LETTERE – “Disagio giovanile, disagio del mondo

Gentile redazione,
mi congratulo per il dossier di gennaio 2005 «Disagio giovanile, disagio del mondo», che ho letto tutto d’un fiato. È assai interessante e centra in pieno il problema giovanile e della scuola.
Sono un’insegnante ormai disgustata dell’attuale andamento che la riforma Moratti sta dando. La scuola sta affondando con le implicazioni sui giovani che ne conseguono e che voi avete così bene descritto.
L’idea del dossier è stata non solo buona, ma ottima. Spesso è più facile trattare problemi distanti dalla nostra realtà di quelli che quotidianamente ci toccano da vicino. Il pianeta giovani rappresenta una nuova terra di missione, per quanto le povertà e/o i problemi di cui soffre attualmente siano diversi da quelli più concreti dei paesi del cosiddetto terzo mondo.
Voi li avete messi a nudo assai bene. Spero che il dossier aiuti a riflettere sull’importanza di investire sul presente e futuro dei giovani (cosa che si sta facendo poco e male), oppure si offrano immagini sulle quali investire per impostare il proprio stile di vita, le proprie priorità, i valori in cui credere.
Ma un mondo che sta perdendo l’etica per strada, giustificando tutto come accettabile o possibile, in cui il concetto di bene si mescola con quello di male (anch’esso inteso come esperienza), che sta creando falsi miti, può portare i giovani a credere ancora in qualcosa?
Silvana Vergnano
Torino

All’osservazione «spesso è più facile trattare problemi distanti dalla nostra realtà…» rispondiamo che bisogna saper guardare sia lontano sia vicino. La missione è, nello stesso tempo, e «qua» e «là».
Di fronte ad un quesito finale, così significativo oltre che angosciante, come in altre occasioni coinvolgiamo i nostri lettori… confidando però nello Spirito Santo. Questo «gigante invisibile» sa illuminare molti: per esempio, i sottostanti ragazzi di Cava de’ Tirreni

Silvana Vergnano




LETTERE – “Altri 4 anni di guerre e terrorismo?” Le reazioni

Riguardava la rielezione di George W. Bush
a presidente degli Stati Uniti.
Nel pubblicare, lo scorso febbraio,
alcune lettere sull’argomento, abbiamo titolato:
Uno «0» e quattro «10»,
per indicare le bocciature e le promozioni.
Ora c’è ancora uno «0», mentre i «10» sono cinque.

Leggo sempre con piacere la rivista Missioni Consolata, corredata da foto meravigliose. Sul numero 12/2004, tuttavia, Paolo Moiola ha pubblicato un articolo circa la rielezione di George W. Bush alla Casa Bianca che non condivido affatto.
È una noiosa e settaria «collezione» di interventi di giornalisti e opinionisti che sparano, come di consueto, le frecce che hanno nella loro faretra (sempre uguali e sempre quelle!).
La vostra prestigiosa rivista cerchi di non ospitare tendenziose opinioni su fatti di rilevanza mondiale, essendo un mezzo di comunicazione rivolto alle «famiglie».
don Achille Lumetti
Sassuolo (MO)

Leggo con estremo interesse l’articolo di Missioni Consolata, dicembre 2004, passatami da un amico. Non è facile trovare sulla stampa, in tempi di pensiero unico, articoli così completi e circostanziati. Mi sembra opportuno ed «etico» che una rivista missionaria tratti problemi che toccano tutti. Personalmente la penso alla don Milani «I care» («mi interessa», «vi partecipo»…).
L’etica si dovrebbe incontrare con la politica! Sappiamo invece che si incontra solo con l’olio (petrolio). La chiesa è fedele quando «dice» la Parola ricevuta, senza riguardi ai potenti. È giusto valutare atti e parole. Denunciare! Tacere significa rinunciare alla funzione profetica. Oggi occorre schierarsi. Schierarsi forse può essere il primo gradino della giustizia.
Gianluigi Villa
(e-mail)

Ho letto con interesse l’articolo «Altri quattro anni di guerre e terrorismo?» e vi ho trovato molte informazioni che non conoscevo, come la storia delle tre suore detenute o la citazione di Ettore Masina sulle guerre dei poveri.
Vi auguro di poter continuare il vostro lavoro con lo stesso coraggio e la stessa determinazione.
Marco Colucci
Genova

