DOVERE-DIRITTO AL NON INGANNO

Sono desolato della cecità autolesionista delle
lettere di G. LAURENTI E S. NOVARESE (cfr. Missioni
Consolata, febbraio 2003). Come i farisei,
cui Gesù rivolse parole di fuoco (cfr. Mt 23, 13-
36), attentano al diritto e dovere di verità (non
di inganno). Sventolano acritici le mistificazioni
del potere di tuo… e sono pronti alla crocifissione
degli eterodossi per «legittima difesa».
«IL SILENZIO DEGLI ONESTI» – lamentava M. L. King –
è la pietra tombale della ricerca di verità e giustizia.
Non trovo nulla di falso e tendenzioso in ciò
che lamenta G. TORRE (cfr. Missioni Consolata, ottobre/
novembre 2002), anche se non è tutta la
verità. Ma al «ministero della verità» non c’è spazio per
affermazioni difformi, come quelle sulla trappola di Rambouillet
e sul finto massacro di Racak, prima della guerra
alla Serbia; non c’è spazio per studi minuziosi sulla guerra
in Afghanistan, come quelli P. Chalmers, N. Chomski, M.
Chossudowski e cronisti come G. Chiesa; non c’è spazio
per la non-disponibilità di Usa, Israele, Cina, Pakistan,
ecc. ad ispezioni dell’Onu sulle armi di distruzione di massa,
per il mancato rispetto delle risoluzioni dell’Onu da
parte di Israele, Turchia, Usa, ecc.; non c’è spazio per le
quotidiane contraddizioni del capitalismo reale.
Non c’è spazio per le gravi responsabilità dei poteri (politico,
economico, culturale, militare) e neppure per le affermazioni
conformi di G. Bush, D. Rumsfeld, R. Cheney, C.
Rice, R. Pearle, ecc. sulla guerra preventiva e infinita, sul
diritto al dominio e sul «Gott mit uns».
Esiste anche un altro problema: nessuno riesce più a badare
adeguatamente a tutte le tragiche esibizioni di follia
anti-vita da parte di integralisti islamici, ebrei, cristiani,
hindu… kamikaze, mercenari, marines; di ricconi faeticanti
che credono di poter comprare anche il tempo; di elitarie
conquiste mediche di nicchia e contemporanee immani
disfatte epidemiologiche; di parassiti e delinquenti
che gestiscono le nostre o altrui risorse con la violenza,
l’inganno o l’acquiescenza delle vittime.
Gli insegnamenti del vangelo sui talenti, sulla trave e la
pagliuzza negli occhi,
tramandatici nel nostro
ambiente culturale, esigono
che la responsabilità
sia proporzionata alle
risorse disponibili: un
fatto che inchioda soprattutto
l’occidente alla
vergogna per un insistente
doppio standard
di comportamento e di,
forse, irripetibili opportunità
mancate.
Distanziandosi da questo,
il cristianesimo ha
tutto da guadagnare.
Svegliamoci! Basta con
l’ipnosi tronfia e insulsa,
contaminata da cinque secoli di ricorso «razionalizzato»
al cancro della guerra e del nemico! Basta con gli arroccamenti
paludati su culture, etnie e fedi (tutte etichette
ambigue, troppo spesso in balìa di falsari)! Basta con i re
nudi, accecati dal loro sussiego e dalla corte di mistificatori,
con suggeritori burattini.
Sono tutte insidie dalle quali siamo stati messi in guardia,
fin da piccoli, dai libri di Andersen e Collodi, ma che
troppi spudorati opinion makers ci fanno credere attinenti
a quella acerba stagione, lontana dalla nostra presunta
autosufficienza di fortunati cittadini sovrani di società uniche,
realizzate, e consumatori del carnevale continuo
dell’Occidente obeso… salvo i danni collaterali di scoprirsi
squali con stomaci da canarini.
Spero ancora nel coraggio di uscire dalla sbornia
ego/etnocentrica! Meglio patetici brancaleoni e «don
quixote», che si mettono in gioco, che essere giocati in una
matrice senza rischi né redenzione!

