«PERCHÉ SI FANNO LE GUERRE?» Il «battitore libero» GIUSEPPE TORRE, di Genova, ha fatto discutere.

Lettore di Missioni Consolata da
molti anni, mi sono trovato in
più occasioni in parziale disaccordo
con le posizioni assunte da uno dei
suoi redattori.
Su «Battitore libero» di
ottobre/novembre 2002 mi avete,
però, allibito e scioccato per un lungo
momento. D’accordo che la rubrica
è aperta a tutte le opinioni; ma
non per questo credo che lei, signor
direttore, sarebbe disponibile a pubblicare
un proclama di Bin Laden o il
calendario di una delle bellocce di
tuo.
La lettera del signor Giuseppe Torre,
di Genova, è un tale cumulo di
menzogne e di falsi della realtà storica
che il solo fatto di averla pubblicata
rischia di gettare un’ombra
su tutto l’operato della rivista. Offrire
la possibilità di esprimere libere
opinioni è sicuramente un merito
primario della sua rivista; però la
lettera menzionata non esprime
un’opinione su un problema, ma ne
costruisce un altro sulla base di falsi
ed illazioni, solo per gettare fango
su una parte del mondo al quale sicuramente
il Torre non appartiene e
del quale è sicuramente nemico.
Lettera che, a mio avviso, meritava
di finire in un posto ben preciso.
Neppure il remoto dubbio che la
lettera sia stata pubblicata per mettere
in risalto il metodo di travisare
la realtà, adottato da una certa parte
del mondo ed utilizzato per sostenere
tesi antioccidentali, mi trova
consenziente alla pubblicazione.

Guido Laurenti




«PERCHÉ SI FANNO LE GUERRE?» Il «battitore libero» GIUSEPPE TORRE, di Genova, ha fatto discutere.

Scrivo in merito alla lettera di
Giuseppe Torre. Sono contento
che qualcuno abbia ancora il coraggio
e l’onestà intellettuale di dire
la verità. I fatti citati sono documentati
e le prove sono sotto gli
occhi di tutti.
Nonostante ciò, chiunque cerchi
di affrontare questi argomenti
«tabù» viene sistematicamente denigrato
e tacciato di sovversione,
collaborazione con i terroristi e di
essere «antiamericano».
Risultato: molte persone sono già
state messe a tacere e, su tutte le
televisioni e sulla maggior parte dei
giornali, si sente esclusivamente una
voce, la «versione ufficiale»,
quasi esistesse un «ufficio di propaganda
» anche in Italia. «La guerra è
umanitaria e preventiva. Libereremo
gli iracheni dalla tirannide».
Ma come è possibile che i più
spietati dittatori si trovino sempre
in luoghi di forte interesse petrolifero
e mai altrove? Come è possibile
che non ci accorgiamo che ci stanno
prendendo in giro?
Spero che Missioni Consolata rimanga
sempre una voce fuori dal
coro, indipendente ed onesta. Non
smettete di dirci la verità. Grazie.

Simone Naretto




«PERCHÉ SI FANNO LE GUERRE?» Il «battitore libero» GIUSEPPE TORRE, di Genova, ha fatto discutere.

Nell’intervento del signor Giuseppe
Torre ci sono affermazioni
false. La verità è che:
1) la Repubblica Jugoslava è collassata
dall’interno, come tutte le altre
dell’Europa dell’Est;
2) le stragi perpetrate dai serbi sono
state terribili e documentate;
3) il regime irakeno è feroce e sanguinario
(stragi di comunisti, di serbi,
ecc.: vedi l’articolo di Cazzullo su
La Stampa);
4) l’attacco alle torri gemelle è stato
rivendicato dall’organizzazione di
Bin Laden e dal mullah Omar;
5) la lotta al terrorismo (che comportava
interventi in Afghanistan) è
stata votata anche da una buona
parte della sinistra che ragiona.
Il signor Torre non ha nulla da dire
sul regime dei talebani? Sulla lapidazione
di adultere in paesi islamici?
Sulle stragi di turisti in Indonesia?
Sulle donne considerate puri
oggetti? Sulle ricchezze enormi di
alcuni paesi arabi, che vengono spese
a finanziare il terrorismo? Sui kamikaze,
giovani fanatizzati che si
uccidono e uccidono adolescenti,
donne e bambini?
Potrei continuare, ma mi pare che
il livore antioccidentale e antiamericano
stia raggiungendo limiti patologici.
Il cristianesimo cosa ha da
guadagnare nel condividere una visione
così travisata della realtà?
Realtà che è complessa, difficile,
non riconducibile a una divisione
manichea tra buoni (i popoli del
Terzo mondo) e cattivissimi (noi
dell’Occidente).
Su La Stampa Spinelli scriveva che
il regime comunista è stato caratterizzato
dall’uso sistematico della
menzogna e che i suoi epigoni, in Italia,
continuano su questa strada. È
curioso che, dopo la caduta del comunismo,
gli epigoni di questa ideologia
si trovino in campo cattolico!