Un amico mi ha segnalato l’articolo «Altri quattro anni di guerre e terrorismo?». Non solo condivido tutto quello che vi è scritto, ma sento il dovere di ringraziarvi per aver avuto il coraggio di pubblicarlo. Ho sempre apprezzato la rivista Nigrizia, mentre consideravo con diffidenza le altre riviste missionarie, ritenendole allineate con il Vaticano e con quelle posizioni della chiesa, o delle chiese, che, pur di ottenere qualche aiuto o qualche privilegio, non osano criticare coloro che sono al potere.
D’ora in poi seguirò con maggiore attenzione la vostra rivista.
Carlo Ferraris,
responsabile del Segretariato
Attività Ecumeniche – Genova

Ringrazio Paolo Moiola dell’articolo sugli USA e voi della redazione, che non vi siete trincerati dietro la solita prudenza. Il mio vivere m’insegna che c’è un tempo per tacere e uno per parlare. Questo è il momento di gridare con forza contro l’ipocrisia di potenti «messia», che nel nome di Dio esportano violenza e morte.
È il momento in cui anche noi, che ci riteniamo cristiani, prendiamo posizione: o politiche inteazionali di giustizia, solidarietà, collaborazione e pace (quindi disarmo, rispetto di ogni essere umano e dell’ambiente), oppure politiche imperiali di dominio, sfruttamento, violenza e guerra (altri recinti e nuove mura per difendere ciò che da secoli stiamo «rubando»).
È il momento di prendere sul serio il «servire Dio» e l’umanità, che egli ama, o «servire mammona».
Auguri di buon lavoro, anche se Vi arriveranno… tirate d’orecchie!
Giovanni Russotto
Genova

