«Mi nutro di vita»


Anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione selettiva, ortoressia nervosa, vigoressia. I Dca sono tanti e in crescita, soprattutto tra le ragazze. Si tratta di patologie legate alla condizione psicologica delle persone che richiedono cure specifiche e tanta pazienza.

Sono sempre più numerosi, a livello mondiale, i casi di «Disturbi del comportamento alimentare» (Dca). Aumentati in modo preoccupante durante i lockdown legati alla pandemia da Covid-19, queste patologie non sono più tornate ai livelli pre-pandemici.

Si stima che, nel mondo, i casi di Dca siano oltre 55 milioni, di cui tre milioni solo in Italia. L’8-10% colpisce le ragazze e lo 0,5-1% i ragazzi di età compresa tra i 10-25 anni.

A causa del numero sempre maggiore di nuovi casi, i Dca stanno diventando un’emergenza sanitaria, anche per le limitate risorse economiche messe a disposizione dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) per fronteggiarle. A complicare la situazione, l’esordio dei Dca è sempre più precoce. Vengono, infatti, riscontrati casi già tra i bambini di 6-7 anni, che vanno seguiti da personale sanitario specifico per questa fascia d’età.

Nei più piccoli si osserva sempre più spesso l’Arfid, un particolare «disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo», senza che vi siano preoccupazioni legate al peso, come avviene invece nell’anoressia nervosa.

Questo disturbo può diventare causa di ricovero poiché i bambini, smettendo di mangiare o comunque nutrendosi in modo insufficiente, vanno incontro a un arresto della crescita e ad alterazioni a livello organico, come la comparsa dello scorbuto per mancanza di un adeguato apporto di vitamina C.

I motivi che portano certi bambini a rifiutare il cibo possono essere i più disparati, ad esempio un trauma vissuto in prima persona o osservato in altri (cibo andato di traverso, paura di vomitare, ecc.).

La diagnosi

I «Disturbi del comportamento alimentare» (Dca) sono sempre più diffusi. Foto Nancy Mure – Pixabay.

La diagnosi dei Dca si basa su criteri stabiliti nel Dsm-5, il «Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali», curato dall’Associazione degli psichiatri americani e giunto alla quinta edizione.

In questo manuale si trovano standard internazionali per la classificazione dei disturbi mentali ed è un punto di riferimento per la definizione diagnostica dei Dca.

In Italia, per sensibilizzare la popolazione sul tema, dal 2012, il 15 marzo è la «Giornata nazionale del Fiocchetto lilla» (simbolo internazionale dei Dca). La ricorrenza è stata promossa da Mi nutro di vita, associazione nata per volontà di Stefano Tavilla, padre di Giulia, una ragazza deceduta a causa della bulimia il 15 marzo del 2011, a soli 17 anni.

La pandemia da Covid-19 ha avuto gravi ripercussioni sull’andamento dei Dca, con un forte aumento dei ricoveri ospedalieri già nella prima fase di isolamento e, in generale, un aumento dei sintomi da Dca, da ansia e depressione e variazioni del Bmi (Body mass index) nei pazienti. Secondo molti studi qualitativi, durante il periodo pandemico c’è stato un deterioramento della sintomatologia dei Dca legato al ridotto accesso alle cure e al trattamento, ai cambiamenti nella routine giornaliera, all’isolamento sociale e all’influenza esercitata dai media. L’aumento del numero dei ricoveri ospedalieri per Dca durante la pandemia è stato del 48% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un aumento rispettivamente dell’83% e del 16% nei ricoveri pediatrici e degli adulti.

Tra l’altro, le persone affette da Dca presentano un aumentato rischio di contrarre infezioni, tra cui il Covid-19, per l’impatto che i Dca hanno sul fisico.

L’aspetto psicologico

I principali tipi di Dca sono: l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione selettiva (Das), l’ortoressia e la vigoressia.

In tutti i casi, la condizione psicologica delle persone ha un ruolo cruciale e influenza sia l’insorgenza che la persistenza di questi disturbi.

Nei Dca, oltre alla percezione distorta della propria immagine e alla preoccupazione eccessiva per il peso e la forma corporea, un altro elemento comune è il desiderio di controllo, attraverso il cibo, su aspetti della propria vita difficilmente controllabili.

