Certosa missionaria. In alto e in profondità


Tra le realtà belle dei Missionari della Consolata in Europa c’è n’è una speciale: la Certosa di Pesio. Un luogo di preghiera nato 850 anni fa e abitato fino al 1802 da monaci certosini. Da quasi novant’anni è parte del patrimonio dei figli del beato Allamano: casa di spiritualità che irradia il Vangelo nel mondo.

Quando l’istituto dei Missionari della Consolata è nato nel 1901, la Certosa di Santa Maria, più nota come Certosa di Pesio, aveva già 728 anni.

Posta a 859 metri di altitudine nell’alta Valle Pesio, sulle Alpi Marittime in provincia di Cuneo, non distante dal confine francese, per diversi secoli era stata il punto di riferimento spirituale e materiale per l’intera valle.

Dal 1802, a causa della soppressione degli ordini monastici da parte di Napoleone, non era più un luogo di preghiera, ed era diventata per alcuni decenni un centro idroterapico, ospitando personaggi come Camillo Benso di Cavour, Giovanni Giolitti, Massimo d’Azeglio, ma cadendo poi gradualmente in disuso.

Quando la sua lunga storia si è intrecciata con quella dei Missionari della Consolata era il 1934: le sue imponenti strutture sviluppate su tre lati del grande chiostro centrale e aperte in direzione della montagna, i 250 metri di porticato con le sue colonne romaniche sul quale si affacciavano le celle dei monaci, le sue due chiese abbaziali, e il resto delle costruzioni sorte dal grande lavoro dei certosini, erano in stato di abbandono.

Oggi è un luogo aperto a tutti che accoglie centinaia di persone per esperienze di silenzio, ricerca di Dio e riscoperta della bellezza dell’annuncio del Vangelo.

Piemonte, Kenya, Mongolia

Incontriamo in videochiamata padre Daniele Giolitti, superiore della comunità Imc della Certosa. È fine aprile: il freddo dell’inverno inizia a mollare la presa, e i colori della primavera, ci dice, si mostrano luminosi.

Classe 1974, alto e snello, barba castana brizzolata, occhiali dall’esile montatura in metallo. Voce calda. Lo sguardo tranquillo e, all’apparenza, un po’ timido. Padre Daniele ha l’aspetto e il modo di fare di un «vero muntagnin» cuneese. Nello schermo lo vediamo vestito con camicia e maglione di pile. Per il resto, lo immaginiamo come tutte le volte che lo abbiamo incontrato: jeans e scarponi.

Padre Daniele è originario di Verzuolo, in provincia di Cuneo. Ha conosciuto i Missionari della Consolata a Torino durante gli studi da ingegnere civile.

Nel ‘98 ha compiuto il suo primo viaggio in Kenya per lavorare alla tesi di laurea sul noto acquedotto di fratel Giuseppe Argese.

Dopo quel viaggio ha fatto il noviziato a Rivoli (To), poi due anni di filosofia a Roma e quattro di teologia a Nairobi. «L’ordinazione diaconale è stata nel 2007 a Wamba – racconta -: una bellissima esperienza con i nomadi samburu nel nord del Kenya».

L’ordinazione sacerdotale nel 2008, proprio alla Certosa di Pesio. «Qui ho ricevuto la destinazione della Mongolia, dove poi sono stato per sei anni. Un’esperienza ricca con l’attuale cardinale Giorgio Marengo.

Poi sono rientrato in Italia, e nel 2014 mi hanno destinato alla Certosa. Sono contento di essere tornato, dopo 12 anni fuori dall’Italia, per un po’ di tempo, alle mie montagne del Piemonte».

La comunità di missionari che abita in Certosa e la tiene viva, oggi è composta da sei confratelli: oltre a padre Daniele, «fratel Gaetano Borgo, nato nel 1939, ha fatto 44 anni in Kenya; padre Lino Tagliani, del 1943, che arriva dalla Colombia; padre Beppe Cravero, del 1956, anche lui dalla Colombia; padre Ermanno Savarino, del 1977, dal Portogallo e, infine, arrivato da poco, fratel Gerardo Secondino, del 1959, che è stato in Mozambico e poi, ultimamente, in Portogallo».

