Mondo. Clima, meno ventisei

Difficile capire quanto valga l’accordo raggiunto a Dubai (Emirati arabi uniti) lo scorso 13 dicembre. Di sicuro, l’enfasi del sito ufficiale della Cop28 è fuori luogo: «We united. We acted. We delivered» (Ci siamo uniti. Abbiamo agito. Abbiamo raggiunto).

La conferenza mondiale sul clima, svoltasi in casa dei produttori di petrolio, ha deciso che, entro il 2050 (cioè tra 26 anni), i combustibili fossili dovranno essere usciti di scena. La frase centrale – da molti definita «storica» – recita così: «Uscire dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050 in linea con la scienza» (punto 28, lettera d).

Certamente, davanti a dati sempre più drammatici (il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è a livelli mai visti, l’Artico è in grandissima sofferenza, eccetera), quella data pare troppo lontana, i fondi del «Loss and damage» (perdite e danni causate dai cambiamenti climatici) per i paesi più poveri sembrano un’inezia ed esagerati i sorrisi compiaciuti di Sultan Al Jaber (presidente della Cop28 e petroliere) e di gran parte dei delegati.

La Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) ha commentato: «Accogliamo con favore il difficile accordo raggiunto sull’eliminazione dei combustibili fossili, ma siamo preoccupati per il reale impegno delle parti ad attuarlo in modo efficace». Detto questo, una lettura pessimistica degli accordi non conviene a nessuno perché può indurre all’inazione e fare un favore ai tanti negazionisti climatici, palesi od occulti.

La riunione appena conclusa si è tenuta in un paese petrolifero e così sarà anche per la prossima. Nel 2024 la Cop29 si terrà, infatti, in Azerbaijan, cioè in un altro paese produttore di petrolio e gas. La Cop30 sarà invece in Brasile, paese che a gennaio 2024 entrerà come osservatore nell’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio.

L’attivista indiana di soli 12 anni sul palco della Cop28 con il suo cartello di protesta.

Nel frattempo, da oggi al 2050, tutti sono tenuti a contenere l’aumento della temperatura della Terra in un grado e mezzo rispetto all’epoca preindustriale. In primis, spetta agli stati con le loro politiche, ma anche ai giornalisti con il racconto della verità scientifica e ai singoli cittadini con le loro scelte quotidiane. Tutto difficile, ma – lo speriamo in tanti – non impossibile.

La speranza si può forse intravvedere tra le righe dell’accordo di Dubai, ma è certamente più visibile nell’esempio e nell’intraprendenza di Licypriya Kangujam, attivista indiana di soli 12 anni che, saltata sul palco della Cop28, ha alzato al cielo il suo cartello scritto a mano: «Basta combustibili fossili. Salviamo il nostro pianeta e il nostro futuro».

Paolo Moiola




Francesco: «Il 2024 segni la svolta»

Per motivi di salute, Francesco – il papa ambientalista, il papa della casa comune – non ha presenziato alla Conferenza delle parti (Cop28) in corso a Dubai fino al 12 dicembre. Tuttavia, non ha fatto mancare il suo messaggio, letto davanti all’assemblea sabato 2 dicembre dal cardinale Pietro Parolin. In esso il pontefice ha usato un tono accorato, ma non ha rinunciato al suo pensiero critico rispetto alla questione climatica.

In primo luogo, ha ribadito le cause del cambiamento climatico: «È acclarato che i cambiamenti climatici in atto derivano dal surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana, che negli ultimi decenni è diventata insostenibile per l’ecosistema». Poi, ha scagionato i paesi del Sud dall’accusa di essere inquinatori: «Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo, più indigente, è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti».

È il concetto di «debito ecologico» confermato anche a livello scientifico (The Lancet, settembre 2020): in quanto responsabili di gran parte dell’inquinamento, le nazioni ricche – Stati Uniti, paesi dell’Unione europea, Cina, Russia e Giappone – dovrebbero risarcire e aiutare quelle povere per una transizione ecologica che non li penalizzi ulteriormente.

Quindi, Francesco ha fatto la sua proposta mettendo insieme i due temi a lui più cari: la cura della casa comune e la pace. «Sono le tematiche più urgenti e sono collegate – ha scritto nel suo messaggio -. Quante energie sta disperdendo l’umanità nelle tante guerre in corso, come in Israele e in Palestina, in Ucraina e in molte regioni del mondo: conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno! Quante risorse sprecate negli armamenti, che distruggono vite e rovinano la casa comune! Rilancio una proposta: con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame […] e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico».

Lo scioglimento dei ghiaccai è una delle conseguenze dell’innalzamento delle temperature. (Foto Noaa – Unsplash)

Il messaggio papale ha poi toccato il tema del multilateralismo: «Perché non iniziare proprio dalla casa comune? I cambiamenti climatici segnalano la necessità di un cambiamento politico. Usciamo dalle strettoie dei particolarismi e dei nazionalismi, sono schemi del passato. Abbracciamo una visione alternativa, comune: essa permetterà una conversione ecologica».

Infine, Francesco ha assicurato l’impegno della Chiesa cattolica «nell’educazione e nel sensibilizzare alla partecipazione comune, così come nella promozione degli stili di vita, perché la responsabilità è di tutti e quella di ciascuno è fondamentale».

«Qui si tratta di non rimandare più, di attuare, non solo di auspicare. […] Il 2024 segni la svolta» ha chiosato Francesco nella parte finale del messaggio. Poche ore dopo la lettura dell’intervento papale, Sultan Al Jaber, presidente della Cop28 e amministratore delegato della compagnia petrolifera Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc), ha detto che nessun responso della scienza indica che sia necessaria l’eliminazione graduale dei combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. A dimostrazione che la speranza del papa non sarà di facile realizzazione.

Paolo Moiola