Scouts straordinari

Cari missionari,
noi scouts da oltre un anno ci stiamo occupando dello sfruttamento nel mondo del lavoro e della risposta onesta che il commercio equo e solidale cerca di dare. Abbiamo analizzato il problema con il docente universitario Dinucci, autore di vari libri su questo argomento.
Stiamo costruendo un «sito internet» in cui far confluire informazioni da fonti primarie. Intendiamo interagire anche con i missionari che possono garantire attendibilità e rapidità d’informazione.
Lo scopo è di far conoscere al maggior numero possibile di persone lo sfruttamento e i meccanismi che lo producono, con la complicità della nostra ignoranza. Ci riferiamo al modo in cui producono profitto le multinazionali. Il «sito internet» può essere un mezzo per creare una coscienza critica del consumo.
Pensiamo di portare il problema all’attenzione dell’intera Comunità degli scouts (circa 200 mila persone), e non solo attraverso le nostre pagine internet (altrimenti sterili).
In passato abbiamo tentato di contattare missionari muniti di una connessione ad internet, ma non ci siamo riusciti…

Un «sito internet», per far conoscere lo sfruttamento nel mondo: ecco un aspetto positivo della globalizzazione. Auguri, ragazzi! Su questo numero troverete anche un articolo sulle multinazionali di Francesco Gesualdi, vostro corregionale.

Il clan “fuoco” Lucca 3




Forte imbarazzo

Spettabile redazione,
sono un dottore in economia e commercio. Vi chiedo di essere inserito nella vostra «mailing list» per ricevere gratuitamente la rivista Missioni Consolata, fondata nel 1899.
Ho avuto modo di conoscere la vostra pubblicazione leggendone una copia nel santuario della Consolata di Torino, che mi è stata offerta da un responsabile locale. Ho constatato che è molto interessante: per le tematiche trattate, per la loro impostazione e per le ottime illustrazioni fotografiche.
Gradirei continuare a leggere anche i prossimi numeri, perché sono particolarmente interessato ad essere aggiornato sui problemi che saranno affrontati.
Lettera firmata
Isola del Liri (FR)

Cari missionari,
ho riscontrato il lieve aumento della quota di abbonamento alla rivista Missioni Consolata, successivamente al mio versamento sul conto corrente postale. Pertanto allego lire 5.000 in francobolli ad integrazione della quota.
Scusandomi, ringrazio e auguro alla redazione della rivista un santo anno giubilare. Noi, monache romite, stimiamo molto il vostro lavoro e vi ricordiamo nella preghiera.

Siamo in imbarazzo. Non sappiamo se apprezzare di più l’ardimento del dottore in economia e commercio o lo scrupolo delle monache romite.

Lettera Firmata e madre Maria Emanuela




Disastri che interpellano

Cari missionari,
il vostro giornale porta il mondo tra le pareti domestiche. Nel numero di gennaio mi ha colpito moltissimo il servizio sulla città russa di Severodvinsk. Sono stata recentemente in Bielorussia (per conoscere la famiglia del bambino che ogni luglio ospitiamo in casa): quindi sento in modo assai coinvolgente i problemi dell’ex Urss.
Il viaggio mi ha fatto toccare i problemi del popolo e soprattutto dei bambini, che sono quelli più bisognosi di attenzioni: essi saranno gli uomini di domani che goveeranno questo vasto paese, oggi alle prese con freddo, fame e corruzione.
È urgente promuovere la consapevolezza dei disastri umani e ambientali, per smuovere le coscienze intorpidite dal troppo benessere. Altrimenti non sarebbe possibile dirci cristiani.

La lettera si riferisce ad un articolo di E. Knight, nostro collaboratore, che descrive la vita di bambini sordomuti, idrocefali, dementi… vittime della «maledizione nucleare».

C. R.




Chi farà un passo indietro?