Lettera interessante, ma di non facile lettura. Il testo
originale è più lungo. Noi ci siamo permessi di sunteggiarlo,
sperando di avee rispettato il contenuto.
(Cogliamo l’occasione per annunciare che GIULIETTO
CHIESA risponderà alle critiche sollevate da alcuni lettori
su MC di settembre.)

MICHELANGELO LANZA




Pace «dai tetti»

Cari missionari,
un grazie per la pace che
con la rivista avete predicato
e state predicando coraggiosamente
«dai tetti».

«Dai tetti», cioè dall’alto,
ma per guardare anche
verso il basso e parlare
a tutti indistintamente.

Rita e Eugenio Mattei




Il «bello» dell’Africa

Spettabile rivista,
abbiamo letto l’articolo
«Non solo moda, però»
su Missioni Consolata di
aprile. Ci ha molto colpito
l’interessante esperienza
di valorizzare il bello
della cultura africana.

Il lettore ha colto il vero
significato dell’articolo.

Matteo Tamagnini




Il pericolo «Cina»

Egregio direttore,
leggo il numero di aprile e
rimango stupito dell’articolo
sulla Cina. Per quanto
interessante, lo trovo
assoggettato su posizioni
economiche pericolose e
ideologiche. Come viene
messo bene in evidenza
dagli articoli dell’ingegnere
Battaglia, esistono limiti
allo sviluppo imposti
dal nostro stesso pianeta.
Se un mercato come
quello cinese iniziasse a
consumare come quello
occidentale, presto dovremmo
dire addio al
mondo, data la limitatezza
delle risorse e l’inquinamento
provocato.
Comunque mi complimento
per la linea editoriale
e vi esorto a continuare
lungo questo percorso.

Condividiamo le sue
preoccupazioni, signor
Luca. E sono condivise
anche dall’articolista
Mirco Elena quando
scrive: «Gli effetti positivi
o negativi [derivati
dalla modeizzazione in
Cina] ricadranno direttamente
o indirettamente
sul resto del pianeta».
Ma la Cina non si fermerà
sulla strada della
«modeizzazione», se
non lo farà anche l’occidente,
che finora ha battuto
la pista dell’«usa,
getta e inquina». Dobbiamo
rivedere tutti i
modelli di sviluppo.
(NDR: l’ingegnere Silvia
Battaglia cura «Una sola
madre terra», rubrica di
Missioni Consolata sui
problemi dell’ambiente).

Luca Poitre




«Mi reputo offeso da…»

Caro direttore,
leggo con disappunto la
lettera del signor LUIGI
FRESSOIA (Missioni Consolata,
maggio 2003). Mi
reputo offeso da quanto
ha scritto questo signore.
Ogni sua frase è uno slogan
privo di significato e
teso solamente ad offendere
chi non ha le sue idee.
Per lui è importante
guadagnare 2.000 euro al
mese, e il mondo può crollare.
Non gli interessano i
problemi che la rivista
(giustamente) ci fa conoscere:
guerra, sfruttamento
minorile, degrado ambientale,
ecc. A Fressoia il
mondo piace così.
Io ringrazio, invece, i
redattori di Missioni Consolata
per il coraggio che
manifestano nell’affrontare
argomenti molto delicati
in maniera approfondita.
Spero, inoltre, che la
collaborazione con GIULIETTO
CHIESA venga
rafforzata, in quanto giornalista
di qualità in un panorama
desolante.
La vostra rivista entra
mensilmente in casa mia e
mi rinfranca nello squallore
giornalistico che ci circonda.
Davanti all’aggressione
cui siete sottoposti,
vi domando di resistere
forti delle vostre idee.

Il signor Luigi Fressoia
è stato criticato anche da
Francesco Benegiamo,
di Galatina (LE), il quale
scrive:
«Ora finalmente il signor
FRESSOIA può sfogarsi
contro Biagi e Santoro,
che pure sono stati mandati
in quarantena… Anch’io
vivo con 2.000 euro
al mese; sono vedovo e ho
quattro figli.
Crede davvero Fressoia
che gli Stati Uniti siano eterni?
Anche l’impero romano
crollò. È il cinese la
lingua più diffusa nel
mondo, non l’inglese. E
devo, io, preoccuparmi di
dire queste cose? C’è ancora
LIBERTÀ DI PAROLA
in questo paese?… “Meditate
gente, meditate”».

