LETTEREKossovo: perché i serbi non hanno votato

Caro direttore,
quando si parla del Kossovo, si vede anche una cartina geografica dalla quale risulta già uno stato indipendente, che confina con Serbia e Montenegro, Albania e Macedonia. A chi non conosce bene quella parte dell’Europa, può sembrare che in Kossovo ci sia una crisi perché i serbi hanno occupato quella regione. Lo scenario assomiglia a quello della Croazia e Bosnia, in cui la Serbia e i serbi furono presentati come conquistatori delle terre altrui. Inoltre i termini Kossovo e kosovari, non indicano una nazione, ma una regione multietnica.
Ultimamente si parla del fatto che i serbi non sono andati a votare e si accusa la chiesa serba di «ostacolare» la normalizzazione di quella regione. Le forze inteazionali, presenti da 5 anni in Kossovo, vorrebbero dimostrare al mondo che stanno creando un Kossovo «democratico» e «multietnico» e sono arrabbiate con i serbi, perché quella gente stremata, che vive in un campo di concentramento custodito (malissimo) dalle forze inteazionali hanno ancora la forza di opporsi a quella «democrazia» carica di interessi politici personali o unilaterali.
Perché i serbi non hanno votato?
Perché negli ultimi 5 anni, in presenza delle forze inteazionali, è continuato il genocidio da parte degli estremisti albanesi.
Perché è stato distrutto gran parte del ricchissimo patrimonio spirituale e culturale: monasteri e chiese cristiane, davanti agli occhi dei soldati delle forze inteazionali; e la distruzione continua.
Perché la maggioranza (che è albanese) deciderà di strappare quel territorio dallo stato Serbia e Montenegro.
Perché i serbi che non scapperanno saranno uccisi; altre chiese, monasteri e cimiteri dei serbi saranno rasi al suolo e al loro posto saranno costruite le moschee.
Non hanno niente contro le moschee, i serbi; ma perché devono venire costruite al posto delle chiese cristiane? C’è posto per tutti in quella terra, per i serbi e per gli albanesi, e per tutti gli uomini e donne di buona volontà. Hanno imparato e vissuto per secoli insieme in quella terra; non servono le lezioni europee. Serve che si difendano per davvero i diritti umani, fra i quali sono il diritto alla vita, alla pace e al lavoro. Creare condizioni, prima di tutto economiche, perché quella gente non dipenda dal commercio illegale o dall’elemosina dei ricchi, ma cominci a lavorare nei campi, fabbriche, miniere, e inizi una vita dignitosa per tutti. Il Kossovo è importante per la gente che ci ha sempre vissuto, ma è anche per tutti i serbi del mondo, per il patrimonio spirituale che abbiamo lì. Per l’Europa dovrebbe essere importante almeno come inestimabile valore culturale e perciò dovrebbe fermare la distruzione delle chiese e dei monasteri cristiani.
Ormai mi chiedo quanto ci tiene veramente a quel patrimonio l’Europa visto che non riconosce più le sue radici cristiane.

Snezana Petrovic
Rovereto (Tn)

Snezana Petrovic




LETTEREUna nuova rubrica

Caro direttore,
leggo Missioni Consolata da oltre mezzo secolo, da quando un carissimo amico (padre Franco Cravero) partì per l’Africa. Ne ho seguito con vivo interesse e apprezzamento l’evoluzione, da modesto (ma suggestivo) «bollettino» d’informazione sulla vita delle missioni dell’Istituto, fino a preziosa «rivista» missionaria di respiro planetario, valida sia sotto il profilo tipografico che sotto quello dell’informazione e della sensibilizzazione dei lettori. Da ultimo ho notato la comparsa – più che giustificata – di una rubrica attenta a quella nuova «terra di missione» che è la presenza tra noi di extracomunitari…
Non c’è un ulteriore spazio di interesse cui sarebbe bene estendere l’attenzione? Nelle nostre terre la chiesa, che tanto impegno missionario seppe profondere, appare ora in grave crisi: calo di frequenza alle messe, crisi di vocazioni, scomparsa di un clima sociale influenzato, almeno parzialmente, dai cristiani. La chiesa missionaria sta acquistando peso (e vocazioni) nel terzo mondo; ma perde qui la base e la spinta che la resero feconda.
Non è allora opportuno che una nuova rubrica si occupi di questa crisi di fede e dia alla nostra «vecchia» chiesa il contributo di riflessione e di proposta che il mondo missionario potrebbe esprimere da una prospettiva forse per noi perduta? Gli argomenti potrebbero essere non pochi e non secondari, ma ora è almeno prematuro indicarli.
Grato della cortese attenzione e con l’augurio di ottimo proseguimento.
Giuseppe Nebiolo
Torino

