TANTI ELOGI…

Dist.mo Direttore,
desidero ringraziare lei e la sua redazione per il numero speciale di Missioni Consolata dedicato alle nuove schiavitù. Conoscevo qualcosa da altre fonti, ma non immaginavo, non riuscivo a concepire… sia le cifre, sia le storie, sia le nazioni. E, come me, chissà quante altre persone non sapevano.
Grazie ancora per tutto l’enorme lavoro eseguito e per lo spirito con cui certamente è stato fatto.
Cordiali saluti.

Roma

Giovanni Vulpetti




TANTI ELOGI…

Rev. Direttore,
ci sentiamo poco per corrispondenza, ma, leggendo tutti i mesi Missioni Consolata, sono aggiornata dai vari articoli sulle situazioni, avvenimenti, problemi di diversi luoghi e nazioni.
È quindi una bella e interessante rivista, molto ben impostata; fatela sempre meglio e gradita sempre sarà. Anche i dibattiti «contro» possono essere utili a far capire il giusto delle cose, situazioni ecc.
Io non sono una «letterata», non so scrivere con cultura, ma gli argomenti giusti si capiscono e fanno bene. Sempre avanti dunque, in questo mondo così tribolato, abbiamo bisogno di sentire cose sensate e di valore cristiano… Auguro ogni bene a lei e a tutti quanti lavorano con lei.
Cordiali saluti.
Soresina (CR)

Andreina Biondi Ferrari




TANTI ELOGI…

Ho ricevuto la rivista: complimenti! È molto ben fatta e le foto ben scelte.
Io sto portando in giro la mia mostra fotografica e il documentario sui ragazzi di strada di Kenya, Congo, India, Perù e Brasile. Magari riuscirò a portarla anche a Torino, chissà…
Un saluto!

Roma

Massimiliano Troiani




TANTI ELOGI…

Spettabile Redazione,
ringrazio per le copie del numero speciale della rivista che mi avete mandato. Ho provveduto in data odiea al relativo versamento…
Nella scuola dove lavoro è stato notevole l’interesse verso questi numeri monografici. Spero di poterli diffondere anche in altre scuole.
Se avete altri materiali adatti a sensibilizzare educatori e studenti sui problemi del terzo mondo vi prego di informarmi.
S. Giorgio a C. (NA)

Giuseppina Iacono




TANTI ELOGI…

Carissimi amici,
abbiamo ricevuto il numero monografico di novembre con tante preziose informazioni sulle varie situazioni di schiavitù che pur essendo già note, raccolte tutte così in successione, creano un impatto particolare.
Volendo utilizzare per la scuola alcuni contenuti, (un’allieva farà approfondimenti per la tesina dell’esame di stato) ci sarebbe gradito ricevere almeno altri due numeri monografici…
Ringraziamo e chiediamo benedizioni dall’Alto per il vostro prezioso lavoro.

Pinerolo (TO

Suor Carmela Casetta




TANTI ELOGI…

Cari amici di M. C.,
faccio i complimenti per l’ultimo numero di ottobre-novembre 2005 sulle schiavitù: è ottimo sotto ogni aspetto, grazie ancora per il vostro impegno e la vostra competenza.
Partecipo a una associazione di volontariato (MAMRE) che si occupa di donne in difficoltà e ragazze madri e ci capita spesso di accogliere nelle nostre case le vittime di quelle schiavitù che avete così ben descritto sulla rivista.
Ho pensato che sarebbe bello dare una copia di tale numero alle volontarie che prestano servizio nelle nostre case di accoglienza. Sarebbe possibile avee circa 20 copie da distribuire entro natale?

Borgomanero (NO)

