… E ALCUNE PRECISAZIONI

La lettura dell’articolo di padre Bellesi «Se Allah lo vuole…» mi ha provocato un senso di smarrimento, perché esso non si è limitato alla denuncia della schiavitù ancora praticata da alcuni paesi musulmani, ma ha fatto una lettura complessiva dei rapporti schiavitù-islam.
Non tocca a me difendere i musulmani. Lo sanno fare benissimo da soli! Tocca a tutti, e quindi anche a me, tenere aperte le porte del dialogo, condotto con sincerità e umiltà, per evitare toni da «scontro di civiltà».
Per questo mi sono messo pacatamente a riflettere.
1) P. Bellesi fatte alcune citazioni del Corano, conclude: «Il Corano sancisce la schiavitù permanente come fatto normale e ne detta le regole per la stessa pratica».
Per quanto riguarda i testi fondatori si corre il rischio di dimenticare che anche nel N.T. viene dettato un codice di comportamento per il buon schiavo e il buon padrone (Col 3,21-4,1).
I migliori commentatori dicono che non si tratta di una «codificazione teologica dell’ordine costituito», ma di una presa d’atto di uno dei capisaldi su cui si fondava l’organizzazione della società antica e cioè sulla distinzione tra schiavi e liberi (vedi Ef. 6,5-8 e Tit 2,9-10). La stessa splendida lettera a Filemone non manifesta nessuna induzione di sovvertire l’ordine fondato su tale distinzione.
Quello che è certo è che l’esperienza della frateità ecclesiale fatta dai discepoli di Gesù (schiavi e liberi; uomini e donne…) li condurrà progressivamente a rifiutare l’iniquità che soggiace a tale divisione.
Mi pare che un analogo discorso potrebbe essere fatto anche per il testo fondatore dell’islam in cui non mancano i semi teologici che sono in grado di condurre al superamento di questa orribile piaga storica.
2) L’articolo di p. Bellesi, non sufficientemente contestualizzato nell’insieme delle altre grandi tradizioni religiose, sembra indicare nell’islam il principale responsabile e attore del fenomeno della schiavitù.
Pino Arlacchi in un suo libro: «Fino alla fondazione della Repubblica popolare cinese nel 1949, la Cina deteneva uno dei più vasti mercati di esseri umani nel Mondo» (P. Arlacchi, Schiavi, Rizzoli p. 40).
Il richiamo alle pratiche in uso nella Roma antica, nelle società tribali pre-islamiche e pre-cristiane in Africa, nella Cina confuciana e buddista, non serve certo a scaricare le responsabilità storiche dei paesi musulmani, ma le contestualizza e, soprattutto, ci aiuta a situare l’origine della schiavitù non propriamente nel terreno religioso, ma in altre circostanze storiche che l’hanno prodotto. La schiavitù non nasce dalla religione, anche se la religione per lungo tempo non è stata accorta a scoprie l’incompatibilità con i suoi principi. Io non possiedo nessuna competenza storica, ma mi pare che queste osservazioni non siano prive di senso.
3) Se poi, si vuole fare un discorso sull’islam, bisognerà, anche qui, fare delle opportune distinzioni. Mauritania, Niger, Sudan, Arabia Saudita e qualche altro paese a maggioranza musulmana, soprattutto arabo, sono paesi certamente indiziati di esercitare più o meno di nascosto, l’orrenda pratica della schiavitù.
Ma i paesi a maggioranza musulmana nel mondo sono 56. Ora se una buona maggioranza di essi trova incompatibile questa pratica, qualche ragione ci sarà!
Il cammino storico della loro civiltà, nato anche dalla loro tradizione religiosa, li ha portati a escludere la schiavitù. Se vogliamo fare un servizio all’opinione pubblica e all’islam parliamo anche di questo!
4) Una riflessione merita la citazione dello sceicco Ibn Taimiya. Riconosco che questo interprete-esegeta è, purtroppo, ritornato in auge e che molti movimenti islamisti più radicali si rifanno alle sue interpretazioni del Corano e della summa.
Ma, grazie a Dio, non c’è solo lui! Denunciae l’improponibilità non farebbe altro che bene all’islam e a noi, ma fae il portavoce più autentico e l’esegeta da citare è fare il gioco degli islamisti.
5) Non sono uno storico, ma ho qualche dubbio sui «soli» 3 secoli di schiavitù per quanto riguarda il cristianesimo e su «tutti» i 14 secoli per quanto riguarda l’islam.
Comunque trovo terribile pensare che 3 secoli di papi, vescovi, santi, pensatori non siano riusciti a costituire un argine a quelle spietate pratiche così incompatibili con l’essenza stessa del cristianesimo e sono chiamato a fare memoria e a chiedere perdono di questo lungo e terribile oscuramento.
Ma, se è così qualche ragione ce l’ho per tentare di perdonare e capire anche




