Attenti “pastori”

Egregio direttore,
la risposta alla mia lettera, su Missioni Consolata di dicembre, mi riempie di amarezza, perché io non ho sollevato il problema della diversità di opinioni tra due vescovi della chiesa peruviana.
Il redattore del «dossier» può anche non condividere il pensiero di monsignor Cipriani, ma gli deve il rispetto che ha per monsignor Bambaren. Al fine di accentuare la diversità tra «le due massime autorità della chiesa peruviana», non è onesto sottolineare che Cipriani appartiene all’Opus Dei non precisando l’appartenenza di Bambaren!
Signor direttore, quale fedele abbonato alla rivista, le rinnovo la stima; ma la sua distinzione tra «giudicare» e «condannare» non mi convince dal punto di vista evangelico. Alcuni pastori dal pulpito dicono a noi laici «non giudicate», rivendicando tale potere solo a se stessi e dimenticando il «guai a voi, scribi e farisei…» (Mt 23).
Ferruccio Gandolini
Castellanza (VA)

E questi scribi e farisei modei sbagliano!

Ferruccio Gandolini




L’anello del vescovo

Cari missionari,
sono un’assidua lettrice della rivista. Mia mamma Maria è nipote del vescovo Attilio Beltramino, primo vescovo di Iringa (Tanzania). Avrei piacere che lo ricordaste nel vostro mensile. Ho un bel ricordo di lui.
Io, piccola, vedevo quell’uomo vestito di bianco, dolce e affabile con tutti. Mi è rimasta impressa la sua semplicità. Portava al dito un anello, per me bellissimo: ogni volta che lo incontravo gli chiedevo di regalarmelo. Nelle sue parole non c’era posto più bello della sua Africa e per nessuna ragione avrebbe voluto restare con noi. Che figura straordinaria!
Elena Bottani
Roletto (TO)

Te ne sei accorta, Elena? Lo zio è comparso nel numero scorso, dedicato ai 100 anni dei missionari della Consolata.

Elena Bottani




Non buttare la spugna

Carissimo direttore,
qui la vita procede come al solito: lavoro, volontariato, oratorio: questo mi fa sentire vivo; tento di non rintanarmi nel mio comodo, perché finirei nell’egoismo. È nel dare che si riceve, e il ricevuto si triplica rispetto al dato.
Purtroppo questo modo di impostare la vita è dato per perdente. Compassione, comprensione, preghiera, silenzio? Buttiamoli via subito, perché sono un fardello che rallenta la corsa verso il benessere.
L’alternativa è dunque la Ferrari, il costoso capo firmato? Benessere è spendere e spandere?
Ma, accanto a questo mondo dell’apparire, ne esiste un altro: dice che l’«essere» batte l’«avere»… Sono sicuro che la strada da intraprendere o, meglio, da continuare è quella che ci ha insegnato 2001 anni fa un certo Gesù.
Senza buttare la spugna.
Giovanni Fumagalli
Casatenovo (LC

Giovanni Fumagalli




Islàm e buonisti

Islàm e buonisti

S ignor direttore, intendo replicare contro le affermazioni offensive di alcuni lettori nei miei confronti. La vita mi ha consentito di conoscere l’islàm e di scoperchiare un nido di serpenti. I miei articoli mirano a far conoscere agli ingenui ciò che potrebbe capitare anche a loro. Sono un ex novizio dei padri comboniani e ho sempre agito secondo la mia fede cristiana.
Le frasi tratte dal giornale valdostano non sono inventate, ma ricavate da vari scritti; riguardano soprattutto l’articolo «Gesù e Maria nell’islàm» del 3 giugno 1999. La suora dell’istituto citato probabilmente non ricorda bene il dialogo; era molto indaffarata e dovetti aspettare mezzora prima di essere ricevuto. Nel frattempo ebbi modo di parlare con un’altra persona della casa.
Del mio articolo, apparso su Missioni Consolata, probabilmente hanno molto colpito le foto e il titolo: questi sono opera della redazione, non mia.
Consiglio a tutti di leggere «Gli scritti» del Comboni (Emi, Bologna), dove si documenta come il missionario abbia combattuto lo schiavismo e la malvagità dei seguaci di Maometto.
Michel Barin – Aosta