Marco Bellodi




«Se devo andare all’inferno…»

Gentile direttore,
non mi dilungo sul fatto
che la chiesa ormai parli
come Bertinotti o Agnoletto
e che ci sia un antiamericanismo
diffuso, anzi
un antioccidentalismo,
che ricorda nei toni la santa
inquisizione.
So che in questo momento
divento razzista,
fascista e guerrafondaia;
però mi permetto di contestare
l’articolo del vescovo
Robert Bowman
(Missioni Consolata, aprile
2003). Egli accusa l’America
(e Bush in particolare)
di aver mentito sul
terrorismo, che secondo
lui sarebbe la risposta ad
una serie di soprusi americani.
Io vorrei che si riflettesse
su un fatto: se è vero
che il terrorismo è solo la
risposta ad un sopruso,
come mai anche il santo
padre viaggia con una
macchina blindata?
I casi sono due: o la teoria
del vescovo è sbagliata,
oppure si deve pensare
che la chiesa non si è comportata
meglio degli Stati
Uniti (forse perché i preti
pedofili sono stati vergognosamente
protetti proprio
negli Stati Uniti, e,
quando si parla di Palestina,
ricordo una crisi tra il
Vaticano e la città di Nazaret
per la costruzione di
una moschea).
Io propendo per la prima
ipotesi, perché, come
non si possono dare ai genitori
le colpe di un figlio
omicida, così non si può
giustificare facilmente il
terrorismo, il quale ha
molte origini.
Se è vero che il terrorismo
è la ribellione per i
torti subiti, bisognerebbe
studiare di più la storia
mediorientale per rendersi
conto che, prima degli
Stati Uniti, molti torti furono
stati fatti alle popolazioni
locali: prima dai
crociati cristiani, poi dai
turchi, poi ancora da vari
imam musulmani che
hanno approfittato dell’occasione
per avere più
potere.
Io non so dare una risposta
al perché del terrorismo,
né a tutti i guai del
mondo; però noto nelle
stesse parole di Bowman
un pregio della civiltà occidentale:
quello di saper
criticare se stessa.
Non credo che il pacifismo
esasperato di questi
giorni sia la soluzione: il
mondo non è ancora
pronto per una società
senza guerre; la pace la si
deve costruire giorno per
giorno con la buona volontà,
con l’interessamento
per gli altri (a partire
dal vicino di casa, prima
che dell’Iraq), evitando
accuse e toni aggressivi
che creano solo divisione.
Quante persone ho visto
litigare in questi giorni e
quante amicizie rovinate!
Non credo che, così facendo,
siamo nel giusto.
Mi scusi, direttore, per
lo sfogo, ma, se devo andare
all’inferno per non aver
condannato totalmente
la guerra, non avrò almeno
il peccato di aver
mentito sul mio pensiero.
Creda: neanche a me piace
vedere vittime innocenti,
ma forse cinicamente
penso che i 1.000 morti
per la guerra in Iraq siano
meno peggio dei 10.000
uccisi ogni anno da Saddam
Hussein.

1. Sul terrorismo (che il
papa condanna) la signora
Donatella ci pare in
sintonia con lo stesso
Bowman: entrambi infatti
invitano a riflettere sulle
cause che lo scatenano.
2. Un pregio della civiltà
occidentale (ma
non solo) è certamente
quello di sapersi criticare…
E pregevoli siamo
anche tutti noi se facciamo
altrettanto, stimolati
magari da qualche «profeta».
3. All’inferno o in paradiso
non si va per le idee,
ma per i propri
comportamenti. Gesù
direbbe: «Non tutti
quelli che dicono “Signore,
Signore!” entreranno
nel regno di Dio,
ma solo chi farà la volontà
del Padre mio che
è in cielo» (Mt 7, 21). Ma
è pure doveroso ricordare
che le idee spesso determinano
i comportamenti,
perché hanno mani
e piedi (Hegel).

