Cari missionari

Missionario del cuore

Carissimi missionari,
ho 30 anni e da 7 conoscevo padre Alex Signorelli attraverso la corrispondenza. Sapevo che non stava bene, ma la sua morte mi addolora molto: ho perso il mio missionario del cuore, colui che sapeva far fruttare al meglio l’offerta che gli inviavo; sono rimasta orfana.
All’epoca del primo contatto epistolare volevo solo aiutare un missionario, ma attraverso lui ho conosciuto il mondo della Consolata e sono stata catapultata nelle vostre missioni: una finestra aperta su una parte del mondo che troppo spesso fingiamo non esista. Non ringrazierò mai abbastanza la Provvidenza per questo incontro, fortuito quanto fortunato.
Ma ora cosa debbo fare? Vorrei continuare a sostenere i suoi progetti in Kenya, ma voglio un nome:  quello di chi si occupa di quelle missioni oggi o, in alternativa il nome del missionario più disagiato e in difficoltà. Voglio un nome, una storia, un volto, perché sostenere le missioni non è solo inviare denaro; quasi che attraverso un’offerta si possa lavarci la coscienza, sentirci a posto. Non potremo mai sentirci con la coscienza a posto. Voglio partecipare a quella missione, conoscere le difficoltà, essere parte attiva anche e soprattutto con la preghiera.
Mi rendo conto che la vita mi ha dato molto, e non parlo di denaro; sarei la più grande egoista e ingrata se non condividessi con gli altri ciò che il Signore, generosamente, mi ha donato. Vi prego, quindi di segnalarmi quel nome. Anche se non potrà sostituire padre Alex, per me impresso nel cuore, sarò lieta di aiutarlo come e quanto più posso.
Patrizia De Angelis
via e-mail

Grazie per il suo affetto verso padre Alex e i missionari della Consolata. Ho inviato il suo messaggio al superiore del Kenya e spero che le sia stato comunicato il nome di un nuovo «missionario del cuore».  

Buona o mala… fede?

Spett. Redazione,
ho letto sul numero di dicembre 2007 l’intervista a don Capovilla e mi ha colpito la totale noncuranza verso i problemi dei bambini palestinesi: non una parola sul fatto che nelle scuole venga loro insegnato a combattere e siano indottrinati sul bello del farsi esplodere; non una parola sui miliardi destinati alla gente, ma che la vedova di Arafat si gode all’estero.
La semplificazione dei problemi è una bella cosa, ma tacere sugli attentati e guerre subite da Israele (che è sempre stato attaccato dagli arabi, mai viceversa) e sul fatto che la spianata delle moschee non sia uno dei tre luoghi sacri dell’islam, ma «semplicemente» la spianata del tempio, quindi sacro per tutti i «popoli del libro», ma da molti anni frequentabile solo dai musulmani, fa sospettare una mancanza di buona fede.
Mi risulta che il papa Giovanni Paolo ii sia potuto andare a pregare al Muro del pianto, ma non sulla spianata; sono stati i palestinesi a entrare in armi nelle chiese di Betlemme, non i soldati israeliani. Quindi sembra che non ci sia quell’enorme tolleranza verso i cristiani.
Mi sarei quindi aspettato un riassunto storico della situazione, o comunque un’altra voce, oltre alla pubblicità, neppure velata, dei libri dell’intervistato. Certa che la parzialità sia stata casuale e non finalizzata alla suddetta pubblicità, cordiali saluti.
Luisa Pellegrino
via e-mail

L’intervista in questione vuole solo far conoscere una iniziativa a sostegno degli arabo-cristiani ancora presenti in Israele-Palestina, ugualmente mal sopportati da ebrei e musulmani. Ad onor del vero, più di una persona ha telefonato in redazione per conoscere meglio tale iniziativa. Una risposta di don Capovilla sarà pubblicata su MC il prossimo mese.