LETTERE – Il Supermercato delle religioni

Egregio direttore,
finalmente la rivista da lei diretta abbraccia temi che i cattolici veri sentono in maniera profonda. Mi riferisco alla rubrica «Al supermercato delle religioni». Ottimo titolo per questa rubrica, alcuni culti non possono essere definiti in maniera diversa… e mi perdonino i buonisti di sinistra.
L’attuale relativismo religioso, traducibile in «è tutto uguale, va tutto bene», è un grave pericolo per la comunità cattolica in quanto sminuisce la potenza unica del vangelo. In questo contesto è ovvio che vi sia una proliferazione delle sette religiose.
Con queste parole non voglio criminalizzare nessun nuovo culto, come ama dire Massimo Introvigne da voi più volte citato, ma non posso che rallegrarmi se una rivista missionaria esalta finalmente il proprio credo e «contrasta» quello degli altri, mettendone in luce gli aspetti più oscuri.
Talvolta mi sembra che i cattolici, presi dallo spasmo di andare d’accordo con tutte le religioni del mondo, dimentichino o sminuiscano molto del proprio credo. Mentre noi andiamo incontro a tutti, nessuno fa lo stesso con noi. Anzi, veniamo perseguitati senza pietà in paesi come la Cina, l’Arabia Saudita, la Birmania, ecc.
Con queste righe non voglio dire che esiste un mercato delle religioni nel quale noi cattolici dobbiamo difendere il nostro territorio. Assolutamente no.
Penso che la fuga verso le sette sia un grave indicatore di malessere sociale cui la chiesa deve saper rispondere in maniera chiara. Anche in maniera coraggiosa e, magari, poco gentile.
Cordiali saluti.
Roberto
via e-mail

La risposta più efficace al proliferare di nuovi culti è la testimonianza del vangelo con la propria vita. Da parte nostra continueremo a mettere in guardia dai pericoli del relativismo religioso, in «maniera coraggiosa», ma «gentile» perché «la verità senza la carità è crudeltà» (Lutero).

Roberto




LETTERE – Ricordando un amico

Caro direttore,
i tanti amici che in questi anni si sono recati a Paulo Afonso per visitare i nostri missionari che lavorano in quell’arida regione brasiliana, hanno avuto modo di incontrare molti dei loro collaboratori, tra i quali un simpatico e accattivante laico italiano: Giampiero Canossi. Era approdato nel giro di mons. Mario Zanetta da una quindicina d’anni.
Esperto conoscitore di mille segreti tipografici e redazionali, tanto che il vescovo gli affidò subito la precaria e modesta tipografia della diocesi, tenuta in piedi con mille materiali di recupero. Giampiero la trasformò in una operosa attività tipografica, capace di dar lavoro a decine di persone.
La vecchia tipografia fu rinnovata con macchinari più aggioati e per certi versi all’avanguardia per la zona dove operava. Successivamente la vetusta costruzione iniziale venne trasformata in una modea casa editrice che prese il nome di «Fonte Viva», una iniziativa che riempiva d’orgoglio sia l’ideatore, il vescovo missionario mons. Zanetta, sia Giampiero, che si faceva carico di tutte le incombenze gestionali, pratiche e amministrative.
Grazie al loro impulso, «Fonte Viva» divenne un punto di riferimento per molte altre diocesi della regione, prive di supporti mass-mediali come quelli creati dalla passione e competenza di mons. Mario e di Giampiero.
Dopo la morte di mons. Zanetta, il nuovo vescovo di Paulo Afonso, mons. Esmeraldo affidò a Giampiero la responsabilità di tutto quanto era stato creato; con acume e intelligenza, Canossi riuscì a creare anche un istituto tecnologico per formare i futuri tecnici delle comunicazioni. Un piccolo giorniello di produzione diversificata, che spazia dalla preparazione di video, dvd, programmi radio, audizioni, pubblicazioni e riviste che hanno qualificato l’attività editoriale della diocesi di Paulo Afonso, tanto da arrivare a pubblicare molti testi della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani.
Purtroppo questo amico è stato stroncato da un infarto fulminante pochi mesi fa all’età di 52 anni, lasciando moglie e due figli e un profondo rammarico tra coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Per molti novaresi che hanno apprezzato la sua giovialità, il suo carattere e la sua competenza professionale, resterà un caro amico da conservare nel cuore dei ricordi e da affidare alla misericordia del Padre.