«I paesi ricchi diventano sempre più ricchi e i paesi poveri sempre più poveri…». Questa affermazione del papa Paolo VI, pronunciata molti anni fa (e purtroppo sempre attuale), è stata illustrata con efficacia dalla Fiat attraverso un’immagine fotografica a colori per la campagna pubblicitaria della vettura Palio.
Lo slogan: «La nostra strada è il mondo». La foto: la foresta amazzonica brasiliana ripresa dall’alto: una massa compatta di alberi verdi attraversata da una strada sterrata (la transamazzonica) e, naturalmente in primo piano, la Fiat Palio.
Propongo alcune riflessioni. Questa immagine dell’Amazzonia, tagliata in due dalla strada, è simile alla foto di copertina del libro La tragedia degli indios di padre Bruno Marcon. È un libro denuncia del missionario della Consolata sul genocidio degli indios. Una serie puntigliosa di dati su omicidi e ogni tipo di violenze impunite a danno degli indios e della loro terra, l’Amazzonia appunto.
La strada (oltre le piste d’atterraggio abusive) è il mezzo per portare in quella regione (legalmente i proprietari sono gli indios che l’hanno conservata intatta per millenni) la «civiltà» dei bianchi, cioè i cercatori d’oro e tutti i vari trafficanti… La strada, presentata a noi come gioia e libertà di guida, è per gli indios motivo di pianto.
L’accostamento forzato dell’auto con quella strada sterrata in Amazzonia mi ha colpito e fatto riflettere molto sul contrasto tra i paesi poveri del Sud e i paesi ricchi del Nord. Tra Brasile e Italia.
Come uomo e cristiano mi pongo una domanda: che fare perché i paesi ricchi non diventino sempre più ricchi sulla pelle dei paesi sempre più poveri?
La campagna pubblicitaria dell’auto può essere per tanti una forte provocazione.

In Brasile le utilitarie della Fiat non sono state ritenute idonee alle strade sterrate. Di qui il lancio pubblicitario della Palio, resistente «persino» alla terra rossa e alle intemperie dell’Amazzonia!
Ma che sarebbe del «polmone del mondo» se si meccanizzasse come l’Italia? E se le bici di 1 miliardo e 250 milioni di cinesi fossero in breve tempo sostituite da auto, il collasso ecologico sarebbe immediato. A rimetterci, allora, non saranno solo gli indios, ma anche il ragusano e l’aostano, già affetti da inquinamento.
Per non parlare di problemi morali.
È urgente trovare una fonte di energia pulita, ma altresì compiere un passo indietro nella corsa verso il presunto progresso. Chi alzerà per primo il piede? Chi preme l’acceleratore sulla fuoriserie o chi cavalca l’asino?

Edgardo Fusi




Facciamo apologia di omicidio?

Egregio direttore,
su Missioni Consolata di dicembre è apparso un articolo sulle «donazioni» di organi. L’articolo pecca di grave superficialità, perché non affronta con serietà il problema dell’accertamento della morte del «donatore» e appare redatto sull’onda di un acritico e disinformato entusiasmo. Non si fa neppure menzione dell’alternativa civile e possibile allo scempio dei corpi umani, cioè del ricorso ad organi artificiali (meccanici o coltivati in provetta) o ad organi di animali geneticamente mutati!
La testimonianza dei signori Green merita rispetto, perché sofferta o in buona fede; ma avevano essi il diritto naturale di disporre della vita del loro figlio, di anticipae quasi sicuramente la morte?
L’affermazione del vescovo Karl Lehmann è viziata anch’essa da infantile entusiasmo, causato da un’insana e ben orchestrata propaganda di parte (interessata e come!), e denuncia mancanza di seria informazione.
Che poi i corpi costituiscano un bene comune della società è un’enormità di stampo marxista, inconciliabile con la fede religiosa. Viviamo, purtroppo, in un paese sedicente democratico, che ripudia la pena di morte per i colpevoli e condanna, senza processo, alla pena capitale milioni e milioni di innocenti. Basta pensare agli aborti, alle mostruose manipolazioni genetiche, alla soppressione in massa di embrioni, all’eutanasia strisciante, alla predazione di organi sopprimendo i moribondi!
La prego, signor direttore, di volere aprire un serio dibattito sulla grave questione, perché non si serve la verità ospitando un solo punto di vista, che si traduce in opera di indottrinamento e propaganda di bassa lega.
La ringrazio per la pubblicazione della mia lettera, anche se con qualche mutilazione, specialmente nella parte legale. Ben più grave è aver scritto «così lo sono altri donatori di organi», anziché «così i donatori di organi sono vivi», che violenta il mio testo cambiandone il significato. Refuso o volontà di ridimensionare la denuncia?
Seguo la rivista da una vita: ho sempre apprezzato le vostre iniziative e condiviso le vostre posizioni, anche se, da ultimo, un po’ troppo estremiste… Ma di fronte all’apologia dell’omicidio, sia pure mascherato solidaristicamente, rimango inorridito! Beati i moribondi del terzo mondo che non vivono nell’incubo dell’espianto!