Su Missioni Consolata, dicembre 2004, leggo un lucido articolo di Paolo Moiola: «Altri 4 anni di guerre e terrorismo?». È eloquente e ineccepibile sull’opera «pacificatrice» degli Usa e del loro comandante in campo.
Non si è, però, detto che gli Usa, primi al mondo, destinano gran parte del loro Prodotto interno lordo alla foitura di armi e neppure si è detto che, in Iraq (soltanto in Iraq?), terroristi sono solo gli Usa. Infatti terrorista è chi aggredisce uno che non ha arrecato offesa ad altri e non può difendersi, proprio come è avvenuto in Iraq.
Nella babele del linguaggio, i patrioti iracheni sono stati presentati come «guerriglieri», «ribelli» e, preferibilmente, «terroristi»; altrimenti i media (in primis i nostrani Libero, Il Gioale, Il Foglio ecc.) che cosa ci stanno a fare?
In Iraq i «fedelissimi del deposto regime» non devono essere «2.000», come scrivono i servi dell’informazione; altrimenti non si spiega come «tutto l’Iraq è in fiamme». Solo a Falluja si è parlato di «1.600 vittime ribelli». Ormai la propaganda bellicista non regge neppure alla più elementare logica euclidea…
Le (sagge) parole di Kofi Annan e Boutros Ghali rappresentano il sigillo istituzionale e democratico ad un vero e proprio sterminio. Nessuno che parli mai delle vittime civili. Eppure è questo un mondo dove le chiacchiere abbondano, oltre alle menzogne. Tutti ricordiamo all’Onu (telecronaca in tempo reale in molti paesi e continenti) la «colomba» americana Powell con la manipolata provetta in mano? Sì, chiarissimo.
Tutto decorre dall’«11 settembre 2001», supportato da un racconto molto fantasioso ad uso e consumo di Usa e Israele. Ci si è pure inventati un aereo sul Pentagono, che nessuno ha mai «visto»; di Al Qaeda si è saputo «tutto dopo» e «nulla prima» e non si è approfondito niente. Chissà perché…
Al Zarkawi è sempre imprendibile e nessuno lo conosce; Bin Laden, che da anni non telefona (neppure ai suoi numerosissimi figli), è sempre ammalato di diabete, ma, al contempo, dirige il «terrore nel mondo». A me pare che l’unico che rompa gli equilibri nel mondo sia il rieletto comandante in campo, del quale qualcuno ha scritto: «Ha gli occhi troppo vicini per essere intelligente».
O Bush o Kerry, le multinazionali non fanno sconti. Dei 500 mila bimbi iracheni la responsabilità è dei «liberali» Clinton e Albright, tanto per capirci. Ricordo un intelligente Vittorio Sgarbi che ne mostrava gli effetti fotografici su Canale 5, anche se tutto si è limitato ad una sola «sterile» trasmissione… Beh, meglio non disturbare il manovratore!
Berlusconi è al passo del padrone atlantico, e la sinistra (che aggredì la Serbia per apparire «credibile» al gendarme planetario)… anche. Salvo solo Missioni Consolata e poco altro.
Ma, davvero, si può credere che gli Stati Uniti siano venuti in Italia per «liberarci» e basta? È ovvio che non sia stato così; infatti è normale che uno stato impieghi uomini e mezzi a decine di migliaia anche per il proprio tornaconto.
Il flagello umanitario in America Latina è da secoli sotto gli occhi di tutti: basta chiederlo a chi si reca sul posto. Come chi va in Palestina si accorge della quotidiana repressione di Israele verso i legittimi proprietari di quella terra, mentre la stampa svolge un’operazione molto più «filtrata»: tutto poggia (e viene «compensato») su «Auschwitz e dintorni», dove «gli ebrei sono le vittime per eccellenza».
Ci sarà mai un tempo per una (macabra) contabilità delle vittime dei pellerossa o dei regimi latinoamericani al soldo delle lobbies economiche? Per chi crede in maniera irriducibile nel valore della vita e/o si autorninveste in maniera preventiva del ruolo di latore dei valori democratici, ciò non dovrebbe essere che di conforto, anzi auspicato.
Ricordo che Lozada, predecessore dell’attuale presidente boliviano Carlos Mesa (su Missioni Consolata, dicembre 2004, vi è una bella intervista di Paolo Moiola), è stato prima cacciato dal suo popolo, dopo averlo represso, e in seguito ospitato e presentato negli Usa come «difensore della democrazia». Uno schema consolidatissimo.
Se Saddam Hussein era un dittatore, l’egiziano Moubarak, amico dell’Occidente, da chi è stato eletto e quando? Delle famose «fosse comuni» di Saddam, anticipate da una marea di chiacchiere, non si è vista una fotografia… come del resto con Milosevic, il cui processo è «opportunamente silenziato» al patetico Tribunale penale internazionale dell’Aja.
È reato affermare di simpatizzare con la resistenza irachena? Forse sì.
Il male non è dato dal balbettio minimalista dei nostri politicanti, bensì sta nei nostri modelli di vita: se comperassimo meno prodotti inutili, toglieremmo in maniera pacifica e radicale a molte sovrastrutture industriali ed economiche la loro ragione di esistere, sfruttare e… uccidere (e intaseremmo meno le aule dei tribunali nostrani).
Tutte le idee per definizione sono «belle», mentre il male sta esclusivamente nei nostri modelli di vita, dove è sempre bene tenere un occhio attento alla realtà, perché c’è chi con cinismo, perfidia e «sapiente» cosmesi mediatica la sovverte.
Max Cole
Brescia

L’ultima lettera è diversa dalle precedenti, e non solo per la lunghezza (l’abbiamo in parte ridimensionata, sforzandoci di non travisare i contenuti). Il lettore mette molta carne al fuoco; talora è allusivo, a scapito della comprensione.
Non sempre siamo d’accordo con lui: per esempio, non condividiamo che «in Iraq… terroristi sono solo gli Usa»…
Diverso è pure l’intervento di don Achille, che ci raccomanda di «non ospitare tendenziose opinioni su fatti di rilevanza mondiale, essendo (la rivista) un mezzo di comunicazione rivolto alle “famiglie”». Raccomandazione sacrosanta che dovrebbe valere per tutti, magari dopo aver stabilito cosa si intenda per «tendenziose opinioni».
Risponde Paolo Moiola – Nell’articolo contestato da don Lumetti, tra le tante autorevoli opinioni ci sono anche quelle di: don Paolo Farinella, don Raffaele Garofalo, don Gianfranco Formenton, don Aldo Antonelli, padre Roy Bourgeois.
Le famiglie italiane dovrebbero accontentarsi di sentire Bruno Vespa, Giuliano Ferrara, Emilio Fede o Mara Venier?