Mario Bandera
Novara

Mi unisco al ricordo e alla preghiera per Giampiero Canossi, che ho sempre stimato, fin da quando lo ebbi come alunno della scuola media.

Mario Bandera




LETTERE – A proposito di ambientalisti

Caro direttore,
un conto è dire che da parte di certi ambientalisti c’è una forte ostilità verso la religione e la morale cattolica, un conto è negare che i fiumi sono sempre più inquinati, i laghi sempre più poveri di acqua, i ghiacciai sempre più contratti, le foreste sempre più depredate e degradate, le popolazioni indigene sempre più minacciate dal rischio di estinzione totale.
Per questo, al libro di Gaspari e Cascioli, Le bugie degli ambientalisti, edito da Piemme, preferisco di granlunga le critiche che Missioni Consolata di marzo 2005, ha rivolto ai suoi autori.
Assolutamente non intendo dire che gli scritti di Gaspari, Cascioli e di parecchi altri giornalisti cattolici allineati sulle loro posizioni non siano utili: sono tanti, infatti, i sedicenti filosofi della natura, le cui teorie sono in contraddizione con l’insegnamento di Cristo e con il magistero della chiesa; per cui è giusto invitare il credente a guardarsi bene dalle loro banalizzazioni, dai loro trabocchetti, inganni e infamie.
Tuttavia conformarsi a Cristo e operare in sintonia con il magistero della chiesa significa anche respingere quelle nuove ideologie e correnti di pensiero in cui non pochi cattolici si riconoscono. Neoliberismo, neoconservatorismo, ottimismo giulivo, antiecologismo, anticatastrofismo, antiallarmismo, antianimalismo… sono visioni del mondo senz’altro più vicine all’illuminismo ateo che alla dottrina sociale della chiesa; più vicine al materialismo antropocentrista che all’idea della solidarietà tra uomo e natura; più vicine allo scientismo e al suo delirio di onnipotenza che alla vera antropologia cristiana, quella basata sul «coltivare e custodire» di Genesi 2,15, sull’«ora et labora» di san Benedetto, sul Cantico delle creature di san Francesco.
Secondo me, Cascioli, Gaspari & C. commettono un gravissimo errore quando appiccicano l’etichetta di «cassandre» a coloro che lamentano la distruzione delle foreste (specie quelle della fascia tropicale), la perdita della biodiversità, l’assurda caccia ad animali che si trovano a un passo dall’estinzione, perché alcune grandi reti criminali non ne vogliono sapere di mollare il business del corno di rinoceronte, carcasse e parti anatomiche di tigre, avorio di elefante e ippopotamo, carne di scimmia…
Complessivamente il commercio illegale di animali selvatici, vivi o morti, ha un volume paragonabile a quello del mercato di droga, armi, materiale poografico…
Sbagliano anche quando cercano di coprire di ridicolo coloro che si oppongono all’uso sconsiderato degli insetticidi e pesticidi (la lotta biologica, correttamente intesa, è molto più efficace contro i parassiti, oltre che meno nociva all’ambiente), coloro che contestano i progetti per la realizzazione di altre grandi dighe o di altre centrali nucleari, coloro che suggeriscono le strade del riciclaggio, delle energie alternative (solare, eolico, geotermico, biogas) e dell’uso più limitato e responsabile di certi mezzi di trasporto.
Ricordino, Gaspari e Cascioli, che, rifiutando di dare ascolto a Cassandra, i Troiani firmarono la propria condanna a morte; ricordino che le argomentazioni che il magistero della chiesa ha usato e continua a usare contro aborto, sterilizzazione e politiche demografiche coercitive non hanno nulla a che vedere con la sdrammatizzazione dei problemi ambientali.
Bistrattando senza ritegno i dati sulla deforestazione, pesca di frodo, bracconaggio, stragi provocate dai disastri ecologici, soprattutto nei paesi del Sud del mondo, mettendo in secondo piano gli sfaceli causati dalla guerra e dalle industrie belliche, presentando i leaders dell’eco-pacifismo come degli imbroglioni e i loro seguaci come degli ingenui, enfatizzando i difetti di Ong come il Wwf e Greenpeace tacendone i pregi, Gaspari e Cascioli diventano alleati di quella antilife mentality che dicono di considerare come la piaga più peiciosa del mondo moderno e sostenitori di quelle nuove forme di colonialismo dalle quali tante volte hanno invitato i loro lettori a non lasciarsi fagocitare.
Cordialissimi saluti.
Francesco Rondina
Fano (PU)