Il trapianto d’organi solleva, certamente, inquietanti problemi morali e giuridici. Non intendiamo addentrarci nella questione. Altri lo fanno con maggiore competenza.
Missioni Consolata ha affrontato la donazione di organi sottolineando il possibile aspetto di solidarietà. Anche La Civiltà Cattolica (18 settembre 1999) si è espressa in questi termini, riportando il pensiero del vescovo Lehmann, nonché di papa Pio XII. Oggi il criterio della «morte cerebrale» è ritenuto valido anche dalla pontificia Accademia delle scienze.
Non crediamo di avere cambiato il significato della lettera di Carlo Barbieri. Se interveniamo sui testi, è per renderli più concisi e comprensibili.
Il «beati i moribondi del terzo mondo» ci suona stranissimo. In Africa si muore certo di vecchiaia, ma anche di fame, razzie, stragi, bombardamenti… come in nessun altro continente. Costoro sono morti beatamente?

Carlo Barbieri




Troppa grazie Stefano!

Caro direttore,
congratulazioni a lei e collaboratori per la magnifica Missioni Consolata. Siete uno splendido messaggio di attenzione e carità verso i nostri fratelli più sfortunati materialmente; però, grazie anche alle vostre informazioni, appaiono ricchi spiritualmente.
Stefano Roder
Musile di Piave (TV)

La lettera precedente ci accusava di apologia di omicidio. Questa invece…

Stefano Roder




Popoli in girotondo

Caro direttore,
la copertina di Missioni Consolata di dicembre è molto bella, diversa dalle altre. Forse esprime un cambiamento di prospettiva per la missione e l’interazione con altre culture.
La comunicazione, come processo al di dentro di una cultura, sembra divenire la logica di produzione della cultura stessa, che diventa qualcosa di programmabile. I canali multimediali producono sia informazione sia apprendimento…
Giuseppe Guardiani
Torre San Patrizio (AP)

La copertina è un disegno di padre Angelo Riboli per un asilo di Nairobi (Kenya). Noi l’abbiamo intitolato «popoli in girotondo». Un sogno in cui crediamo.

Giuseppe Guardiani




Fuori i nomi!

Spettabile redazione,
mi riferisco all’editoriale «Lillipuziani, gettate le reti!» (gennaio 2000). Sui cibi transgenici, la deforestazione, ecc. si sono levate voci cristiane e laiche: tutte denunciano, segnalano pericoli. Ma gli interessi del grande capitale non sono raggiunti da tali parole, e gli attacchi all’Uomo, allo Spirito e alla Natura continuano.
Allora io dico: se avete avuto il coraggio di denunciare la piaga, fate ancora un passo avanti. E cioè:
– chi ha mostrato in tivù i bambini sfruttati, che cuciono i palloni di calcio, indichi anche gli acquirenti italiani: così, sapendo chi sfrutta i bambini, la gente non comprerà più quei palloni e combatterà gli sfruttatori;
– chi ha mostrato lo scempio di alberi in Amazzonia dica chi lo permette, chi acquista il legname prezioso abbattuto: così che si possa contrastare chi sta dietro all’operazione;
– la Cina o altri paesi usano gas dannosi per l’ozono che ci protegge? Si denuncino i loro governi e gli affaristi che trafficano con la Cina.
Tiriamo in ballo anche il governo del nostro paese, se necessario. Questo se ne frega della denuncia? Allora non votiamo più il partito o i partiti che lo sostengono. Gli affaristi continuano a fregarsene? Bene, non comperiamo più i loro prodotti.
Alla gente interessa poco che la Cina non rispetti molto i diritti umani; invece interessa molto che non diminuisca lo spessore dell’ozono. È ora di essere pratici o, meglio, coerenti con gli scopi della vostra sacrosanta campagna; tanto più che, se volete, sapete bene chi toccare.

