Davvero poco praticante?

G razie, grazie di cuore per il numero di ottobre/novembre, interamente dedicato alle guerre. Ho letto e riletto ogni articolo, ogni annotazione, ogni piccolo inserto. Mi sono serviti per riflessioni, per prendere appunti, per parlarne e sensibilizzare altre persone.
Da appassionato viaggiatore, alla continua ricerca di gente da incontrare e realtà da conoscere (avevate pubblicato qualcosa di mio nel 2002 sullo «speciale Kenya»), ho trovato, negli articoli delle zone che meglio conosco, piena rispondenza con quanto la gente mi confidava (quasi parlasse a se stessa) davanti ad un tè, una focaccia o un pugno di riso.
In ogni articolo traspare la verità (mille e mille volte ripetuta, anche senza citarla) che a subire le peggiori conseguenze di ogni conflitto è sempre la «gente normale», la gente che noi incontriamo ogni giorno in ascensore, in autobus, nei supermercati.
Su una immaginetta, che per motivi affettivi conservo come una reliquia da oltre 40 anni, c’è una frase a cui ho sempre cercato di attenermi: «Solo lo stolto percorre correndo il cammino della vita, senza soffermarsi ad osservare le bellezze del creato». E, al centro di queste bellezze, il Grande Artefice ha posto l’umanità. Riuscirà mai il politico, l’uomo di governo e l’ambizioso di potere a capirlo?
Se guardiamo a ritroso la storia, le risposte sono poco confortanti. Ma la speranza non costa niente. Soprattutto se comincia a farsi strada nei giovani la volontà di propagarla. Che vita difficile avrebbero i fabbricanti e trafficanti d’armi! Né più né meno come i produttori di superalcornolici e sigarette in comunità di astemi e non fumatori.
Sicuramente qualche lettore (spero pochissimi) sarà in disaccordo con l’impostazione del numero. Forse quei lettori vorrebbero sempre foto di bambini che corrono felici sul cortile della missione, o che assistono a funzioni religiose. Ma a quanti bambini tutto questo viene negato dall’imposizione di una divisa militare o da lavori disumani dall’alba al tramonto?
Nelle realtà attuali dimentichiamo il «missionario/predicatore porta a porta», che misura il suo successo nel numero di conversioni, quasi si trattasse di un venditore di aspirapolvere. È il vivere la quotidianità con la gente del posto, condividee i sacrifici, lottare al loro fianco contro le ingiustizie, aiutare a risolvere i problemi contingenti che i governi trascurano (acqua, cibo, scuole, dispensari, assistenza medica, ecc.), predicare l’amore con l’esempio… che rende una missione (e lo spirito religioso che la anima) forte e credibile.
È possibile che molti i quali frequentano missioni e missionari non si convertiranno mai totalmente al cattolicesimo, perché il legame con la religione ancestrale è troppo forte per poterlo abiurare. Ma la loro stima, la loro lealtà, il loro attaccamento, il loro aiuto materiale non verrà mai a mancare.
«La legge dell’amore – scriveva Carrel in “Viaggio a Lourdes” – dà a ciascun individuo due ordini essenziali. Il primo è di voler bene agli altri. Il secondo è di correggersi dei difetti e dei vizi che impediscono agli altri di volergli bene».
E in un altro passo: «Voi dunque non insegnate ai vostri novizi a fare orazioni – diceva un prete a don Alexis -. E don Alexis rispose: “Io insegno loro a fare della vita una perpetua orazione”».
E dall’esempio di molte di queste orazioni, praticate dai missionari (uomini e donne), io, credente ma poco praticante (se per praticante intendiamo solo regolare frequentazione dei luoghi di culto), ho ricevuto tantissimo.

Mario Beltrami




Serenate nostalgiche

Cari missionari,

era necessario, per mantenersi «progressisti e anticonformisti», assumere Giulietto Chiesa? Siamo ancora legati al pregiudizio che essere marxisti o di estrazione marxista sia garanzia di apertura mentale?
L’affermazione che fu la Russia ad abbattere la dittatura nazista richiede una precisazione. Con la battaglia di Stalingrado si decisero le sorti della potenza militare germanica, non l’avvento della libertà dopo il nazismo: in molti stati liberati ci fu la sostituzione con una dittatura altrettanto feroce. Quanto ai 20 milioni di morti russi, essi non furono vittime del conflitto, ma delle «purghe» del sistema marxista (leggere «Il libro nero del comunismo»).