Silvia Novarese




Scandalo «silenzio»

Cari missionari,
scrivo perché (non per la
prima volta) ho visto un
programma su Rai 3
(«C’era una volta»). Parlava
della prostituzione
minorile in Brasile.
Il giornalista (un «vero»
giornalista) intervistava le
bambine che si prostituiscono
per strada a 9, 10,
12 anni, perché «non hanno
da mangiare», per
«aiutare la mamma»; intervistava
i genitori, taluni
ignari e taluni consenzienti
(per necessità); intervistava
anche alcuni turisti
(italiani) del sesso, non
sempre minorile…
Perché questi programmi
vengono dati in tarda
serata? Perché scandalizzano?
Forse, se venissero
dati all’ora di cena, sarebbe
meglio: molti di noi
smetterebbero di mangiare
e inizierebbero a pensare,
a pensare veramente.
Dopo quel programma,
non sono riuscito a dormire,
pensando al volto di
quelle bambine, una in
particolare… Io conosco il
problema abbastanza bene…
ma non ho mai visto
il volto di una bambina
«di vita».
Mi sono detto: non sentirti
in colpa, perché non
fai quelle cose. Eppure mi
sento in colpa, perché faccio
parte di quel tipo di
società che sfrutta la fame
di una bambina per un…
Dopo quello che ho visto,
tutto diventa piccolo,
insignificante, inutile… di
fronte al volto di quella
bambina, i cui occhi, pieni
di rassegnazione, con la
voglia di sognare ma senza
la speranza di un sogno,
mi guardano ancora
mentre vi scrivo.
Fra poco andrò al lavoro.
Ma quale attività, professione,
impiego o perdita
di tempo è più importante
di quella bambina?
Quale sport, quale «ragazza», quali parole sono più
importanti?
Forse è questo che spinge
voi missionari a partire
per andare da chi ha veramente
bisogno; ma penso
anche che parecchi di noi,
cristiani «perbenisti», non
vogliono vedere quei programmi,
perché «si scandalizzano». Questo mi
riempie di tristezza e, soprattutto,
di indignazione.
Certe cose è meglio non
saperle: rimuovono l’appetito
ed anche la voglia
(probabilmente) di comprare
inutili oggetti che la
pubblicità ci propone o di
ascoltare le stupidate dei
quiz televisivi!
Cari missionari, non abbiate paura di scandalizzare.
L’unico vero scandalo
è stare zitti.

A proposito di «veri»
scandali (come il turismo
sessuale, che sfrutta persino
i bambini), Gesù
disse: chi scandalizza anche
uno solo di questi
piccoli, sarebbe meglio
che fosse buttato in mare.
Gli scandali sono inevitabili.
Ma guai a chi li
provoca (cfr. Mt 18, 7).

Alessio Anceschi




La provvidenza

Egregio direttore,
sono una lettrice di Missioni
Consolata. Apprezzo
molto la rivista, perché
molto istruttiva… Questa
estate, durante alcune notti
insonni, ho scritto un fascicoletto
sulla divina
provvidenza. Pensieri dettati
dal cuore.

Ecco una riflessione
della signora Giulia, dettata
dal cuore.
«Rivolgo un pensiero a
mia madre, perché ha saputo
allevare con amore,
sacrificio e dedizione sette
figli, fidandosi sempre
della divina provvidenza.
In casa non c’era il superfluo.
Mio padre era un
semplice impiegato delle
ferrovie dello stato, ma a
noi non è venuto mai meno
l’indispensabile, il necessario,
il minimo. Mia
madre aveva capito quale
era il “pozzo d’oro” ove attingere.
Quando si trovava
in forte difficoltà pregava,
e la manna dal cielo
scendeva. Riusciva a risolvere
le situazioni impossibili,
riusciva a tenere sempre
alto l’umore di noi figli
(quattro maschi e tre
femmine).
Malgrado i grandi sacrifici
non mancava mai l’allegria,
il buon umore, la
serenità. Il motto era:
“Non preoccuparti. La
provvidenza vede e provvede”.

