Spudoratamente di sinistra

«Spudoratamente
di sinistra»

Spettabile redazione,
ho letto con molta attenzione gli articoli sulla guerra irachena e ho constatato con amarezza che tutti i commentatori appartengono solo ad un’area politica ben definita (cfr. Missioni Consolata, gennaio 2004).
La pagina di Giulietto Chiesa, poi, mi ha fatto rabbrividire: come può fare tanto il moralista, lui, che prendeva 300 rubli al mese dal Pcus, per raccontarci che in Urss c’era il paradiso e oggi considera venduti i giornalisti di centro-destra?
Un’informazione eticamente corretta doveva dare voce anche ad autori che la pensano in modo diverso, così da dare ai lettori una visione pluralistica del problema, consentendo loro di farsi liberamente una loro idea sul problema, e non solo quella imposta dalla vostra rivista.
Dal prossimo anno non rinnoverò più l’abbonamento (era da parecchi anni che lo facevo) e lo rifarò solo quando sarete informatori super partes, non portavoci soltanto di un’area politica (spudoratamente di sinistra).
Lucia Salvador

Certamente la lista dei commentatori della guerra irachena (tre sacerdoti diocesani, un missionario e un vescovo) poteva essere diversa; e le idee espresse possono essere anche errate. Ma bisogna provarlo con fatti e persone, come i nostri autori hanno argomentato il loro intervento, appellandosi a sant’Ilario di Poitier, a fatti di vita parrocchiale, ecc.
Non basta dire: appartengono tutti solo ad un’area politica. La politica partitica non è garanzia di verità.

Pieve di Soligo (TV)




Signore, benvenute!

Cari missionari,
desidero abbonare anche mia figlia alla bellissima rivista Missioni Consolata. Noi, in famiglia, la riceviamo da anni: è davvero un documento straordinario, da conservare sempre e da meditare.
Pertanto vi prego di mandarmi il conto corrente postale o di comunicarmi il numero per fare il versamento di denaro.
Carla Pavese
Casorzo (AT)

Cara signora Carla, per abbonare sua figlia a Missioni Consolata, può usare il conto corrente postale (ccp), allegato alla rivista stessa, che porta il suo nome; oppure può servirsi del ccp
numero 33.40.51.35
intestato a
Missioni Consolata Onlus
Corso Ferrucci 14
10138 Torino
Speriamo che sua figlia resti soddisfatta, almeno come lei… Così pure la nuova abbonata, signora Angela, appena ritornata dal Kenya.

Sono arrivata da pochi giorni dal Kenya, dove sono stata per due mesi nella missione di Wamba. Ho letto anche molti numeri della rivista Missioni Consolata, trovandola stupenda e subito mi sono abbonata. Ho trovato molto giusto quello che scrivete sui missionari. Veramente io non immaginavo che si adoperassero così tanto.
Stando due mesi, ho capito un po’ di cose; prima ero molto scettica e non pensavo (sono reduce da un grave lutto) di trovare nelle suore un amore così grande sia verso di me sia verso la gente locale.
Gli italiani, che magari sono come me (prima), sappiano che ogni soldo ricevuto dai missionari va veramente a buon fine. Sapeste quanta gente non muore di fame proprio perché ci sono i missionari. A Wamba c’è un bellissimo ospedale, e quanta gente si aiuta! Io sono tornata meno egoista e un po’ più serena.
Per favore, pubblicate questa lettera: è anche un ringraziamento. Grazie, zia Giordana Pia, grazie suor Micarnelita! Grazie a tutte le altre missionarie, delle quali non vorrei sbagliare il nome.
Angela Tosco
Bra (CN)