Francesco Rondina




LETTERE – La missioni allunga la giovinezza

Cari missionari,
la vostra rivista mi ha aumentato la giovinezza: ora ho 93 anni. Godo leggerla e appassionarmi spiritualmente. Sono pagine profondamente cristiane.
Vi mando gli indirizzi di alcune persone, perché la mandiate anche a loro, se ritenete opportuno: chissà che non susciti qualche vocazione missionaria? Io non posso fare più molto: per età e salute. La vostra rivista è stata una predica sacerdotale autentica, che aiuta al grande passo dell’eternità.
Siamo due sorelle ammalate. La prof.ssa Luigia ha 80 anni ed è in casa di riposo. Siamo rimaste sole in mano alla società, che poco fa per l’eternità. Per fortuna la Provvidenza veglia su di noi giorno e notte, così si tira avanti alla meno peggio, in attesa della volontà di Dio, che non ci lascia fino all’ultimo.
Non mi sento depressa. Oggi offro la mia giornata per le vocazioni missionarie. Chiedo una preghiera per me e per mia sorella, perché avvenga come la Madonna e Gesù vogliono. Ci accompagni la vostra benedizione.
Gioconda Rimoldi
Busto Arsizio (VA)

Cara signora Gioconda, continui a mantenersi giovane nello spirito, ad appassionarsi alla missione e a offrire le sue giornate per le vocazioni.
Da parte nostra continueremo a fare del nostro meglio, con la preghiera e con la rivista, per allungare la sua giovinezza.
Abbiamo provveduto a inviare la nostra rivista agli indirizzi indicati. Grazie di cuore.

Gioconda Rimoldi




LETTERE – Le scoperte di Odorico

Cari missionari,
ho sempre saputo che gli europei conobbero cacao, tabacco, patata, peperone, ecc. grazie ai viaggi e alle scoperte di Colombo nelle Americhe. Invece l’autore dell’interessantissimo dossier dedicato a Odorico da Pordenone (M.C. sett. 1999) scrive, citando ciò che lo stesso Odorico annotò dopo aver visitato l’isola di Giava, che in quella terra lontana c’erano «grandi quantità di frutta selvatica come pure tabacco, kapok e cacao».
Ora, siccome Odorico è di circa due secoli prima di Colombo, desidererei avere un chiarimento su come andarono effettivamente le cose.
Grazie per l’attenzione e auguri per tutte le vostre attività.
Ludovico Torregiani
Fano (PU)

Non sono esperto in materia. Ecco quanto ho trovato da una superficiale ricerca: il kapok è detto volgarmente «cotone di Giava»; del cacao, così scriveva (inizio ‘800) il georgofilo Filippo Gallizioli: «Né solo l’America possiede questo vegetabile, ma l’Asia ancora, poiché nasce nelle isole Filippine…»; il termine tabacco è più vecchio della scoperta dell’America, essendo di origine araba.
Si può supporre che tali piante abbiano il loro habitat naturale pure nelle regioni tropicali dell’Asia, anche se in Europa hanno avuto più fortuna le specie americane.