La coca non è un affare… privato

Cari missionari,
vedo con piacere che il dottor Sandro Calvani continua a collaborare attivamente con la vostra redazione. Ho molta stima di quest’uomo: per me era già un personaggio speciale all’inizio degli anni ‘80, quando, invitato dai direttori dei centri missionari diocesani di Fano e Urbino, veniva a parlarci delle sue esperienze in Etiopia e far conoscere il mondo del  volontariato internazionale.
La scorsa estate l’ho rivisto, dopo tanto tempo, in televisione (Superquark Rai Uno 23/8/07) e spero che tante altre persone abbiano ascoltato il messaggio che, dalla martoriata Colombia, ha rivolto a tutti gli italiani: siamo il paese dove il consumo di cocaina sta aumentando più velocemente; tale consumo, oltre a devastare i cervelli e arrecare danni incalcolabili alla nostra salute ed economia (pensiamo a ciò che accade quando un cocainomane si mette alla guida di un automezzo…), sta portando la Colombia al collasso ecologico: per coltivare la coca, vengono spazzate via decine di migliaia di chilometri quadrati di foresta equatoriale e, per raffinarla, si usano sostanze chimiche che inquinano fiumi, laghi e falde con conseguenze irreparabili per tutto l’ecosistema.
Alla voce di Calvani si è unita quella di un capo indio: anche lui ha ribadito il concetto che chi si droga, in Europa e altri paesi cosiddetti sviluppati, contribuisce al degrado dell’Amazzonia colombiana, boliviana, peruviana, brasiliana e deve smetterla; deve smettere di pensare al consumo di stupefacenti come a un fatto privato!
Mi auguro che le parole di Calvani, del capo indio e di coloro che li hanno intervistati siano prese in attenta considerazione anche dai nostri legislatori, magistrati, avvocati, deputati e senatori, specie da quelli che si definiscono… verdi. Spero che il verde che sono impegnati a difendere sia quello delle foreste naturali, non quello delle piantagioni di coca. Difenderli tutti e due non è possibile: la storia raccontata della Colombia lo insegna.
Il discorso vale anche per i paesi asiatici produttori di marijuana e papavero da oppio (Afghanistan, Birmania, Laos, Thailandia) perché anche lì droga vuol dire deforestazione, perdita del patrimonio di biodiversità, degrado delle risorse idriche, dissesto del territorio… oltre che, manco a dirlo, allontanamento delle prospettive di riconciliazione e di pace. No, cari amici verdi, anticapitalisti e no global: non è possibile far coesistere antiproibizionismo e impegno ecologista, così come non è possibile conciliare il libero commercio degli armamenti con la pace.
No, cari amici della sinistra alternativa: non si può fare opposizione credibile ed efficace al neoliberismo se si rinuncia all’opzione fondamentale per la non violenza (che vuol dire, tra l’altro, no all’abortismo, agli atti di teppismo e vandalismo…), e all’opzione fondamentale per la sobrietà, che vuol dire anche no all’alcornol e no alla droga, pesante e leggera.
Sono d’accordo con voi quando criticate la Legge Biagi, il Pacchetto Treu e l’estealizzazione (ultimo elegante modo per non dire – o dire senza creare troppa apprensione – che anche chi ha un contratto a tempo indeterminato può ritrovarsi precario, sottoccupato, disoccupato…); lo sono anche quando invocate pene più severe per chi incendia i nostri boschi e uccide i nostri orsi, lupi, delfini, tartarughe; non lo sono invece quando dite che drogarsi non è un reato.
Ci sono tanti modi per provocare la morte dei boschi e del mare, uomini e animali. Dopo aver visto e sentito Calvani e il capo indio della Colombia, non vedo per quale motivo dovrei considerare la cocainomania meno grave – anche sotto il profilo delle ricadute ecologiche – della piromania e il consumatore di sostanze stupefacenti prodotte e magari anche raffinate in un paese asiatico, africano e latinoamericano, meno colpevole degli scellerati che a Peschici e a Patti (senza dimenticare gli incendi in Grecia, Spagna, Portogallo, Australia, Califoia…) hanno provato tanto lutto e tanta distruzione.
Grazie per l’attenzione.
Silvano Montenigri
Fano (PU)

OCCHIO A… FRUTTA E VERDURA

Spett.le Redazione,
sono meravigliato che una rivista come Missioni Consolata possa ospitare un articolo sugli antiparassitari, come quello pubblicato sul n. 9 di settembre 2007, senza sentire il dovere di pubblicare contemporaneamente un altro articolo in contrapposizione a quante ragioni ci sarebbero a smentita dei cata- strofisti di professione e da parte di esperti di notorietà nazionale e internazionale! Non si può spaventare la gente con un quadro così terrificante, come è evidenziato nell’articolo!
La frutta e la verdura fanno bene alla salute (lo dicono gli esperti, lo dicono tutti), e, grazie anche ad esse, l’età media della vita degli italiani è aumentata notevolmente; e questo vorrà dire pure qualcosa, con buona pace di chi, incredibilmente, voleva (e vuole) bandire la chimica dai campi.  Tra l’altro, frutta e verdura di produzione italiana sono considerate (e non sono io a dirlo) tra quelle più sicure in Europa. Certo, ci sono e ci saranno sempre dei casi di chi produce, colpevolmente, non secondo regole e coscienza. Ma questo è un altro discorso. Cordiali saluti.
Ottavio Molinaroli
San Giovanni Lupatoto (VR)

Gentile sig. Molinaroli,
è del tutto estraneo al nostro pensiero il concetto di bandire frutta e verdura della nostra tavola: esse apportano vitamine, oligoelementi e fibre, essenziali per la nostra salute; in questo senso, non possiamo che essere concordi con lei.
Pur nel rispetto della sua opinione, ci permettiamo di dissentire sulla sua difesa dell’uso della chimica in agricoltura, uso talvolta del tutto privo di controllo, correttezza e buon senso. La chimica ha sicuramente contribuito al progresso dell’uomo in molti settori, compreso quello farmaceutico. È innegabile l’aiuto dato da molti composti nell’eliminazione o limitazione di certe patologie, ma si tratta appunto di patologie, per le quali l’uso di un farmaco è mirato. Con la frutta e la verdura trattate con fitofarmaci, ci ritroviamo ad assumere inconsapevolmente delle sostanze chimiche presenti in tali alimenti e queste sostanze non solo non hanno lo scopo di preservare la nostra salute, ma molto spesso la possono danneggiare. Chi può garantire che tracce di pesticidi, una volta nel nostro organismo, non provochino patologie imprevedibili? Nessuno! Inoltre, perché rischiare di ammalarci con frutta e verdura trattate, solo per favorire gli interessi di certe multinazionali, nonché di agricoltori e commercianti senza scrupoli?
È da considerare, poi, che l’uso dei fitofarmaci in agricoltura non si è rivelato quella panacea per tutti i mali, che alcuni scienziati (spesso al soldo delle multinazionali dei pesticidi) ostentano nelle loro pubblicazioni. Basta dare uno sguardo ai risultati di certe ricerche, come quelle condotte per conto dell’Indian Council for Agricoltural Research, le quali sono giunte alla conclusione che in India, nonostante il massiccio impiego di pesticidi, attualmente il 35% del raccolto risulta danneggiato, mentre negli anni precedenti all’uso di tali sostanze, la percentuale di prodotti danneggiati oscillava tra il 5% e il 10%. Inoltre, a seguito dell’uso dei pesticidi, si sono moltiplicate le varietà di insetti nocivi; ad esempio, gli infestanti del riso sono passati da 40 specie nel 1920 a 299 nel 1992, grazie al fenomeno della resistenza ai prodotti chimici. E tutto questo, nonostante la produzione e l’impiego dei pesticidi siano continuati ad aumentare.
Ciò che auspichiamo è una maggiore informazione sul trattamento che i prodotti ortofrutticoli hanno subito, perché il cittadino ha il diritto di sapere cosa mette in tavola e, soprattutto, di tutelare la propria salute a partire da una scelta ragionata al momento dell’acquisto. In ogni caso, ci pare oltremodo discutibile anteporre alla salute delle persone gli interessi economici dei produttori e commercianti sia dei pesticidi che dei prodotti ortofrutticoli con essi trattati. Cordiali saluti.
Dr. Roberto Topino
Dr.ssa Rosanna Novara