Sono stanca di serenate nostalgiche ad un’ideologia aberrante e dalla complicità ideologica con i suoi ultimi esponenti…

Giulia Guerci

Ci sforziamo di essere evangelici, non anticonformisti. Né siamo di estrazione marxista: l’abbiamo affermato, ancora una volta, con l’editoriale di maggio prendendo le distanze, per esempio, da Fidel Castro.

Giulia Guerci




Idiozie e idioti

Spettabile redazione,

da tempo ho modo di apprezzare il vostro lavoro, ma lo stimolo per dirvelo mi viene dall’articolo di Giulietto Chiesa su Missioni Consolata, settembre 2003. A lui e a voi va la mia solidarietà.

Condivido ogni riga di Chiesa (insegno storia e qualcosa ne so), ne dico bene e benedico la sua semplice, lineare lucidità e obiettività. Forse Giulietto non voleva concludere amaramente la sua pagina, ma l’epilogo coerente con l’articolo non sembra essere l’ottimistica constatazione che «l’Italia di oggi sia ben migliore di quella delle leggi razziste e di quella del 1939».

Oggi l’Italia dovrebbe essere migliore, proprio perché è passata attraverso le cose di allora e non ci si può più nascondere dietro l’ingenuità della prima volta. I fatti del ’39 si mostravano da prima, e si mostrano oggi. Ma al presente c’è una rabbiosa, pericolosa voglia di rivincita verso «la cultura che ha imposto la sua egemonia dal dopoguerra a oggi», e che ha impedito che si potessero dire idiozie come quelle del signore di Perugia.

Ben venga quell’egemonia culturale! Peccato, invece, che tale cultura non sia riuscita a divenire patrimonio genetico degli italiani. L’Italia qualunquista, impolitica e fascistella sta rialzando la testa? Forse non siamo migliori di allora. E spiace constatare che ciò avvenga anche tra i lettori di una rivista come la vostra: il che lascia supporre si tratti di gente anche caritatevole e pronta a spandere lacrime sui negretti malnutriti, ma non un pensiero sulle cause e sui possibili rimedi, che sono (e sono!) economici e politici, non estemporanei e caritatevoli. Per non parlare del vangelo.

Ma di questo non sempre si parla negli ambienti cattolici.

Tutti possiamo incappare in qualche idiozia, ma nessuno è idiota.

Claudio Belloni




Clericalismo

Egregio direttore,

ritorno sull’argomento «clericalismo» non per polemica, ma per favorire un libero dibattito sul «laicato missionario».

La Civiltà Cattolica, nel recensire il volume del sacerdote Gian Franco Poli «Osare la svolta», ha scritto: «La svolta che bisogna avere il coraggio di fare deve essere ampia e profonda…».

Con molta amarezza, dopo aver letto il volume citato ed altre opere sull’argomento, devo concludere che è di attualità la frase del vangelo dove si parla di scribi e farisei: «Fate ciò che dicono e non quello che fanno, perché non fanno ciò che dicono».

È tuttora estraneo al pensiero e alla mentalità della maggioranza del clero secolare e regolare la necessità di valorizzare i laici, riconoscendo concretamente il loro ruolo di autentici collaboratori all’attività della chiesa (cfr. 1 Corinti 12, 24-25).

Non demorda, signor Ferruccio. La sua giusta causa è avallata anche dal magistero della chiesa.
Tenga pure conto delle osservazioni di un missionario, che affermava: non servono né «chierici» né «laici» (Missioni Consolata, maggio 2003).

Ferruccio Gandolini




Superbi e umili

Signor direttore,

ho letto gli interventi dei lettori Musso e Telloli (Missioni Consolata, giugno 2003). Non mi piacciono le contrapposizioni: sono antievangeliche e incivili.
Dò una valutazione sufficiente a Musso, perché mi sembra più realista; meno sufficiente a Telloli, perché più elucubrato e arzigogolato.