Grazie del suggerimento. Sappia che, da febbraio, partirà la nostra nuova rubrica biblica. Allora, continui a seguirci…

Giuseppe Nebiolo




LETTEREPannelli solari in Africa

Caro direttore,
mi consenta un commento alla lettera di Isa Monaca (M.C., giugno 2004) circa i pannelli solari da un «addetto ai lavori».
Questi apparati sono conosciuti in Africa da decenni, usati principalmente per scaldare e pompare acqua o provvedere minuscole quantità d’energia elettrica; ma sono solo alla portata dei ricchi.
I pannelli scalda-acqua non sono molto costosi. L’impiego è limitato alle case dei ricchi (o istituzioni), perché, per funzionare, richiedono in casa un impianto fisso. Per tantissimi africani «l’impianto idraulico» è… la donna, che attinge acqua al fiume o al rubinetto comunale (dove esiste), portando sulle spalle o sulla testa un bidone di lamiera.
Il pompaggio d’acqua dai pozzi, tramite energia solare, ha avuto poco successo, se non per chi ha «la villa in campagna». Per i pastori delle lande semidesertiche sono state prodotte efficienti pompe a mano, in ferro, quasi indistruttibili, ovvero a «prova d’Africa».
I pannelli fotovoltaici servono solo a migliorare la vita di chi c’è l’ha già buona, ossia fabbricanti e rivenditori…
Recentemente in Kenya sono in «offerta speciale» pannelli solari della potenza di 20 watts, sufficienti per quattro lampadine speciali, una radio e una piccola televisione: costano «solo» 105 euro; ma bisogna aggiungere una batteria (50 euro), un invertitore di corrente (40 euro) e circa 20 euro per lampade, fili, scatola di controllo, impianto. Totale 215 euro.
Con una popolazione il cui reddito medio giornaliero è inferiore a 1 euro, è difficile capire come «questi (pannelli) potrebbero migliorare le condizioni di vita degli abitanti». Certamente sarebbero utili nelle immense baraccopoli. Ma un pannello solare e un’antenna tivù su un tetto di lamiera servirebbero ottimamente a… far pubblicità ai ladri.

Giorgio Ferro




LETTERECOPPIE MISSIONARIE

Carissimo padre,
grazie per l’articolo che avete pubblicato e,
soprattutto, per il titolo (Chiamati all’11a ora, M.C. sett. 2004) che
risponde benissimo alla nostra situazione storica. Grazie anche per le
copie che abbiamo ricevuto e passato agli amici. Qualche altra copia ci
servirebbe per far conoscere la rivista, che è molto valida…
Anche
al nostro arcivescovo abbiamo suggerito l’idea delle coppie
missionarie. Ci ha risposto con la lettera che alleghiamo. Stiamo
cercando di definire un progetto tale che possa divenire un donum
fidei. La terremo informata. Pensiamo che la cosa possa interessare
tutte le missioni.
La mettiamo nelle mani del Signore.
Laura e Giovanni Paracchini
Milano

Anche
il motto del vostro progetto è significativo: Donum fidei (dono della
fede). Auguriamo che altre «coppie missionarie» rispondano alla vostra
iniziativa. Anche a loro sia di stimolo la risposta dell’arcivescovo,
che qui riportiamo.

Carissimi Laura e Giovanni,
innanzitutto,
voglio dirvi che mi avete dato una grande consolazione, perché mi avete
testimoniato che la fede nel Signore dà sempre significato e gioia alla
nostra vita.

Come
dite giustamente, «il cristiano non può andare in pensione», ma vorrei
aggiungere – voi me lo dimostrate – che non «vuole» andare in pensione,
perché conserva vivo nel cuore l’amore per Cristo e per i fratelli, un
amore che vuole esprimersi e dare frutti. Su questo amore è fondata la
vostra famiglia: grazie a questo amore vi siete recati in Africa per
offrire la vostra testimonianza e per dare così aiuto, speranza,
fiducia nel futuro a persone travagliate da tanti gravi problemi
materiali e spirituali.

Esprimo vivo apprezzamento per il bel progetto delle «coppie missionarie» e vi invito a continuare…
Vi
rinnovo la mia gratitudine e di vero cuore auguro a voi e a tutti i
vostri cari ogni bene nel Signore, mentre su tutti voi invoco la sua
benedizione.