Ludovico Torregiani




LETTERE – Io da che parte sto?

Caro direttore,
condivido in toto le riflessioni da lei espresse nell’editoriale «Ai lettori» pubblicato su Missioni Consolata del giugno 2005, dal titolo: «Io da che parte sto?».
Ritengo sia motivo di libertà e di profonda gioia, per un cristiano, schierarsi a fianco di Cristo Gesù Signore crocifisso, ieri e oggi, da quanti vogliamo mantenere l’ordine e la legge del sinedrio e dell’impero e da quanti lo tradiamo per umana paura o per sconsiderato attaccamento al nostro «io».
Mi rimane solo un desiderio: che lei mi aiuti ad entrare nel mistero dell’incontro decisivo-vitale con Cristo Salvatore; che lei spezzi con me il «pane» dell’esperienza che l’ha proiettata fuori di sé, per diventare missionario, annunciatore del vangelo.
Ancora, vorrei che lei mi contagiasse un poco con la sua «novità», la sua scoperta. Vorrei che lei mi facesse intravvedere almeno un bagliore della perla, per acquistare la quale ha venduto tutto. Vorrei ancora che mi prendesse per mano e mi accompagnasse verso la mensa della Vita e mi insegnasse, come a un bimbo, a nutrirmi del «Pane», della Parola e del Perdono, per crescere forte e convinto operatore di giustizia nel mondo.
Ho bisogno che lei mi porti alla fonte di questa «acqua viva»; quell’altra, quella che non disseta, scorre a fiumi su giornali, tivù e riviste.
Un augurio di buon apostolato.
Diego Gottardi
via e-mail

Caro Diego, ho l’impressione che mi chiedi un po’ troppo. Non sono un guru né un grande «maestro di spirito». Anch’io mi arrangio come posso.
Per ora ti auguro di continuare con gioia la tua ricerca. «Noi cerchiamo per trovare, ma troveremo solo la possibilità di cercare ancora» (Agostino).

Signor B. Bellesi,
sulla facciata della cattedrale di Cueavaca in Messico, tempo fa, fu appeso uno striscione che diceva: «Il mondo è diviso in oppressi e oppressori: tu da che parte stai?» (cfr. editoriale di Missioni Consolata, giugno 2005). Io credo che neanche in un pollaio si possa operare una distinzione così netta, figurarsi nel mondo. Certo, usare una cattedrale come un gazebo non mi sembra una grande idea; ma forse in Messico si usa così.
Lei, signor Bellesi, parla poi di legge del sinedrio e dell’impero e di orpello (?) religioso e qui vorrei fare una precisazione. Il fatto che dittatori cristiani (tra virgolette) per difendere la cosiddetta civiltà cristiana (sempre tra virgolette) abbiano ucciso ecc. ecc., non assolve sic et simpliciter i loro avversari. Allora, un po’ meno adesso, in quei paesi si stava e si sta svolgendo una guerra non fra buoni e cattivi, bensì tra pessimi. Condannare l’operato di Pinochet e Videla senza considerare che i loro avversari agivano con gli stessi sistemi e avevano lo stesso disprezzo per la vita umana è poco onesto.
Inseguire il paradiso terrestre prossimo venturo e confidare per la sua realizzazione in assassini è una chimera. Costoro non porteranno ai loro popoli la libertà, il benessere e la giustizia (sempre relativa perché umana), ma miseria, violenza, oppressione.
Perché ve la prendete tanto a cuore? A volte sembrate, più che uomini di Dio, dei tifosi di una squadra di calcio. Tutti questi vostri slogan forse sono suggestivi, ma sono estranei al vangelo. Gesù Cristo ha fatto la rivoluzione dell’amore, si è fatto uccidere e ha perdonato i suoi nemici pur potendo sterminarli. Come pensate di conciliare il suo insegnamento con l’operato dei Castro, Guevara, Chavez e compagnia?
Già al tempo del fascismo molti missionari erano praticamente filo-fascisti e questo fu una cosa pessima. La chiesa cattolica è eterna: lo ha detto Gesù Cristo; gli uomini politici passano gli imperi cadono. Eppure era quella gente eccellente, pronta a dare la vita per annunziare il vangelo. Fedeli ai superiori e al papa. Adesso i numeri sono quelli che sono e per il resto è meglio non fare paragoni che sono sempre antipatici…
Signor Bellesi, lei ci invita a porci la domanda: io da che parte sto? E lei da che parte sta? Non dica dalla parte degli ultimi, perché dietro i vostri ultimi ci sono altri ultimi dei quali nessuno si cura.
A. Luigi Di Nicola
Milano