Di Michel Barin Missioni Consolata di giugno 2000 ha pubblicato «La moschea in convento», che ha suscitato approvazioni e rifiuti.
H o letto su Missioni Consolata di dicembre 2000 la critica sul cardinale Biffi: mi pare che lo scrivente Al. Za. non abbia capito molto. Non si nega l’ospitalità al povero, però si chiede un adeguamento alle nostre usanze. La teologia musulmana ha certamente lati positivi, ma non mi pare che gli immigrati musulmani si dimostrino sempre disposti a considerarsi ospiti. Forse la teologia islamica è stata travisata proprio da molti musulmani.
Come la mettiamo con la continua uccisione di cristiani, l’integralismo, la sharia imperante e l’inammissibile indissolubilità fra religione e politica? E la musulmana schiavitù della donna, che nel cristianesimo è invece onorata?
Con tutta l’accondiscendenza verso le altre religioni, dov’è finita l’evangelizzazione, lasciata come compito primario dal Salvatore agli apostoli? Disse di predicare la buona novella o di aiutare a costruire templi a Zeus?
Evitiamo un malinteso buonismo politico almeno nel comportamento cristiano, che deve essere aperto alla carità, ma saldo nella fede e nell’adempimento e difesa della dottrina di Gesù Cristo.
Perché Al. Za. non va a costruire una chiesa cattolica a Baghdad?
dott. Benedetta Rossi – Bologna

«Al. Za.» sta per Alex Zanotelli, missionario comboniano nella bidonville di Korogocho (Kenya).

aa. vv.




