LETTERE – Padre Attilio Ravasi

Cari missionari,
mi ha molto sorpreso la morte di padre Attilio Ravasi (20 aprile 2005). Avevo instaurato con lui un rapporto di amicizia, scrivendoci abbastanza frequentemente. In un suo scritto datato il 25 marzo, mi diceva che stava bene.
Ricordo ancora quel giugno 1998, quando passò a trovarmi e mi regalò una madonna intagliata in ebano, alla quale sono affezionato. Mi disse che doveva sottoporsi a cure, ma poi mi scriveva che stava bene. Contavo di rivederlo. Mi aveva sottoposto la situazione di Tune, nella diocesi di Marsabit, alla quale ho cercato in qualche modo di partecipare.
Vi invierò un’offerta per tale scopo e per la celebrazione di una messa in suo suffragio.
La sua protezione dal cielo servirà a mantenere la mia amicizia verso i missionari della Consolata.
Cleto Cucchi (SO)

Grazie per la sua amicizia e per unirsi al nostro dolore per la scomparsa del nostro confratello, che ha speso la sua vita nelle missioni del Kenya. Anche noi siamo certi che dal cielo continuerà a benedirci, insieme a tutte le persone che lo hanno conosciuto e stimato.

Cleto Cucchi




LETTERE – Salvare la persona – Antonio Rosmini 1797-1855

Centocinquant’anni fa, il 1° luglio 1855, si spegneva dopo una lunga malattia il prete roveretano Antonio Rosmini. «Prete roveretano», l’unico titolo di cui egli amava fregiarsi, nonostante discendesse da una delle più nobili e facoltose famiglie trentine.
Uomo dalla cultura enciclopedica, filosofo eccezionale, fine teologo e pensatore politico, amico di alcune delle più belle menti del suo tempo (basti ricordare Niccolò Tommaseo e Alessandro Manzoni), Rosmini ha lasciato un segno indelebile nella storia italiana degli anni che precedettero l’unificazione.
Una figura non sempre capita, quella di Rosmini: fortemente amata da coloro che ebbero la fortuna di lasciarsi affascinare dalla sua mente eccelsa e dal suo grande cuore; ma anche astiosamente rifiutata da chi lo giudicò troppo frettolosamente un giovane e presuntuoso intellettuale.
Gli obiettivi che Rosmini si prefisse, già dall’inizio della sua breve ma straordinaria attività, non erano assolutamente modesti. Ancora giovane studente aveva convinto alcuni amici a unirsi a lui nella redazione di un’enciclopedia cattolica che avrebbe dovuto rappresentare, secondo l’intenzione dei suoi curatori, la risposta cristiana al progetto illuminista di Diderot e D’Alembert. Il progetto fallì, ma l’inquietudine di poter dare all’universo cattolico un’opera di ampio respiro, che potesse rispondere alle sfide sempre più pressanti che venivano da un mondo in costante evoluzione, rimase ben radicata nel pensatore trentino.
La situazione in cui versava l’Italia pre-risorgimentale, accesa dai fuochi della rivoluzione francese, era un laboratorio pressoché unico di fermenti e idee, in cui Rosmini si immerse con decisione. E ben presto comprese come il malessere diffuso che si avvertiva nella penisola e in Europa andava affrontato con strumenti diversi e più radicali di quelli che poteva offrire la politica.
Secondo Rosmini, la gente aveva perso la capacità di pensare «correttamente» e ben poco avrebbe giovato un cambio politico che non fosse accompagnato da una crescita intellettuale, morale e spirituale delle singole persone. Nasce da questa consapevolezza il carisma specifico rosminiano, quella «carità intellettuale», che orienterà i suoi studi fino al giorno della sua morte, e cioè, lo sforzo di instradare i suoi contemporanei alla scuola dell’essere, fondamento della realtà e via che conduce alla contemplazione del mistero di Dio, unica verità.
Questo progetto, che toccherà tutti gli ambiti del pensiero filosofico e teologico, si concretizzerà in un numero straordinario di opere pubblicate, numero reso ancora più incredibile se si pensa che Rosmini morì a soli 58 anni.