Anna Avanzi, Angela Tosco




Aids in Africa

aro direttore,
ho letto l’articolo di G. Ferro sull’Aids in Africa nell’ambito della rubrica «Come sta Fatou?» (Missioni Consolata, dicembre 2003). Esprimo alcune perplessità al riguardo.
L’approccio tipico dei media, come di gran parte del mondo sanitario «istituzionale», al problema dell’Aids in Africa è concentrato sul comportamento sessuale individuale. Per spiegae l’enorme diffusione, si parla di promiscuità e di eccessiva attività sessuale, con un’implicita condanna morale per abitudini «esotiche».
Questo approccio compare anche nell’articolo di Ferro, per altri aspetti ottimo, con il folcloristico racconto del re dello Swaziland o della diffusione di poligamia e relazioni extraconiugali (certamente non peculiare degli africani). La soluzione è, quindi, una politica di prevenzione, basata solo sulla sfera individuale (sesso sicuro, preservativi, ecc.).
Alcune pubblicazioni (per esempio: A. Katz, «Aids in Africa», in Zmagazine, 9/03) evidenziano i limiti di questo approccio. Infatti, poiché il 25% di africani subsahariani è colpito dall’Aids, contro lo 0,01-0,1% occidentale, significherebbe per i primi un’attività sessuale 250-2.500 volte superiore! Le ragioni per tale abnorme diffusione devono essere anche e, soprattutto, altre.
È noto che malnutrizione e infezioni croniche (malaria, tbc, parassiti, ecc.) incidono sulle funzioni immunitarie. Ciò probabilmente rende le persone «sane» molto più vulnerabili all’infezione e quelle Hiv positive più contagiose. Questo potrebbe spiegare il tasso di trasmissione enormemente più alto di quello delle comunità benestanti occidentali.
Accettare queste considerazioni significherebbe, per le istituzioni coinvolte, intervenire, oltre a quanto già in atto, anche sulla povertà delle popolazioni africane per prevenire l’Aids.
Infatti solo con una migliore disponibilità di cibo, acqua corrente, fognature, alloggi ed assistenza sanitaria si potrebbe avere un netto incremento delle condizioni igienico-sanitarie. E magari le ragazze, per sopravvivere, non sarebbero più costrette a vendersi ai vari «paparini» e non accorrerebbero in 50 mila davanti al re dello Swaziland.
Tutto questo, per un congresso internazionale sull’Aids in hotel a 5 stelle, forse potrebbe sembrare troppo fuori dal coro.

Condividiamo le osservazioni del lettore. Missioni Consolata le ha espresse anche sul numero di febbraio 2004, dove si afferma: «La causa principale di Aids, malaria e tubercolosi è l’impoverimento progressivo delle popolazioni» (p. 15).
Tuttavia anche il comportamento sessuale non deve essere sottovalutato. Spesso è l’ultima goccia che fa traboccare il vaso.

Dario Selvaggi




La guerra non piace, ma

Cari missionari,
le guerre sono sempre di più e le violenze sempre più atroci, anche perché troppi uomini sono affascinati dall’idea della guerra e provano un immenso piacere nel far male ad altri uomini o nel vedere, attraverso i mass media, scene reali o simulate di tortura, mutilazione, morte.
Riuscite a spiegare in altro modo il boom del «turismo di guerra», il crescente interesse che riscuotono i «war games della domenica» e le dimensioni assunte dal fenomeno del mercenariato?
Continuiamo pure a dire che guerra e terrorismo sono frutto dell’ingiustizia; ma diciamo anche che persino in Italia (che vari stereotipi vorrebbero abitata da uomini con una specialissima attitudine per la pace) la guerra piace, a tal punto che molti connazionali si arruolano nelle milizie irregolari e negli eserciti privati, quando vedono che non è possibile con le forze armate regolari.
Mario Pace
Fano (PS)
Post scriptum
E che dire della «battaglia delle arance» di Ivrea, dove, con il pretesto della fedeltà a tradizione e folclore, ogni anno decine di persone restano ferite in modo anche grave e oltre 2,5 milioni di arance vengono sprecate?
Come possiamo credere all’italiano amante della pace e alieno per natura da ciò che è violenza, quando si arriva a spendere 100 euro (in Cina è il mensile di un metalmeccanico) per salire sopra un carro del carnevale e partecipare al getto di arance da posizione privilegiata?

La guerra non piace a nessuno, ma… «serve». Almeno lo si spera e lo si fa credere sempre e dovunque.
Prima dell’ultimo conflitto contro l’Iraq, un editoriale rilevava: «Il motivo di fondo [per una guerra preventiva] pare essere la posizione geopolitica che l’Iran occupa nell’area medio-orientale. Il Medio Oriente, in particolare i tre stati maggiori produttori di petrolio e di gas naturale (Iraq, Iran e Arabia Saudita) è un’area vitale per l’economia degli Stati Uniti: potervi accedere liberamente è d’importanza fondamentale per tutto l’Occidente» (La Civiltà Cattolica, 18 gennaio 2003).
Che poi si raggiunga subito lo scopo è un altro discorso, e un altro ancora che si entri in un’«avventura senza ritorno». Giovanni Paolo II lo sta gridando da almeno 13 anni. Ma non è ascoltato.