Le persone con Dca pensano cioè di potere esercitare forme di controllo attraverso restrizioni alimentari estreme o comportamenti di purificazione, come il vomito autoindotto o con l’esercizio fisico portato all’eccesso. Il desiderio di controllo è spesso associato all’ansia.

Inoltre, i Dca possono rappresentare un meccanismo di coping per fronteggiare situazioni di stress, traumi o altri disagi psicologici. In pratica la relazione con il cibo diventa un modo per esprimere emozioni difficili o controllare situazioni sgradevoli.

Purtroppo, le ripetute restrizioni alimentari presenti nei Dca hanno una influenza negativa sui neurotrasmettitori, contribuendo così all’insorgenza della depressione, che è spesso collegata a queste patologie.

Inoltre, come già visto, i Dca sono sovente associati all’isolamento personale, perché le persone colpite tendono ad allontanarsi dalle situazioni sociali che coinvolgono il cibo, per nascondere i loro comportamenti e non essere sottoposte al giudizio altrui.

Gli atteggiamenti rigidi dei familiari e le pressioni o le critiche legate all’aspetto fisico possono innescare lo sviluppo di un Dca. È necessario tenere presente che l’autovalutazione e l’autostima sono profondamente coinvolti nei Dca, cioè le persone colpite misurano spesso il loro valore sulla base del loro aspetto fisico e la loro capacità di tenere il peso sotto controllo.

Guarire è possibile

È importante sapere che i Dca, se trascurati, possono portare a mortalità elevata sia per le complicazioni fisiche (alcune delle quali come l’osteoporosi e i danni cardiaci possono permanere anche dopo il recupero), sia per le elevate tendenze suicidarie dei soggetti colpiti. Sono, pertanto, necessari una valutazione del caso e un intervento tempestivo da parte di un team multidisciplinare comprendente medici, professionisti della salute mentale e nutrizionisti.

Tutti i Dca sono recuperabili, purché si intervenga al più presto. Inoltre, risulta di grande aiuto il coinvolgimento della famiglia nell’approccio terapeutico globale.

I genitori possono essere educati sui Dca dal personale sanitario, soprattutto riguardo ai segnali d’allarme e alle strategie di supporto. Il coinvolgimento della famiglia è importante per facilitare la comprensione reciproca e affrontare eventuali schemi disfunzionali, che possono avere contribuito all’insorgenza del Dca.

Rosanna Novara Topino

 


DCa 1 / L’ANORESSIA

I «Disturbi del comportamento alimentare» (Dca) sono sempre più diffusi. Foto Franckin Japan – Pixabay.

L’anoressia nervosa è caratterizzata dalla paura di guadagnare peso, che porta a un’estrema restrizione calorica. La persona colpita ha un’immagine corporea distorta, quindi si percepisce sempre in sovrappeso, pur non essendolo. Questa condizione patologica può avere gravi ripercussioni sulla salute fisica e mentale. Sul piano fisico possono, infatti, esserci gravi complicanze come la debolezza muscolare, le disfunzioni ormonali, l’osteoporosi, problemi cardiaci, gastrointestinali, riproduttivi e compromissione del sistema immunitario fino ad arrivare, nei casi estremi, alla morte per insufficienza organica.

Sul piano psicologico, l’anoressia nervosa è legata ad ansia, depressione, isolamento sociale, bassa autostima, elevato timore di perdere il controllo sul proprio corpo, essendo quest’ultima la caratteristica psicologica saliente di questa patologia. Ne risultano compromesse la vita quotidiana, le relazioni interpersonali e spesso il funzionamento generale.

Esistono due varianti dell’anoressia nervosa: il tipo restrittivo, caratterizzato da restrizione calorica che porta a una drastica riduzione del peso e il tipo binge-eating/purging o Bed (Binge-eating disorders), in cui il soggetto alterna episodi di abbuffate al vomito autoindotto (che può portare a lesioni esofagee) o all’eccessivo uso di lassativi, per eliminare il cibo appena assunto.