Autori vari




LETTERE Uno “0” e quattro “10”

Non sono un’abbonata, ma alcuni amici mi hanno offerto in lettura Missioni Consolata, dicembre 2004. Ho cominciato a sfogliarla con pigrizia; poi, via via, sono stata sempre più presa. Bravi, bravi, bravi! Notizie, commenti, dati, informazioni, foto, cartine: tutto induce ad una piacevole lettura. Dovrei dire «drammatica lettura», perché i contenuti fanno accapponare la pelle. Però ho notato che anche le notizie più bieche e atroci portano sempre uno spiraglio di luce e speranza.
Sono arrivata all’articolo di Paolo Moiola «Altri 4 anni di guerre e terrorismo?»… e mi sono indignata. È questo sussulto che mi induce a scrivervi. Non sono facile all’indignazione e nemmeno sono capace di sentimenti negativi, perché la mia professione (sono assistente sociale) mi porta ogni giorno a frequentare bambini, uomini e donne, schiacciati da povertà, indigenza, violenza. E non voglio sprecare energie, se non per tentare di porre qualche rimedio istituzionale a drammi atroci.
Leggendo l’articolo di Moiola, sono stata presa da un’emozione interiore che non provavo da tempo: erano le cose che avevo dentro e che quell’articolo svelava compiutamente, con pudore, perché pacato nel tono, ma vero nella sostanza.
Sono cattolica praticante e la mia fede è elemento essenziale della vita, alla cui luce mi interrogo ogni giorno per rispondere con coerenza alla esigenza di verità che c’è in ogni uomo e donna. Sono indignata per la strumentalizzazione religiosa che è stata fatta nella campagna elettorale americana. Sono indignata per le centinaia di milioni di dollari profusi, cioè buttati al vento, mentre potevano risolvere enormi problemi nel Medio ed Estremo Oriente. Sono indignata che l’«11 settembre» sia diventato il refrain con il quale tutto deve essere giustificato e spiegato.
Nel mio piccolo verifico che anche i tagli all’assistenza ai bambini senza famiglia o violentati in essa… sono giustificati con «l’11 settembre». E potrei continuare con molti esempi.
Nell’articolo ho apprezzato le parole chiare e vere dei sacerdoti e quelle di Boutros Ghali. I sacerdoti non sono persone qualsiasi, essi devono essere liberi anche dall’influenza dell’ambiente che respirano e devono dire parole di coscienza che altri, per opportunismo o convenienza o peggio per interesse, non sono in grado di dire.
Oggi c’è il rischio e pericolo che anche noi in Italia stiamo correndo, senza che ce ne rendiamo conto: ridurre Dio a merce di parte o di partito, per giustificare comportamenti ignobili. Quando sento chiamare Dio in causa per dare una parvenza di giustezza alla guerra o a qualsiasi forma di violenza, mi vengono i brividi.
Allora mi rifugio nella Bibbia, là dove incontro il Dio di Maria che abbatte i potenti dai troni e innalza i miseri, sfama i poveri e manda i ricchi a mani vuote. Sì, è questo il Dio che Gesù è venuto a svelarci: il Dio delle beatitudini e della frateità universale.
Ammesso e non concesso che le guerre in Afghanistan e Iraq siano state opportune (non posso dire «giuste» senza essere blasfema!), penso che i credenti in Cristo avrebbero dovuto lo stesso contestarle e condannarle, perché non è con questi mezzi che i cristiani possono risolvere i problemi.
Alcuni amici hanno messo in discussione il loro anticlericalismo e la loro opposizione alla chiesa, perché leggono riviste come la vostra, dove parlate senza calcolo e senza compiacere i potenti di tuo. Per questo avete merito e siete lodevoli per articoli come quello di Moiola, in un tempo in cui troppi, si adeguano al vento, rinunciano alla propria coscienza e magari plaudono contro di essa.
Non oserei mai contestare i vescovi, per convinzione e rispetto, ma devo riconoscere che in questi ultimi tempi il loro silenzio su situazioni scottanti hanno allontanato dalla chiesa molti fedeli, come è vero che altri ne avete avvicinati voi con Missioni Consolata e il vostro servizio alla verità, detta e non strumentalizzata. Sono onorata di avervi conosciuto.
Nella comune fede del Verbo incarnato.

lettera firmata – Genova

E gregio direttore, mi domando se lei legge gli articoli prima che vengano inseriti nella rivista, perché «Altri 4 anni di guerre e terrorismo?» fa schifo, sia come stile sia come argomentazioni, e scredita la rivista.