Stefano Zanetta




… E ALCUNE PRECISAZIONI

La lettura dell’articolo di padre Bellesi «Se Allah lo vuole…» mi ha provocato un senso di smarrimento, perché esso non si è limitato alla denuncia della schiavitù ancora praticata da alcuni paesi musulmani, ma ha fatto una lettura complessiva dei rapporti schiavitù-islam.
Non tocca a me difendere i musulmani. Lo sanno fare benissimo da soli! Tocca a tutti, e quindi anche a me, tenere aperte le porte del dialogo, condotto con sincerità e umiltà, per evitare toni da «scontro di civiltà».
Per questo mi sono messo pacatamente a riflettere.
1) P. Bellesi fatte alcune citazioni del Corano, conclude: «Il Corano sancisce la schiavitù permanente come fatto normale e ne detta le regole per la stessa pratica».
Per quanto riguarda i testi fondatori si corre il rischio di dimenticare che anche nel N.T. viene dettato un codice di comportamento per il buon schiavo e il buon padrone (Col 3,21-4,1).
I migliori commentatori dicono che non si tratta di una «codificazione teologica dell’ordine costituito», ma di una presa d’atto di uno dei capisaldi su cui si fondava l’organizzazione della società antica e cioè sulla distinzione tra schiavi e liberi (vedi Ef. 6,5-8 e Tit 2,9-10). La stessa splendida lettera a Filemone non manifesta nessuna induzione di sovvertire l’ordine fondato su tale distinzione.
Quello che è certo è che l’esperienza della frateità ecclesiale fatta dai discepoli di Gesù (schiavi e liberi; uomini e donne…) li condurrà progressivamente a rifiutare l’iniquità che soggiace a tale divisione.
Mi pare che un analogo discorso potrebbe essere fatto anche per il testo fondatore dell’islam in cui non mancano i semi teologici che sono in grado di condurre al superamento di questa orribile piaga storica.
2) L’articolo di p. Bellesi, non sufficientemente contestualizzato nell’insieme delle altre grandi tradizioni religiose, sembra indicare nell’islam il principale responsabile e attore del fenomeno della schiavitù.
Pino Arlacchi in un suo libro: «Fino alla fondazione della Repubblica popolare cinese nel 1949, la Cina deteneva uno dei più vasti mercati di esseri umani nel Mondo» (P. Arlacchi, Schiavi, Rizzoli p. 40).
Il richiamo alle pratiche in uso nella Roma antica, nelle società tribali pre-islamiche e pre-cristiane in Africa, nella Cina confuciana e buddista, non serve certo a scaricare le responsabilità storiche dei paesi musulmani, ma le contestualizza e, soprattutto, ci aiuta a situare l’origine della schiavitù non propriamente nel terreno religioso, ma in altre circostanze storiche che l’hanno prodotto. La schiavitù non nasce dalla religione, anche se la religione per lungo tempo non è stata accorta a scoprie l’incompatibilità con i suoi principi. Io non possiedo nessuna competenza storica, ma mi pare che queste osservazioni non siano prive di senso.
3) Se poi, si vuole fare un discorso sull’islam, bisognerà, anche qui, fare delle opportune distinzioni. Mauritania, Niger, Sudan, Arabia Saudita e qualche altro paese a maggioranza musulmana, soprattutto arabo, sono paesi certamente indiziati di esercitare più o meno di nascosto, l’orrenda pratica della schiavitù.
Ma i paesi a maggioranza musulmana nel mondo sono 56. Ora se una buona maggioranza di essi trova incompatibile questa pratica, qualche ragione ci sarà!
Il cammino storico della loro civiltà, nato anche dalla loro tradizione religiosa, li ha portati a escludere la schiavitù. Se vogliamo fare un servizio all’opinione pubblica e all’islam parliamo anche di questo!
4) Una riflessione merita la citazione dello sceicco Ibn Taimiya. Riconosco che questo interprete-esegeta è, purtroppo, ritornato in auge e che molti movimenti islamisti più radicali si rifanno alle sue interpretazioni del Corano e della summa.
Ma, grazie a Dio, non c’è solo lui! Denunciae l’improponibilità non farebbe altro che bene all’islam e a noi, ma fae il portavoce più autentico e l’esegeta da citare è fare il gioco degli islamisti.
5) Non sono uno storico, ma ho qualche dubbio sui «soli» 3 secoli di schiavitù per quanto riguarda il cristianesimo e su «tutti» i 14 secoli per quanto riguarda l’islam.
Comunque trovo terribile pensare che 3 secoli di papi, vescovi, santi, pensatori non siano riusciti a costituire un argine a quelle spietate pratiche così incompatibili con l’essenza stessa del cristianesimo e sono chiamato a fare memoria e a chiedere perdono di questo lungo e terribile oscuramento.
Ma, se è così qualche ragione ce l’ho per tentare di perdonare e capire anche




