Kenya. Sotto l’acqua

 

Da quando è iniziata la stagione delle piogge, nel marzo scorso, il Kenya ha subito diverse inondazioni, che hanno causato crolli di ponti, interruzioni di strade, e sfondamenti di dighe. Ad oggi il bilancio delle vittime è di 210 morti e 200mila sfollati. Al momento sono circa 90 i dispersi. Oltre la metà dei quali, a causa del cedimento della diga di Mai Mahiu, contea di Nakuru, nella notte tra il 28 e il 29 aprile, a un centinaio di chilometri a Nord della capitale Nairobi. Qui il conto provvisorio delle vittime è di 50.

Le piogge hanno riempito la diga fino a farla cedere. I villaggi a valle sono stati investiti da una massa d’acqua e fango che ha portato via tutto, comprese le abitazioni. Il presidente William Ruto, il primo maggio, in visita al sito, ha detto che è necessario evacuare gli abitanti rimasti. Diverse sono le dighe a rischio a causa delle violente piogge. Il ministro dell’Interno ha annunciato un’ispezione a 178 dighe per verificare il loro stato.

Particolarmente importante è stata l’inondazione causata dalle piogge iniziate lo scorso 24 aprile. Diverse località del Kenya e la capitale sono state allagate. A Nairobi i quartieri popolari di Kibera e Mathari hanno subito inondazioni, con diverse decine di vittime, mentre 60mila sarebbero le persone colpite. Si ricorda che molti di questi quartieri, noti come slum, non hanno sistemi fognari o di scarico delle acque.

L’oppositore Raila Odinga ha subito chiesto che fosse dichiarato lo «stato di emergenza» il che permetterebbe di usare misure eccezionali, come ad esempio l’intervento dell’esercito.

Gli abitanti dei quartieri, soprattutto poveri, se la prendono con il governo che non ha fornito loro aiuto e attrezzi per cercare i sopravvissuti e i cadaveri.

Il presidente William Ruto, accusato di inefficienza, il 3 maggio ha annunciato che interverrà con misure adeguate.

La causa delle volenti piogge è attribuita al fenomeno climatico conosciuto come «El niño», che si sviluppa nel Pacifico. Intanto, sabato 4 maggio era previsto l’arrivo del ciclone Hdaya a lambire le coste di Tanzania e Kenya, ma fortunatamente si è depotenziato all’avvicinarsi delle coste. Il governo aveva ordinato l’evacuazione di tutte le zone a rischio, comprese diverse aree della capitale. In alcuni quartieri popolari, lungo le rive dei fiumi, i bulldozer hanno raso al suolo le abitazioni per favorire il percorso delle acque. La popolazione, però, non è stata ricollocata e molte famiglie si sono trovate all’improvviso senza casa. Si parla di un migliaio di persone. I residenti protestano anche per non aver ricevuto nessun tipo di soccorso o di aiuto (come cibo o acqua) da parte delle autorità.

Secondo l’istituto nazionale meteorologico le piogge potrebbero continuare nei prossimi giorni. Intanto, le scuole restano chiuse fino a nuovo ordine, con evidente preoccupazione dei genitori.

Marco Bello




Rdc. Allagamenti in tutto il Paese

A inizio anno la piena del fiume Congo ha toccato 14 province sulle 26 totali. Il livello del fiume ha superato i 6 metri, quando 6,26 è il record assoluto. Il fiume è straripato in seguito alle piogge torrenziali del 4 gennaio scorso. Diverse strade e abitazioni di Kinshasa sono state colpite.

Le inondazioni sono state significative, soprattutto nei comuni che si affacciano sul fiume. Si tratta, in particolare, di Ngaliema, Bumbu, Limete e Maluku. Nel comune di Ngaliema, le acque hanno sommerso tutto, rendendo ancora più precarie le condizioni di vita già difficili della popolazione.

Nei comuni di Limete e Bumbu, dove le strade sono diventate impraticabili, le attività commerciali stanno affrontando molte sfide. Gli ambulanti sono i più colpiti da questa calamità. Inoltre, la maggior parte dei negozi non è più accessibile.

Vie e strade allagate, le persone usano le barche tradizionali o vanno a piedi per accedere alle loro attività quotidiane o ai loro affari, con il rischio di contrarre diverse malattie dalle acque inquinate.