Spalatura della neve dai tetti, febbraio 1972, dopo nevicata eccezionale. Per l’occasione sono venuti anche dal seminario di Torino a dare una mano.

Luogo di ricerca

Quest’anno ricorrono gli 850 anni dalla fondazione della Certosa. Per i Missionari della Consolata, ci dice padre Daniele, è una gioia celebrarli e, allo stesso tempo, una responsabilità che chiede loro un grande lavoro.

«La Certosa di Pesio è uno dei luoghi più insigni del Piemonte e monumento nazionale. Per noi rappresenta anche una parte importante della nostra identità: qui, infatti, si sono formate generazioni di miei confratelli. La Certosa è stata sede del noviziato fino agli anni ‘80. Poi, negli ultimi 30 anni, è diventata una casa di spiritualità aperta a tutti: giovani, famiglie, religiosi.

La nostra missio oggi è quella di ospitare e accogliere persone bisognose, alla ricerca di Dio, del silenzio, della meditazione.

La frenesia e i ritmi accelerati della vita spingono molti a cercare luoghi come questo. Abbiamo bisogno di decelerare e di cercare le cose essenziali della vita, quelle che contano e che riempiono di senso il cuore.

Questo è uno spazio pieno, uno spazio dello spirito nel quale la gente percepisce che c’è Dio».

Gruppo di novizi anni Sessanta

Cemento e cazzuola

La Certosa di Pesio è stata terza tra le molte a essere fondate dai Certosini di san Bruno. «Questo luogo – spiega padre Daniele – è nato nel 1173 da un gruppo di monaci provenienti dalla Gran Certosa di Grenoble.

Posero la prima pietra lungo il fiume Pesio quando la valle era quasi disabitata, e realizzarono il monastero che divenne un polo di vita religiosa, culturale e sociale importantissimo.

Oltre alle strutture proprie della Certosa, il monastero comprendeva anche alcune grange (fattorie legate all’abbazia, ndr) sia in montagna che in pianura. Oggi si potrebbe dire che i monaci hanno trasformato l’ambiente della valle in modo sostenibile.

Dopo la soppressione degli ordini monastici, la Certosa è rimasta vuota, poi è stata trasformata in uno stabilimento idroterapico, infine è stata di nuovo abbandonata. Nel 1934 l’Imc acquistò un edificio fatiscente».

I primi missionari che l’hanno abitata e che hanno iniziato a ristrutturarla sono stati i fratelli Imc. D’estate andavano ad aiutarli anche i seminaristi del liceo, della filosofia e della teologia.

Negli anni ‘41 e ‘42 il governo l’ha sequestrata per ospitare anziani in fuga dalla guerra.

Dopo di che, i lavori di ricostruzione sono ripresi, e il primo anno di noviziato è stato il ‘49.

I Missionari della Consolata, oltre a pregare e studiare, quindi, hanno usato cemento e cazzuola. Padre Daniele sottolinea che quegli stessi missionari, dopo l’esperienza in Certosa, sono poi partiti per i quattro continenti dove hanno costruito scuole, ospedali, acquedotti. «È bello che da questo antico luogo di spiritualità monastica si sia diffusa la missione nel mondo». Poi, tornando alle esigenze pratiche, lancia un piccolo appello: «Ancora oggi, le sfide nella Certosa, non mancano: ora sono in cantiere il progetto di rifacimento delle facciate e il restauro dell’affresco di San Bruno. Per sostenere le spese di gestione abbiamo realizzato, cinque anni fa, una centrale idroelettrica, installando una nuova turbina sull’impianto dell’antico mulino certosino: energia pulita dall’abbon-
dante acqua del Pesio che ci aiuta a coprire una parte delle spese da affrontare. Ma da soli non ce la facciamo: tanti lavori sono stati fatti e verranno fatti solo grazie all’aiuto dei benefattori».

Missionari della Consolata nel 2012 celebrano nell’antica chiesa abbaziale.

Le porte si aprono

Nel settembre 1982, ci dice ancora padre Daniele per concludere l’excursus storico, la Certosa ha smesso di essere sede del noviziato Imc, ed è diventata casa di ospitalità per gruppi parrocchiali, scout, associazioni, anche laiche, campi scuola, ciascuno con il suo programma.