Dionigi Tettamanzi, arc.

Laura e Giovanni Paracchini




LETTERE – Anche noi salutiamo padre Stefano

Carissimi missionari,
attraverso Missioni Consolata ho imparato a conoscervi di più e apprezzare il vostro impegno e lavoro nel mondo. Intanto voglio salutare padre Stefano Camerlengo col quale ho fatto qualche pezzo di strada nel Salento, quando lui lavorava a Galatina: auguri per il nuovo incarico.
La vostra rivista è diventata impegnativa e apprezzabile: spero con voi che aiuti a far maturare tanta disponibilità nelle persone perché possiamo collaborare nel dare un volto giornioso e umano a questo mondo.
Mi ha fatto piacere sapere che in Colombia qualcuno sta percorrendo questa strada, pagando anche di persona, perché chi vuole imporre le proprie idee con la forza non tollera chi ama la libertà e la giustizia. Quanto sarebbe opportuno gridare forte forte che i pacifisti, i nonviolenti non sono quelli che urlano nelle piazze (a volte serve anche qualche manifestazione), ma quelli che scelgono di vivere accanto ai più poveri e cercano con loro sentirneri di pace, sviluppo, giustizia. È bello leggere la storia di tante persone che costruiscono strade, ospedali, acquedotti, scuole: questi sono gli operatori di pace e meritano tutta la nostra stima, sostegno, preghiera. Il mondo diventa più triste quando vengono uccisi o subiscono violenza, ma guai se non sentissero la nostra solidarietà, che viene dal vangelo…
Filippo Gervasi (LE)

Filippo Gervasi




Carlo Urbani e…

Egregio direttore,
ho letto il bellissimo articolo di Guido Sattin su Missioni Consolata, giugno 2003, riguardante Carlo Urbani. Grazie.
dr. M. Pellanda

Bassano del Grappa (VI)

Caro direttore,

ho appreso da Missioni Consolata la notizia incredibile della morte del dottor Carlo Urbani. Allora ho appeso la pagina del giornale con la sua foto su un muro in costruzione del laboratorio medico della missione: lo dedicherò proprio a Carlo, se… mi manderà un suo collega ad iniziare l’opera.

Ricordi, direttore, come il dottor Urbani avesse promesso di rispondere alla mia richiesta? Aspettavo sempre la risposta. Ora è venuto… Lui, e l’ho pregato di intervenire. Sono sicura che farà tutto quello in cui confido.

sr. Rosa Carla Cazzaniga

Pemba (Mozambico)

Carlo Urbani, nostro amico e collaboratore, è mancato il 29 marzo, colpito da Sars. Per ricordare la sua attività anche pubblicistica, abbiamo bandito il «Premio giornalistico dottor Carlo Urbani».

Di esso ha parlato ampiamente anche «Salute», il settimanale del quotidiano la Repubblica (6 novembre).

Dalla Presidenza della Repubblica abbiamo invece ricevuto queste graditissime righe:

Egregio dottor Moiola,
ho il piacere di informarLa che il Presidente della Repubblica ha destinato una medaglia
al Premio giornalistico Carlo Urbani.

Con viva cordialità,

dott.ssa Francesca Romana Reggiani

(Capo divisione adesioni patronati e premi)

dr. M. Pellanda




LETTERAAntico Testamento, pieno di battaglie

Spettabile redazione,
su Missioni Consolata di luglio-agosto 2004 c’è un accenno al film La passione di Mel Gibson; c’è un interessante articolo sulle bombe atomiche dello stato di Israele; nell’ultima pagina si parla di Mosè.
Gibson ci ha ricordato, in modo crudo ma efficace, che a condannare a morte Gesù è stato il mondo dell’Antico Testamento, che non poteva sopportare un totale capovolgimento di principi, come quello portato dall’insegnamento di Cristo. L’Antico Testamento è pieno di battaglie, di nemici: un «popolo eletto» che combatte in continuazione. È un’epopea per gli israeliti, più o meno com’è l’Iliade per i greci, senza introdurre alcun giudizio di valore.
La lontana eredità dell’Antico Testamento sono le testate nucleari di Israele e il vergognoso incondizionato appoggio degli Stati Uniti.
Forse, dopo 18 secoli da quando sono prevalse (anche con la violenza) le correnti contrarie a Marcione e allo gnosticismo, siamo ancora in tempo per abbandonare Adamo ed Eva, Abramo, Mosè e tutti i personaggi di quel mondo: il nostro fondamento dovrebbe essere solo l’insegnamento di Gesù Cristo; senza alcuna condanna del passato, ma si tratta di filosofie e fondamenti del tutto diversi.
Se vogliamo trovare un insegnamento precedente, simile a quello di Cristo, non dobbiamo cercare nell’area mediterranea, ma nel nord dell’India, dove da circa cinque secoli si stavano diffondendo il buddismo e il jainismo. In particolare: il buddismo mahayana, la cui essenza è l’amore compassionevole verso tutti gli esseri viventi, ci invita, come Gesù, a un’empatia e amore verso tutte le entità naturali.