Due furono i motori che lo spinsero a quest’opera di rinnovamento del pensiero cristiano. Il primo può essere riassunto nel principio rosminiano di «passività», cioè, nella consapevolezza che per poter aiutare con efficacia l’uomo a correggere la propria mentalità, è necessario creare in se stessi l’attitudine dell’uomo di fede che sempre sottomette alla volontà di Dio i propri interessi e desideri. Il secondo stimolo venne al Rosmini dall’esplicito incoraggiamento dell’allora papa Pio vii a proseguire gli studi che si era prefisso in campo filosofico.
Nonostante le critiche che cercarono di colpire il pensiero, persona e attività di Rosmini, nate in molti casi in ambienti ecclesiali, il pensatore trentino sempre intese la sua opera in comunione stretta con la chiesa, per la quale ebbe durante tutta la vita amore e devozione. Anche quando, con la pubblicazione del famoso trattato Delle cinque piaghe della santa chiesa (1848) Rosmini mise a nudo alcuni problemi che affliggevano la realtà ecclesiale del tempo, l’intento di fondo fu quello di aiutare gli uomini a servire meglio la chiesa, aiutandola a sbloccarsi da quei difetti che la tenevano come «crocifissa», impossibilitata a liberare le sue enormi potenzialità di fare il bene.

Il fine di tutto lo studio rosminiano è eminentemente antropologico. Il centro del suo pensiero è l’uomo, e tutta la sua filosofia deve essere intesa come una vera e propria pedagogia dello spirito umano. Sempre pose bene in chiaro l’inutilità di una filosofia non diretta al miglioramento della condizione umana. In particolare, Rosmini pose l’accento sul concetto di persona, «il pinnacolo della natura umana», il cui valore, dignità e potenzialità indicano il cammino di ricerca della verità che ci può davvero rendere liberi.
L’antropologia rosminiana potrebbe trovare la sua collocazione nella valigia del missionario, dando all’apostolo di oggi una comprensione profonda e un grande apprezzamento della persona, dei suoi valori e dei suoi diritti inalienabili. «Salvata la persona è salvato l’uomo».
Un secolo prima di Maritain, il filosofo trentino ci presenta una figura di persona integrale, un piccolo microcosmo non riducibile a una parte, che ha in sé il germe della totalità, dovuta al dono della razionalità di cui ogni persona è foita e che la rende diritto sussistente, essenza stessa del diritto. Non lo stato, quindi, neppure il capitale o la finanza possono pretendere di essere essenza del diritto, ma la stessa persona umana.
Un messaggio forte per un’epoca in cui troppe persone non sono più considerate come soggetti di diritto, in cui la loro dignità è offesa dal momento della nascita a quello della morte. È anche per questo suo sempre attuale contributo «personalistico» che nella sua enciclica Fides et ratio, papa Giovanni Paolo ii associò il nome di Rosmini a quello di altri significativi autori cristiani, l’attenzione all’itinerario spirituale dei quali «non potrà che giovare al progresso nella ricerca della verità e nell’utilizzo a servizio dell’uomo dei risultati conseguiti» (n. 74).
Ugo Pozzoli