Nel 1995 la direzione generale l’ha destinata in modo più specifico alla spiritualità missionaria. È proseguita, quindi, l’ospitalità per gruppi, ma i missionari hanno iniziato anche a offrire proposte proprie: incontri mensili, ritiri estivi, convegni, esercizi spirituali, settimane bibliche. Allo stesso tempo, però, la Certosa non ha smesso di avere una funzione anche «interna», continuando a essere un luogo nel quale i confratelli di padre Daniele vanno per periodi di riposo e preghiera, proprio nell’ottica del nutrimento fisico e spirituale necessario per annunciare il Vangelo nel mondo.

Certosa «in uscita»

Negli 850 anni della sua storia, a parte la parentesi laica dal 1802 al 1934, la vita della Certosa è stata quasi sempre interna, di clausura. L’apertura data dai missionari della Consolata, soprattutto con l’avvio delle accoglienze, che ha fatto passare l’antico monastero da una dimensione contemplativa a una missionaria e attiva, ci sembra una vera rivoluzione.

«A volte gli opposti si toccano – continua padre Daniele -. Apparentemente, la vita contemplativa, quella di clausura dei monaci, e quella dei missionari in uscita, che girano per il mondo, sono agli estremi opposti, ma in realtà sono in continuità tra loro. E questo a me riempie il cuore dando un profondo significato a ciò che sto facendo.

L’ora et labora dei monaci, anche noi missionari lo viviamo nei progetti, nella promozione umana, e in una spiritualità che ogni giorno è da rinnovare.

La continuità si potrebbe vedere anche nello specifico carisma dei monaci certosini. Il loro fondatore San Bruno li aveva pensati eremiti, ma nella vita di un cenobio. Erano, e sono, eremiti con un senso di comunità.

Il cenobio consisteva nel ritrovarsi una volta al giorno per l’eucaristia, e una volta alla settimana per il cosiddetto spaziamento, una passeggiata a due a due nei boschi qui intorno.

Tutti siamo chiamati a riscoprire questa dimensione di vita: chi riesce a vivere bene da solo, riesce a vivere anche con gli altri e, viceversa, chi vive bene con gli altri deve ritagliarsi momenti di solitudine e di silenzio per portare avanti la propria missione.

Con i Missionari della Consolata le porte della Certosa si sono aperte. Il nostro compito, bello per me, è di offrire questi spazi a chi fatica a trovare profondità. Questo è un luogo che parla al cuore dell’uomo e offre non delle risposte, ma delle domande di senso, sul senso della vita».

Bellezza, via di missione

In occasione degli 850 anni, i Missionari della Consolata, insieme a vari enti, tra cui la provincia di Cuneo, il comune di Chiusa Pesio, la regione Piemonte, l’Ente di gestione aree protette Alpi Marittime, hanno ideato a un nutrito calendario di eventi: giornate spirituali e trekking meditativi, concerti, convegni, escursioni e visite guidate.

A giugno è previsto il convegno intitolato «Bellezza come via di evangelizzazione». Chiediamo a padre Daniele il motivo di questo tema: «La bellezza è lampante in questo contesto dove l’arte e la natura si esaltano a vicenda. Come dice papa Francesco in Evangelii gaudium: “Annunciare Cristo significa mostrare che credere in lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di gioia”. Noi crediamo che la bellezza vera può toccare le corde profonde del cuore e aiutare a seguire il Vangelo come una cosa bella. Non solo come uno sforzo volontaristico, ma scoprendo quella dimensione di gioia e bellezza che, a volte, dimentichiamo. La bellezza ci porta in alto e in profondità nella nostra vita. E quindi diventa via di evangelizzazione».

I bisognosi dell’Europa

Nell’immaginario collettivo, quando si parla di missione, normalmente si pensa ai missionari che aiutano i poveri, bisognosi dal punto di vista materiale. Padre Daniele, all’inizio di questa chiacchierata, ha detto che in Certosa i missionari accolgono bisognosi, riferendosi però a bisogni di altro tipo: di spirito, profondità, senso.