CARI MISSIONARI

Il 5 per mille
(trasparente)

Spett. Direzione,
In questi giorni i giornali hanno riportato i dati della destinazione del 5 per milla. Avendo destinato la mia parte al «nostro» Istituto, mi farebbe piacere che, in un prossimo numero della rivista, sia data notizia dell’importo totale devoluto.
Grazie per l’attenzione e complimenti.
Giovanni Pirovano
Via e-mail

UN SENTITO GRAZIE a tutti coloro che generosamente hanno devoluto nel 2006 a favore della nostra Fondazione Missioni Consolata Onlus il 5 per mille dell’imposta sul loro reddito dichiarato per l’anno 2005.
Informiamo i nostri gentili lettori che le preferenze pubblicate nell’elenco definitivo dell’Agenzia delle Entrate sono state di n. 2.770 per un importo complessivo di  95.578,26 Euro. Tale importo è destinato ai vari progetti di aiuti umanitari nelle nostre missioni sparse nel mondo.
Nella speranza che, anche per l’anno in corso, ci siano state nuovamente così tante preferenze per la destinazione del 5 per mille, ringraziamo tutti per questo grande gesto di solidarietà e cordialmente vi salutiamo.
rag. Guido Filipello,
Amministratore
MC Onlus

Lettera al Padreterno

Eteo Padre,
mi dispiace scomodarti per un problema che non riesco a risolvere; e tu sai quanto sia tosta a portare avanti le lotte per la pace e aiutare tutti. Si tratta del trasferimento dalla sperduta missione di Matiri, nel cuore del Tharaka in Kenya, di padre Orazio Mazzucchi, quel grande missionario dall’accento lombardo, accompagnato da un simpatico intercalare anglosassone che accarezza le parole di chi gli sta di fronte.
Il mio pensiero va in particolare ai tanti bambini che vivono nel circondario della missione, che seguono il padre come se fossero la sua ombra. Mi pare di vederli quando la domenica se ne stanno seduti sulle panche di legno ad ascoltarlo silenziosi e immobili, attratti dalla lettura del vangelo nella loro lingua. Quanta folla e quanto entusiasmo nonostante il lungo percorso, a volte di chilometri a piedi, per raggiungere quella chiesetta e partecipare alla messa celebrata da padre Orazio.
Dopo la lunga funzione si ritrovano tutti sul sagrato, punto d’incontro per raccontarsi le notizie della settimana. I ragazzini sperano di trovare qualche wasungu di passaggio alla missione, che estragga dalle tasche qualche caramella, che resta in bocca e nella mente il più possibile. Noi qui, dall’altra parte del mondo, seguiamo questi bambini, indirizzando le nostre forze in adozioni a distanza e aiuti concreti, coinvolgendo più gente possibile come se si trattasse dei figli di Noela e i miei tantissimi nipotini. In questa missione ai limiti del mondo, hanno meno di niente e penso che per il loro necessario basterebbe il nostro superfluo.
Padre Orazio ha già fatto molto. Sta portando a termine il progetto che doterà il villaggio di acqua. Un lavoro immenso che sta per concludere come ha fatto per la costruzione dell’ospedale, opera realizzata attraverso il volontariato dei medici di Ferrara.
Ho nelle orecchie la preghiera dei bambini, il «Baba yetu», che implora il tuo aiuto affinché tu consenta di far restare con loro il bravo padre Orazio, in quella missione di frontiera. Privati della sua presenza si sentirebbero degli orfani, come soffrirebbero pure quelli che giacciono inerti nei lettini bianchi dell’ospedale, nato per salvare i loro corpicini provati da fame e malattie. Le loro anime sono già state redente.
Anch’io ti prego con tutta la fede che ho nel cuore, grande Baba yetu: Padre nostro che stai nei cieli, fai in modo che resti a Matiri nella sua e nostra missione. Mi risponderai di mettermi in fila, rivolgendomi al tuo segretario, padre F. C. a Nairobi. Col cuore colmo di speranza proverò a comporre il 34618000000000… per sentire la voce amica che mi offra il suo ascolto, come sempre il capo tra le mani e la pazienza infinita e poi ti trasmetterà la mia domanda per la firma.
Ti supplico di ripensare al suo provvedimento di trasferimento, se questo non fosse proprio possibile, sono certa che tu farai del tuo meglio, affinché un altro tuo servitore possa garantire la continuità a parità di entusiasmo, esperienza, capacità e grande lavoro quasi portato a termine dal nostro missionario.
Grazie, Signore, supremo Dio del cielo e della terra, confido fiduciosa di ottenere una tua favorevole risposta attraverso il tuo insostituibile segretario. Tua fedelissima e devotissima
Ines Levi
Milano

