La tentazione della bambagia
L’ineffabile Fidel
Caro direttore,
ho letto di recente su un numero di «Times» (Londra) la classifica, aggiornata annualmente dalla rivista «Forbes», delle persone più ricche del mondo. «Vanitas vanitatum»!
In questa classifica compare un certo Fidel Castro, residente a L’Avana (Cuba), il cui patrimonio è stimato in 100 milioni di dollari USA (circa 170 miliardi di lire), distribuito fra miniere di nichel, piantagioni di canna da zucchero e risorse turistiche. Non c’è male per un osannato esponente del proletariato mondiale!
Che cosa ne dicono gli adoratori dell’ineffabile Fidel?
Pier Giorgio Motta
Torino
Noi non siamo tra gli «adoratori» di Fidel, ammesso che esistano… Spesso la coerenza di vita lascia a desiderare in molti. Certamente in noi.
Carezze
Cari missionari,
ho osservato sulla vostra interessante rivista i padri e i fratelli che ci hanno lasciato per ritornare alla «casa del Padre»… e i miei occhi si sono inumiditi.
Questi «eroi» sono vestiti come noi, forse con gli stessi nostri difetti, ma con un entusiasmo mai domo, una speranza mai soffocata, una fede mai annacquata, e hanno dimostrato con i fatti che, quando si lascia cantare Dio nel cuore e nella mente, può nascere un arcobaleno: un arcobaleno che a noi serve per catturare un pezzo di cielo. Voi, cari missionari, siete proprio le «palpebre», ossia le carezze della nostra anima.
Ennio A. Rebuffini
Torino
La lettera contiene pure una nota, che ricorda come «palpebra» derivi dal latino e significhi anche «carezza». Che i missionari siano «le carezze della nostra mente» è un apprezzamento straordinario. Non meritiamo tanto.
Miniere? No, buchi!
Caro direttore,
ho letto su «Missioni Consolata» di aprile 1998 l’articolo sulle «miniere» del Tanzania. Io avrei usato il termine «buchi».
Questi «buchi» sono stati invasi dall’acqua. Meglio: l’acqua piovana scendendo dalla collina ha trasformato la strada in un torrente melmoso, allagando le «miniere» insieme ai lavoratori. I giornali hanno parlato di un centinaio di annegati. I soccorsi sono giunti da Moshi, a 70 chilometri di distanza, e dal Sudafrica: con delle pompe hanno estratto solo una quindicina di corpi.
I lavori in quei «buchi» non li chiamerei neanche «attività minerarie artigianali». Il tutto per estrarre la «tanzanite».
p. Lorenzo Poloni
Tanzania
Amare e giuste precisazioni di un missionario, che denuncia la totale mancanza di sicurezza nell’«affare delle pietre preziose».
Adagio con le parole!
Spettabile redazione,
mi soffermo sull’articolo di Roberto Beneduce: «Negazione della ragione».
Crollano i muri (di Berlino), le ideologie di sinistra sono a pezzi ovunque, tranne che da noi! Infatti l’articolista, anziché distinguere, evidenziare, trattare i fatti e poi cercarne le cause, che fa? Parte da una ideologia bell’e pronta: «la colpa è del capitalismo». Quindi non esistono fatti.
Si sa che ci sono delinquenti anche fra gli immigrati, che c’è disagio reale fra gli italiani. Ma questo non appare. Non esistono responsabilità individuali. Se uno spaccia, «la colpa è del capitalismo»! E si tira in ballo persino la psicanalisi.
Cosa replicare a simile pervicacia e ignoranza, sia pure ammantata di «cultura»? Verrebbe voglia di dire: caro dottor Beneduce, vada a vivere a San Salvario, a Torino, dove sicuramente sarà scippato; dove, se ha una moglie o una figlia, starà in ansia per loro; dove potrà vedere spacciare e accoltellarsi.