Gesù, uomo-Dio, maestro e guida degli uomini di ogni epoca, ha preso la frusta e ha rimproverato Pietro per il colpo di spada: due modi, secondo le circostanze storiche, in cui si imbatte l’umanità, nelle quali deve intervenire l’azione forte della giustizia: c’è un tempo per reagire con violenza e un tempo in cui cedere. Ci deve essere spazio e liceità per una cosa e l’altra.
Soprattutto per resistere ai superbi.

Il termine «violenza» non ci piace. Inoltre preferiamo l’espressione «essere umili», perché, secondo il Magnificat, spetta a Dio resistere e debellare i superbi.

don Renzo Cortese




I conti non tornano

Gentile ing. Battaglia,

nel suo articolo (Missioni Consolata, luglio 2003) leggo: «In Egitto, l’estrazione di acqua dal Nilo ha distrutto 30 delle 47 specie ittiche, mentre altre 25 sono rare o a rischio di estinzione». Probabilmente le è sfuggito qualcosa, perché i conti non tornano.

Non prenda l’osservazione come pedanteria: infatti condivido tutto quanto lei scrive; anch’io da anni faccio conoscere le sue tematiche (anche in ambito religioso, dove erroneamente sono un po’ trascurate). Precisione e rigore scientifico servono per non prestare il fianco a facili obiezioni, che mirano solo a squalificare il punto di vista ambientalista.

Conosco tabelle (ad esempio sul calcolo dell’impronta ecologica) di cui gli stessi «esperti» divulgatori non sono stati in grado di indicare come si era arrivati ai valori indicati. Anche in questo ambito circolano cifre generiche: non si sa da chi e quando sono state messe in giro; cifre che, senza alcuna verifica, tutti citano.

Per modificare i comportamenti individuali, è necessario far crescere la cultura collettiva sull’ambiente con informazioni precise; altrimenti, poiché le scelte da compiere sono scomode e il resto dell’informazione spinge in direzione opposta, anche un piccolo errore diventa un alibi per ignorare la verità incontrovertibile proposta. Di questa verità, purtroppo, tutti stiamo facendo esperienza (ottimo, a proposito, il box sopra il passaggio «incriminato»).

La ringrazio per le spiegazioni che mi darà. Sono un suo attento lettore e, salvo casi come quello segnalato, considero verificati i dati che lei cita.

Silvia Battaglia risponde:

Ringrazio il gentile lettore. Concordo sulle sue osservazioni circa le fonti d’informazione. Fonti non rigorose possono essere usate persino per dimostrare il contrario della stessa realtà.

Correggo la frase: «In Egitto, l’estrazione di acqua dal Nilo ha distrutto 30 delle 47 specie commerciabili di pesce. In Europa, il Reno ha visto scomparire 8 delle sue 44 specie ittiche, mentre 25 sono rare o a rischio di estinzione» (Guida del Mondo.
Il mondo visto dal Sud, EMI, Bologna 2001).

«Per fortuna» l’errore è mio, e non di una fonte autorevole.

Giovanni Guzzi




Chi è irreprensibile

Egregio direttore,

faccio un’osservazione sull’editoriale (luglio-agosto 2003) di don Mario Bandera. Mi ha colpito la frase: «come le riviste missionarie e la Misna fanno in maniera irreprensibile». Ma… «irreprensibile» fu solo Gesù per virtù propria e Maria per grazia di Dio.
Ci sono semi di verità anche in altri mezzi di comunicazione, e ci sono bugie, compromessi e verità nascoste anche nella pubblicistica missionaria di ieri ed oggi.

Nei nostri gruppi impegnati ed anche nel mondo missionario sta crescendo una forma di fondamentalismo e razzismo religioso: noi siamo i giusti e buoni, capiamo i veri problemi, abbiamo le soluzioni; mentre gli altri sono i cattivi, il male personificato…

Mi viene in mente la parabola del fariseo e pubblicano.
La realtà è molto più complessa. Noi, chiesa d’occidente, abbiamo avuto per secoli tutti i giovani al catechismo, ai sacramenti; ma questo non ha impedito che poi si scannassero in innumerevoli guerre.

Così nei paesi di missione, come in Africa, abbiamo avuto generazioni di ragazzi nelle nostre scuole e cappelle; ma questo non ha impedito che poi si massacrassero a vicenda con incredibile crudeltà.
Il vangelo da sempre resta un piccolo seme che cresce qua e là. Come? Lo sa solo il Signore.

