Alba ricorda padre Paolo Tablino
Sabato 28 Ottobre 2023 inaugurato presso l’Area Verde don Paolo Tablino ad Alba dell’opera d’arte permanente «Marsabit», di Samuel Di Blasi.
Il sindaco e alcuni consiglieri, il vescovo di Alba mons. Marco Brunetti e don Gino Chiesa, direttore dell’ufficio missionario di Alba, si sono alternati a rievocare l’avventura missionaria della diocesi di Alba iniziata nel 1958-59 con don Venturino e don Paolo Tablino (i primi due sacerdoti Fidei donum di tutta Italia) e proseguita con una presenza rilevante di sacerdoti e laici di Alba che hanno dato un contributo unico alla nascita e primo sviluppo della diocesi di Marsabit. Il monumento è situato in una spaziosa area verde, che già porta il nome di don Tablino, ove le persone possono venire a incontrarsi, a riposarsi e a godere la natura. L’artista Samuel Di Blasi ha scoperto il monumento in metallo di colore argentato, a forma di albero i cui vari rami richiamano la vitalità e la crescita del seme. Ai piedi del monumento Patrizia Manzone (missionaria laica in Kenya dal 2008 al 2022) con l’aiuto di uno dei suoi figli ha seppellito una manciata di terra proveniente da Marsabit. Presente anche una bella delegazione di missionari della Consolata, tra cui il vescovo emerito di Maralal, mons. Virgilio Pante, con il quale padre Paolo Tablino ha svolto il suo servizio missionario una volta diventato missionario della Consolata. Infine mons. Brunetti e mons. Pante hanno dato la benedizione al nuovo monumento.
Una scheggia di bellezza
Ad Alba, in provincia di Torino, è stata presentata una scultura in ricordo di don Tablino, una vita trascorsa tra i nomadi del Kenya.
Marsabit è l’opera inaugurata il 28 ottobre ad Alba per ricordare il percorso umano e spirituale di don Paolo Tablino, fidei donum diocesano prima e successivamente padre missionario della Consolata inviato nei primi anni Sessanta nella diocesi di Marsabit in Kenya con un compito di prima evangelizzazione.
La realizzazione della scultura è stata affidata dal Comitato promotore a Samuel di Blasi, artista nato e cresciuto nel quartiere che ospita la posa. Di Blasi ha potuto lavorare con libertà, andando oltre gli schemi dell’opera commemorativa. Ha così realizzato un’installazione iconica ma senza astrattismi che riesce a mettersi in dialogo diretto con il giardino in cui è posta: una fusto metallico che si slancia verso il cielo richiamando, nella trama, lo slancio degli alberi circostanti. Un richiamo quasi immediato è all’immagine del Vangelo come seme gettato, molto cara a Tablino: «Il deserto è diventato terra buona». Così descriveva la sua esperienza con i nomadi Gabra e Borana, abitanti dei deserti keniani. Una vicinanza che Tablino condivideva con gli altri missionari albesi e con il vescovo Carlo Cavallera, anch’egli missionario della Consolata. Insieme avevano elaborato un metodo pastorale che li vedeva alternarsi nella presenza in parrocchia e a fianco delle tribù non stanziali. Un approccio della missione che è diventato oggetto di ricerche antropologiche come quella di Erika Grasso, esposta nel volume Incontri con l’altro. Missionari «in cammino» tra i Gabra del Kenya.
Alla sommità la scultura acquista una maggior tridimensionalità e la sottile colonna di appoggio continua lo slancio verso l’alto allargandosi in una sorta di abbraccio. Una circolarità che sta quasi a ricordare il legame ancora fortissimo tra Alba e Marsabit, concretizzato oggi in alcuni progetti tra cui la scuola Father John Asteggiano, il sostegno ai giovani con le borse di studio e la Montessori pre school, prima scuola ad indirizzo Montessori della zona. Esso è però soprattutto reso vivo dalla comunione tra laici, consacrati, preti delle due diocesi. Gli esempi più recenti sono il rientro di Patrizia Manzone, fidei donum laica ad Alba con la sua famiglia italo-keniana e la visita, in estate, di padre Ibrahim Racho, vicario generale di Marsabit, che ha trascorso diversi mesi ad Alba, i viaggi missionari dei giovani del cuneese.
Samuel di Blasi nel descrivere l’opera ha scritto che «vuole rappresentare una riflessione sul tema dell’effimero e del transitorio, […] una tematica che mi sta particolarmente a cuore e ci invita spesso a riflettere sulla natura dell’esistenza umana, e sull’importanza di cogliere ogni istante della nostra vita con consapevolezza e gratitudine.»
La presenza di questa scheggia di bellezza «germogliata» in un piccolo parco cittadino ha trasformato questo spazio da luogo di passaggio a luogo pubblico di riflessione. Importante, sotto questo punto di vista, l’adesione all’iniziativa delle istituzioni cittadine che hanno riconosciuto il significato civile e non solo spirituale all’opera missionaria di Tablino. Una trasformazione dunque, non solo artistica ma anche sociale, culturale, spirituale.
Emanuela Costa