Sarebbe troppo lungo rispondere a tutte le «cattiverie» espresse in questa lettera (abbiamo omesso quella in cui si attaccano le persone e la loro coscienza). Rispondo solo a quella finale, che mi riguarda personalmente.
Per ragioni di spazio, nell’editoriale da lei «incriminato» non ho aggiunto che quella domanda la ponevo, prima di tutto, a me stesso. Ebbene, devo confessare che non ho ancora trovato la risposta, neppure quella da lei suggerita; ma continuo a interrogarmi: «Io da che parte sto?». Solo Gesù Cristo, che, come lei stesso afferma giustamente, «ha fatto la rivoluzione dell’amore», può dire di essersi schierato dalla parte degli ultimi, contro l’ipocrisia del sinedrio e dell’impero. E per questo è stato ucciso… come tanti vescovi, preti, suore e fedeli cristiani, a cui accenno nell’editoriale.
Ma lei, signor Di Nicola, si è mai posta la domanda, onestamente, se sta dalla parte degli oppressi, oppure da quella degli oppressori?

Diego Gottardi e A. Luigi Nicola




LETTERE – Governo e guerriglia sullo stesso piano?

Cari missionari,
ho letto con interesse il servizio sulla Colombia (M.C. maggio 2005). Credo tuttavia sia opportuno precisare un aspetto. Nell’articolo si parla di forti interessi economici per lo sfruttamento delle risorse naturali e introiti della coca, sia da parte del governo che della guerriglia, ipotizzando che queste siano le vere cause della guerra. Questo approccio tende, a mio avviso ingiustamente, a mettere sullo stesso piano governo e guerriglia.
Premesso che la lotta armata e l’uso della violenza per risolvere i problemi è sempre sbagliato, non si deve dimenticare che tale lotta nasce da una situazione di profonda ingiustizia sociale (una ristretta oligarchia ricchissima controlla economia e politica, mentre 33 su 44 milioni di abitanti sono poveri), combinata con un’assoluta mancanza di reali prospettive di soluzioni democratiche.
Il governo colombiano ha tollerato e supportato lo sviluppo di forze paramilitari che collateralmente all’esercito e ai narcotrafficanti (finché sono stati utili) hanno usato la violenza indiscriminata sulla popolazione civile (con stragi di contadini, donne, bambini, sindacalisti, difensori dei diritti umani e giornalisti), per intimidirla e tutelare gli interessi di aziende e latifondisti, agendo nella più totale e scandalosa impunità (cfr. G. Piccoli, Colombia, il paese dell’eccesso).
Quando, dopo un accordo di pace, la guerriglia costituì un partito (Union Patriotica) per partecipare alla vita democratica, sospendendo la lotta armata fu sottoposta a un massacro continuo e impunito dei suoi iscritti e rappresentanti (media di 1 politico di Up ucciso ogni 19 ore per 7 anni, compreso un candidato alla presidenza nel ’90, fino all’estinzione totale), dimostrando come la Colombia sia solo formalmente una democrazia, anche se i nostri governi la considerano tale solo perché vi sono «libere» elezioni.
P.S. Complimenti per gli interessantissimi dossiers su giovani ed anziani.
Dario Selvaggi
Trapani

La situazione della Colombia è molto complessa. Abbiamo sempre denunciato la mancanza di vera democrazia e le ingiustizie sociali, contro cui sono insorti i movimenti rivoluzionari. Oggi, però, gli ideali dei vari gruppi guerriglieri non corrispondono più a quelli delle origini.