ing. Lucio Baruffi
(e-mail)

C on vivo piacere ho letto l’articolo «Altri 4 anni di guerre e terrorismo?» sul post-elezioni di Bush. Siete stati capaci di superare i convenevoli e le opinioni di circostanza, offrendo uno spaccato onesto e veritiero.
Ho apprezzato particolarmente la pignoleria delle note con cui il vostro giornalista documenta le singole affermazioni. Quando la stampa cattolica raggiungerà questo livello d’informazione, uscendo dalle sacche di provincialismo e dai criteri di opportunità, sarà una festa anche per i laici, che stentano a trovare nel mondo cattolico quell’alone di libertà, unito alla professionalità.
Missioni Consolata ha l’uno e l’altra. Siatene fieri!
Criticare Bush e la sua politica miope non significa essere antioccidentali, anche se un cristiano deve essere sempre «pro» tutte le civiltà dei quattro punti cardinali, se è vero che crede in un Dio universale, creatore e padre di tutti gli uomini.

dott. Luca Melanino
Firenze

Caro direttore, ringrazio lei e l’autore di «Altri quattro anni di guerre e terrorismo?», per la lucida ed appassionata analisi condotta. Credo importante e necessario che anche (e soprattutto) le voci dei religiosi si alzino contro chi, con un moderno «Deus vult», si ammanta di Dio per interessi economici e politici, sprezzante della vita e del progetto sull’uomo che Dio, nostro malgrado, cerca faticosamente di portare a buon fine. Se un coro di voci come la sua, magari provenienti da alte gerarchie ecclesiastiche, parlassero chiaramente e costantemente ai potenti della terra…

Paolo Pontiggia (e-mail)

Spett. redazione, ho letto «Altri 4 anni di guerre e terrorismo?». Vi ho trovato molte informazioni che non conoscevo, come la storia delle tre suore detenute o la citazione di Ettore Masina sulle guerre dei poveri.
Vi auguro di poter continuare il vostro lavoro con lo stesso coraggio e la
stessa determinazione.

Marco Colucci (e-mail)

La lettera che ci «colpisce» di più è quella di Lucio Baruffi, secondo il quale l’articolo «Altri 4 anni di guerre e terrorismo?» fa schifo. La lettera è brevissima. Troppo. Gradiremmo conoscere le ragioni dell’insulto.
Ci colpisce pure (ma positivamente) Luca Melanino, che afferma: «Un cristiano deve essere sempre “pro” tutte le civiltà dei quattro punti cardinali, se è vero che crede in un Dio universale, creatore e padre di tutti gli uomini».
Questo, per i missionari, è fondamentale. Essi devono riconoscere e valorizzare «i germi del Verbo» presenti in tutte le culture (cfr. Ad gentes, 11). Ma devono altresì sapee prendere le distanze.

  • Ciò vale pure per i cristiani di ogni epoca.

Nella Lettera a Diogneto (scritto greco del II secolo) si legge: «I cristiani non si differenziano dagli altri uomini, né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita… Ogni terra straniera è per loro patria, mentre ogni patria è per essi terra straniera».
(Le lettere più lunghe sono state sunteggiate. Sull’argomento altre ne sono arrivate: nei limiti del possibile, verranno pubblicate sui prossimi numeri di MC).

aa. vv.




LETTERE Stupenda Eleonora

Carissimo direttore,
sono un antico lettore di Missioni Consolata, amico anche dell’ex direttore, padre Francesco Beardi, con il quale ho lavorato in Tanzania: lui a Madibira ed io a Mdabulo. Sono stato un «aggregato» per qualche anno ai missionari della Consolata. Ora sono parroco a Potenza.
Ti ringrazio della stupenda foto di Eleonora, apparsa su Missioni Consolata di dicembre, con la quale abbiamo partecipato al Convegno missionario di Montesilvano (Pe). Eleonora fa parte del gruppo giovanile parrocchiale.
Su Popoli e Missione è comparso pure Francesco, anche lui della mia parrocchia, volontario a Montesilvano. Ora è ospite della Consolata a Lisbona, dove impara il portoghese. Poi partirà come laico missionario per la Guinea Bissau.
Io mi faccio vecchio e non posso andare più dove voglio. Mi sostituiscono i giovani…
don Mario Natalini
Potenza