«Questa forse è una delle nuove dimensioni della missione nella nostra Europa, ma anche in tutto il mondo. Nella mia piccola esperienza, vedo che c’è un tremendo bisogno di essere ascoltati. Le persone hanno bisogno di qualcuno che stia con loro e che possa ascoltare le loro storie. Purtroppo, sono sempre meno quelli che hanno tempo o possibilità per farlo.

Una casa di spiritualità come questa è un luogo per l’ascolto.

Personalmente anche io sono stato aiutato qui alla Certosa dai missionari che c’erano all’epoca e che mi hanno offerto un accompagnamento spirituale.

Gli incontri oceanici sono importanti, ma non bastano.

Trovo più importante, invece, che le persone, i giovani, possano fare un cammino personale di dialogo nel quale, se c’è una certa sensibilità da ambo i lati, si può andare davvero in profondità, toccando anche punti difficili che ciascuno si porta dentro.

Questo accompagnamento crea una relazione che può diventare una vera amicizia spirituale.

Ritengo che l’apertura all’ascolto realizzi veramente lo stile missionario, uno stile che non dimentica i bisogni materiali, ma che è capace di guardare anche i bisogni del cuore, la solitudine, le ferite interiori che, a volte, sono più devastanti della povertà materiale. Solo con un dialogo profondo si possono affrontare.

Qui accogliamo anche persone fragili che a volte non trovano spazio nelle parrocchie o in forme di Chiesa troppo strutturate. Persone che hanno difficoltà a credere, ma anche che vivono traumi o fatiche particolari, come ad esempio una qualche forma di dipendenza».

Un luogo per tutti

Tra le attività proposte dai Missionari della Consolata in Certosa, ci sono corsi di preparazione al matrimonio, esercizi spirituali per laici e religiosi, trekking spirituali, la scuola di preghiera per giovani e giovanissimi, i fine settimana per famiglie e adulti, il deserto giovani, il ritiro di agosto per famiglie.

Il target di persone che frequentano l’antico monastero è ampio.

«La Certosa è aperta tutto l’anno. È bello accogliere persone che stanno compiendo una ricerca e che vogliono fare un cammino serio di vita cristiana.

Quest’anno stiamo facendo un cammino sugli incontri di Gesù, sottolineando che la spiritualità vera è vera umanità: siamo chiamati ad approfondire l’umanità di Cristo per umanizzare la nostra vita.

Poi ogni anno proponiamo iniziative come il capodanno, il triduo pasquale, una settimana biblica nella quale quest’anno affronteremo la missione tramite le lettere di san Paolo e l’inizio della comunità cristiana».

 

Un piccolo Tabor

Nel contesto del ripensamento che i Missionari della Consolata stanno compiendo sulla propria missione in Europa, il ruolo che la Certosa si ritaglia è molto particolare. «Possiamo citare alcuni documenti dell’Imc che ci invitano a essere sempre più una presenza significativa di ricerca di senso e spiritualità in funzione di una crescita nell’umano.

L’icona del monte è molto appropriata per questo luogo: la Certosa è un piccolo Tabor nel quale uno può raccogliersi insieme ad altri per fare l’esperienza di una trasfigurazione, l’esperienza di un Dio vicino. È un luogo abitato dove si respira una presenza secolare di preghiera.

Come i certosini avevano il motto di san Bruno che recitava “la croce resta fissa mentre il mondo ruota”, anche noi missionari della Consolata vogliamo costruire la nostra vita attorno a ciò che è essenziale (il Vangelo, il silenzio, la relazione con Dio e con gli uomini) e condividerlo con tutti».

Luca Lorusso


Per un tuffo nel passato

Dalla Certosa ai monti della Valle di Pesio, e tanto altro. Uno squarcio nella vita degli «apprendisti» missionari negli anni Quaranta.
Un eccezionale documentario in bianco e nero di padre Alfredo Deagostini, ora conservato e digitalizazto dall’l’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, e reso disponibile sul canale Youtube Cinemareligioso nel Fondo IMC-Istituto Missioni Consolata.