LETTERE – Ricordando un amico

Caro direttore,
i tanti amici che in questi anni si sono recati a Paulo Afonso per visitare i nostri missionari che lavorano in quell’arida regione brasiliana, hanno avuto modo di incontrare molti dei loro collaboratori, tra i quali un simpatico e accattivante laico italiano: Giampiero Canossi. Era approdato nel giro di mons. Mario Zanetta da una quindicina d’anni.
Esperto conoscitore di mille segreti tipografici e redazionali, tanto che il vescovo gli affidò subito la precaria e modesta tipografia della diocesi, tenuta in piedi con mille materiali di recupero. Giampiero la trasformò in una operosa attività tipografica, capace di dar lavoro a decine di persone.
La vecchia tipografia fu rinnovata con macchinari più aggioati e per certi versi all’avanguardia per la zona dove operava. Successivamente la vetusta costruzione iniziale venne trasformata in una modea casa editrice che prese il nome di «Fonte Viva», una iniziativa che riempiva d’orgoglio sia l’ideatore, il vescovo missionario mons. Zanetta, sia Giampiero, che si faceva carico di tutte le incombenze gestionali, pratiche e amministrative.
Grazie al loro impulso, «Fonte Viva» divenne un punto di riferimento per molte altre diocesi della regione, prive di supporti mass-mediali come quelli creati dalla passione e competenza di mons. Mario e di Giampiero.
Dopo la morte di mons. Zanetta, il nuovo vescovo di Paulo Afonso, mons. Esmeraldo affidò a Giampiero la responsabilità di tutto quanto era stato creato; con acume e intelligenza, Canossi riuscì a creare anche un istituto tecnologico per formare i futuri tecnici delle comunicazioni. Un piccolo giorniello di produzione diversificata, che spazia dalla preparazione di video, dvd, programmi radio, audizioni, pubblicazioni e riviste che hanno qualificato l’attività editoriale della diocesi di Paulo Afonso, tanto da arrivare a pubblicare molti testi della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani.
Purtroppo questo amico è stato stroncato da un infarto fulminante pochi mesi fa all’età di 52 anni, lasciando moglie e due figli e un profondo rammarico tra coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Per molti novaresi che hanno apprezzato la sua giovialità, il suo carattere e la sua competenza professionale, resterà un caro amico da conservare nel cuore dei ricordi e da affidare alla misericordia del Padre.

Mario Bandera
Novara

Mi unisco al ricordo e alla preghiera per Giampiero Canossi, che ho sempre stimato, fin da quando lo ebbi come alunno della scuola media.