Donatella Carpignano




Ricostruire…per chi?

Caro direttore,
condivido la lettera della
signora Maria Monetti,
pubblicata su Missioni
Consolata di marzo 2003
(ndr: secondo la lettrice,
«criticare totalmente l’operato
degli Stati Uniti, unica
vera democrazia, e quasi assolvere
governi dittatoriali…
è inaccettabile»).
Aggiungo sul problema
quanto segue: i presidenti
Chirac e Putin, che parecchi
lodano per il presunto
«pacifismo», hanno forti
interessi in Iraq; per cui
temono di perderli (insieme
ai benefici) in caso di
guerra. Non sarebbe più
onesto che Putin risolvesse
il problema «Cecenia»?
Sappiamo tutti quale
criminale sanguinario sia
Saddam con i suoi legami
con il terrorismo internazionale
e come il denaro
raccolto in tanti anni dalla
vendita del petrolio sia andato
a vantaggio suo e dei
suoi gerarchi; nulla invece
per il suo popolo; e poi ci
sono uomini della nostra
sinistra e, purtroppo, anche
ecclesiasti che lo coprono,
dando la colpa dei
mali del popolo iracheno
agli Usa…
La pace è desiderata da
tutti e non solo dalle sinistre,
dai confederali, dai
girotondini, ecc., che, come
risulta evidente, hanno
solo lo scopo di mettere in
difficoltà BERLUSCONI e il
suo governo.
Oggi si critica Berlusconi
come ieri l’avvocato Agnelli:
entrambi hanno dato
lavoro a migliaia e migliaia
di italiani, mentre i
capi comunisti (ora DS)
cosa hanno fatto? (D’Alema
si è fatto la «barca» da
1 miliardo di lire; i soldi
dove li ha presi?).
Dobbiamo lavorare e
anche lottare per una pace
giusta e duratura, non di
parte e strumentalizzata a
favore di certe nazioni,
partiti, ecc., che vogliono
servirsene come… rivoluzione
«pacifista».

La politica italiana ci
interessa nella misura in
cui tocca il sud del mondo:
per esempio con la
legge (restrittiva) Bossi-
Fini sull’immigrazione o
con la nuova legge sull’esportazione
di armi, che
allenta i vincoli della precedente
185/90.
Il popolo iracheno è
stato certamente vittima
della dittatura di Saddam
Hussein, ma anche di 12
anni di embargo occidentale,
ingiusto quanto inutile…
a tal punto che si è
giunti alla guerra. Ora
tutti vogliono ricostruire.
Ma chi ci guadagnerà?

Piero Gonella




«Noi» e la guerra

Egregio direttore,
ho sott’occhio Missioni
Consolata di marzo e mi
sorprende che, tra i paesi
«in cui la rivista ci porta»,
siano esclusi Stati Uniti,
Gran Bretagna e Iraq, dove
in queste settimane si è
decisa una guerra sanguinosa
e disumana. Mi pare
che il papa abbia parlato
chiaro, mentre gli uomini
che credono nella pace
hanno fatto di tutto per
criticare questa «guerra
criminale».
Come mai Missioni
Consolata non ha dedicato
qualche pagina PER DISSENTIRE
DA UN CONFLITTO
che, a detta di padre Giulio
Albanese, «fa schifo»?
Il missionario ha condannato
la decisione di Bush.
Bush e Blair si stanno
comportando da invasori
violenti e senza scrupoli,
che non hanno ascoltato
l’opinione pubblica mondiale
(schierata contro la
guerra); se ne sono fatti
un baffo dell’Onu pur di
andare avanti nel loro disegno
di distruzione di
città e persone. Chi (oltre
Saddam) ha sulla coscienza
le morti strazianti di innocenti
(donne e bambini)
se non questi due capi
di governo? Come si può
tacere di fronte alla testardaggine
nel perseguire una
guerra preparata a puntino
e che, inevitabilmente,
farà scempio di
innocenti?
Come può il Signore benedire
nazioni che, democraticamente
rette, prendono
decisioni per nulla
democratiche, anzi contro
il popolo e i poveri?
Mi pare che la cultura
cattolica abbia perso l’occasione
per condannare
senza mezzi termini una
soluzione (la guerra) che,
negli ultimi tempi, è stata
esecrata da tutti i papi (da
Pio XII a Giovanni
XXIII, fino all’attuale
pontefice). Quanti nostri
governanti (parlo della
maggioranza, che governa)
hanno nettamente ripudiato
la guerra e i suoi
facilmente immaginabili
orrori? Qualcuno, molto
in alto, trova il tempo per
scherzare, scheire e insultare
l’opposizione. Che
miseria!