I vescovi italiani in Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia scrivono: «La missione ad gentes non è soltanto il punto conclusivo dell’impegno pastorale [che diventerebbe appendice, con delega completa ai missionari], ma il suo costante orizzonte e il suo paradigma per eccellenza [un modello cui ispirarsi]» (32). Ed è quanto il carissimo don Mario sta facendo a Potenza.

don Mario Natalini




LETTERE Inno alla gioia

Circa quattro mesi addietro, ho scoperto che mia moglie Maria Teresa aveva un grosso segreto: aveva altri due figli, di cui non mi aveva detto nulla, poiché aveva effettuato… due adozioni a distanza! (Suppongo che la sua discrezione fosse determinata dal non far sapere alla mano destra ciò che fa la sinistra!).
Tale scoperta ha generato in me una gioia traboccante. E, sul suo esempio, qualche giorno fa ho anch’io richiesto di fare delle adozioni a distanza. Ma, al contrario di mia moglie, la gioia mi ha portato a comunicare il fatto a parenti e amici. (A quanto pare, non ho la stessa discrezione di mia moglie).
Però sia chiaro: non per vantarmi, ma perché la mia gioia doveva essere condivisa e non riucivo a tenerla dentro. Così altre persone mi hanno chiesto di sapere come fare per «adottare a distanza» e alcune di loro (ancor più gioia!) mi hanno comunicato di volerlo fare…
Tutta questa premessa per ringraziarvi, perché siete voi (e i missionari in loco) che avete permesso tale «estensione di gioia».
Manlio Mazza
Torino

Un principio della metafisica di san Tommaso d’Aquino suona: «bonum diffusivum sui». Il bene è contagioso.
L’abbiamo già scritto. Ma repetita iuvant…

Manlio Mazza




LETTERE “Far come se…”

Spettabile redazione,
non sono un filosofo. La mia formazione non è umanistica. Invece il signor Bidelio mi pare che abbia una formazione di questo tipo. Però le sue argomentazioni non mi sembrano molto centrate (cfr. Missioni Consolata, settembre 2004).
Infatti, trattando delle frasi di padre Bartolomeo Sorge («purtroppo troppi cristiani fanno come se Gesù fosse risorto… Viviamo come se il vangelo fosse vero, ed invece è vero!»), Bidelio pone il dilemma: «Qual è il confine tra far come se e far finta che»? Nel post scriptum esce dal tema, perché argomenta sul «vivere come se Gesù non fosse risorto… come se il vangelo non fosse vero».
Questa è una divagazione, mentre il punto di padre Sorge è un altro e di estremo interesse. È difficile da spiegare, ma il nocciolo si trova nelle stesse parole di Sorge, e non in altre che portano fuori tema. Cioè: aderire, sia emotivamente che intellettualmente al vangelo, senza però essere veri uomini di fede. Mi pare che il pastore protestante Albert Schweitzer sia stato un fulgido esempio del genere.
Quando ci si chiede perché la fine dei tempi non sia avvenuta durante la vita dei primi discepoli («non passerà questa generazione…»), si incomincia a dubitare non solo delle convinzioni dei primissimi cristiani, ma anche delle parole che avevano portato a tali convinzioni, ossia delle parole dello stesso Gesù.
Poi, oltre alla questione escatologica, sorgono altri dubbi di fondo, ad esempio: perché la «leggenda» di Adamo ed Eva? Ma, se Adamo ed Eva sono leggenda, perché la necessità di redimere/riscattare il genere umano dal peccato originale? Non c’è più un Figlio di Dio che redima/riscatti da un qualcosa situato qualche migliaia di anni prima e che non esiste; non c’è un Figlio di Dio che insegni e ammaestri, di modo che gli uomini sappiano disceere ciò che è bene e ciò che è male. Pertanto la sua morte non redime/riscatta, ma è «solo» la prova del suo amore «temerario» per noi.
O, forse, il peccato originale non è questione di improbabili progenitori, ma, invece, dell’impasto di bene e male di cui ogni bambino che viene alla luce è e sarà composto. Si potrebbe parlare di «peccato» e «grazia» originali.
Questi sono i relativismi che ci portano al «come se». Nonostante i nostri dubbi, il vangelo resta l’insegnamento più alto e non vogliamo essere schiavi di superbia e ingratitudine.
Carlo May
Novara

Lettera non semplice, come non lo era quella del signor Bidelio. Ma il signor Carlo ci pare esplicito circa la centralità ed unicità di Gesù Cristo, figlio di Dio.
È «la questione delle questioni». Ovviamente anche in missione.