Mario Bandera




LETTERE – A proposito di ambientalisti

Caro direttore,
un conto è dire che da parte di certi ambientalisti c’è una forte ostilità verso la religione e la morale cattolica, un conto è negare che i fiumi sono sempre più inquinati, i laghi sempre più poveri di acqua, i ghiacciai sempre più contratti, le foreste sempre più depredate e degradate, le popolazioni indigene sempre più minacciate dal rischio di estinzione totale.
Per questo, al libro di Gaspari e Cascioli, Le bugie degli ambientalisti, edito da Piemme, preferisco di granlunga le critiche che Missioni Consolata di marzo 2005, ha rivolto ai suoi autori.
Assolutamente non intendo dire che gli scritti di Gaspari, Cascioli e di parecchi altri giornalisti cattolici allineati sulle loro posizioni non siano utili: sono tanti, infatti, i sedicenti filosofi della natura, le cui teorie sono in contraddizione con l’insegnamento di Cristo e con il magistero della chiesa; per cui è giusto invitare il credente a guardarsi bene dalle loro banalizzazioni, dai loro trabocchetti, inganni e infamie.
Tuttavia conformarsi a Cristo e operare in sintonia con il magistero della chiesa significa anche respingere quelle nuove ideologie e correnti di pensiero in cui non pochi cattolici si riconoscono. Neoliberismo, neoconservatorismo, ottimismo giulivo, antiecologismo, anticatastrofismo, antiallarmismo, antianimalismo… sono visioni del mondo senz’altro più vicine all’illuminismo ateo che alla dottrina sociale della chiesa; più vicine al materialismo antropocentrista che all’idea della solidarietà tra uomo e natura; più vicine allo scientismo e al suo delirio di onnipotenza che alla vera antropologia cristiana, quella basata sul «coltivare e custodire» di Genesi 2,15, sull’«ora et labora» di san Benedetto, sul Cantico delle creature di san Francesco.
Secondo me, Cascioli, Gaspari & C. commettono un gravissimo errore quando appiccicano l’etichetta di «cassandre» a coloro che lamentano la distruzione delle foreste (specie quelle della fascia tropicale), la perdita della biodiversità, l’assurda caccia ad animali che si trovano a un passo dall’estinzione, perché alcune grandi reti criminali non ne vogliono sapere di mollare il business del corno di rinoceronte, carcasse e parti anatomiche di tigre, avorio di elefante e ippopotamo, carne di scimmia…
Complessivamente il commercio illegale di animali selvatici, vivi o morti, ha un volume paragonabile a quello del mercato di droga, armi, materiale poografico…
Sbagliano anche quando cercano di coprire di ridicolo coloro che si oppongono all’uso sconsiderato degli insetticidi e pesticidi (la lotta biologica, correttamente intesa, è molto più efficace contro i parassiti, oltre che meno nociva all’ambiente), coloro che contestano i progetti per la realizzazione di altre grandi dighe o di altre centrali nucleari, coloro che suggeriscono le strade del riciclaggio, delle energie alternative (solare, eolico, geotermico, biogas) e dell’uso più limitato e responsabile di certi mezzi di trasporto.
Ricordino, Gaspari e Cascioli, che, rifiutando di dare ascolto a Cassandra, i Troiani firmarono la propria condanna a morte; ricordino che le argomentazioni che il magistero della chiesa ha usato e continua a usare contro aborto, sterilizzazione e politiche demografiche coercitive non hanno nulla a che vedere con la sdrammatizzazione dei problemi ambientali.
Bistrattando senza ritegno i dati sulla deforestazione, pesca di frodo, bracconaggio, stragi provocate dai disastri ecologici, soprattutto nei paesi del Sud del mondo, mettendo in secondo piano gli sfaceli causati dalla guerra e dalle industrie belliche, presentando i leaders dell’eco-pacifismo come degli imbroglioni e i loro seguaci come degli ingenui, enfatizzando i difetti di Ong come il Wwf e Greenpeace tacendone i pregi, Gaspari e Cascioli diventano alleati di quella antilife mentality che dicono di considerare come la piaga più peiciosa del mondo moderno e sostenitori di quelle nuove forme di colonialismo dalle quali tante volte hanno invitato i loro lettori a non lasciarsi fagocitare.
Cordialissimi saluti.
Francesco Rondina
Fano (PU)

Francesco Rondina




LETTERE – La missioni allunga la giovinezza

Cari missionari,
la vostra rivista mi ha aumentato la giovinezza: ora ho 93 anni. Godo leggerla e appassionarmi spiritualmente. Sono pagine profondamente cristiane.
Vi mando gli indirizzi di alcune persone, perché la mandiate anche a loro, se ritenete opportuno: chissà che non susciti qualche vocazione missionaria? Io non posso fare più molto: per età e salute. La vostra rivista è stata una predica sacerdotale autentica, che aiuta al grande passo dell’eternità.
Siamo due sorelle ammalate. La prof.ssa Luigia ha 80 anni ed è in casa di riposo. Siamo rimaste sole in mano alla società, che poco fa per l’eternità. Per fortuna la Provvidenza veglia su di noi giorno e notte, così si tira avanti alla meno peggio, in attesa della volontà di Dio, che non ci lascia fino all’ultimo.
Non mi sento depressa. Oggi offro la mia giornata per le vocazioni missionarie. Chiedo una preghiera per me e per mia sorella, perché avvenga come la Madonna e Gesù vogliono. Ci accompagni la vostra benedizione.
Gioconda Rimoldi
Busto Arsizio (VA)

Cara signora Gioconda, continui a mantenersi giovane nello spirito, ad appassionarsi alla missione e a offrire le sue giornate per le vocazioni.
Da parte nostra continueremo a fare del nostro meglio, con la preghiera e con la rivista, per allungare la sua giovinezza.
Abbiamo provveduto a inviare la nostra rivista agli indirizzi indicati. Grazie di cuore.

Gioconda Rimoldi