Ha fatto bene, signora Ines, a indirizzare la sua lettera a colui che guida tutta la nostra storia, e non al direttore della nostra rivista, che in problemi del genere non ha alcuna voce in capitolo. Siamo sicuri che anche nel caso da lei sottoposto egli saprà risolvere la faccenda, tramite il suo ottimo «segretario», nel modo migliore sia per padre Orazio che per la comunità in cui lavora da tanti anni.
Da parte nostra ringraziamo di cuore per la stima e la solidarietà che continuate a dimostrare verso il nostro caro confratello e la sua dedizione missionaria.

 Speciale «Donne…»
(anche alla RAI)

Caro Direttore,
sebbene con ritardo, vorrei esprimere la mia gratitudine a tutti voi per il magnifico numero monografico di ottobre: è un piacere imparare nuove cose, basate sul realismo, ma animate dalla fiducia e dalla speranza.
Un saluto cordiale.
Alessandra Verde
Torino

Grazie anche a lei, signora Alessandra, che ha contribuito al successo del numero speciale con la traduzione di vari testi.
Il 25 ottobre 2007, Radio3, nella rubrica «Uomini e profeti» (www.radio.rai.it/podcast/A0020228.mp3), lo ha definito «numero molto bello, da recuperare». Per chi fosse interessato, abbiamo ancora copie disponibili.

Una madre speciale

Egregio Direttore,
ringrazio per il prezioso servizio svolto da Missioni Consolata con competenza e profondità dei contenuti. Purtroppo la rivista ha perso un’assidua e interessata lettrice quale è stata mia madre: da anni e ogni mese la sfogliava indicandomi qualche articolo importante, a suo parere, da prendere in considerazione.
Le dolorose sofferenze, che l’hanno afflitta dal mese di gennaio le ha offerte, in particolare, per i missionari impegnati nella diffusione del bene nel mondo.
Sicuramente ora è nella gioia e può aiutare più di prima, non solo i familiari, ma anche tutti coloro che lei sosteneva in varie forme nelle loro opere di solidarietà, assistenza, diffusione della cultura.
Affido la carissima mamma a qualche missionario, affinché la ricordi nella preghiera. Ringrazio e porgo i più cordiali saluti.
Milva Capoia
Collegno (TO)

Grazie, signora Milva, per la testimonianza sulla sua mamma (vedi riquadro). La ricorderemo in modo speciale al Signore, come facciamo ogni giorno per i sostenitori del nostro lavoro missionario. Siamo certi che anche  lei dal cielo continuerà a sostenerci.

Lettore… devoto

Egregio Direttore,
sono un lettore di Missioni Consolata, che ricevo da mio figlio, prete diocesano, e che leggo con vero entusiasmo e di cui condivido pienamente i contenuti. Essendo nato a Torino, sono un devoto della Madonna Consolata, dove negli anni ‘50 conoscevo il rettore del santuario. Pur essendo impegnato con diverse associazioni nella lotta contro la fame e per lo sviluppo dei popoli, vorrei potere aiutare, sia pure con piccole offerte, i vostri missionari che stanno svolgendo lavori meravigliosi e concreti nei paesi poveri, sia nel campo dell’evangelizzazione che dello sviluppo. Per questo chiedo di mandarmi dei moduli Ccp prestampati.
Una preghiera alla Consolata per tutta la mia famiglia e i più cordiali saluti.
Eugenio Ceruti
Conegliano (TV)

Il suo «entusiasmo» e la sua devozione alla Consolata ci incoraggiano a continuare nel nostro lavoro, sia qui in redazione che nei vari continenti dove sono presenti i nostri confratelli.