Con quel sorriso all’americana

Se si va fuori tema

Eros Benvenuto su Missioni Consolata di dicembre s’indigna, perché al meeting di CL è stato applaudito Berlusconi. Domanda: uguale costeazione sarebbe scaturita se sul palco fossero saliti altri imprenditori, come Agnelli o Moratti? Inoltre che cos’è questo vituperato neoliberismo? È chiaro che, per i citati imprenditori, si tratta di capitalismo.
Al capitalismo è ascrivibile il benessere di massa dei popoli occidentali, i quali (pur fra ingiustizie e squilibri) da circa 50 anni mangiano carne tutti i giorni e vestono con garbo. Anche le cattedrali del medioevo sono frutto dello sviluppo dei commerci e delle manifatture del tempo: Giotto o Aolfo non avrebbero mai realizzato le loro opere senza gli intraprendenti capitalisti dell’epoca.
L’Italia invia soldati in Bosnia, Kosovo, Africa… con ingenti risorse. Non sono molte le nazioni che lo fanno. Solo i paesi ricchi possono permettersi di essere generosi. I mali del mondo possono arrivare con o senza capitalismo, ma sicuramente allignano meglio dove c’è miseria.
Pur non amando Berlusconi, ho intuito che l’odio che egli suscita in molti gonzi non deriva dal fatto che è ricco, ma solo perché osa rompere l’ipocrisia catto-comunista che demonizza la ricchezza: egli rivendica il diritto-dovere di coltivare nel migliore dei modi l’impresa economica, e lo fa con un «sorriso all’americana» che ferisce l’aura sacerdotale dei piagnoni e menagramo.
La sinistra invoca pane, lavoro e aumenti di stipendio. Signor Benvenuto, conosce lei un modo per dare lavoro alla gente senza sufficienti imprese? Ipocrisia massima, quella della sinistra, perché finge di ignorare che, nel moderno capitalismo, l’esistenza dell’impresa non può che derivare da lavoro e sviluppo per molti. Ipocrisia massima, perché si contrappone il «pubblico» (buono) al «privato» (cattivo). Oggi solo i bigotti non si accorgono che in Italia le cose pubbliche sono la più massiccia e illegale privatizzazione a favore dei mille e mille clienti della politica; questi dilapidano le risorse della nazione e coltivano il parassitismo di massa.
Se non sono scemo del tutto, mi pare d’aver capito che la concorrenza è mondiale e che i margini di sopravvivenza sul mercato planetario sono sempre più stretti, con grave rischio delle stesse imprese. Constato che il più contento, in un mondo senza concorrenza, sarebbe il famoso padrone, i suoi operai e tecnici. È un meccanismo economico privo di senso? Senz’altro. Esiste allora un’autorità mondiale capace di imporre a tutti, contemporaneamente, un ordine più umano? Non c’è.
E quell’azienda che smettesse di correre col passo imposto dall’equilibrio mondiale, hic et nunc sarebbe fuori dal mercato, sostituita da qualche giapponese o australiano. Le imprese per vivere hanno bisogno di meno vincoli e tasse: ecco il neoliberismo, cioè il capitalismo di quest’epoca matura. Tutte le imprese vi si adeguano senza clamore.
«Multinazionale» è una qualifica che si acquisisce quando l’impresa estende la sua azione fuori del confine nazionale. Ma c’è multinazionale e multinazionale: è innegabile che alcune impongano scelte ai governi. Ma allora, più che con le multinazionali (che fanno il loro mestiere), prendetevela con i governi, i partiti e i singoli politici immeritatamente eletti a rappresentare l’interesse generale.
Così avviene nell’Unione Europea, che non perde occasione di assecondare gli interessi forti, come è stata la direttiva nel marzo 2000, che consente di produrre cioccolato con surrogati sintetici del burro di cacao, a danno dei paesi africani che nel cacao hanno le uniche risorse. Il parlamento europeo ha una schiacciante maggioranza di sinistra.
Caro Benvenuto, non sono né nato ieri, né sono cieco. Il mondo è pieno di violenza e truffe legalizzate, specie il terzo e quarto mondo. Il vero problema è che a quei paesi manca un sufficiente ceto medio, che sappia creare un sufficiente tessuto produttivo e imprenditoriale, che al tempo stesso porterebbe sviluppo a (quasi) tutti e democrazia più sostanziale. Mancano tanti «berlusconcini». La ricchezza si genera con la ricchezza, non con la miseria. Non le va bene, Benvenuto? Foisca lei la medicina. Ma che non sia l’unilaterale rinuncia di un paese alla ricchezza, alla prosperità, alla storia; che non sia una suicida uscita dalla capacità competitiva mondiale.
Qui entra in ballo la distinzione tra politica e individuo. In una persona è nobile la rinuncia alla ricchezza e la scelta del sacrificio. Ma guai a chi impone tali valori a tutti per via politica! Egli sarebbe un nuovo tiranno… Non esiste impegno politico senza perseguire il benessere materiale del popolo amministrato.
Ricuso poi in toto l’intervista al presidente Violante (ancora Missioni Consolata, dicembre 2000): mi vergogno di imbattermi in simili monumenti all’ipocrisia e demagogia. Si scandalizza perché la distanza tra paesi ricchi e poveri aumenta a forbice, indugiando sterilmente «sulle colpe dell’occidente», quando la colpa della miseria di tanti paesi è nelle loro classi dirigenti, che intercettano e sprecano le risorse. È evidente che la forbice non può che aumentare, perché, mentre i poveri hanno uno sviluppo zero o quasi, i ricchi vanno avanti in ricerca tecnologica, produzione e servizi.
Soprattutto non sopporto chi colpevolizza i cittadini dei paesi ricchi, cioè noi, come se il nostro essere ricchi fosse un «regno di bengodi», quando invece sappiamo che, accanto allo stereo-video-computer del nostro salotto, c’è fatica quotidiana, il mutuo da pagare, l’accompagnare i figli, le tensioni nel lavoro. Vi sono spesso solitudine e sofferenza. E tanta violenza dello stato che pretende, ma getta follemente dalla finestra.
Insomma, cari signori, volete la ricchezza degli italiani o la povertà? Io scelgo la ricchezza economica, che non può che favorire la maturazione sociale e culturale, la generosità verso i più sfortunati.
Ritornando a Violante, l’intervistatore e l’intervistato, prigionieri dei loro schemi pauperisti e terzomondisti, giocano ad un rimpiattino inconcludente: il primo chiede se sia giusto intervenire militarmente e il secondo risponde che non è giusto, che però è indispensabile. Siate almeno logici!
Vi sta a cuore la sofferenza di questo e quel paese? Allora intervenite, sostituitevi al ducetto locale e gestite come ritenete più produttivo le risorse, che dopo tutto sono vostre (nostre). Altrimenti, se dovete alimentare i mille ras del terzo mondo (solo per rispettare l’autonomia degli stati) è meglio stare a casa.
Si chiama neocolonialismo e vi stracciate le vesti?
Luigi Fressoia – Perugia