Esiste un libro con nomi di imprese e persone coinvolte in abuso di potere, sfruttamento di minori, inquinamento dell’ambiente, vendita di armi, frode, corruzione…
Il libro è: Guida al consumo critico (a cura del Centro nuovo modello di sviluppo), Emi, Bologna 1996.

Marco Grandona




Dichiarazione ipocrita?

Spettabile redazione,
dopo aver letto l’articolo «Fede e opere» (Missioni Consolata, gennaio 2000), ho anche voluto conoscere il giudizio dei protestanti.
Ecco: per loro la giustificazione, ricevuta senza meriti umani, è il nocciolo centrale, non un dogma tra altri. Sicché, sul loro versante, hanno ogni ragione per un concetto limpido, espresso chiaramente.
Invece, nella Dichiarazione congiunta dei cattolici e luterani dell’ottobre scorso, fu firmato un consenso che non significa «accordo». Si accusa il testo di ambiguità. Conclusione (loro): persiste inconciliabilità con la posizione cattolica e con un cattolico che continui a chiamarsi tale (cfr. Il consenso cattolico-luterano sulla dottrina della giustificazione, a cura di F. Ferrario e P. Ricca).
Io sono un po’ d’accordo.
Pertanto l’unico piano di unificazione, anche con i luterani, resta la carità. Questa sì al 100%.

«Al di sopra di tutto ci sia la carità – scrive san Paolo -, perché solo la carità ci tiene perfettamente uniti» (Col 3, 14).
Tuttavia la Dichiarazione congiunta ha il suo valore. Altrimenti, firmandola, sia i cattolici sia i luterani sarebbero stati ipocriti.

Mario Rizzonelli




Stupita e indignata

Spettabile redazione,
è con profondo stupore e malcelata indignazione che constato come nella vostra rivista non si sia fatto cenno alcuno alla improvvisa morte di padre Bruno Marcon, avvenuta alla vigilia di natale.
Come molti sanno, ha speso 15 anni fra gli indios del Rio Branco nello sperduto territorio brasiliano di Roraima, in prima linea nella grande tragedia delle popolazioni indigene, decimate, oppresse, defraudate della terra e dei propri diritti.
Tornato in Italia, padre Bruno ha continuato la sua opera a favore degli indios promuovendo iniziative e ideando progetti, tra cui «Una mucca per l’indio» che riuscì a raccogliere grandi consensi e fondi.
Altrettanto nota è stata l’attività editoriale di padre Bruno che, attraverso la pubblicazione di diversi libri, ha continuato la sua instancabile opera di sensibilizzazione e promozione della causa indigena.
Ritengo vergognoso e ingeneroso (non solo verso la sua memoria, ma anche e soprattutto nei confronti delle popolazioni indios) l’assoluto silenzio che la vostra rivista gli ha riservato!

Grazie di aver ricordato padre Bruno Marcon con tanta passione. Forse la foga è un po’ eccessiva per quanto ci concee.
La foto di padre Bruno e alcuni suoi dati biografici sono apparsi su Missioni Consolata di marzo, con altri sette missionari defunti, alcuni giovanissimi.
Tutti meritano un degno ricordo. Lo fa il bollettino da Casa Madre. Se lo facesse anche Missioni Consolata, la rivista diventerebbe un necrologio…
A onore del vero, l’ideatore della campagna «Una mucca per l’indio» non fu padre Bruno, ma padre Giorgio Dal Ben. L’iniziativa poi è stata sostenuta da tutti i missionari della Consolata in Italia.

M. Grazia Ghielmetti