Tra i fattori di rischio dell’anoressia nervosa abbiamo una combinazione di predisposizione genetica, pressioni socioculturali legate all’aspetto fisico, influenze ambientali ed eventi traumatici nella vita del soggetto. Un grande impatto sull’insorgenza dell’anoressia nervosa è dato dai media come riviste, cinema e televisione e più recentemente dai social network, che nel mondo occidentale veicolano modelli femminili caratterizzati dalla magrezza, dall’adeguatezza a determinati canoni di bellezza e dalla giovinezza.

Il mito della magrezza si è affacciato nella società occidentale a partire dagli anni ’60-’70 del Novecento, costringendo le donne a grossi sacrifici. In quegli anni, il cambiamento di ruolo sociale della donna, rispetto al passato, ebbe un grande peso sulla pressione sociale verso la magrezza. Per molte ragazze, la magrezza divenne il simbolo di alcune caratteristiche di alto valore sociale, tra cui l’autocontrollo, l’indipendenza, il fascino, l’accettabilità sociale e il successo. Il peso corporeo delle miss e delle modelle è andato progressivamente abbassandosi nel corso degli anni ed è sempre stato significativamente inferiore a quello indicato nelle tabelle del peso ideale e sia riviste che maison di alta moda non hanno fatto altro che idealizzare la magrezza femminile, così come la bambola più famosa del mondo, la Barbie.

La diagnosi di anoressia nervosa viene posta dopo una valutazione clinica dettagliata a opera di professionisti della salute fisica e mentale, mediante esami fisici, analisi del comportamento alimentare e colloqui approfonditi uniti a strumenti standardizzati, per conoscere la percezione del paziente per quanto riguarda il cibo, il peso e l’immagine corporea.

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DCa 2 / LA BULIMIA

La bulimia nervosa, che spesso porta all’obesità, è tipica delle persone che tendono a percepire le emozioni attraverso la fame. Mentre la persona anoressica fa di tutto per resistere alla fame, ne è assillata se non addirittura terrorizzata e vuole arrivare a un cambiamento deliberato del corpo, la persona bulimica arriva al cambiamento del corpo cioè all’obesità in modo non intenzionale. Semplicemente viene abbandonata la gestione del cibo e si assiste a una perdita di controllo, che si manifesta con abbuffate ricorrenti, in cui vengono ingerite grandi quantità di cibo in poco tempo. A questi episodi possono seguire tentativi di compensazione sotto forma di vomito autoindotto, uso di lassativi, digiuni prolungati, esercizi fisici praticati in modo eccessivo. Il bulimico è spesso ansioso, depresso, con bassa autostima e con sensi di colpa e vergogna per il proprio comportamento alimentare.

Tra i fattori di rischio, anche in questo caso vi sono le pressioni socioculturali, i disturbi dell’umore, storie di abusi o traumi, disturbi alimentari precedenti e la predisposizione genetica. Tra le complicanze della bulimia possono esserci problemi dentali dovuti all’acidità del vomito, squilibri elettrolitici, disturbi gastrointestinali, cardiaci e renali. Inoltre, può essere necessario il ricorso agli antidepressivi. Anche in questi casi, come già per l’anoressia nervosa, diventa essenziale il monitoraggio costante dei parametri fisici per scongiurare le possibili complicanze.

Sia l’anoressia che la bulimia evidenziano la capacità del comportamento di alterare il corpo. Inoltre, va ricordato che l’attività fisica e la sedentarietà modulano il controllo dell’appetito. Anche in questo caso è cruciale la collaborazione tra professionisti della salute fisica e mentale.

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DCa 3 / IL DISTURBO DA ALIMENTAZIONE SELETTIVA

Il Disturbo da alimentazione selettiva (Das), detto anche Selettività alimentare, è una condizione diversa da quella che può essere presente nell’infanzia. È infatti abbastanza comune che i bambini in fase di crescita esercitino una certa selettività alimentare, che però superano crescendo. Nel caso del Das, la selettività alimentare permane in età adulta e va ben oltre le preferenze alimentari che ciascuno può avere. Tra le cause possono esserci: una componente neurobiologica, con alterazioni nella percezione sensoriale dei cibi e conseguente rifiuto; esperienze traumatiche legate al cibo durante l’infanzia, come un rischio di soffocamento o un episodio di malessere legato al cibo; una percezione sensoriale distorta dei sapori, degli odori o della consistenza degli alimenti, che porta al loro rifiuto; una predisposizione genetica al Das.