 




Noi e Voi, dialogo lettori e missionari


Verità e giustizia

Tutti noi abbiamo grande bisogno di verità, cioè capire ciò che è veramente bene e ciò che è male. Distinguere il falso bene da quello vero. Bisogno di verità in tutti gli ambiti: società, lavoro, famiglia. Quanti tradimenti, cioè inganni, bugie, false verità che portano malessere, sofferenze. La verità è importantissima nella vita di tutti i giorni. A Pilato, nell’interrogatorio prima della crocifissione, Gesù ha detto: «Per questo sono venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità». Gesù è venuto a rendere testimonianza alla verità portando la parola di Dio.

Quando non sappiamo cos’è bene, non sappiamo più cosa dobbiamo fare, la parola del Vangelo ci illumina. Gesù ha testimoniato la verità delle sue parole con la vita fino a versare il sangue. Da soli non possiamo fare nulla. Non possiamo sempre capire qual è la verità, ci facciamo ingannare facilmente dalle false verità. Con la verità autentica nei dissidi tra nazioni si arriva a capire chi ha torto e chi ragione e quindi si giunge alla giustizia, condizione importante per la pace. Cordiali saluti.

E.B., 22/04/2022

Faraja House

Dalla Faraja House

Carissimi amici, capita di dormire male e sognare catastrofi. Oggi, primo aprile, mi sono svegliato con l’amaro in bocca. Prestissimo suona il telefono. Pesce d’aprile? È l’ufficio degli assistenti sociali. «Abbiamo da affidarti una bambina di sette anni». E così parto per la città e incontro Emma: è con due poliziotti, appena arrivata dall’ospedale. È stata violentata poche ore fa nella notte e in casa. Mentre tentava di scappare è stata picchiata in faccia ed è tutta gonfia.

La «risposta» di Dio ai brutti sogni: aiutare gli altri risolve molti dei nostri problemi! Provare per credere.

Capisco perché Guru ha due occhi splendenti e sempre un sorriso pronto: è abituata ad aiutare i fratellini e ora è sempre pronta ad aiutare i più piccoli con una gioiosa gentilezza, ed è una bimba di solo otto anni! È lei che sta vicina a Vau quando «va in crisi»: Vau è una bimba di quasi quattro anni. Abbandonata dalla mamma e allevata dal padre che fa l’oste in un kilabu (specie di bar dove vendono birra locale, il pombe). Per più di un anno ha vissuto sgambettando nell’osteria con gli avventori spesso ubriachi, che le davano pombe da bere quando piangeva.

Qui ogni bambino mi ricorda la cattiveria umana, ma anche le parole di Madre Teresa la prima volta che la vidi a Roma anni fa: «Dio ha bisogno di voi: siete le sue mani!».

Persino Ronaldo, il cane che fa parte della famiglia, ha da insegnarmi qualcosa: ogni mattina accompagna i quattro bambini dell’asilo fino a scuola, li guarda entrare in classe e ritorna a casa. Qui è sempre vigile e ringhioso se arriva qualcuno che non è di casa.

Il 1° maggio la Faraja compirà 25 anni! Su un fazzoletto di terreno è risuscitata, dopo la distruzione. Con la vostra fraterna assistenza abbiamo costruito parecchie casette che danno ospitalità a più di 60 bambini che hanno sperimentato la cattiveria umana. Tanti ne sono passati e hanno potuto ricostruirsi una vita più serena e indipendente. Tanti hanno imparato un mestiere, una trentina hanno finito il percorso universitario. Faraja vuol dire Consolazione e ne abbiamo distribuita tanta assieme a voi, amici che avete collaborato con noi per essere «le mani di Dio».

Grazie di cuore e auguri per la Festa di Resurrezione.

Padre Franco Sordella,
01/04/2022, Mgongo, Iringa, Tanzania

È possibile sostenere la Faraja House tramite MCO. Grazie.


Certosa di Pesio,un luogo unico

Un po’ di storia certosina

«Da quasi un millennio la Certosa di Pesio sta assisa a capo della valle omonima, fasciata da mistica atmosfera di austera serenità, di bellezza e di poesia, cullata dal murmure perenne del Pesio, quasi ritmo di preghiera sussurrata in sordina». Così don Giovanni Terreno, parroco di San Bartolomeo sino al 2007, definiva la Certosa di Pesio, ora casa di spiritualità missionaria dei Missionari della Consolata.