INDIMENTICABILE MADRE

Venerdì 14 settembre 2007, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, è scomparsa la mia carissima mamma, Cleofe Scapin, che leggeva regolarmente Avvenire, La Vita del Popolo, Famiglia Cristiana, La Voce del Popolo, Il Nostro Tempo, Città Nuova, Popoli e Missione e Missioni Consolata ai quali sono abbonata. Non mi dilungo sul dolore dei figli e tutti i parenti per tale perdita, quanto sulle specialissime qualità che l’hanno caratterizzata come mamma premurosa, sposa fedele, donna coraggiosa e dignitosa, coltivatrice con il «pollice verde», instancabile riparatrice di tutto, dagli indumenti ai mobili, persona generosa e attenta alle necessità degli altri, cristiana coerente e dalla fede profonda e incrollabile. Tali qualità e altro hanno reso la convivenza con lei un particolare privilegio di cui essere orgogliosi e da onorare.
Fin da giovane ha dovuto affrontare problemi di salute di ogni genere, che l’hanno accompagnata nel corso di tutta la vita. Tali problemi non le hanno impedito di occuparsi dei familiari e della casa, con volontà sovrumana e ininterrotto spirito di dedizione, non privo di sofferenze fisiche e anche morali, a causa di qualche incomprensione. Con un coraggio inaudito, infatti, ha mirato al miglioramento delle condizioni di vita dei suoi cari, promuovendo, fra l’altro, l’istruzione dei figli e l’acquisto dell’abitazione. Ha conservato sempre il piacere per l’ordine, la cura degli ambienti e delle cose, consapevole del loro valore e della loro rilevanza estetica.
Ha ereditato dalla terra veneta in cui era nata l’interesse e il piacere per i fiori e piante con cui aveva riempito balconi, veranda e davanzali, occupandosene tutti i giorni con particolare perizia e garantendo a molte una durata pluriennale impensabile. Alcune varietà di gerani sono ancora quelle portate dal Veneto, nell’avventuroso viaggio del 1951.
N on aveva potuto studiare da giovane per le condizioni di povertà della famiglia d’origine, ma ha coltivato permanentemente la curiosità per la cultura, l’interesse per l’approfondimento dei problemi e l’analisi delle situazioni socio-politiche attraverso la lettura di quotidiani, riviste e testi; spesso utilizzava le ore nottue per leggere i libri che i figli avevano portato a casa dalla biblioteca scolastica e che dovevano essere restituiti al più presto. Tale attività di documentazione le ha consentito di fornire suggerimenti e indicazioni ai figli per iniziative di formazione e aggioamento per migliorare la loro professione.
Ha mantenuto sempre un radicato senso del dovere nei confronti dei familiari, dei vicini di casa, delle istituzioni pubbliche, della parrocchia e della chiesa, insegnando a essere puntuali e precisi negli impegni, nei pagamenti, nel sostegno morale ed economico in caso di difficoltà; ha tenuto per moltissimi anni, tra l’altro, contatti con alcuni missionari dell’India, inviando loro regolarmente aiuti in denaro.
La salute precaria e le avversità non le hanno compromesso la dignità con cui le ha affrontate, la finezza e delicatezza dei sentimenti, nobiltà d’animo valorizzata dalla purezza di cuore e fede incrollabile; è stato un suo motto «mai disperare», sostenuto dalla certezza che la fede e la preghiera operano miracoli e trasformano il mondo.
Pur con le lacrime e il cuore lacerato non posso non ringraziare Dio per averla avuta accanto a lungo, per aver condiviso progetti e sofferenze, per aver superato insieme tante difficoltà, per la sua presenza che ora continua in cielo, nel cuore e della ricerca quotidiana di essere all’altezza ed erede degna di tale meraviglioso esempio.
Milva Capoia




Cari missionari

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Conoscere l’Allamano

Caro Direttore,
congratulazioni per la bella rivista, che leggo sempre con tanto interesse e piacere. Ho appena ricevuto il numero di maggio 2007, insieme all’allegato Giuseppe Allamano, bella figura di missionario-fondatore-animatore di anime generose, consacrate e laici.
Vorrei conoscere più a fondo questa bella anima sacerdotale: approfitto dell’invito a pag. 5 dell’allegato, per chiedervi il libro «Così vi voglio».
Da qualche anno mi trovo a Verona, reduce dalla missione in Uganda, dove ho passato una quarantina di anni di vita missionaria. Oggi che si presenta l’occasione, vorrei proprio approfondire la vostra spiritualità, trasmessa «alla buona, ma con tanta incisività» dal beato Giuseppe Allamano. Sarà un lavorare un po’ più da vicino in questa meravigliosa avventura del regno di Cristo.
Padre Luigi Varesco
Verona

Grazie, padre Luigi, per la simpatia verso il nostro fondatore. Le assicuriamo che anche noi della Consolata vediamo in san Daniele Comboni una fonte d’ispirazione per la nostra «avventura» missionaria.

Diamanti… sporchi

Cari Missionari,
ho letto sul n.7/2007 di MC la lettera di Carlo Occhiena e la vostra risposta, relative all’operato della De Beers in Botswana e la joint venture tra la stessa e il governo. Non credo per nulla alla bontà della suddetta operazione, perché, come voi giustamente dite, la De Beers è campione nelle operazioni «diamanti insanguinati».
Per quanto riguarda la Central Kalahari Game Reserve, terra da sempre dei boscimani, oggi riserva, che si trova al centro del Botswana, dal 2002 è in corso una persecuzione da parte del governo, tesa ad allontanare con tutti i modi possibili e legittimi proprietari della terra a beneficio della De Beers e di chi godrà le royalties sull’estrazione dei diamanti.
Sono socia di Survival, l’Ong che difende i popoli tribali del mondo, portando a conoscenza dei propri soci e della società civile i soprusi, violenze, espropriazioni, quando non lo sterminio programmato, che molti gruppi subiscono dal governo del proprio paese o da chi, avendo interessi sulla zona, agisce col beneplacito o la noncuranza del governo stesso.
Ebbene è dal 2002 che è in corso la campagna di sostegno ai boscimani del Kalahari, ma i loro problemi continuano e la loro situazione rimane sempre drammatica. Lo scorso anno l’Unione europea ha pagato una cifra enorme affinché nella riserva venisse inviata l’acqua: il governo del Botswana, infatti, ha fatto distruggere tutte le fonti d’acqua. Il pretesto «ufficiale» del governo per il trasferimento forzato dei boscimani è che, essendo la zona diventata riserva, non è più possibile cacciare: i boscimani preleverebbero troppa selvaggina.
I diamanti della De Beers sono veramente sporchi!
Lelia Zizioli
Conegliano (TV)

La campagna di Survival in difesa dei boscimani e loro diritti continua. Per ulteriori notizie e per partecipare a tale campagna si può consultare il sito: http://italia.survival-inteational.org.