Siamo, soprattutto, d’accordo sull’unico e vero «Irreprensibile».

don Silvano Cuffolo




Legittima difesa

Caro don Bandera,

ho letto il tuo scritto sulla pace. Apprezzo la proposta di un’approfondita informazione, da cercare ovunque si intuisce che ci sia una ricerca sincera di «verità», onde permettere alle persone di farsi un’opinione adeguata della situazione, a volte conflittuale, vissuta dai popoli.
L’interesse a capire la complessità del nostro mondo registra, a volte, indici molto bassi. È vero: occorre pure riflettere sulla molteplicità delle opinioni ragionevoli e pertinenti, che meriterebbero più rispetto, sapendo che bene e male si presentano sempre mischiati.

Esprimo il mio parere sul tema «guerra-pace». Noi cristiani abbiamo ricevuto la buona notizia di Dio-padre-amore. Si sa che Giovanni Paolo II ha espresso un netto rifiuto a «questa» guerra, ma ha dovuto sempre salvaguardare «il diritto alla legittima difesa», com’è previsto dal Concilio Vaticano II e dal catechismo.

Possiamo non essere d’accordo sulla decisione americana di attaccare l’Iraq senza il consenso dell’Onu, ma non possiamo in linea di principio impedire ad un paese di decidere autonomamente di difendersi come meglio crede, qualora si ritenga attaccato.

Si può dimostrare l’insostenibilità di una tale decisione, ma dal punto di vista della chiesa cattolica non si può escludere né condannare ciò che si ritiene possibile. In fondo gli Stati Uniti, con altre nazioni, ci stanno «bombardando» con notizie sugli attentati proprio per inculcare a tutti la grande pericolosità del terrorismo internazionale.

Ma quanti ritengono che gli ultimi attentati sono il «frutto» naturale della violenza scatenata dalla guerra? Il ragionamento vale per tutte le guerre ed azioni di forza armata. La violenza genera sempre vendetta e morte.

La chiesa cattolica non ha ancora il coraggio di condannare, come ha fatto per l’aborto, la soppressione della vita altrui: chiunque uccide volontariamente è fuori dalla comunione con il Signore-amore. Chiunque fabbrica armi, si esercita per combattere e uccidere, anche in nome della libertà, giustizia e pace, chiunque partecipi ad operazioni di guerra è fuori dalla comunione di Dio-amore-padre-madre.

Don Mario, oltre ad essere «duri» con i laici guerrafondai, dobbiamo anche essere «chiari» con tutti i cristiani che preferiscono le scorciatornie di una morale comoda ed accomodante, soprattutto quando si tratta di giustizia, pace e perdono.

Sulla «legittima difesa» (quindi sulla «guerra giusta») abbiamo già ricordato la posizione del Catechismo della chiesa
cattolica (Missioni Consolata, settembre 2003).

Al binomio «pace-guerra» abbiamo dedicato il numero monografico di ottobre-novembre (ben 132 pagine)… mentre il salmo 119 recita: «Troppo ho dimorato con chi detesta la pace; io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra».

Filippo Gervasi




Chavez, presidente controverso

Egregio direttore,

gli articoli sul Venezuela e a favore di Chávez mi fanno perdere la stima verso la rivista; sembrano un servizio a non bene definiti interessi. È propaganda ad un personaggio controverso. Pensi, se in Venezuela o in qualunque altra nazione, si mettessero a fare (con entusiasmo poi) propaganda per Berlusconi o Bertinotti! (Per Bertinotti, in questo caso, visto che Chávez è filo-castrista e intende instaurare in Venezuela il regime che ha ridotto i cubani ad uno stato di dipendenza umiliante e fame perenne).

Che cosa c’è dietro tutto questo? Non credo che siate così sprovveduti da non accorgervi del rischio di cadere in un equivoco che vi esporrà al peggio.

La demagogia di Chávez ha il suo fascino, avendo fatto i poveri i protagonisti della sua politica. Tuttavia, finora, il protagonismo dei poveri resta verbale; la politica di Chávez non ha ancora portato alcun frutto di benessere e sta distruggendo la nazione. Anche Hitler incontrò molto consenso…

Direttore, anche se il presidente fosse una cima, gli manca però l’essenziale: la capacità di aggregare tutta la popolazione sotto la sua egida e di appianare i contrasti.