Fondata nel 1173 dai monaci certosini provenienti da Grenoble (Francia), la Certosa di Pesio è uno dei monumenti storici più insigni del Piemonte: fu per secoli un importante centro di vita religiosa, culturale e civile. Infatti, la comunità della Certosa sviluppò al suo esterno la piantagione di abeti, la coltura della vite, l’allevamento delle api e del bestiame. Sorse anche una vera scuola di intarsio che, insieme a studi scientifici e alla composizione/rilegatura di manuali e libri, furono messi al servizio della cultura, tramandataci fino ai giorni nostri.

Con alterne vicende di crescita e di difficoltà, la comunità monastica perseverò fino alla Rivoluzione francese (1800), quando Napoleone soppresse gli ordini monastici. L’adattamento a stabilimento idroterapico, nella seconda metà del XIX sec., ridonò al luogo un effimero periodo di notorietà in Italia e all’estero, fino all’inizio della Prima guerra mondiale (1914), periodo in cui la Certosa fu destinata a un temporaneo decadimento.

Visuale della chiesa abbaziale della Certosa dalla Correria – turbina

I Missionari della Consolata in Certosa

Nel 1934, giunsero i Missionari della Consolata che ridiedero vita alla Certosa, nella sua missione specifica di centro di irradiazione della luce di Cristo nel mondo: «I Missionari della Consolata però non si sono limitati al compito, anche se impegnativo e lodevole, di pietosi restauratori o rianimatori di un colosso in rovina o di benemeriti conservatori di un passato; ma, restaurata e resa funzionale, hanno dato alla Certosa di Santa Maria nuovo impulso di vita, realizzando e continuando a realizzare una serie di attività in ordine alle finalità della loro specifica missione» (don Giorgis, La Certosa in Valle Pesio, 1952).

È bello pensare che schiere di missionari qui si siano formate e da qui siano partite per i quattro continenti.

Dal 1934 al 1945, la Certosa fu casa di vacanza estiva per i giovani aspiranti missionari e missionari reduci dalle missioni e sede del seminario durante la guerra 1940-45. Dal 1945 al 1982 accolse il noviziato. Dal 1982 vi è una comunità missionaria che ha aperto la Certosa all’ospitalità per vacanze, incontri di studio e spiritualità e animazione missionaria, a sacerdoti, famiglie, gruppi parrocchiali e comunità di giovani e di anziani di varia provenienza. Dal 1996 ha preso la connotazione finale e precisa di «casa di spiritualità missionaria».

Casa di spiritualità missionaria

La comunità della Certosa di Pesio (composta attualmente da sei missionari: i padri Daniele Giolitti,  Beppe Cravero, Ermanno Savarino, Francesco Discepoli e Lino Tagliani, e fratel Gaetano Borgo) vuole continuare a essere un segno di presenza spirituale e di impegno nell’evangelizzazione. Per una missione in Europa fatta di testimonianza e profezia, pensiamo che oggi più che mai abbiamo bisogno di coltivare una spiritualità autentica, costituita sia da una ricerca costante di Dio nella preghiera e nella vita, sia dal desiderio e dal coraggio di scegliere uno stile di vita che ci permetta di vivere il Vangelo nella contemporaneità.

Nella prospettiva di coltivare e vivere una spiritualità missionaria, siamo convinti che la Certosa sia un luogo molto adatto e che possa offrire molto al servizio di noi missionari, dei laici, dei giovani e delle famiglie.

Come già detto, il luogo è unico e questo fa la differenza: paesaggi di boschi e alpeggi, l’abbraccio delle montagne tutt’intorno rendono la Certosa un luogo incantevole e particolarmente adatto all’immersione nello Spirito, a cammini di direzione spirituale e accompagnamento vocazionale.

La Certosa offre la possibilità di essere una «casa di scuola della Parola»: come missionari proponiamo cammini mensili di Lectio Divina, meditazioni, ritiri e annualmente turni di esercizi spirituali e settimane bibliche.

Nella natura

Per dare un taglio più spiccatamente missionario ai nostri programmi, in collaborazione con la diocesi di Mondovì, abbiamo proposto degli incontri itineranti sulla Laudato si’ nella natura, comprese alcune escursioni nel bellissimo Parco del Marguareis (con quest’ultimo stiamo intessendo una serie di collaborazioni soprattutto sull’integrità del creato, con relative mostre e concerti).