Carlo May




LETTERE Andreina, vivissima

Caro padre,
ricevo da anni molto volentieri Missioni Consolata. È una rivista sempre interessante e a me fa tanto piacere sapere come vivono i missionari sparsi un po’ dappertutto.
Ne ho avuta esperienza tramite un cugino missionario (padre Luigi Andeni, ucciso sei anni fa), che mi parlava sempre della sua vita in missione. Avevamo una fitta corrispondenza: io volevo sempre sapere della vita laggiù in Kenya. Ora che lui non c’è più, leggo Missioni Consolata per sapere ancora tutto. Ho 80 anni, però mi piace ancora tantissimo interessarmi di problemi e fatti capitati altrove e così mi sento viva…
Andreina Ferrari Bianchi
Soresina (CR)

Lei è vivissima, signora Andreina, e con il suo spirito tiene vive tante altre persone. Noi certamente. Grazie.

Andreina Ferrari Bianchi




LETTERE

Nel congratularmi con Missioni Consolata per lo splendido lavoro svolto, non posso non ribadire il concetto che un cammino credibile, sui sentirneri della giustizia e della pace, non può prescindere dal rifiuto della corsa agli armamenti e dalla denuncia dei folli sprechi di risorse che questa corsa impone.
Mi riferisco, in particolare, agli investimenti che si sono resi necessari per la realizzazione della portaerei «Cavour», la nuova ammiraglia della Marina militare italiana.
Come molti altri italiani, non sono in grado di dire quanto questo colosso d’acciaio, il cui peso totale supera le 27 mila tonnellate, sia effettivamente costato. Lo scorso settembre, sulle pagine di «D», settimanale de la Repubblica, Ambra Radaelli scrisse «900 milioni di euro», mentre il 20 luglio, il giorno del varo, gli autori del servizio che i TG della Rai dedicarono all’evento parlarono di «3 miliardi di euro».
Anche nel caso che la cifra esatta sia quella della Radaelli (cioè 1.743 miliardi delle vecchie lire), si tratta di una somma enorme, anzi di un FURTO ENORME, perché è denaro sottratto alla sanità, all’istruzione, alla lotta contro il crimine e l’illegalità, contro la fame, la miseria e il degrado ambientale.
Il fatto che il varo della «Cavour» sia avvenuto al cospetto di insigni esponenti del mondo politico e religioso (per esempio: il presidente della Repubblica Ciampi e l’arcivescovo di Genova Bertone) e che codeste celebrità abbiano espresso il loro plauso, usando parole forti e toni solenni, non mi tranquillizza affatto; anzi, rende la mia indignazione ancora più grande. È l’ennesima conferma della tragica confusione che i cristiani hanno della politica e che le alte sfere della gerarchia cattolica fanno: tra il POTERE DEI SEGNI, ovvero i sacramenti della salvezza (dono del Dio della giustizia e della pace), e i SEGNI DEL POTERE, ovvero eserciti, portaerei, cacciabombardieri, ordigni nucleari, mine, generatori di altre ingiustizie, altre guerre, altro terrorismo.
In particolare: i vescovi, se vogliono tornare ad essere quello che Dio li aveva chiamati ad essere, ossia pastori vigili e amorevoli, punto di riferimento per tutti i fedeli e non cappellani ad uso e consumo di pochi vip, si astengano dal manifestare apprezzamenti e consensi a certe infamie e dall’impartire benedizioni a certe mostruosità, che nulla hanno di autenticamente umano e cristiano.
Carlo Erminio Pace – Fano (PS)