Mario Pace




Foto scandalose?

Spettabile redazione,
ho ricevuto il calendario 2004. Devo dire, però, che le immagini abbinate ai mesi di maggio e giugno mi hanno rattristato; pertanto non posso appenderlo in casa mia: la foto di giugno mi ricorda gli spettacoli mondani (in casa mia non c’è la televisione); la foto di maggio è un richiamo alla perversione sessuale che domina il mondo occidentale.
Perdonate la mia franchezza. Ma sentivo il dovere di esprimere il disagio che ho provato nello sfogliare il calendario.
Lettera firmata
Roveredo in Piano (PN)

Le immagini del «disagio» ritraggono una famiglia di indios yanomami (Brasile) al lavoro (sono «così» da circa 12 mila anni) e una danza cinese della dinastia Tang (del 700-800 d. C.).
Immagini scandalose? Non lo crediamo.

Lettera firmata




Che famiglia!

Cari missionari,
mi è capitata fra mano Missioni Consolata di luglio. Parlava di Etiopia e, visto che abbiamo un figlio etiope (Daniel, 10 anni), l’ho letta volentieri. In Etiopia abbiamo conosciuto padre Tarcisio Rossi, con cui abbiamo collaborato come famiglia e come associazione Addis Beteseb/Nuova Famiglia (Padova).
Alla fine della rivista, con mia grandissima sorpresa, ho trovato un articolo su Toribio (Colombia). Anche da questo paesino, sperduto sulle Ande, abbiamo una figlia indigena: Maria Elena. E voi siete anche lì!
Mi sento molto vicino ai missionari della Consolata (mia moglie è di Torino). La nostra famiglia è italiana-etiopica-colombiana, simile alla famiglia della Consolata (in piccolo naturalmente).
Continuate così. Dio vi benedica.
Vico Bertoli e famiglia
(via e-mail)

Una famiglia italiana-etiopica-colombiana, vicina alla Consolata. Che famiglia missionaria!

Vico Bertoli




Cuba fucila i dirottatori

Egregio direttore,
la visita di Lula, presidente del Brasile, a Cuba marca in maniera netta il diverso approccio dei paesi latinoamericani dalle prese di posizione europee. Mi pare il caso di ripensarle: dal punto di vista dell’informazione, innanzitutto, sono state stravolte.
La fucilazione dei tre dirottatori è stata presentata come se Cuba avesse innalzato un nuovo muro di Berlino; invece ha punito, in base alle sue leggi, dei dirottatori la cui azione non violava solo le leggi, ma si poneva contro lo stato, inserendosi nella guerra che gli Stati Uniti conducono da quasi 50 anni. Scandalizzarci di quelle esecuzioni, non mi pare che abbiamo titolo.
C’è un crimine più vasto, la guerra, che abbiamo approvato in Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Afghanistan, ecc.
Chi inizia una guerra sa di condannare a morte migliaia di innocenti e, tuttavia, abbiamo ritenuto percorribile questa strada. Guerra di bombardamento, basata sulla supremazia di chi la scatena, coperta da motivazioni umanitarie, quando si sa che tutte le guerre sono fatte per motivi inconfessabili, con l’aggravante di creare ad arte situazioni di scontro e presunte violazioni dei diritti umani (vedi la falsa strage di Racak o del mercato in Bosnia-Erzegovina). Guerre per espandere il dominio e mantenere l’ingiusta ripartizione dei beni, che condanna alla fame e alla morte milioni di persone.
Toando ai fatti, si è dimenticato che gli Stati Uniti usano affondare le imbarcazioni sottratte a Cuba. Inoltre, pur esistendo una regolamentazione legale degli espatri, essi la violano con la concessione di un lavoro e casa.
Un tempo la sopravvivenza di Cuba fu assicurata dall’Unione Sovietica. Ora la Russia ha ritirato il presidio militare che aveva sull’isola, e gli Stati Uniti attaccano, a suon di bombe, ogni stato che ritengano di porre sotto tiro.
Dunque, il succo vero della nostra meraviglia mi sembra quello di inchinarci ai desideri della superpotenza e di preparare il terreno alle sue future guerre. In fatto di democrazia, dubito che abbiamo il diritto di giudicare quella degli altri; mi parrebbe giusto fare il punto su quella di casa nostra.
Non credo che l’atteggiamento assunto nei confronti di Cuba possa essere d’aiuto, affinché la democrazia si accresca in questo paese. La democrazia esige comprensione e rispetto, non scontro, tantomeno ingerenze estee e collusione con dei lupi rapaci.
Lo sviluppo della democrazia a Cuba presuppone il venir meno dell’assedio degli Stati Uniti, non un rafforzamento o l’attacco finale. Ignorando le ragioni di Cuba, abbiamo anche sacrificato gli interessi delle imprese italiane ed europee. Anche questo sembra una costante della politica italiana ed europea: i nostri veri interessi scompaiono di fronte a quelli degli Usa.