Dario Selvaggi




LETTERE – Gli anziani: un valore aggiunto

Cari missionari,
nel giro di una settimana ho letto quasi interamente il fascicolo di maggio di Missioni Consolata, che considero forse la migliore tra le tante riviste missionarie oggi esistenti. La giudico completa per l’attenzione alla realtà mondiale, coraggiosa, senza scadere negli estremismi ideologici, aperta alla collaborazione di giornalisti laici.
Per cominciare, la figura profetica (e santa) di Romero mi affascina, tutte le volte che viene tratteggiata. Peccato che non abbia mai trovato chi con striscioni e voce gagliarda gridasse «santo subito». Se la chiesa non santifica Romero, chi merita di salire agli onori degli altari?
Ritengo indispensabili le due pagine dedicate alla spiegazione della sacra scrittura, tenendo conto che noi cattolici, laici soprattutto, mastichiamo a fatica il Primo e il Nuovo Testamento. Don Farinella svolge in modo egregio questo compito.
Il «dossier anziani» merita di essere riletto più volte, per la sua importanza e le riflessioni che provoca. Queste sono le mie.
– Si insiste nell’indicare il 65° anno di età come inizio dell’anzianità: sembra un’età ancora «giovanile», se è vero che in questi ultimi 30/40 anni la salute (e la longevità) è migliorata parecchio…
– Circa la chiesa, le nostre parrocchie: non mi pare che si valorizzi molto la «terza età» (non lo dico per polemica o per rivendicazione di potere). Dico che oggi una persona a 65 anni è ancora produttiva, creativa. Perché non tenee conto?
– Il costo delle badanti mi pare alto. So che qualcuno versa fino a 3 milioni (di vecchie lire) per una prestazione mensile, sia pure a giorni pieni, 24 ore su 24.
– Perché non vogliamo imitare i primi cristiani (che pare avessero tutto in comune) e non pensiamo (a una certa età) a convivenze tra fratelli e sorelle e non (vivendo come tra fratelli e sorelle, ovviamente)?
– Certo la soluzione prospettata da ricoveri tipo «Sorelle per i poveri» (pag. 32/34) è ottima, da incrementare, moltiplicare, visti gli attuali costi impervi di troppi ricoveri, ammesso che l’uomo d’oggi e di domani si trovi a suo agio in soluzioni del genere?
– Ritengo l’articolo di L. del Piatto, «Se non incontro lo specchio…», meritevole di figurare sulle antologie per i nostri studenti.
– Per finire: tutte le riviste missionarie ci portano in casa situazioni di fame, malattia, violenza, guerre… (purtroppo trascurate dalla tv). Mentre sto cenando, come posso digerire la notizia che un certo Bonolis ha firmato un accordo con Mediaset con cui intascherà 24 milioni di euro in tre anni? Mi auguro che almeno qualche briciola il fortunato presentatore la devolverà per quelle terribili condizioni.
Ambrogio Vismara
Cuggiono (MI)

Grazie per le stimolanti considerazioni. Vogliamo sottolineae solo una: valorizzare di più la «terza età» non solo in parrocchia, ma anche nelle missioni. A tale proposito segnaliamo la testimonianza dei coniugi Paracchini in Rwanda: «Chiamati all’11a ora» (M.C. settembre 2004 e gennaio 2005, p.7).