Caro Direttore,
desidero ringraziare per il prezioso servizio che svolge la rivista per aprire la mente e il cuore nei riguardi delle attività e problematiche missionarie; solo l’approfondimento delle questioni consente di conoscere, comprendere e condividere.
Colgo l’occasione per affidare alle preghiere della vostra comunità la mia adorata mamma, che è in precarie condizioni di salute e sta affrontando tante sofferenze… una persona che ha le caratteristiche delineate dalle beatitudini.
Ringrazio e auguro un buon proseguimento.
Milva Capoia
Collegno (TO)

Grazie per la stima e incoraggiamento. Coloro che sostengono il nostro lavoro con i loro sacrifici e preghiere sono sempre presenti nel nostro ricordo al Signore.

Cari Missionari,
ricevo con gioia la vostra rivista. Prego sempre per i missionari. Fino a poco tempo fa potevo inviare offerte per aiutare il loro lavoro; ma adesso non mi è più possibile e faccio fatica a provvedere a me stessa; sono molto malata e presto avrò 90 anni. Però… le preghiere continuano e continueranno sempre, qui… e quando sarò «di là». Grazie ancora e Dio vi benedica.
Giuliana Imperatori
Roma

Da parte nostra continueremo a inviare la rivista: la sua preghiera per i missionari è l’aiuto di cui abbiamo maggiormente bisogno.

Complimenti vari

Cari Missionari,
in questi giorni mi è capitato di leggere da un’amica la vostra rivista e sono rimasta felicemente impressionata. Ho trovato articoli molto interessanti; mi è piaciuto molto in particolare il servizio sul Benin. Devo dire che reportages come questi ormai sono rarissimi nelle riviste italiane, per non dire assenti. Credo che il vostro giornale sia molto di più che una rivista missionaria; è molto ricca in contenuti e in bellissime immagini. Mi piacerebbe leggere altri reportages se fosse possibile.
Stefania Brizzi
Via e-mail

Caro Direttore,
ho avuto l’onore di una sua risposta sul numero 9 di Missioni Consolata. L’ho letta con emozione e, lo ammetto, con una puntina di orgoglio. Devo fare una piccola precisazione, l’articolo è stato letto anche dal mio figliolo minore, e mi ha detto che vi è un errore; io scrivevo «i miei figli non sono dei geni»; lui vi manda questa correzione di suo pugno: «Io sono un genio», firmato Ermanno. Grazie!
Daniela Inzoli
Milano
Spett. Redazione,
da diversi giorni desidero scrivere, ma corri di qua, corri di là, il tempo passa… Voglio complimentarmi con Missioni Consolata, per il dossier sulle bidonvilles nel mondo. Sto leggendo il libro The planet of slums (Il pianeta di slums): una situazione terribile ed è bene che si conosca. Il vostro servizio è molto ben fatto.
Giulio Santosuosso
Caracas, Venezuela

Si può vivere…
senza Tv?

Cari Missionari,
ho letto la lettera di Gionata Visconti, intitolata «Vivere senza Tv… si può» (MC 6/2007, p.7), e vorrei rispondere ad almeno una delle domande da lui poste: «Sapere che in Indonesia, si è rovesciato un autobus causando decine di morti è importante per la mia informazione?».
Io rispondo sì, caro Gionata e cari missionari; rispondo sì perché credo che  sapere di un autobus che è precipitato in un burrone a Giava, di un jumbo jet che si è schiantato contro una montagna a Sumatra, di un altro jumbo che si è incendiato in un aeroporto dell’Angola, di un treno deragliato in Egitto, in India, in Pakistan, in Thailandia, in Russia o nel vicino Montenegro sia importante per voi, per me, per chiunque si riconosca nell’idea di fratellanza universale e, a maggior ragione per chi crede alla fratellanza non solo come a un bel concetto filosofico, ma come a qualcosa di profondamente connaturato all’essere figli di Dio e consanguinei di Cristo.
Sarei un tantino più cauto nel contrapporre la vita felice senza Tv a quella infelice con la Tv… Io concentrerei le critiche sui reality show e altri programmi sciocchi, frivoli, deleteri per l’anima e per il corpo, non sulla Tv in generale.
Sarei più cauto anche a bollare come «cronaca nera», come «spazio rubato alle tante cose buone che accadono, ma di cui nessuno parla», le notizie riguardanti le guerre, il terrorismo, ma anche le calamità naturali, le stragi dei fine settimana sulle strade, le sciagure ferroviarie e aeree. Per me il più delle volte non sono i giornalisti a esagerare, siamo noi che abbiamo un atteggiamento sbagliato verso le notizie. Sta a noi passare dalla tristezza all’indignazione, dall’assuefazione all’impegno, dal pessimismo alla partecipazione…
Francesco Rondina
Fano (PU)

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Cari missionari

Troppa grazia…!

Cari missionari,
grazie per la vostra rivista, per i dossier, le notizie, i servizi, perché fate conoscere l’operato dei vostri missionari.
Grazie per la professionalità, competenza e perché ci dite la verità. Grazie per l’impegno di tutti i vostri missionari. Grazie a voi tutti per l’amore con cui amate l’umanità e la terra! E che Dio vi benedica!
Luisa
Via e-mail

Ringraziamo anche noi!