Ugo Pozzoli




LETTERE – Cari presidi, cari professori

Non dubito che la realtà adolescenziale e giovanile in Italia sia quella illustrata nell’ottimo dossier di gennaio 2005; vorrei ricordare che, quantunque in minoranza, esistono dei ragazzi e delle ragazze che il vortice dell’individualismo e del consumismo non è ancora riuscito a risucchiare.
A questa minoranza il mondo dei genitori, insegnanti, medici, sacerdoti, catechisti non può limitarsi a dare benevole pacche sulle spalle e a sussurrare frasi tipo «tenete duro», «non abbiate paura», «non fatevi influenzare», «pregate per i nostri compagni più fragili»…
Gli adulti devono dimostrare concretamente e quotidianamente che, per loro, gli ideali coltivati in gioventù sono validi anche oggi e quel patrimonio di conoscenze tecniche, scientifiche, artistiche, religiose ereditato dalle generazioni passate è in larghissima parte degno di essere trasmesso anche alle generazioni future.
Senza entrare in polemica con alcuno, rimango perplesso quando sento che certi presidi, avendo a che fare con abiti succinti, piercing, tatuaggi degli alunni e con comportamenti troppo disinvolti da parte del personale della scuola, si rifugiano dietro lo slogan «la scuola non è la chiesa, i professori non sono missionari».
Questo tipo di ironia sulla chiesa è sempre molto comoda: la probabilità di una replica, anche blanda, è bassissima; invece rimproverare certe ragazze perché si conciano male, o certi professori o bidelli perché fumano, bestemmiano, usano un linguaggio triviale, non fanno nulla per limitare le conversazioni al cellulare a tempi e modi più dignitosi e consoni al normale svolgimento dell’attività didattica… è maledettamente imbarazzante; c’è sempre la possibilità che qualcuno ne abbia a male e si rivalga da par suo.
Forse non ci si rende conto che, quando per timore di brutta figura, si rinuncia a dire che il piercing è nocivo e i tatuaggi non sono così necessari, che scoprire pancia, spalle, schiena, torace può far venire qualche grave malanno, in realtà se ne fa una ancora più brutta…
Come può la scuola «educare al benessere fisico e spirituale, all’accettazione di sé, alla frugalità e a comportamenti che rispettino l’ambiente» (da anni i ministri della P. I. inondano le scrivanie dei presidi con materiale didattico su tali tematiche), se i suoi dirigenti e docenti non hanno il coraggio di spiegare la differenza tra estate e inverno, tra esibizionismo e decoro, tra ciò che fa bene e ciò che fa male al corpo… per paura delle reazioni che potrebbero avere i colleghi «aperti», i ragazzi «problematici», i genitori «sempre col fucile puntato», il personale non docente «facile ai fraintendimenti»?
Come «educare alla legalità, pace, rispetto dei diritti delle minoranze e di tutte le forme di vita», senza chiarire il concetto che tutto questo passa anche (se non soprattutto) attraverso il rifiuto dell’effimero, superfluo, non essenziale e adozione di stili di vita più sobri, più sani, più razionali?
Cari presidi e cari professori, se per «chiesa» intendete quella clericocentrica (giustamente bacchettata anche da Giovanni Paolo ii), materialista, sprecona o, peggio ancora, compromessa con i potenti e violenti, quella che benedice armi, guerre, stragi e genocidi, allora è un grande bene che la scuola non sia come la chiesa; ma, se per «chiesa» intendete (e non potete non intendere) quella cristocentrica, dei missionari, suore, volontari laici, che ogni giorno rischiano la vita per servire Dio e i fratelli, potete solo augurarvi, per il bene vostro e dei vostri alunni, una sempre maggiore collaborazione e unità d’intenti tra scuola e chiesa.
Giovanni De Tigris
Urbino (PU)