Ambrogio Vismara




LETTERE – Scientology risponde

Egregio direttore,
intanto la ringrazio per avermi ricevuto; come ho avuto modo di esprimere durante la mia visita, in qualità di responsabile delle relazioni estee della chiesa di Scientology di Torino, siamo davvero addolorati dall’articolo pubblicato sul numero di aprile della vostra rivista in merito alla chiesa di Scientology.
Per motivi esclusivamente dovuti allo spazio concessoci, non è possibile replicare punto per punto alle informazioni, opinioni e affermazioni riportate. Restiamo comunque a disposizione per fornire fatti e ampia documentazione.
Non intendiamo annoiare i lettori, né si intende entrare in polemica con chi ha scritto l’articolo, con lei o con l’editore. Dobbiamo però dire che non siamo stati contattati dall’autore.
Il «Viaggio-inchiesta tra i “nuovi” culti» di Maurizio Pagliassotti, non è approdato a noi; forse da qualche altra parte. Quando uno scrittore racconta di luoghi in cui non è stato, l’idea che ne risulta sarà molto probabilmente parziale se non, come in questo caso, distorta.
A questa stregua possiamo solo schematizzare come segue ciò che abbiamo da dire:
1 – A Torino siamo una comunità che conta alcune centinaia di persone.
2 – Il numero di fedeli che la chiesa cattolica sta perdendo (se ne sta perdendo) a causa della crescita della religione di Scientology nel mondo è del tutto trascurabile. Tutti gli scientologhi pagano le tasse, collaborano con le istituzioni, con altre associazioni e chiese e la maggior parte di loro, incluso il sottoscritto, non rinnegano le loro origini cristiane né l’appoggio alla chiesa cattolica. Moltissimi scientologhi, in precedenza, non avevano mai aderito a una religione in quanto praticanti.
3 – Le mete della chiesa di Scientology sono «una civiltà senza pazzia, senza criminalità e senza guerre». Il filosofo e umanitario L. Ron Hubbard ha promosso attivamente, fattivamente e quotidianamente il rispetto e la collaborazione reciproci tra persone, razze e religioni differenti, attraverso l’accrescimento della consapevolezza e del senso di responsabilità dei singoli individui. Questo impulso è stato raccolto dagli scientologhi e di fatto ciò sta avvenendo in tutto il mondo. Chiunque lo voglia potrà avere conferma diretta e personale di tali attività.
4 – Il fatto che esistano persone e siti che si oppongono non giustifica il tentativo di sminuire le nostre reali intenzioni e azioni, ponendo l’accento solo sulle controversie da questi alimentate e non significa che le nostre intenzioni e azioni siano quelle evidenziate dai nostri detrattori, forse un centinaio, dato che quelle dei sostenitori, qualche milione nel mondo, non vengono neanche presi in considerazione.
5 – Solo per fare un esempio, il fatto che il metodo laico di riabilitazione dalla droga sviluppato dallo stesso Hubbard abbia letteralmente salvato la vita a oltre 250.000 persone, quasi distrutte dalla tossicodipendenza, non ha riempito le prime pagine dei giornali, ma è un fatto facilmente riscontrabile e documentabile che meriterebbe un articolo a sé. Naturalmente non lo chiediamo, altrimenti veniamo tacciati di volerci fare pubblicità. Detto per inciso, non divulgare un qualcosa che può salvare la vita a moltissime persone è come lasciarle morire.
6 – La chiesa di Scientology offre una grande quantità di libri gratuiti alle biblioteche ed è possibile farsi una idea di cosa sia Scientology e metterla in pratica senza sborsare un euro, senza necessariamente avvicinarsi a una sede. Per chi intende venirci a trovare sono disponibili servizi e/o pubblicazioni gratuite e una biblioteca intea. Chi contribuisce economicamente, in base alle proprie possibilità, lo fa perché intende sostenere la sua chiesa che diversamente non potrebbe esistere dato che non usufruisce di alcun finanziamento pubblico di nessun genere. Le attività che vengono svolte sono caritatevoli, a carattere religioso e senza fini di lucro, secondo le leggi vigenti degli stati in cui è presente (oltre 130).
Pagliassotti conclude riferendosi a una «colluvie di studi pro e contro» il nostro movimento. Su questo punto siamo d’accordo. Si tratta di una colluvie, ossia una «quantità di cose sudicie e putride per lo più liquide» (Dizionario Garzanti della Lingua Italiana). Non converrebbe liberarsi dalla colluvie, che causa confusioni, pregiudizi, dubbi, odio ingiustificato e conoscersi meglio?
Giuseppe Cicogna
ufficio relazioni estee
chiesa di Scientology (TO)

Prendiamo atto degli aspetti positivi del movimento di Scientology. Vorrei precisare che, prima di scrivere l’articolo contestato, l’autore ha contattato la sede di Scientology di Milano.

Giuseppe Cicogna