«Nostra madre terra»

Cari missionari,
grazie per la vostra rivista che mi permette di conoscere la vita e l’opera dei nostri sacerdoti che hanno rinunciato alla loro vita per quella del prossimo.
In riferimento alla rubrica «Nostra madre terra», penso che non sia corretto il nome da voi dato, in quanto noi siamo figli di Dio e così pure tutto il creato.
Michele Petracci
Via e-mail

Certamente siamo tutti figli di Dio; ma non c’è nulla di sconveniente nel chiamare la terra «nostra madre»; lo faceva anche san Francesco: «Laudato si, mi Signore, per sora nostra madre terra, la quale ne sustenta e governa…».

Altri ringraziamenti
e una proposta

Cari missionari,
leggo troppe critiche alla nostra rivista, così mi sono deciso a scrivere questa breve mail per ringraziare tutti voi: i missionari, innanzi tutto, i redattori della splendida rivista che leggo dalla prima all’ultima riga, cercando così di cogliere il senso di ciò che accade intorno a noi. Solo Missioni Consolata riporta notizie del sud del mondo così ben documentate, riflessioni su di noi e la nostra (pseudo) civiltà. Continuate ad arricchire il nostro bagaglio di conoscenza, che tende a essere sempre più scao, limitato, desolatamente vuoto.
Bellissimi, tra i tanti, i servizi «alternativi» sulle frecce tricolore e campi da golf… Apprezzo anche i confronti della rubrica «Battitore libero». A tale proposito, vorrei prendere spunto dal disappunto del sig. Andrea Dovio di Torino, che chiedeva al don Farinella cosa suggerisse di fare per «concretare l’impegno dei cristiani nella vita politica». Io un suggerimento l’avrei, neanche originale: riappropriamoci della preferenza! A qualunque schieramento apparteniamo, rivendichiamo il diritto di cittadini di «scegliere» la persona che più rappresenta i propri ideali.
Continuate con il vostro ottimo lavoro, proclamate il vangelo con ogni mezzo e il Signore vi benedica tutti.
Marco Pesce
Albenga (SV)

P.S. Oggi sono particolarmente contento: il mio terzogenito, Giorgio, 7 anni, mi ha detto che da grande non farà l’attore o il calciatore, ma vuol fare… il prete! Non so se è un segno della vocazione, non oso sperarlo, ma mi sento realizzato come padre. Forse il merito è anche di quelle riviste cristiane e missionarie che, tra le altre, circolano in casa nostra. Vi abbraccio.

Prima di tutto: tanti auguri a Giorgio. Per il resto siamo pienamente d’accordo: se gli italiani avessero potuto scegliere i propri rappresentanti, e non quelli imposti dai partiti, in Senato, Parlamento e governo ci sarebbe meno zavorra.

Minaccia nucleare?

Signor Direttore,
per la seconda volta pubblicate gli ostili articoli della Lano contro Israele. Con quale coraggio pubblicate frasi faeticanti come: «Israele è una minaccia nucleare…» («La bomba di Pulcinella», MC maggio 2007 p. 45).
Israele è una minaccia, non già il mare dittatoriale siriano, iraniano, saudita, egiziano, palestinese, ecc. Non una parola per scoprire le tristi realtà di questi paesi; sempre contro l’unica democrazia del Medio Oriente…
Non merita che gente non libera come la Lano scriva in quella che era una rivista missionaria. Io conosco la rivista da quasi 30 anni… Saluti delusi.
Alfio Tassinari
Cervia (RA)

Le parole incriminate non sono inventate dall’autrice, ma sono una citazione di France Press. Come rivista missionaria, abbiamo sempre scritto (e continueremo a farlo) contro guerre, armi, spese militari, terrorismo, violenza… e contro tutte le ipocrisie camuffate da politically correct.  

Dove va la missione?

Cari missionari,
mi unisco ai numerosi lettori che mandano lettere di dissenso sulla linea, che chiamerei «secolarizzata», della vostra rivista. Purtroppo non è la sola: troppe riviste missionarie vanno in questa direzione.
C’è un gruppo numeroso di missionari sul campo (Asia e Africa) che sta denunciando la situazione. È un grido di dolore che sale dal basso e vuole raggiungere chi ha autorità in materia. I primi firmatari: mons. Ambrogio Ravasi vostro missionario e vescovo in Kenya, il padre comboniano Giovanni Marengoni, e il famosissimo missionario e giornalista padre Piero Gheddo del Pime li appoggia. Il manifesto di questi missionari denuncia: «… dubitare che Cristo sia l’unico e supremo salvatore dell’uomo… la tendenza a sostenere che tutto quello che è carità e promozione umana si possa definire ministero di prima evangelizzazione… il diffondersi dell’idea: missionario uguale operatore sociale, ecc.».
Aggiungo io, da laico, non è specifico compito dei missionari risolvere i problemi dell’acqua, della guerra, della giustizia sociale, della fame, ecc. Il compito specifico del missionario è annunciare Cristo che è la vera salvezza del mondo presente e non solo dell’aldilà. Il missionario annunci, preghi, istruisca, formi, aiuti la crescita integrale della comunità cristiana, ossia costruisca la chiesa. La comunità cristiana poi, in proporzione alla conversione a Cristo, crescendo in fede e opere, risolverà i propri problemi umani e sociali. Pensare che il missionario risolva tutti i problemi della gente è ancora una forma di patealismo e clericalismo.
Un’ultima osservazione: tra la rivista e i fascicoli allegati (vita del beato Allamano), ci sono due concezioni diverse di chiesa. Mi appello al vostro padre generale perché vigili e recuperi il carisma del vostro fondatore, anche per la rivista.
Mario Scodes
Stresa (NO)