Chávez eccita le disuguaglianze (come avete fatto voi). Questo è molto significativo, perché è l’aria che si respira in Venezuela ad opera del presidente.
«Una casa divisa in se stessa va in rovina» dice Gesù. È quello che sta accadendo al Venezuela. E di questo al presidente non importa un bel nulla.

Direttore, non potrebbe stampare anche la mia prima lettera, per rendere più oggettivi gli argomenti trattati, cioè per sentire anche altre campane? Anche questo fa parte della giustizia, le pare?

Signora Maria, grazie anche della sua prima lettera; non è stata pubblicata perché è giunta in ritardo rispetto ai tempi di lavorazione di Missioni Consolata. Appare ora nella rubrica «Battitore libero».

Sul Venezuela abbiamo pubblicato quattro articoli: nel primo il generale Nestor G. Gonzáles sostiene che Chávez ha tradito il Venezuela consegnandolo alla guerriglia colombiana; nel secondo padre Agostinho Barbosa afferma che il presidente ha buoni ideali, ma finora ne ha realizzati pochi; nel terzo intervengono alcuni ministri del presidente; nel quarto, infine, altri venezuelani ricordano la situazione di violenza, ma anche di speranza (cfr. Missioni Consolata, maggio, giugno, luglio-agosto, settembre 2003).

Signora Maria, non abbiamo fatto risuonare più campane sul controverso Hugo Chávez?

Maria Ricci




“Guerra giusta”?

Egregio direttore,
è proprio vero, come dice un proverbio, che non si finisce mai di imparare. E Missioni Consolata, maggio 2003 (Iraq: l’immoralità della guerra «giusta»), mi erudisce affermando che S. Agostino è immorale. Sì, S. Agostino che, dopo il sacco di Roma nel 410 dei Visigoti, nel «De Civitate Dei» formulò la teoria della «guerra giusta». Aggiungo: Beardo di Chiaravalle fu teorico delle Crociate, in quanto «guerre giuste», e vi partecipò come combattente; Gregorio XIII «benedì» nel 1572 il massacro degli Ugonotti; Giovanni Paolo II proclamò Beato (il 27-4-2003) padre Marco d’Aviano (Carlo Domenico Cristofari), che galvanizzò le truppe cristiane contro i turchi e per carità di… Mi fermo. Già scrissi che la Bibbia è… piena di guerre.
È vero: ci furono anche papi che dissero no alle guerre. Ma allora la guerra non è un dogma né materia di fede, bensì… politica.
La prima guerra la fece Caino e sappiamo che fine fece Abele. Per non fare quella fine, quando ero ragazzo, ci fu una guerra di 6 anni, che ha dato a noi occidentali quasi 60 anni di pace (però anche allora c’era chi diceva no alla guerra: dovevamo tenerci Hitler?).
Le guerre si fanno per molti motivi, anche per il petrolio. Vorrei vedere i pacifisti, se qualche paese, in cui governano i Saddam, ci chiudesse i rubinetti del petrolio e del gas, cosa farebbero. Ma, principalmente, le guerre si fanno perché ci sono troppi paesi, non democratici, con a capo troppi Caino.

L’articolo a cui si riferisce il signor Banti è titolato «Il grande imbroglio» e lo strillo è «una guerra assurda, crudele, illegale». Non compare la frase «S. Agostino è immorale»…
Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (pp. 566-567), il ricorso alle armi è sottomesso alle seguenti e rigorose condizioni:
– che il danno causato dall’aggressore sia durevole, grave, certo;
– che tutti i mezzi per porre fine al conflitto siano stati inefficaci;
– che ci siano fondate ragioni di successo;
– che il ricorso alle armi non provochi mali peggiori di quello che si vuole eliminare.
Quando queste quattro condizioni si verificano contemporaneamente (ed è un elemento molto significativo), si può ricorrere alla «guerra giusta».
Il catechismo citato risale al 1992. Ad 11 anni di distanza, un nuovo testo potrebbe anche rivedere la «guerra giusta», specialmente alla luce degli interventi di Giovanni Paolo II.

Rinaldo Banti