Eros Benvenuto non si è indignato per l’applauso a Berlusconi, ma perché il battimano è venuto dagli stessi giovani che, poco prima, avevano applaudito il papa. La differenza è sostanziale. Infatti una cosa è la dottrina sociale del papa… un’altra quella del cavaliere.
Il suo interessante intervento, signor Fressoia, è quindi fuori tema, compresi gli insulti.

Nessun partito!

S ono un ex allievo dei missionari della Consolata, dei quali conservo un bel ricordo. Spero anche di essere un buon cristiano. Ma ho convinzioni politiche di centro-destra: è peccato? Se dovessi dare credito a ciò che scrive Eros Benvenuto direi di sì.
Io non chiedo che Missioni Consolata passi dalla mia parte, ma mi sembra lecito sperare che non faccia distinzioni fra i leaders di centro-destra e quelli di centro-sinistra.
Il neoliberismo potrà forse essere una colpa, ma la dottrina sociale degli attuali governanti fa acqua da tutte le parti, al di là delle belle parole di Violante. Si deve ricordare al signor Benvenuto che, negli ultimi cinque anni, i poveri sono aumentati anche in Italia e i ricchi… pure!
Il mio è un modesto parere, del quale probabilmente lei non terrà alcun conto. Sappia comunque che io condividerò sempre le battaglie della rivista in favore degli ultimi del mondo. Non mi piacerebbe, tuttavia, che ad esse fosse associata in Italia una precisa idea politica, in un momento in cui l’atteggiamento caramelloso di certi capi fa presumere che «tutto va bene e tutto fa brodo».
Luigi Trobbiani – Roma

Missioni Consolata non sposa i partiti politici. Però deve giudicare «i segni dei tempi», specie se sono contro i poveri. Se non lo facesse, sarebbe ipocrita (cfr. Lc 12, 56).

Una voce fuori dal coro

È una piacevole sorpresa Missioni Consolata. È uno spaccato dell’omonimo istituto, che per i torinesi (e non solo) rappresenta un riferimento storico ed un esempio di come si possa vivere il vangelo radicandolo tra le persone con semplicità. Questa è diventata una dote rara in un’epoca in cui ogni messaggio è urlato, super-invasivo e suadente, come i mega manifesti, correlati di faccione, che tappezzano le nostre città promettendo cose vane con slogan degni di una campagna pubblicitaria per detersivi.
La rivista è una piacevole sorpresa, perché ho apprezzato il dibattito sulla globalizzazione. Una scelta coraggiosa, non solo perché fa riflettere (cosa non da poco in un’epoca dove tutto è banalizzato), ma anche perché è una voce fuori dal coro.
Dopo la fine del dualismo politico «Usa-Urss» e ideologico «capitalismo-comunismo», avvenuto con il crollo del muro di Berlino, ha preso piede un’unica ideologia o religione mondiale: questa, lungi dal rispondere ai bisogni delle persone, ha aumentato in modo esponenziale gli esclusi. Il neoliberismo è osannato come l’unica vera via verso la crescita economica costante (valore insindacabile per i fautori della nuova religione); e, naturalmente, può essere solo di tipo euro-statunitense. Nessuno osa dissentire.
Questo sta portando all’eliminazione delle tutele sociali che hanno reso l’Europa con il minor numero in percentuale di poveri nel mondo e con la qualità di vita più alta. Intanto gli Stati Uniti, con oltre 40 milioni di poveri e il debito pubblico più alto del mondo, sono presi come riferimento. Non solo. Essendo il mondo occidentale l’area più potente del pianeta sta estendendo il dominio e l’ideologia, con l’ausilio della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, in tutti i continenti.
Il messaggio sembra essere: «Voi avete sbagliato tutto, solo noi siamo democratici e sviluppati. Quindi diventate come noi». Come se il sottosviluppo fosse colpa dei poveri! Sembra che la natura abbia beffardamente relegato tutte le risorse naturali (che hanno permesso alle nazioni del nord di svilupparsi) in paesi poveri abitati da ignoranti e governati da dittatori miopi e sanguinari.
È urgente comprendere il presente nella sua complessità, denunciare le mistificazioni senza timori reverenziali, per pensare ad un futuro che metta l’uomo al centro delle priorità del mondo politico e che i bisogni basilari diventino diritti fondamentali.
In Italia si sente l’esigenza di «voci fuori dal coro», che si elevino al di sopra dell’attuale dibattito politico, fatto di schiamazzi, slogan razzisti e populisti. Questo, visti gli attentati al duomo di Milano e a il manifesto, può far ricadere il paese nella violenza e in un periodo buio che pensavamo finito.
Missioni Consolata, prosegui sulla strada intrapresa. Grazie.
Luca Graziano – Torino