Giovanni de Tigris




LETTERE – Agli esperti di pastorale giovanile

Cari missionari,
il bellissimo dossier di gennaio 2005 fa capire che oggi, chi vuole davvero educare ed evangelizzare le giovani generazioni deve guardarsi non solo dalle derive autoritarie, ma anche da lassismo, edulcorazione, accondiscendenza, da quel complesso di atteggiamenti molto ambigui che lo scrittore Valerio Volpini chiamava «giovanilismo».
Troppo spesso accade che, pur di centrare l’obiettivo di coinvolgere i ragazzi, suscitare partecipazione e interesse, ottenere il loro consenso, i responsabili della pastorale giovanile e uffici diocesani per la scuola, trascurino di dire cose importanti o, peggio ancora, se la prendano con coloro che quelle cose hanno il coraggio di dirle e il rischio di annoiare, deludere, turbare, inasprire, accettano di correrlo fino in fondo, «a imitazione di Gesù che non ebbe paura» di passare da bestemmiatore presso i farisei e farsi una brutta nomea; non ebbe paura nemmeno degli apostoli, quando lo accusarono di essere troppo esigente o troppo tenero e indulgente…
Bisogna smetterla con certi luoghi comuni e con lo stereotipo dell’educatore «bravo» perché in possesso di strategie pedagogiche «raffinate», metodi didattici «aggioati», capacità di avvalersi delle tecnologie che il mercato ha proclamato «vincenti».
Troppo spesso questo tipo di educatore privilegia la forma a discapito della sostanza, il contenitore a discapito del contenuto, la modeità a discapito della verità…
Cari esperti e superesperti di pastorale adolescenziale e giovanile… ai ragazzi bisogna andare incontro per portarli a Cristo non a Mammona: se non capite questo la vostra esperienza, competenza e cultura, il vostro famoso «saper fare» non sono al servizio di Dio e del suo regno, ma di Satana.
Dovete mettervi bene in testa che se, ad esempio a scuola, s’insegna che la soppressione della vita umana nascente, il divorzio, eutanasia, droga, suicidio sono scelte antiumane e anticristiane, non si fa né proselitismo, né parrocchialismo, né sottocultura religiosa, né dileggio della laicità dello stato; si cerca solo di non tradire le grandi istanze evangeliche della dignità della persona e la santità del vincolo coniugale.
Se qualcuno dice ai giovani che la notte è meglio la passino a letto a dormire, non a scorrazzare in auto da una discoteca all’altra, non è detto che sia un nostalgico del medioevo; ma è solo una persona che non si rassegna ad accettare le stragi del weekend come un fatto normale.
Sostenendo che il piercing è nocivo non si fa terrorismo psicologico: chi è convinto del contrario provi a parlarne con i congiunti dei giovani che sono morti dopo essersi fatti infilare stravaganti aggeggi nei posti più impensati, o con i medici che si sono prodigati senza successo per strappare alla morte il 24ne milanese Marco C., deceduto nel marzo 2003 per un’epatite contratta dopo l’impianto di un «chiodino» sulla lingua…
Dicendo che occorre dare un taglio netto ai consumi, anche a riguardo di strumenti e apparecchiature ad alta tecnologia, non si fa un torto all’economia né al progresso: non si può definire progredita un’Europa dove, ogni anno, vengono buttati via cento milioni di telefoni cellulari; non si possono chiamare sviluppati paesi dove 1 minore su 5 accusa problemi di disagio mentale e depressione, disturbi dell’umore e alimentari a causa di internet e degli Sms: non è conveniente per nessuna economia che l’umanità continui a restar divisa tra popoli produttori di immani quantità di rifiuti e popoli spazzatura.
Dialoghiamo pure coi giovani, confrontiamoci alla pari su tutto…
Il Corriere della Sera è corso all’espressione «Guerra dei lombi» per indicare la portata del contrasto tra la linea del rigore e quella della tolleranza…
Adolescenti, giovani, adulti, tutti dovremmo concentrarci di più sulle guerre e lasciar perdere i lombi: non solo quelle di Bush per il petrolio… ma anche le guerre di cui non parla nessuno o quasi: guerre dei diamanti, coltan, oro, rubini, zaffiri, smeraldi, titanio, niobio, uranio. Le guerre per l’estrazione di quei metalli di cui c’è una richiesta sempre maggiore, non perché è aumentata la popolazione mondiale, ma perché sono aumentate le pretese del mondo dei ricchi…
Sono esplose nuove maniere, per cui quelli che fino a ieri venivano classificati come «capricci» o come «vizi», oggi sono considerate «innocue stravaganze» o qualche volta addirittura elevati al rango di «diritti della persona».
Prima di dire, a proposito di un anello, un giorniello, un’auto, una moto, un televisore, un Pc, un telefono o una qualsiasi altra cosa, «è mio e lo gestisco io», oppure «è un problema suo» o ancora «in fondo non faccio male a nessuno», pensiamoci un po’ su.
Pensiamo al contributo che, col nostro modo di intendere l’informazione, l’educazione, il consumo, possiamo dare al ripristino di condizioni di vita accettabili per tutti o, viceversa, al rafforzamento delle spirali di sopraffazione e di morte.
Luciano Montenigri
Fano (PU)