In questa condizione patologica sono presenti limitazioni alimentari estreme, che persistono nel tempo e che possono avere un notevole impatto sulla qualità della vita, influenzando le interazioni sociali, le attività quotidiane e la salute generale per le carenze nutrizionali a cui il soggetto va incontro.

Il Das può essere associato ad altri disturbi psicologici o neuropsichiatrici come l’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo (Doc) o il disturbo dello spettro autistico (Asd). Le persone con Das spesso provano ansia all’idea di ingerire cibi nuovi o che percepiscono come «non sicuri».

Tra gli approcci terapeutici per i Das vi sono la terapia comportamentale, che può servire a ridurre gradualmente l’ansia legata all’alimentazione, migliorando la disposizione ad assaggiare nuovi alimenti; gli interventi che mirano a ridurre la sensibilità sensoriale, migliorando la tolleranza a nuovi cibi; il supporto psicologico, cruciale per ridurre l’ansia ed esplorare eventuali problemi psicologici sottostanti.

L’approccio terapeutico dovrebbe essere personalizzato, considerando le esigenze specifiche di ciascuno e la complessità della condizione.

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I «Disturbi del comportamento alimentare» (Dca) sono sempre più diffusi. Foto Natalia Lopez – Pixabay.


DCA 4 / L’ORTORESSIA NERVOSA

L’ortoressia nervosa è un disturbo alimentare caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione per la qualità del cibo, che è stato incluso nel Dsm-5 come «Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo». Tra i sintomi ci sono l’eliminazione del cibo considerato «malsano» e un’estrema attenzione riguardo la qualità degli alimenti, che vengono classificati nelle categorie dicotomiche «pericolosi» e «sani». Si tratta di un vero e proprio fanatismo alimentare, che porta il soggetto a sentirsi in colpa se consuma alimenti diversi da quelli che considera sani. Inoltre, egli tende a sviluppare un senso di superiorità basato sul cibo nei confronti di chi non ha la sua stessa selettività alimentare, che mette in atto spendendo moltissimo tempo nella scelta dei cibi, nel modo di prepararli, nella pianificazione dei pasti e nell’evitare vivande che ritiene nocive.

L’inflessibilità delle regole alimentari si traduce ben presto in isolamento, poiché vengono progressivamente evitati tutti i momenti di condivisione dei pasti con altre persone, nel timore di trovarsi in presenza di cibi e bevande malsani.

L’ortoressia diventa con il tempo un rischio per la salute perché quasi sempre porta alla deprivazione di alcuni nutrienti essenziali, causando così degli squilibri significativi che richiedono l’intervento medico. Tra le persone più a rischio di ortoressia ci sono i professionisti sanitari, gli studenti di medicina, le donne, gli adolescenti e le persone che praticano sport.

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DCa 5 / LA VIGORESSIA

La vigoressia – detta anche bigoressia o dismorfofobia muscolare – è un disturbo caratterizzato dall’eccessiva preoccupazione che il proprio corpo non sia sufficientemente muscoloso. Questo disturbo, in cui si ha una distorsione dell’im-

magine corporea non riferito al peso, bensì al proprio sviluppo muscolare è caratteristico dei giovani adulti, soprattutto ma non esclusivamente di genere maschile e di età compresa tra i 15-23 anni. Il vigoressico, non percependosi adeguato, spende buona parte del suo tempo in allenamenti estenuanti che lo portano a evitare ogni attività sociale e lavorativa, e conduce a un regime dietetico molto rigido e sbilanciato, in cui c’è una prevalenza di cibi altamente proteici e poveri di grassi. Molto spesso il tutto si associa al consumo di sostanze anabolizzanti. La vigoressia e l’ortoressia sono entrambe forme di controllo sul proprio corpo, l’una mediante allenamenti portati all’eccesso e l’altra mediante il cibo che si introduce. In entrambi i casi, a farne le spese è la salute sia fisica che mentale.

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