Quest’anno – come si può leggere nel programma qui accanto – abbiamo pensato, assieme ai centri missionari diocesani del Piemonte, di proporre una «3 giorni sulla missione» su temi sui temi dell’accoglienza e della mobilità umana, della giustizia e della pace, e del dialogo interreligioso. Infine, organizziamo dei cammini di conoscenza e approfondimento del carisma del nostro fondatore, il beato Giuseppe Allamano.

Le sfide

Ma ci sono anche delle sfide. La prima criticità che balza agli occhi è che la struttura è molto grande e di non facile gestione. Necessita di un lavoro continuo di manutenzione. Chi vive qui deve essere disposto a una vita all’insegna del motto «ora et labora». Il luogo è isolato, l’inverno lungo, la vita un po’ spartana. Tuttavia, la struttura, pur grande, va bene per la primavera e l’estate quando c’è maggiore richiesta di ospitalità (campi scuola di parrocchie, gruppi scout, associazioni, nei quali noi missionari offriamo incontri di lectio o testimonianze sulla missione).

Certo la gestione economica non è facile, anche se, in tempi normali, si è sempre riusciti a coprire le spese ordinarie. Il grande investimento della nuova turbina garantisce un’entrata annuale costante. In ordine alla manutenzione straordinaria si sta cercando di studiare forme di partnership: in questo senso si è creato di recente un comitato ad hoc in vista delle celebrazioni del 850° anniversario della fondazione della Certosa (nel 2023) coinvolgendo la regione Piemonte, provincia di Cuneo, il comune di Chiusa pesio, il Parco, la diocesi di Mondovì, associazioni e alcune banche e fondazioni private.

Il chiostro della Certosa di Pesio

Salire sul monte

Il Vangelo dice: «Dopo la giornata di Cafarnao, Gesù si ritirò in un luogo solitario […] salì sul monte» (cfr. Mc 1,35). C’è, oggi come ai tempi di Gesù, una necessità di ritirarsi in un luogo solitario, sul monte. Ci sono sacerdoti, laici, religiosi, che guardano alla Certosa proprio come a quel luogo solitario che avvertono già «abitato» da Dio, intuiscono che «qui c’è qualcosa!». La gente si sta allontanando sempre più da una chiesa troppo strutturata perché vuole incontrare Dio, un Dio che non riesce più a trovare nelle proposte ordinarie. La Certosa rappresenta un’offerta seria di spiritualità, anche al servizio della chiesa locale.

Dall’antico motto di san Bruno ai Certosini, «La croce resta salda mentre il mondo gira», all’attuale programma di vita del beato Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata: «Essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni» (Is 66,19).

padre Daniele Giolitti
02/05/2022, Certosa di Pesio –  www.certosadipesio.org

 




Don Ciotti: mettere vita nella vita

Testo di Ludovico Chiappari, foto di Ludovico Chiappari e Daniele Giolitti |


L’invito ad andare alla Certosa di Pesio il 18 febbraio per partecipare all’incontro con i giovani che Don Luigi Ciotti terrà in occasione della Festa del Beato Allamano, arriva inaspettato, ma decido di andare.

Il viaggio in una domenica completamente nebbiosa, non promette nulla di buono. Nebbia, nebbia e nebbia fino a Chiusa Pesio dove piano piano fa capolino un raggio di sole, per arrivare alla Certosa dove il sole splende creando un paesaggio davvero pittoresco con il contrasto della neve.

Non ero mai stato alla Certosa di Pesio e davvero non sapevo cosa aspettarmi!

La Certosa

Il primo impatto è stato per me davvero bellissimo perché come sono arrivato ho visto un grande numero di giovani, di animatori e ragazzini che parlavano, cantavano e per me, animatore di gruppi giovanili di oratorio e di estate ragazzi, è stato davvero una forte emozione.

Poi è venuto ad accogliermi p. Daniele Giolitti, il superiore della Certosa di Pesio. Gentilissimo, allegro, pieno di vitalità che cercava di stare dietro a tutto e a tutti: i ragazzi dei gruppi di Asti che facevano il ritiro, i visitatori della Certosa, l’organizzazione del pomeriggio con Don Ciotti. Il tutto sempre con il sorriso nonostante le corse che faceva a destra e a manca.