Missioni Consolata ha
stigmatizzato la guerra in
Iraq già tre mesi prima
che scoppiasse (cfr. il dossier
di dicembre 2002).
Anche la stampa cattolica
non è stata zitta, come dimostra
un nostro articolo
del mese scorso. In aprile, scrivevamo: «Mai gli
uni contro gli altri. Mai
[ricorrere] al terrorismo
e alla logica di guerra».
Le nostre posizioni sono
tanto chiare e forti
che ci hanno criticato.

Ambrogio Vismara




Missionari «babbo natale»?

Caro direttore,
ho ricevuto qualche lettera
di amici italiani, che
hanno commentato l’articolo
«Fare… non basta
più!» (Missioni Consolata,
gennaio 2003). Alcuni
hanno giudicato l’articolo
positivamente, nel senso
che predicare il vangelo
non è facile; altri hanno
reagito negativamente nei
nostri confronti, ritenendo
che noi missionari siamo
in Africa per fare il
«babbo natale».
Nell’articolo c’è del vero,
ma anche parecchio di
discutibile. Per rendere onore
a Dio, l’africano ha
bisogno di cantare e danzare
anche in chiesa; se
questi fatti non piacciono
ad un antropologo o, secondo
lui, non rendono
lode al Signore, lasciamo
il giudizio al Buon Dio.
Non penso che l’intera
comunità cristiana di Baragoi,
in Kenya, sia composta
da bambini, donne e
poveracci che vengono in
chiesa per chiedere aiuto
materiale. C’è un bel
gruppo di leaders (maestri,
capi locali, studenti universitari)
che cercano di
comportarsi da cristiani,
anche se non sempre ci
riescono, come avviene in
ogni parte del mondo.
«Sono gli ammalati che
hanno bisogno del medico,
non i sani» diceva pure
Gesù.
Accludo una lettera di
monsignor Virgilio Pante,
vescovo di Maralal. La lettera
è rivolta soprattutto
al clero.

La lettera del vescovo
Pante affronta vari problemi.
Al sacerdote, per
esempio, ricorda: in missione
ciò che conta non è
il protagonismo (del singolo),
ma il servizio in
collaborazione con l’intera
comunità.

p. Lino Gallina




Il maestro è sempre… maestro

Carissimi missionari,
sono un ex allievo dell’Istituto
Missioni Consolata.
I miei compagni di studio,
a Favria e Varallo Sesia,
sono stati i padri
Graziano Ventura, Alessandro
Di Martino, Emilio
Canova, il martire Luigi
Graiff e altri.
Pochi giorni or sono il
professor Carlo Tomassini,
mio ex allievo (sono
stato insegnante elementare),
mi ha invitato in
classe per un colloquio
con i suoi studenti delle
medie. I ragazzi hanno
voluto sapere in che cosa
consiste il lavoro del missionario.
Avevano letto su
Famiglia Cristiana che in
Tanzania e nel resto del
mondo i missionari della
Consolata non si limitano
solo alla predicazione, ma
svolgono anche lavoro di
promozione umana.
Insieme hanno raccolto
50 euro per i bambini poveri.

Non saremmo mai abbastanza
grati ai nostri ex
allievi per il loro affettuoso
e contagioso impegno.
In questo il signor Osvaldo
è sempre «maestro».

Osvaldo Valori