Siamo contro la pena di morte in qualsiasi paese. Sul regime di Cuba abbiamo espresso il nostro parere con l’editoriale di gennaio 2003: parere che ribadiamo.

Giuseppe Torre




Il compito in classe di Federico

Sul petrolio si basa l’economia del mondo, quasi nulla funziona senza di esso, e non essendocene in tutti i luoghi, molti paesi lo devono comprare da altri o prenderlo in altri modi.
Secondo me, la guerra in Iraq è avvenuta perché il presidente degli Stati Uniti crede di essere una specie di Giulio Cesare. Bush pensa che il mondo sia ai suoi piedi e vuole arricchire il suo «impero» con il petrolio dell’Iraq. L’Iraq dovrebbe essere una potenza economica, possedendo enormi giacimenti di petrolio, invece si arricchisce solamente il governo.
Il presidente degli Usa ha dichiarato guerra all’Iraq con il pretesto del terrorismo e di voler salvare il popolo, ed è entrato in guerra con tutti i suoi aerei militari e carri armati devastando il paese e radendolo al suolo, uccidendo moltissime persone innocenti. Alla fine agli Stati Uniti saranno pagati miliardi di dollari per ricostruire il paese che hanno distrutto.
Molti soldati americani sono dei ragazzi annoiati della propria vita, che non sanno neanche per quale motivo combattono, ma vogliono solo vivere un’avventura alla Rambo, sparando a qualunque cosa si muova o respiri, a volte anche agli alleati. Una delle cose che mi da più fastidio è che ora fanno le campagne pubblicitarie per aiutare l’Iraq, dopo averlo bombardato. Ci sono anche i terroristi, però molti si difendono solo dagli statunitensi con le armi che hanno a disposizione.
In Italia il presidente del consiglio è Silvio Berlusconi, mia mamma dice che è un leccapiedi di Bush e che in Europa sta facendo fare all’Italia una figura da pagliacci, ad esempio quando ha dato del nazista a un deputato tedesco. Questo giudizio vale anche per le sue riforme sulla sanità e sulla scuola; Berlusconi è venuto su e si è fatto i miliardi grazie ai soldi sporchi della mafia e quando è salito al governo li ha ricambiati con cariche pubbliche e favori personali.
Dato che molti di quelli che sono al governo sono mafiosi fatti salire da Berlusconi, non sanno niente di quello che fanno e sono controllati da quest’ultimo. Il governo italiano ha voluto mandare dei soldati ad aiutare gli Stati Uniti; secondo me, i 19 soldati uccisi in Iraq non erano andati lì per liberare un popolo (dopo avergli mandato delle bombe), forse alcuni sì, ma la maggior parte di loro lo ha fatto perché il proprio stipendio veniva quadruplicato; a me, dispiace siano morti, perché erano comunque esseri umani, però hanno scelto di andare e sapevano di correre questo rischio.
Secondo me la televisione sta cercando di drammatizzare troppo questo evento, per esempio chiamandoli tutti «ragazzi», mentre alcuni avevano 50 anni.
Federico, terza media – Torino

E d ecco il giudizio globale dell’insegnante: «Partendo dagli Stati Uniti, hai fatto un utile giro in Italia, esprimendo giudizi non sempre sostenibili storicamente (devi fare attenzione a riportare giudizi ascoltati, se non sei sicuro di quanto affermi). Positiva la forma, a parte qualche incertezza (dovevi dichiarare perché hai scelto questo periodo storico)». Questo è il giudizio sintetico: «Forma: quasi buona. Contenuto: sufficiente».
La rivista missionaria della «famiglia» ha dato spazio ad un componimento scolastico, che coinvolge una mamma, un figlio di 14 anni e una docente. L’argomento è per noi centrale: la guerra.