Ma l’ideologia non si arrende né all’evidenza né alla ragionevolezza. Ecco il vizio capitale dell’intellettuale italiano. Allora ben vengano gli articoli che spiegano quanto sta succedendo nelle nostre città e quanto sia «comodo», ma pericoloso, accusare di razzismo. È negando i fatti che si crea il razzismo!
Caro articolista, come donna, mi sento più tutelata dai costumi italiani che dal modo in cui arabi e neri trattano le donne: lapidazione dell’adultera, reclusione in casa o escissione della clitoride alle ragazze. Ma, purtroppo, lei non cambierà la sua ideologia.
Marina Veglia
Torino
Evitiamo, per favore, le parole pesanti come pervicacia e ignoranza, perché sono macigni.
«Distinguere, evidenziare, trattare i fatti e poi cercarne le cause»: è proprio quello che il dottor Roberto Beneduce ha fatto nel suo articolo. Spesso si lamenta una crisi di valori. In realtà – annota Beneduce – dei valori esistono, e sono: competizione, individualismo, narcisismo, accumulazione, cinismo. Ecco «le cause» di molti comportamenti aberranti, fra cui il razzismo.
La frase «la colpa è del capitalismo» non appare nell’articolo contestato.
Due «padani»
a confronto!
Spettabile redazione,
rispondo all’editoriale «Bravi, bravissimi!» di «Missioni Consolata», settembre 1998.
Sono un vostro lettore, cattolico praticante e leghista militante, e ritengo doveroso ricordarvi che, contrariamente a quanto da voi scritto, la Lega Nord non ha visioni corte, anzi, vede più lontano di tutti i politici contemporanei.
Tengo a precisare che la porta in faccia non la sbattiamo né al prete, né a chi ha bisogno di aiuto. La Lega Nord sbatte la porta in faccia solo ai delinquenti e agli imbroglioni, siano questi politici o religiosi. Aggiungo anche che, all’interno del movimento, ho finalmente ritrovato quei valori nei quali ho sempre creduto e che in nessun altro partito ho riscontrato, a parte l’unico interesse per il denaro.
Siamo accusati di razzismo solo perché siamo legati alle nostre tradizioni; ma questo fa parte di ciò che i nostri padri hanno sempre insegnato. Per questo dovremmo vergognarci? Chi sono allora i veri razzisti?
Venite alle nostre feste e scoprirete che si respira tanta aria di festa popolana, dove tutti sono bene accetti: sì, proprio tutti, anche la gente del meridione e gli extracomunitari. Al contrario, entrate in qualsiasi altra manifestazione politica non leghista: se sarete fortunati, ve la caverete con bende e cerotti.
Lo stesso numero di «Missioni Consolata» riporta l’articolo «Triste sorpresa», con amare riflessioni di un missionario che lavora e lotta per altri uomini, per poi vergognarsi di quanto avviene nel suo paese. L’articolo rafforza la mia scelta politica. Grazie per averlo pubblicato.
Concludo dicendo che Dio non ha creato una sola razza, ma tanti popoli con culture diverse, che si devono rispettare a vicenda. Quindi è inconcepibile che quanto è stato creato venga annullato da scelte socio-politiche catto-comuniste di ammucchiamento, con conseguente perdita di identità, sotto il segno del falso perbenismo mirato esclusivamente al tornaconto elettorale.
Mario Salvinelli
Lumezzane (BS)
Caro direttore,
ha fatto bene con l’editoriale «Bravi, bravissimi» a ricordare alla «padaneria» che non ogni idea politica è compatibile con il vangelo, specie se esclude l’altro. Nella fattispecie penso a quel partito del Norditalia che insulta i fratelli italiani del Sud, facendo inoltre appello a un folle secessionismo.