Luciano Montenigri




LETTERE – Al santo padre Giovanni Paolo II

Cari fratelli di Missioni Consolata,
sono un poeta vostro abbonato e vi mando questa poesia, scritta per il Santo Padre. Fatene quello che volete. Se credete opportuno, pubblicatela pure.
In unione di amore, preghiera e missione,
Gian Claudio Vassarotto (TO)

La ringraziamo di cuore, sig. Vassarotto, per il suo affetto alla nostra rivista e ai nostri missionari e con vero piacere pubblichiamo la sua poesia.

AL SANTO PADRE

Ricevo con lo sguardo del cuore
il tuo Calvario abbracciato alla croce
sfolgorante d’amore del Figlio di Dio.

Il tuo sacro mare di dolore
in cui sfociavano limpidi di speranza
gli immensi fiumi dei patimenti umani.

La tua vecchia giovane passione
in cui si specchia il cammino del futuro
di tutti gli araldi del Cristo Risorto.

Il mistero luminoso
della tua preghiera profetica crocifissa
dagli ululati del peccato dei lupi della storia.

Ora contemplo con gli occhi dell’anima
il tuo abbraccio di luce
nel cielo infinito della Trinità.
Gian Claudio Vassarotto

Gian Cluadio Vassarotto




LETTERE – Lavaggio del cervello

Gent. don Farinella,
scrivo per manifestarle la mia stima e apprezzamento per gli articoli pubblicati su Missioni Consolata. In particolare condivido appieno le sue affermazioni riguardanti il sig. Berlusconi, apparse su «Battitore libero» di marzo 2005.
Ciò che più rattrista e indigna è il lento ma inesorabile lavaggio del cervello mediatico a cui parte della popolazione italiana si è lasciata sottoporre, negli ultimi 20 anni, dalle sue tv commerciali, con i risultati che lei bene esprime nel suo articolo.
Grazie di cuore a lei e a voi tutti di Missioni Consolata, Paolo Moiola in testa, per essere voce nitida, lucida e critica in un momento di così grande disorientamento morale e civile per il nostro caro paese.
Da più di 10 anni accompagnate il mio cammino di crescita cristiana nella chiesa, quello di mio marito e di nostro figlio Emmanuele, 18enne, studente impegnato, serio e appassionato catechista, ottimo musicista.
Contrariamente a quanto scrive un sacerdote delle nostre parti (… Sassuolo è terra di ceramiche e ricchi industriali), io credo che la vostra rivista sia «davvero» per famiglie che desiderano crescere nella luce di Cristo e del vangelo.
Lettera firmata
Modena

Anche noi della redazione ringraziamo per l’incoraggiamento a continuare nel nostro impegno di essere, alla luce del vangelo, una coscienza critica della società in cui viviamo.

lettera firmata




LETTERE – “Avrei tante cose da dire…”

Gentile Angela Lano,
premetto che sono un volontario, praticante e anche ausiliario della Sindone (questo per ovvi motivi, dato che non sono d’accordo col suo articolo di marzo 2005 pag. 28).
Non regge il paragone con la nostra emigrazione verso gli Usa e altri paesi: si trattava di un popolo di religione cristiana, come la maggior parte della gente del paese nuovo; per cui non portava gravi turbamenti al riguardo, non avrebbe picchettato di luoghi di culto completamente diverso; anzi ha collaborato alla costruzione di chiese nuove ecc. Inoltre non esisteva un blocco della nostra religione, come in Arabia, Sudan, Congo, Iran…
Non c’era un abisso totale insuperabile (lo si vede tutti i giorni) di usi e costumi e a cui è sciocco e, anzi, «colpevole» passare sopra, nell’entusiasmo dell’accoglienza: l’ultima disgrazia del crollo della casa occupata da extracomunitari (madre e bimba rumene, morte a Torino il 6-3-2005, ndr) non è forse responsabilità di chi dice, in fondo, «venite, venite»?
Se va avanti così, la cattolicità potrà crollare, infiltrata e circondata da ogni parte dall’islam, che si vede sempre più in tv, su libri, su giornali, su tutto, per un buonismo errato (ci manca solo la Turchia…).
Tante cose avrei da dire ancora, ma forse «non potrai portae il peso».
Guarda che la maggior parte degli italiani la pensa così, e anche C. Biffi ecc.