aa.vv.




La Del Monte in Kenya

Spettabile redazione,
circa l’articolo «La squadra squadraccia» (Missioni Consolata, maggio 2000), gradirei sapere se il problema da voi sollevato è stato risolto. Se così non fosse, ne direi quattro a chi di dovere.
Quanto a voi, non fermatevi alle critiche di chi ha la pancia piena e cerca sempre l’ago nel pagliaio.
Olivo Cassina
Udine

Il lettore si riferisce ai lavoratori della multinazionale «Del Monte» (proprietaria in Kenya di vaste coltivazioni di ananas), che hanno scioperato a causa del basso salario percepito. Secondo la Commissione «giustizia e pace» dei missionari della Consolata, lo sfruttamento continua… nonostante la promessa della «Del Monte» di venire incontro alle richieste degli operai.

Olivo Cassina




Il vero significato del vangelo

Caro direttore,
da molti anni leggo Missioni Consolata e ho sempre stimato la rivista per la capacità di illustrare l’opera dei missionari attraverso cronache, esperienze, personaggi.
Negli anni più recenti ho potuto apprezzare anche qualcosa di nuovo. In alcuni articoli (direttamente) e in altri (in modo più sfumato) è manifesto quale sia oggi lo spirito di missione. Il lettore comprende che annunciare il vangelo è un’azione davvero complessa. Anche se di enorme importanza, la catechesi e la promozione umana non possono essere considerate sufficienti; devono essere completate da un’azione che faccia comprendere a tutti, in particolare a noi che viviamo nel nord del mondo, il vero significato del vangelo.
Così non ci sentiremo nel giusto solo perché contribuiamo ad alleviare (di quanto?) le sofferenze di un bambino africano, ma cominceremo a riflettere sulle cause e concause dei molti mali nel mondo.
Ci interrogheremo per valutare se il progresso economico nel nord ricco, oltre che alle conquiste economico-scientifiche, non sia in qualche caso connesso al mancato progresso (o addirittura regresso) non solo economico di molte comunità nel resto del mondo.
Ci chiederemo se talora le variazioni positive di certi titoli di Borsa non siano in qualche modo connesse allo sfruttamento più efficiente di altri uomini (talora di bambini), come recenti cronache hanno mostrato.
L’indirizzo di Missioni Consolata ha fatto sì che essa sia, ad un tempo, oggetto di piacevole lettura, corretta informazione e soprattutto un invito a riflessioni profonde, che possono influenzare l’intera impostazione di vita del lettore. L’ho riscontrato anche nell’eccellente numero speciale riguardante il Brasile.
Feando Andolfi
Rivalta (TO)

Certamente il vangelo può «influenzare l’intera impostazione di vita del lettore». Missioni Consolata non presume tanto. Però, se «la goccia scava la roccia»…