Federico




I poveri aumentano o diminuiscono?

Caro direttore,
in questi giorni ho avuto modo di assistere ad una interessante conferenza a Pesaro, tenuta dal professor Dominick Salvatore, apprezzato economista italiano che vive ed insegna presso la Fordham University di New York. Tra varie cose interessanti, il prof. Salvatore ha affermato che, anche e soprattutto a causa della globalizzazione economica, i poveri nel mondo erano 1 miliardo e 100 milioni nel 1982, mentre oggi sono calati a circa 600 milioni.
Non ho motivi di dubitare di queste cifre, anche per l’autorevolezza e la stima che nutro nei confronti del professore: tra l’altro noto editorialista anche de Il Sole 24 Ore.
Le chiedo: è possibile approfondire su Missioni Consolata questo argomento, con un dibattito articolato e con l’apporto di relatori competenti?

In attesa di un eventuale approfondimento, riportiamo alcuni dati dal Rapporto della Fao (Fondo delle Nazioni Unite sull’agricoltura e l’alimentazione), dal titolo «Lo stato dell’insicurezza alimentare nel 2003».
Dal citato Rapporto si apprende che, al presente, sono 798 milioni le persone denutrite nei paesi in via di sviluppo; 34 milioni quelle nelle nazioni mediamente sviluppate; 10 milioni coloro che soffrono la fame nelle regioni ricche e industrializzate.
Oggigiorno, rispetto agli anni ’90, le vittime della denutrizione sono circa 18 milioni in più. Pertanto si allontana sempre di più l’obiettivo di ridurre del 50% i morti di fame entro il 2015.

Giovanni Pirovano




Rimanere giovani

Cari missionari,
«Non fate alcuna cosa che non vi riempia la pancia». Frase fatta, sentita molte volte, durante e subito dopo l’ultima guerra mondiale. Era un insegnamento per la sopravvivenza.
Oggi, dopo anni di ricostruzione e lavoro, le cose sono migliorate, e la fame tra noi è quasi inesistente. A tal punto che gli insegnanti modei raccomandano il rovescio della medaglia: «Mantenete la linea, non mangiate troppo».
Slogan pubblicitari, bombardati continuamente nelle orecchie e nei cervelli da togliere quel po’ di sorriso rimasto sulle labbra dei giovani e la gioia di vivere, riducendo i sentimenti a cose futili. Voi, missionari, potete fare qualcosa? Sì. Grazie a Dio, avete personaggi validi per spiegare valori ben superiori ai suddetti.
Abbiamo bisogno di conoscere, per amare meglio, Colui del quale ci si può veramente fidare. Rimanere in silenzio, in certi momenti, è utile e doveroso. Il dialogo, a volte, si riduce all’essenziale: dono di amore, richiesta di ascolto, compagnia premurosa. Ecco di che cosa ci si può riempire il cuore e la mente (senza proporre sempre la pancia piena o vuota).
Parlare ai giovani di nostro Signore, vero Dio e vero uomo. Lo si può fare anche a puntate, quali:
– Gesù e i maestri della legge;
– le predicazioni alle folle;
– i colloqui sussurrati ad alcuni personaggi;
– le guarigioni e la risurrezione (con la sua commozione e compassione);
– le conversioni e il perdono dei peccati…
È giusto che questi argomenti vengano sviluppati sulle vostre riviste al posto di pettegolezzi e notizie vergognose. Alla maggioranza delle persone vere interessano le verità, dette da persone competenti, in modo comprensivo e rispettoso.
La fantasia, i desideri di sapere dov’è il bello e il buono concorrono a farci rimanere giovani nello spirito, a riempire il cuore di gioia, ad amare ciò che si apprende. Non vale la pena tentare questa sfida?

Per tante persone di buona volontà, la domanda finale è retorica. Ma è anche una provocazione, un incoraggiamento.

Cherubina Lorusso