A lei e alla «maggior parte degli italiani che la pensa così» avremmo anche noi tante cose da dire. Come «ausiliario della Sindone», vorremmo solo invitarla a leggee bene il significato: l’immagine che vi è impressa dovrebbe ricordarle il Cristo «in agonia fino alla fine del mondo» per dirla con Pascal, cioè, che continua a patire e morire in coloro che fuggono dalla miseria, fame, ingiustizie e oppressioni di ogni genere. E quando ci sarà il giudizio dei popoli (Matteo 25), non le sarà chiesto come ha adorato il Cristo nell’«uomo della Sindone», ma se lo ha riconosciuto e servito nell’affamato, assetato, ignudo, malato, profugo, senza tetto… sia cristiano che islamico.

lettera firmata




LETTERE – Ancora tanta gioia dalle adozioni

Carissimo direttore,
non ho mai scritto alla «nostra» rivista, lo faccio adesso per rilanciare quanto affermato dal sig. Manlio Mazza di Torino (marzo 2005, p. 6). L’adozione «a distanza» resta, a mio parere, un atto sublime di sensibilità e generosità: si aiuta un bambino a crescere, studiare, entrare nel mondo del lavoro nella propria terra, senza sradicarlo, accontentandoci di saperlo felice.
A tutti i lettori auguro di provare la stessa gioia del sig. Mazza, che alcuni tuoi «vecchi compagni» vivono già da tempo. Non esitate, dunque, abbiamo la fortuna che il nostro piccolo aiuto può essere gestito direttamente dai nostri missionari, con la certezza che ogni euro arriva integro dove c’è bisogno.
Ciao, Checco, e buon lavoro! Dalle pagine della nostra rivista bombarda i lettori su questo argomento, perché i bambini sono la ricchezza di tutti, non solo di chi li ha messi al mondo. Salutami tutti i «vecchi», per i quali nutro infinita riconoscenza, per il tanto che mi hanno dato e per il poco che hanno ricevuto.

Il «nostro» lettore è stato compagno di padre «Checco» Beardi fino al ginnasio. Grazie per sentirsi membro della «nostra» famiglia missionaria. Da parte nostra continueremo nel bombardamento di… pace.

Francesco Basta




LETTERE – Abbracci da Sevilla

Carissimi tutti,
grazie mille per la vostra stupenda rivista che tanto mi aiuta a capire meglio i problemi dell’umanità e ad assumermi la parte di responsabilità che mi spetta. Grazie alla quasi totale comprensione della lingua italiana, posso gustare, mese dopo mese, gli stupendi articoli e il loro contenuto. Sono inoltre felice di potere, a volte, incontrare qualche ex-compagno di noviziato, trascorso alla Certosa di Pesio nel 1969-70, sotto la guida di padre Giuseppe Mina, recentemente scomparso.
Abbracci a tutti da Sevilla, da un ex allievo che per 8 anni ha vissuto la meravigliosa esperienza di essere membro dell’Istituto, ma che il Signore ha incamminato su un’altra strada; ma continuo a collaborare con la vostra casa di Madrid.

Carmona




LETTERE – Chi ascolta gli adolescenti?