Feando Andolfi




Il berlusconismo

Gentile direttore,
in famiglia siamo, da tre generazioni, vicini ai missionari della Consolata e leggiamo con interesse il vostro mensile.
Su Missioni Consolata di settembre è apparso un articolo di Antonio Nanni, che, se come proposta generale è condivisibile, su due punti ci ha sconcertati: la definizione di berlusconismo e la proposta di distruggere per edificare.
Usando la definizione dispregiativa di berlusconismo, si semina odio e, con l’incitamento alla distruzione per edificare, si semina violenza. Certamente non è questo che si vuole.
Ci sembra che parlare di berlusconismo, come se fosse comunismo, nazismo o altri «ismi», sia per lo meno subdolo. Infatti non esiste il berlusconismo, anche perché non ha storia. Inoltre sappiamo che in democrazia non si potrà mai arrivare a provocare i disastri degli «ismi» paventati.
Relativamente all’idea di distruggere per edificare, ci sembra, oltre che utopistica, molto pericolosa; lo ricorda anche la parabola della zizzania. Tanti esempi della storia potrebbero essere menzionati.
Non ci aspettiamo una risposta né pubblica né privata. La nostra obiezione desidera solo contribuire ad una riflessione sul modo di concepire l’impegno cristiano, senza indugi, ma sempre e solo con la cultura dell’amore.
Lettera firmata
Saronno (VA)

Grazie del prezioso stimolo alla riflessione.
Antonio Nanni, autore di tanti libri sull’educazione alla mondialità, sollecita a cogliere le differenze tra la dottrina sociale della chiesa e il «berlusconismo».
Il berlusconismo esiste? Sì se, abbracciando il neoliberismo, la politica diventa un’azienda che persegue ad ogni costo il profitto e il potere; esiste, se «più mercato» (a scapito dello stato) comporta ricchezza per pochi e miseria per tanti. Per non parlare dei disastri ecologici…
«Distruggere per edificare». L’espressione è di sapore biblico (cfr. Qo 3, 3). Per Nanni, che professa la non-violenza, «distruggere» comporta un processo conoscitivo diverso: mette in guardia dall’opinione dominante, dall’esaltazione delle conquiste dell’attuale economia imperante, perché… ci fanno pensare e credere quello che vogliono.
Certamente la democrazia si tutela con la democrazia, cioè il potere «del» e «con» il popolo «per» il popolo. Il moderatismo (da non confondere con moderazione) finisce per fare il gioco del più forte.

Lettera firmata




I vertici della chiesa

Spettabile redazione,
su Missioni Consolata di maggio ho letto lo sconvolgente articolo di Francesco Gesualdi «Le multinazionali all’assalto del mondo». Ne approvo il contenuto; anzi penso che quanto scritto sia solo una minima parte di quanto realmente avviene nel mondo.
Denunciare con l’informazione situazioni di sfruttamento (che sembrano inverosimili) fa molto onore ai responsabili del vostro istituto, anche perché sarebbe molto più facile (e forse anche più redditizio) sottacere le violenze di ogni tipo da parte di evoluti governi, uomini ed istituti vari, che a volte si ritengono difensori di una società in avanzato stato di decomposizione.
La chiesa universale dovrebbe essere dalla parte dell’uomo e non degli interessi singoli. Essendo essa una forza morale, oltre che economica, sarebbe augurabile che si ponesse al fianco dei più deboli, di chi soffre, dei più bisognosi. Ma non è proprio così.
Sembra che nella chiesa universale siano presenti due correnti di pensiero: una che di fatto è dalla parte del potere; l’altra che si schiera decisamente in difesa dei diritti umani. Quest’ultima, a volte, è contestata dai vertici della chiesa.
Pio Moacchi
Savona

Condividiamo le sue riflessioni e ricordiamo: il massimo vertice della chiesa cattolica è Giovanni Paolo II; oggi pochi come lui sono al fianco dei più deboli. Tutti i vescovi, preti e laici dovrebbero fare altrettanto.

Pio Moacchi




Evviva, abbasso!!

Gentile direttore, non sempre leggo Missioni Consolata, la rivista missionaria che ricevo regolarmente. Ma O maior do mundo (numero di ottobre-novembre 2000 interamente dedicato al Brasile) mi ha davvero interessato, poiché riporta notizie e fatti storici e religiosi molto significativi. Evviva il Brasile dunque, nonostante i suoi tanti problemi! È un modo assai valido dedicare un intero numero ad una nazione e affrontare i problemi sotto vari aspetti. Consiglio di continuare anche con altri paesi.
Mi ha interessato molto anche perché, per motivi di emigrazione e lavoro, ho vissuto in Argentina dal 1951 fino al 1953.
Marco Astori – Milano

Pure l’Argentina, secondo gigante dell’America Latina, meriterebbe un numero monografico… incontrando magari i tanti immigrati italiani.