Un magazzino divelto ha liberato il suo contenuto (bottiglie di bibite) nelle acque. Foto Archivio MC.

La popolazione cerca di costruire muri protettivi che possano aiutarla a prevenire il danneggiamento delle case: è l’unico modo per mettere in salvo le proprietà. Ma la situazione rimane insostenibile. La gente attende disperatamente che le autorità municipali intervengano in loro aiuto.

Kinshasa non è l’unica città colpita da queste piogge torrenziali. Anche molte altre province sono state coinvolte. Tra queste, la provincia del Kivu nella parte orientale del Congo, Boma, nella zona occidentale e Kananga nel centro. Tutte hanno dovuto affrontare gravi inondazioni e frane.

Trecento persone hanno perso la vita, circa 43mila case sono crollate. Inoltre, 1.325 scuole, 269 dispensari e 85 strade sono stati distrutti, e persiste un alto rischio di epidemie causate dalle acque.

Con la stagione delle piogge in corso, le popolazioni congolesi potrebbero affrontare ulteriori problemi di questo tipo, a meno che non vengano prese precauzioni urgenti. Kinshasa, come altre province, ha bisogno di un’adeguata pianificazione urbana per evitare disastri analoghi nel futuro.

Nel frattempo, le popolazioni colpite hanno bisogno di aiuto immediato.

Jean Kamuanga

In moto “sulle” acque, nei pressi di Kinshasa. Foto Archivio MC.




L’alluvione che ha preparato il ciclone Idai


Dunque, qui è stato un disastro. C’è stato un’alluvione come quello che ho vissuto a Vilanculos nel 2000.

All’inizio di marzo, è cominciato a piovere tantissimo sull’altopiano di Angonia (nella zona montuosa a Nord della città di Tete, verso il lago Niassa), dove ha piovuto per 5-6 giorni continui, con vento forte. Nella parrocchia di Mpenha circa 200 famiglie hanno perso casa e campi. E adesso si stanno aggiustando con capanne alla meglio

Angonia è una zona particolarmente agricola con colline e valli. Le nostre prealpi. Ben 7 cappelle hanno ceduto e sono andate distrutte

L’acqua scesa dall’altopiano di Angonia, si è riversata nei ruscelli. Questi, cresciuti sono sfociati nel Rowubwe, ingrossandolo all’inverosimile. Il Rowubwe è un’affluente dello Zambesi, al quale si unisce proprio qui vicino a Tete. Il Rowubwe  di solito è mezzo secco, ma in quei giorni giorni era in piena e ha cercato di riversarsi nel fiume Zambesi, che pieno a sua volta non ha potuto accoglier quella quantità di acqua.  Per cui, il Rowubwe è straripato, invadendo campi, isolotti e villaggi in riva la fiume. Il grande ponte, ne ha risentito, e tuttora e intransitabile.

Centinaia di famiglie, si dice 860 famiglie, sono state prese di sorpresa durante la notte, e hanno appena salvato la vita. Casa, cose, utensili, tutto… alla malora. I morti… non si sa, forse una quarantina.

Le famiglie da allora accolte nella scuola industriale di Tete, alla belle-meglio.

Governo e privati hanno e stanno soccorrendo alla meglio. Noi pure per tre volte nel centro di accoglienza abbiamo dato viveri e vestiti, frutto di una generosa raccolta tra le parrocchie.

Adesso lo stato sta assegnano un pezzo di terra, in altra zona, per costruire case.  Non so se daranno anche i mezzi… Dal centro di accoglienza li stanno mandando in questo quartiere nuovo. Con tende.

Io aspetto qualche giorno, per vedere come andrà a finire e quali saranno i bisogni, almeno che non manchi il mangiare.

Non so poi come sarà la zona di Doa e Mutarara, lontana 200 e 290 Km rispettivamente dalla città di Tete, dove lo Zambesi, ha invaso tutti i campi.  Tuttora abbiamo una 15 di villaggi che non siamo riusciti a contattare, e il granoturco è a bagno nell’acqua.  Il raccolto non ci sarà per questo anno.

Altra cosa è stato il ciclone che qualche giorno dopo ha colpito Beira e dintorni. Una tragedia, quella che si vede alla TV. Non so quando Beira potrà rialzarsi. Tutto distrutto. Grazie a Dio, anche la ONU sta intervenendo. I danni sono ingenti.

padre Sandro Faedi
amministratore apostolico di Tete