e proteggere
Oltre all’implementazione dei carnai, il progetto Life under griffon wings ha adottato altre misure fondamentali, come il rilascio di 63 giovani grifoni provenienti da centri di recupero in Spagna e dall’Amsterdam royal zoo, il potenziamento del Centro faunistico di Bonassai e l’istituzione di un nucleo cinofilo antiveleno composto da agenti del Corpo forestale e cani addestrati, per contrastare l’uso di bocconi avvelenati.
Inoltre, sono stati realizzati sentieri e capanni di osservazione per mitigare il disturbo antropico nelle aree di nidificazione, e sono stati predisposti codici etici per la fotografia naturalistica e l’escursionismo.
Nonostante i notevoli successi, la strada per la salvaguardia a lungo termine del grifone in Sardegna non è ancora del tutto spianata. L’areale di questa specie rimane ristretto al settore nordoccidentale dell’isola, rendendola vulnerabile a minacce come le collisioni con infrastrutture energetiche (pale eoliche) e il saturnismo, una malattia causata dall’intossicazione da piombo. Per affrontare queste sfide, è stato avviato il nuovo progetto Life safe for vultures, che mira a espandere l’habitat del grifone e a mitigare ulteriormente le minacce.
La storia del ritorno del grifone in Sardegna è un esempio di come la collaborazione tra istituzioni, esperti e comunità locali possa portare a risultati tangibili nella tutela della biodiversità. Questo maestoso rapace, simbolo di libertà e forza, è tornato a volare nei cieli sardi, un segnale di speranza per l’intero ecosistema dell’isola. La sua salvaguardia rappresenta una sfida cruciale, non solo per la Sardegna, ma per l’intero Mediterraneo, e il delicato equilibrio tra l’uomo e la natura.
I rischi delle pale
Se in passato, il saturnismo è stato uno dei principali elementi che hanno messo a rischio il grifone, oggi se n’è aggiunto un altro legato all’energia sostenibile.
In Sardegna, infatti, l’installazione di impianti eolici è diventata un tema centrale nel dibattito politico e sociale. Le pale eoliche, che possono raggiungere fino a 120 metri di altezza, sono percepite da molti come una minaccia al paesaggio dell’isola. La preoccupazione principale dei residenti è che la Sardegna, famosa per la sua bellezza naturale, si trasformi in un’area industriale dedicata alla produzione di energia, con impatti estetici e ambientali significativi.
Dal punto di vista energetico, la Sardegna ha un potenziale notevole per la produzione di energia eolica. Tuttavia, le proposte di installazione di oltre 800 nuovi impianti hanno sollevato forti opposizioni. Gli attivisti sostengono che gran parte dell’energia prodotta non sarà destinata al consumo locale, ma esportata verso il Nord Italia, senza apportare benefici diretti alle comunità sarde. Inoltre, si teme che i profitti non vengano equamente redistribuiti tra la popolazione locale.
Le preoccupazioni riguardano il rischio per la biodiversità, in particolare per l’avifauna che spesso si scontra con le pale eoliche rimanendo uccisa sul colpo, e l’uso di terreni agricoli per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Molti cittadini chiedono un approccio più sostenibile e democratico nella pianificazione energetica, auspicando che la Regione stabilisca chiaramente le necessità locali e il ruolo delle rinnovabili nel contesto sardo.
Nonostante queste critiche, esperti del settore sottolineano che l’energia eolica è una componente essenziale per la transizione ecologica, necessaria per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. La sfida rimane quella di trovare un equilibrio tra sviluppo sostenibile e tutela del patrimonio naturale, coinvolgendo le comunità locali nel processo decisionale.
«Senza il rispetto per ogni forma di vita, l’essere umano è destinato a scomparire. Mi batto affinché le persone capiscano che abitare degnamente il mondo significa contribuire a garantirne l’equilibrio. Un atto di gentilezza verso un essere sofferente è un atto di umanità che innesca un circolo virtuoso. Non siamo i padroni di questo mondo, ci è solo stato dato in prestito. Altri verranno dopo di noi e abbiamo il dovere di lasciare ciò che ci è stato donato nelle migliori condizioni possibili», conclude il dottor Muzzeddu.
Valentina Tamborra