Caro direttore, ho letto lo «speciale» sul Brasile: O maior do mundo: un numero pregevole. Mi conceda che accenni anche al problema demografico e del modo ignobile con cui gli Stati Uniti e le Nazioni Unite lo affrontano.
Per chi (come i missionari della Consolata) ama il Brasile e ne condivide le sofferenze, il problema demografico vuol dire urbanizzazione sfrenata e crescita esponenziale di agglomerati disumani; significa pure tracollo delle popolazioni indigene, bacini fluviali avvelenati, iniqua distribuzione delle terre.
Invece, per la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, il Fondo per le «attività di popolazione», l’Organizzazione mondiale della sanità e la Casa Bianca, la demografia brasiliana significa: nascita di troppi bambini, ventri femminili troppo prolifici e azione abortista troppo poco diffusa.
Già nel 1974, in un rapporto del National Security Council, noto come Rapporto Kissinger, il Brasile veniva indicato come un paese in cui gli americani dovevano impedire la nascita di altri esseri umani e favorire la riduzione di quelli già nati. Già allora i 100 milioni di brasiliani censiti erano considerati una minaccia agli interessi e alla sicurezza degli Stati Uniti.
Risultato: nel 1991, come riconobbe l’Istituto brasiliano di statistica, almeno il 45% delle brasiliane tra i 14 e 45 anni era già stata sottoposta a sterilizzazione. Ma, se sono vere le denunce fatte dal Movimento per la vita, da Avvenire, da Famiglia Cristiana e dal missionario Fausto Marinetti (si veda il libro «Canto l’uomo», Morcelliana), l’accanimento contro le donne non è finito: lo prova il fatto che in molte aziende gli imprenditori assumono solo donne munite del certificato di avvenuta sterilizzazione e, per essere più sicuri, applicano alla lettera i suggerimenti delle delegazioni dei paesi ricchi alla Conferenza mondiale sulla popolazione tenuta a Bucarest nel 1974, introducendo sostanze sterilizzanti nelle condotte dell’acqua potabile e nel cibo servito sulle mense.
Se tanti brasiliani vivono in condizioni subumane, la colpa non è di una terra insufficiente a soddisfare i bisogni elementari di tutti, ma dei capricci e delle prepotenze di una sparuta minoranza di privilegiati, mai sazi di terra, profitti facili ed odiose speculazioni.
La Banca mondiale – come avete ricordato – avrebbe raggiunto un compromesso con il WWF per la gestione sostenibile delle foreste, amazzoniche e non; ma finora si è segnalata solo per incalcolabili menzogne, tanti crimini contro le popolazioni indigene maggiormente legate agli ecosistemi forestali e fluviali e per il sostegno a sedicenti capolavori di ingegneria idraulica, agraria, mineraria, che hanno trasformato gli habitat naturali in deserti invivibili o, nella migliore delle ipotesi, in piantagioni per colture da esportazione.
Non di rado tali piantagioni vengono irrorate con pesticidi e sostanze tossiche che, come è stato denunciato anche in una puntata della trasmissione televisiva «C’era una volta», giocano un ruolo di primo piano nella sterilizzazione delle donne che ci lavorano, nell’aumento della mortalità prenatale e infantile e nell’aumento delle patologie cancerose tra gli adulti.
Condivido, quindi, la vostra perplessità sull’accordo tra WWF e Banca mondiale: oggi esistono solo i presupposti per temere che si risolverà in una nuova presa in giro per i poveri e per nuove catastrofi ambientali in Amazzonia e in ciò che resta delle foreste tropicali in altre parti del mondo.
Francesco Rondina – Fano (PS)

La lettera del signor Rondina riporta pure una ricca e circonstanziata bibliografia, che documenta e sviluppa le sue affermazioni… Le responsabilità della sterilizzazione delle donne in Brasile non sono solo estee, ma anche intee. Imputata è la locale classe politica al potere.

marco Astori, Francesco Rondina