Cari missionari,
nel vostro interessante «dossier giovani» di gennaio 2005 ho notato con piacere che accennate al contesto, troppo spesso sciocco e deleterio, nel quale vivono gli adolescenti. Chi ascolta però gli adolescenti quando fanno denunce appropriate? Ecco la nostra piccola storia emblematica.
La minuscola «oasi Bakhita», presso la parrocchia San Martino di Rivoli (Torino) è luogo d’incontro e formazione per adolescenti (12-19 anni), alcuni dopo-cresima altri in preparazione alla cresima (fuori corso), tutti impegnati nel «Comitato un cuore per San Rocco», con l’obiettivo di aiutare il parroco nell’informare, documentare e organizzare azioni di raccolta fondi per il restauro della chiesa di San Rocco in Rivoli, costruita nel 1630 dai rivolesi, come ex-voto per la scampata peste.
Per trasformare la chiesa in concreto simbolo di pace abbiamo organizzato con i ragazzi rosari per la pace, leggendo i messaggi di Giovanni Paolo ii e presentando alcune guerre dimenticate (Missioni Consolata ci è stata utile). Nell’oasi Bakhita sono esposti i versi di Dante: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza».
Al rientro dalle vacanze, i ragazzi hanno segnalato, molto sdegnati, che nel centro storico di Rivoli, all’uscita di un oratorio e non lontano dalla chiesa di San Rocco era stato aperto un sexy-shop. Ne abbiamo discusso e scritto l’allegata poesia, appesa dal parroco alla porta della chiesa e inviata al cardinale di Torino che ci ha risposto, facendo felici i ragazzi.
Purtroppo però il negozio è ancora lì. Quanti genitori, insegnanti, educatori, amministratori pubblici diventano per apatia complici del male, scordando il monito evangelico: «Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perdere anima e corpo nella Geenna!» (Mt.10,28).
Silvana Bottignole
sociologa

Siamo un gruppo di teenagers (12-19 anni) di Rivoli, molto dispiaciuti che nel centro storico di Rivoli sia stato aperto un «sexy-shop». Con l’aiuto della nostra educatrice abbiamo scritto questa poesia, che sarà certamente apprezzata da tanti nostri coetanei e da tutte le persone di buona volontà che vogliono bene a Rivoli.

L’apertura di un sexy-shop
nel centro storico di Rivoli
è AZIONE DI GUERRA.
GUERRA contro la CULTURA
perché innesca il degrado.
GUERRA contro i BAMBINI
perché uccide l’innocenza.
GUERRA contro le DONNE
perché ne mortifica la dignità
GUERRA contro tutti gli UOMINI
perché svilisce l’intelligenza ed il cuore.
Il filosofo laico Compte-Sponville ha scritto:
«Tollerare è sopportare un peso:
farlo sopportare agli altri non è più tolleranza.
Tollerare Hitler era farsi suo complice,
quantomeno per omissione, per abbandono;
e questa tolleranza era già collaborazionismo».
Denunciamo chi «uccide l’anima»
con un’azione di GUERRA
nel centro della piccola e signorile RIVOLI.

Un gruppo di giovanissimi
di Rivoli (TO)

Carissimi,
ho ricevuto la vostra lettera con acclusa la poesia… Sono perfettamente in sintonia con voi e mi rammarico che nella nostra società si sviluppi questo tipo di proposte e di pubblicità, proponendo realtà che avviliscono la dignità delle persone, sia adulte che giovani.
Sono pertanto vicino a voi nel condannare questa situazione, anche se non so come, dal punto di vista della legge, sia possibile frenare queste cose. Il nostro dovrà essere soprattutto un impegno per l’educazione della sensibilità delle persone a riguardo di una situazione delicata e veramente avvilente.
Ogni vostra iniziativa, nel rispetto e nel dialogo, finalizzata a far sì che queste realtà non dilaghino, non è che da benedire e da incoraggiare.
Vi assicuro del mio ricordo nella preghiera e vi saluto con una cordialissima benedizione per voi e le vostre famiglie.
Card. Severino Poletto
arcivescovo di Torino

Silvna Bottignole e aa.vv.