Giulia Sciarretta




Kenya: l’ospedale di Wamba

Egregio direttore,
a nome degli «Amici di
Wamba» mi congratulo
per il numero speciale di
ottobre, in occasione del
centenario dei missionari
della Consolata in Kenya.
In particolare gli «Amici» ringraziano l’autore
del servizio sulla diocesi
di Marsabit, per non aver
dimenticato l’ospedale di
Wamba e l’«insostituibile
figura di medico dalla
sconfinata generosità»
che è Silvio Prandoni.
Colgo l’occasione per
suggerire di dedicare un
«servizio» al Catholic Hospital
di Wamba e ai 36
anni di costante e silenziosa
presenza del dott. Silvio
Prandoni, vero esempio
di missionario laico.
Da 30 anni la nostra associazione
auspica una valorizzazione
del «laicato
missionario» nella chiesa
cattolica: siamo ancora ai
primi timidi passi.
Coraggio, direttore, è
dalle missioni che bisogna
partire per debellare il
«clericalismo, che è la malattia
infantile del cattolicesimo».

Rilanciamo la palla: tra
gli Amici di Wamba c’è
una penna che possa scrivere
tale «servizio»? Saremmo
felici di pubblicarlo
e dare un altro colpo
al clericalismo.

Ferruccio Gandolini




Ancora sul Kenya

Caro direttore,
grazie del numero speciale
sul «nostro» Kenya, tanto
amato. Col marito Feando
e i figli ho visitato questa
terra affascinante da
Mombasa a Loyangallani.
Seguo ancora le vicende
del paese attraverso gli
scritti dei missionari, che
donano se stessi per i fratelli
kenyani… Mi sono goduta
il numero «Kenya, amore
nostro» dalla prima
parola all’ultima. Ancora
grazie, direttore.

Il grazie va soprattutto
al popolo del Kenya, alla
chiesa locale, ai missionari,
oltre che ai redattori
di Missioni Consolata.

Paola Andolfi Mariani




Se acquisti il cellulare…

Cari missionari,
è proprio vero quel che ha
scritto SILVIA BATTAGLIA a
proposito dei mobilieri italiani
e dello sfruttamento
non sostenibile delle
foreste tropicali (Missioni
Consolata, marzo 2002).
Nonostante le numerose
iniziative, tese a rassicurare
i consumatori più
sensibili, i bulldozer continuano
a farsi beffe di
tutte le raccomandazioni
delle Ong e di tutti gli appelli
del papa (ribaditi
con particolare intensità
in occasione della Giornata
giubilare del mondo
agricolo) contro la deforestazione
e la desertificazione.
Nonostante sia ampiamente
risaputo che lo
sfruttamento sostenibile,
alla lunga, è più produttivo
anche da un punto di
vista economico (non è
forse l’industria farmaceutica
a premere perché le
specie vegetali e animali
delle giungle tropicali non
scompaiano prima ancora
di essere state scoperte e
non si portino nella tomba
segreti chimici che potrebbero
essere utilizzati
per la messa a punto di
nuovi farmaci?), le compagnie
del legname continuano
imperterrite nei loro
programmi di annientamento
della natura nel
nome del progresso, nel
nome della competitività,
nel nome dell’impegno
per la creazione degli ormai
leggendari nuovi posti
di lavoro.
Quando l’intervento
delle compagnie avviene
in concertazione con bande
criminali e centri di
potere occulto, che controllano
l’estrazione e il
commercio di diamanti,
oro, uranio e coltan (la
pregiata combinazione di
tantalite e colombite che i
produttori di telefonini e
personal computer considerano
una materia prima
assolutamente indispensabile),
allora anche il termine
«deforestazione» diventa
un eufemismo: la
foresta subisce un vero e
proprio sventramento.
Se sono veri i dati diffusi
dall’associazione britannica
Global Witness, i nostri
connazionali che operano
nel settore
dell’arredamento danno
un contributo tutt’altro
che trascurabile alla spirale
della violenza e della
guerra, all’escalation della
corruzione, alla crescita
del degrado ambientale e
sociale in paesi come Liberia,
Congo (R.D.), Camerun.
L’Italia figura al 5° posto
nella classifica delle
nazioni che approfittano
della tragedia della guerra
civile in Liberia per importare,
a prezzo stracciato,
legname di primissima
qualità; e, checché ne dica
Mondo Legno (la rivista
dei mobilieri italiani), partecipa
in maniera significativa
alla desertificazione
del Camerun, dove, nel
90% dei casi, le operazioni
di taglio vengono effettuate
in modo illegale.
Quando allestiscono saloni
del mobile, esposizioni
di nuovi modelli di
telefonini e personal computer,
mostre di oro, perle
e diamanti, i nostri imprenditori,
managers e
mecenati vari non si sognano
neppure lontanamente
di dire una parola
sulle tragedie ecologiche
e umanitarie che hanno
reso possibile un nuovo
«24 carati», la fabbricazione
di un arredo sofisticato
e la realizzazione di
un cellulare della III o IV
generazione…