Guido Colombo
Brescia

Secondo la teologia cristiana, Cristo da sempre è presente nella storia: «tutto fu creato in Lui e per Lui» (Col 1,16). Il Concilio ecumenico Vaticano ii ha dichiarato che le culture di ogni tempo contengono semina Verbi, ossia «semi di Cristo» (cfr. Ad gentes, 11). Questa affermazione, che risale ai padri della Chiesa del ii secolo, è di enorme importanza per i missionari, che devono riconoscere e valorizzare i «semi di Cristo», presenti in ogni popolo.
E Gesù Cristo condanna ogni violenza.

Guido Colombo




LETTERAUn millimetro di regno di Dio

Caro direttore,
approfittiamo della spedizione di questa raccolta di firme, in favore della campagna Nós existimos, per incoraggiare lei e tutti i collaboratori della rivista a continuare nella missione di annunciare e, di conseguenza, di denunciare.
Siamo un gruppo missionario impegnato a costruire un millimetro quadrato del regno di Dio, collaborando con i francescani conventuali, e ci serviamo di Missioni Consolata per i nostri incontri di formazione.
È consolante trovare in voi la conferma della nostra linea di pensiero, ma ci dispiace quando qualche vostro lettore si scandalizza, a tal punto da disdire l’abbonamento; allora speriamo che qualcuno a cui l’abbiamo fatta conoscere diventi un vostro nuovo abbonato.
Oltre ad essere la nostra consolazione, siete anche una voce di speranza. Continuate sempre così…
Il gruppo missionario
«B. Barracciu»
Cagliari

«Un millimetro quadrato» oggi, un altro domani… E che bel campo!

Gruppo miss. Barracciu




LETTERAMonografie 2004: Le mani sul Congo

Salve,
sto leggendo con interesse e molto sconcerto il numero monografico del vostro mensile dedicato al Congo. Mi occupo di Etiopia,
attraverso la mia associazione (www.gruppomeki.org); ora la lettura delle terribili vicende storiche del Congo mi hanno suscitato un certo interesse in quello che è un pezzo di storia poco conosciuto: la storia dell’Africa…
Fabio (via e-mail)
Gentile direttore,
vi siamo grati per l’ottimo numero monografico «Le mani sul Congo» da voi realizzato.
In quel martoriato paese vi lavorano da più di 40 anni, nel sud del Kivu, confinante con Rwanda e Burundi, una cinquantina di nostri confratelli, tre dei quali vennero uccisi nel novembre 1964, quando anch’io arrivavo in Burundi per la prima volta.
Quanto avete realizzato ci interessa moltissimo…

Padre Michele D’Erchie
Saveriano
Saleo

padre Michele D’Erchie




LETTERAConversione ecologica

Dist.mo direttore,
ho avuto modo di apprezzare molto recentemente il suo editoriale «Conversione ecologica» di Missioni Consolata Sett.2004. Avevo, infatti, terminato da poco la lettura di uno degli atti della Conferenza dei vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles (Estate 2002), ossia, The Call of Creation: God’s Invitation and the Human Response. Natural Environment and Catholic Social Teaching.
Il suo intervento in Missioni Consolata ritengo sia molto, molto importante anche per aiutare tante persone a comprendere concretamente che l’ecologia cristiana è parte notevole del vangelo e, quindi, applicarla nella vita del terzo millennio (specialmente) è conforme alla volontà di Dio, con tutto quello che implica.
Mi permetta di congratularmi per ciò che lei ha così ben espresso nella pagina «Ai Lettori».

Giovanni Vulpetti
Telespazio Spa (Roma)

Il nostro fondatore, beato Giuseppe Allamano raccomandava ai suoi missionari: «Puntate alla trasformazione dell’ambiente, non solo degli uomini».

Giovanni Vulpetti