Ho iniziato così ad esplorare la Certosa di Pesio. E sono rimasto davvero stupito e ammirato da quanta storia racchiuda questa costruzione da quando è stata fondata a quando è passata nelle mani dei Missionari della Consolata in poi. Nelle cappelline, nel chiostro, nei vari passaggi si respira ancora un’aria di passato colmo di spiritualità. E anche se c’erano circa 80 ragazzini che correvano per la caccia al tesoro, per preparare la messa, per cantare tutto era in una sorta di aurea.

Don Ciotti e il beato Allamano

Dopo il pranzo finalmente alle due e mezza l’atteso incontro con Don Lugi Ciotti che arriva scortato dai suoi 4 uomini di guardia (visto che ha già avuto molte minacce di morte), ma che già dal primo sorriso dimostra la sua semplicità e disponibilità.

Dapprima il saluto di padre Daniele e poi una breve presentazione della vita di don Ciotti da parte di padre Ugo Pozzoli (responsabile Missioni Consolata Onlus a Torino) e di padre Michelangelo Piovano (superiore dei missionari della Consolata in Italia).

Appena Don Ciotti parla, il suo carisma esplode e cattura l’intera platea di giovani! Racconta della sua vita, delle sfide che quotidianamente lo interpellano, delle difficoltà e dei sogni che vive ogni giorno. E parla del beato Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata con il quale sente molta sintonia di pensiero e di cuore.

Invita noi animatori e giovani a credere ai sogni, a non lasciarci vivere, a fare “squadra”, a non essere isole nel mondo, ma collaborare, coordinare, condividere la vita quotidiana fra noi, con gli altri per lottare e prenderci cura delle persone che hanno più bisogno da quelle più vicine a noi a quelle più lontane (citando proprio il beato Allamano). Ci invita a non farci fagocitare dall’indifferenza e dai nuovi padroni che spesso noi giovani abbiamo e cioè internet, cellulare, social che, pur se importanti, rischiano di isolarci.

Dobbiamo creare nuovamente relazioni personali, viso a viso, per riuscire insieme a modificare le cose e illuminare la vita delle tante situazioni belle e di bene, che ci sono nel mondo ma di cui nessuno parla. Ci invita ad essere, in modo particolare, per la nostra nazione l’Italia, dei «cittadini responsabili» che hanno il coraggio di dire le cose che non vanno ma sempre collaborando con le istituzioni, non limitandoci solo alle lamentele ma attivandoci. Ci racconta molti aneddoti della sua vita e di grandi figure che ha conosciuto e che hanno lottato e pagato spesso con la vita per cambiare il mondo. Ci parla di papa Francesco e di nuovo del beato Allamano. Risponde alle domande che alcuni giovani fanno sempre con il sorriso e grinta. L’incontro termina alle 17.00 circa con la santa messa animata con canti bellissimi dai gruppi di giovani.

Squarcio di sole nella nebbia

Alle 18 si finisce e si è pronti per ritornare a casa.

Che dire è stata davvero una giornata indimenticabile che racconterò in parrocchia al mio Don, ai miei amici animatori, ai miei animati, al gruppo di coordinazione giovanile zonale che spero di portare presto in Certosa. Questa giornata mi ha permesso di conoscere un luogo di spiritualità nel quale ci si sente davvero come a casa propria! È stato davvero bello scambiare idee con altri animatori e giovani che come me si danno da fare per tentare di portare avanti un cammino di fede personale e per i ragazzi più piccoli di loro. L’incontro con don Ciotti ha dato una carica e nuova linfa vitale da trasmettere a tutti noi.

Un grazie grande a padre Daniele e ai giovani che hanno animato la giornata.

Sono le 18, 15 mi preparo per tornare a casa. C’è di nuovo la nebbia che avvolge la Certosa e la strada, ma questa volta so che davvero tra la nebbia si apre sempre uno squarcio ed esce il sereno.

È questo il messaggio che mi ha lasciato la Certosa e che porterò ai miei amici!

Ludovico Chiappari