«Negli ultimi spazi verdi
dell’Africa occidentale
e centrale – scrive ancora
il dottor Rondina – vivono
alcune minoranze etniche,
uomini e donne di
piccola statura. Li abbiamo
sempre chiamati
“pigmei”, ma in realtà sono
dei “giganti” quanto a
conoscenza di piante e animali
(non a caso gli antropologi
li considerano
vere biblioteche viventi).
Per i pigmei la foresta
è acqua, cibo, riparo, casa.
Ricordiamocelo
quando, per abbellire la
nostra casa, ci viene voglia
di ordinare un nuovo
parquet, una nuova
cucina, una nuova camera
da letto. O, per paura
di “rimanere indietro”,
sentiamo l’impulso di
comprare un altro cellulare
o un altro personal
computer».

Francesco Rondina




Il team «Mongolia»

Cari missionari,
complimenti per la scelta
del «team Mongolia»: due
uomini e due donne. Siete
in evoluzione, «crescendo
nella consapevolezza della
volontà di Dio».

Nel frattempo i missionari
sono diventati sette:
quattro donne e tre uomini
(4 Italia, 2 Argentina,
1 Colombia).

Sheila Warren




Padre F. J. Couto e Mugabe

Caro direttore,
nel luglio-agosto scorso la
sua rivista ha pubblicato
«Soliloquio africano» di
FILIPE J. COUTO (FJC), riguardante
lo Zimbabwe.
L’autore ringrazia: è dal
1969 che egli scrive, esprimendo
anche pareri non
sempre condivisi dalla redazione…
Però, nel caso
dell’articolo citato, c’è stata
una piccola confusione
che è bene chiarire.
L’articolo di FJC è preceduto
da un’introduzione
dove si legge: «Non
comprendiamo… perché
certi presunti padri della
patria (in Africa) debbano
continuare impunemente
a commettere delitti
e soprusi contro i propri
cittadini, con la complicità
dei politici occidentali».
FJC non ha scritto questo.
Egli suggerisce di
considerare Mugabe, presidente
dello Zimbabwe,
«padre della patria». Afferma
che Mugabe non intende
fare la fine di Kaunda,
presidente dello Zambia:
cioè «non vuole
affrontare rappresaglie,
processi giudiziari o prigione;
perciò non se ne
andrà senza garanzia d’immunità»; si afferma che è
«saggezza democratica accordargliela». L’articolo
prosegue: «La democrazia
reale è fatta di compromessi,
non solo in Africa».
FJC propone una soluzione
politica offrendo una
«garanzia d’immunità»
a Mugabe. Però non dice
che Mugabe debba «continuare
impunemente a
commettere delitti e soprusi
contro i propri cittadini
», come si legge nell’introduzione
all’articolo.
FJC ritiene che sia la redazione
autrice di tale affermazione.
FJC pone alcune domande:
– Perché non si è detto esplicitamente
(come in
passato) che l’affermazione
era della redazione?
– La redazione ha le prove
che Mugabe sta «impunemente
commettendo delitti
e soprusi contro i propri
cittadini, con la complicità
dei politici occidentali»?
– Può la redazione, a beneficio
di dubbio, tollerare la
seguente opinione di FJC:
cioè che su Mugabe, politico
e presidente dello
Zimbabwe, si dicono troppe
cose negative e che,
quindi, non bisogna credere
subito a tutto ciò che
si dice su di lui?…
Ora parlo in prima persona:
tutti vogliamo contribuire
alla soluzione dei
problemi in Africa. La nostra
rivista missionaria
può fare molto, ma sono
necessarie affermazioni
basate su una «sostanza
reale», e non su ciò che
sentiamo dalla radio e dalla
cronaca politica.

1. Da sempre le introduzioni
(o sommari) agli
articoli di Missioni Consolata
sono opera della
redazione.
2. Che alcuni «padri
della patria» siano stati
personaggi negativi è documentato
dalla storia: si
pensi a Mobutu in Zaire,
Bokassa in Centrafrica,
Barre in Somalia… Però
non ignoriamo i «padri
della patria» onesti (pur
con i loro limiti), come
Nyerere in Tanzania o
Senghor in Senegal.
Nel caso di Mugabe, egli
è stato attaccato anche
da Pius Nkube, arcivescovo
di Bulawayo, oltre
che dai mass media (secondo
The Economist
Global Agenda, 13 marzo
2002, la vittoria del presidente
nelle elezioni del
2002 fu un furto).
Le riflessioni di FJC sono
sempre gradite: essendo
anche discutibili, stimolano
la riflessione e il
pluralismo.

Filipe J. Couto