Io sono un italiano-trentino con le qualità e i difetti di tutti gli italiani. La nostra unità nazionale l’ha difesa pure il papa polacco, che di patrie storicamente straziate se ne intende. Il termine «padania» (inventato ieri, ridicolo e insolente a un tempo) desta una ripugnanza basale. Stona applicarlo, strumentalizzandolo, a un convegno missionario. Chi si distingue per presunta virtù civile è meglio che non offra nulla.
Mario Rizzonelli
Dro (TN)
Al leghista diciamo: “bravo, bravissimo!” se il suo movimento accetta tutti, compresi i meridionali e gli extracomunitari… Fatelo non solo durante le feste, ma anche (e soprattutto) nella vita di ogni giorno, trattando tutti con giustizia. Il che non sempre avviene. Si sa – per citare un caso – che il sindaco leghista di Treviso, Giancarlo Gentilini, soprannominato el scerifo, ha rimosso dalla città le panchine pubbliche, perché «i mori» non si sedessero.
All’antileghista diciamo: il Convegno missionario di Verona (24-27 del giugno scorso) ha preso lo spunto dal termine padania per riflettere sul leghismo. Così, ad esempio: «Nel nordest ad una grande dinamicità, sul piano economico e imprenditoriale, rischia di corrispondere sempre di più un impoverimento del senso della vita e un certo dissolvimento dei valori di convivenza».
Lacrime
Cari missionari,
nel 1973 padre Luigi Andeni ed io abbiamo iniziato a Sololo (Kenya) una bella esperienza: io come medico volontario dell’Ummi. Oggi, 15 settembre 1998, la televisione mi ha trafitto con il triste annuncio della morte del missionario. Una morte violenta. La morte di un martire. Ho pianto, perché sono debole.
Amelio Galliera
Codroipo (UD)
Con lei, dottor Amelio, abbiamo pianto anche noi, e tanti altri in Italia e Kenya.
Molto eloquente
Caro direttore,
in questi ultimi mesi sono stata impegnata in un cambio di appartamento; ciò ha comportato, viste anche le nostre condizioni di salute non ottimali, uno stress psicologico e fisico, che ho dovuto affrontare per risolvere alcuni problemi e cercare un ambiente un po’ più confortevole per mia madre.
Il nuovo appartamento non è comunque «la casa dei nostri sogni», perché per me non è prudente fare un mutuo: è sempre un ambiente piccolo rispetto alle mie esigenze di lavoro, così come il mio tenore di vita continua ad essere di «povertà relativa» rispetto a quello delle persone che lavorano nella mia scuola o che frequento nell’associazionismo cattolico.
La mia «povertà relativa» è, tuttavia, una «ricchezza clamorosa» rispetto a chi, specialmente nel Sud del mondo, è privo del minimo vitale.
Per convertire in una spinta positiva i sentimenti di tensione e frustrazione che la «povertà relativa» può produrre, desidero vivere un momento di condivisione con chi non ha nulla a livello abitativo.
Pertanto, caro direttore, la prego di destinare il denaro incluso a qualche bisognoso. Chiedo un ricordo nella preghiera.
(Lettera firmata)
Lettera che la mittente ci aveva chiesto di non pubblicare. Non ne abbiamo rispettato il desiderio, perché riteniamo che la sua lettera sia «molto eloquente». Per tutti.
Il grande poeta indiano Tagore scriveva: «Mi resta ciò che dono: rivivrà nelle mie mani».
La tentazione
della bambagia
Caro direttore,
sono impegnata in un gruppo missionario. Talora nel gruppo viviamo sotto l’effetto di «tranquillanti» e «sonniferi». Però, quando ci svegliamo, siamo capaci di sfondare ogni barriera.
Un augurio per il suo lavoro di direttore della migliore rivista missionaria, perché possa continuare con lo stile di «alzati e cammina». È un augurio che rivolgiamo pure a chi preferisce coccolarsi nella bambagia.
Chiara Carreras
Cagliari
All’inizio del 1999 e alla vigilia del 2000, l’augurio di Chiara è… chiarissimo. E molto pertinente.
Chiara Carreras