N on molti lunedì fa, intervenendo a Varese presso gli stabilimenti dell’«Aermacchi», per partecipare alla cerimonia di presentazione del nuovo Aermacchi M-346, il Presidente del consiglio e leader di «Forza Italia», Silvio Berlusconi, si è espresso in questi termini: «Vorrei che tutte le settimane iniziassero così! Vi darò volentieri una mano a venderlo questo aereo, a venderlo in tutto il mondo! Mi trasformerò nel vostro commesso viaggiatore!…».
Io spero che un viaggetto Berlusconi lo faccia anche in Eritrea, Etiopia, Somalia o in un altro dei tanti paesi dove gli Aermacchi sono stati i protagonisti di bombardamenti che hanno provocato danni spaventosi e arrecato sofferenze atroci e ingiuste a milioni di persone inermi.
Spero pure che quanti hanno votato «Forza Italia» capiscano che un uomo che parla così non merita alcuna fiducia e, la prossima volta che si recheranno alle ue, diano la loro preferenza a candidati meno sensibili alle pressioni delle lobby del settore bellico. Spero che siano disposti a riconoscere che, se la pace viene prima della crescita economica e della competitività dell’«Azienda Italia», le fabbriche che producono aerei ed elicotteri da guerra devono riconvertirsi.
L’Italia non ha bisogno di altri commessi viaggiatori che girino il mondo per vendere Aermacchi, Agusta, Alenia e Fiat, perché ne ha già tanti e tanti sono i disastri che i prodotti (da essi propagandati) hanno causato in tutti i continenti. Troppi sono anche gli istruttori che hanno insegnato ai piloti delle aviazioni di altri paesi l’«arte» di sganciare bombe, mine e altri ordigni…
È bene che chi non lo sa lo sappia, e chi lo sa già non se ne dimentichi: negli anni della guerra in Libia e della prima Guerra mondiale gli italiani furono i primi a usare gli aerei per i bombardamenti e italiani furono gli addestratori dei 400 piloti americani che, nel 1917, arrivarono a Foggia dagli Stati Uniti per apprendere le tecniche di bombardamento.
Susanna Ruscianelli – Fano (PS)

Due lettere simili, entrambe provenienti da Fano. Reciproca telepatia?
Ci ha incuriosito quella del signor Carlo E. Pace, anche per il suo… cognome. L’interessato lo prende sul serio, facendone un impegno, una vocazione, contro la corsa agli armamenti. E fa bene.
La sua denuncia è confortata da significativi documenti della gerarchia cattolica. «Ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile» recita l’enciclica Populorum progressio, 53. Gli fa eco il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri» (n. 2329).

Susanna Ruscianelli, Carlo Erminio Pace




LETTERELe mani sul Congo

Caro padre Bellesi,
la ringrazio tanto per la promessa mantenuta: ieri ho ricevuto la rivista dedicata al Congo. Mi è piaciuta tantissimo; è un lavoro che sarà sicuramente di grande aiuto alla conoscenza di questa parte dimenticata del pianeta.
A nome del popolo congolese: grazie mille a voi tutti che avete lavorato alla redazione di questo numero. Dio renda fruttuoso il vostro apostolato!
Avrei bisogno di 25 copie di questo numero…
In unione di preghiera

Jean Basile Mavungu
Mercatale V.P. (FI)

La lettera viene da un sacerdote congolese, incontrato al Convegno missionario di Montesilvano (PE), attualmente impegnato nella diocesi di Firenze. Buon lavoro anche a te, caro Jean Basile!

Jean Basile Mavungu




LETTERE”Taglio cristiano che piace”

Cari missionari,
da qualche anno leggo la vostra rivista Missioni Consolata, perché mio padre è abbonato, e la trovo interessantissima, ricca di notizie altrimenti irraggiungibili con i normali organi d’informazione; molto apprezzo il taglio cristiano, capace di affrontare ogni genere di problema del mondo odierno. Ho deciso di abbonarmi anch’io…
Sono felice ogni volta che leggo la vostra rivista, perché, nonostante le notizie drammatiche che spesso riportate, mi fa piacere che voi agiate con amore in ogni parte del mondo. Io non posso fare quasi nulla, se non mandare ogni tanto un po’ di soldi e pregare; ma mi fa piacere che voi facciate un’opera così preziosa, al posto di molti di noi.
Vi saluto con molto affetto e stima.
Non mi sono presentata: ho 36 anni; sono un’insegnante di lettere, sposata, con due bambini e un altro in arrivo per febbraio.
Susanna Pedrazzini
Carpi (MO)

L’interesse per le missioni è passato dal padre alla figlia. Siamo certi che passerà anche dalla madre ai figli. Auguri per quello in arrivo! E continui a pregare per i missionari: è l’aiuto più importante!

Susanna Pedrazzini