La lettera meriterebbe una risposta lunga e approfondita. Mi limito ai punti evidenziati.
Il carisma: il nostro fondatore dice che la missione consiste nel «fare prima uomini e poi cristiani». Per cui «compito specifico» dei missionari è pure la promozione umana. Anche Paolo vi afferma che evangelizzazione e promozione umana (sviluppo, liberazione, giustizia, pace e integrità del creato) sono inseparabili (cf Evangelii nuntiandi 31).
Cristo unico salvatore: non ne abbiamo mai dubitato; anzi, crediamo che sarà anche il nostro unico giudice e ci chiederà conto se lo abbiamo o meno «riconosciuto e servito» quando era affamato, assetato, ignudo, senza tetto, ammalato, in prigione.
Per quanto riguarda i firmatari, so che mons. Ravasi ha fatto costruire anche pozzi, scuole, dispensari e altre opere sociali; padre Marengoni non lo conosco; del «famosissimo missionario» lo sanno tutti, e da tanto tempo, come la pensa.

La sola Verità è amare

Egregio Direttore, mi è or ora giunto l’ultimo numero di Missioni Consolata. Sono abbonata da quasi 17 anni, non per mia scelta, ma in quanto ho adottato a distanza dei bambini con voi. La prima sorpresa si è trasformata in piacere e ora la attendo ogni mese e la leggo con grande interesse.
Per mia consuetudine leggo sempre la «piccola posta» di ogni tipo di pubblicazione, anche le riviste modaiole che circolano fra le mie conoscenze. Preciso che, oltre a voi, sono abbonata solo all’Espresso, per farvi capire le mie idee.
Amo molto leggere; e, come tutti gli atei, mi affascinano le sacre scritture e ne ho una discreta conoscenza, cosa che non ho rilevato in tanti credenti. Spesso vorrei scrivervi, per dare il mio parere o per avere chiarimenti, ma non mi sono mai permessa perché sono acattolica, acristiana, e non riesco a credere in un creatore a mia immagine e somiglianza…
Oggi, però, non so resistere alla tentazione, perché ho letto la lettera «Eresia e sciocchezze», in cui il sig. Pugliese, abbastanza sostenuto, stigmatizzava le vostre scelte editoriali, tacciandovi di populisti, terzomondisti e marxisti. A parte l’ultimo, non mi sembrano aggettivi di cui vergognarsi, ma per lo scrivente, evidentemente lo sono. Insomma a lui non aggradano in Missioni Consolata proprio le cose che me la fanno amare. E come in tutti questi casi, provo un grande timore di fronte a chi si sente la verità nelle mani, la certezza assoluta di essere nel giusto; tanto da temere, per chi non è totalmente in linea con i suoi pensieri, la dannazione dell’anima.
Questa è la religione che mi spaventa: chi sono io per credere di avere la certezza? Ho cresciuto due figli da sola… nell’amore e nel rispetto degli altri. Non sono dei geni, non hanno fatto i milioni, non hanno fior di ragazze, ma sono due bravi figlioli, lavoratori e rispettosi degli altri. Nulla di cui vantarsi, ma essere orgogliosi nel profondo del cuore.
Sarò una povera di spirito, ma se Dio esiste, non è a Roma, o in altri luoghi sacri. È ovunque, più che una figura precisa, è l’anima di noi tutti. Sarò insensibile, ma non lo vedo in chiese o davanti a statue piangenti, ma nel volontariato in case di riposo, che ho fatto per anni. A quelli che, sapendo che ero agnostica dichiarata, mi chiedevano: «Se non credi in Dio, come fai a fare volontariato?», non rispondevo neppure.
Non sto dicendo che la mia è la sola verità universale, che Dio non esiste; sto cercando di spiegare che non lo so, che faccio fatica, che mi sforzo di capire tutti, che tento di non essere cattiva, perché farei del male agli altri, indipendentemente da un premio, sono veramente populista, vero?
La sua risposta è stata giusta e mirata, ma non credo che sarà capita e apprezzata: la modestia è proprio la cosa più difficile da accettare. Scusi le mie frasi un po’ a casaccio, sono poco colta, ma mi vanto di capire chi è pieno di amore e chi invece è pieno di amore solo per se stesso. 
Daniela Inzoli
Milano

Cara Daniela, penso che il Signore ti direbbe che «non sei lontana dal regno di Dio» (Mc 12,34). In un dio «fatto a nostra immagine e somiglianza» non credo neppure io. Al contrario, siamo noi fatti a immagine e somiglianza di Dio; e per sapere come è fatto, cosa pensa, come agisce e ama… basta guardare Gesù Cristo: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,9).




Cari missionari

Diamanti sporchi

Spett.le Redazione,
innanzitutto complimenti per l’ottima rivista, siete davvero un faro in mezzo alla tempesta! Leggervi mi fa sempre venire voglia di «combattere»!
Vorrei segnalarvi questo: su «Venti4uattro», rivista in allegato al Sole 24 Ore di sabato 14 aprile, era riportato un articolo nel quale una nota società, che opera nel commercio e nella lavorazione dei diamanti, veniva elogiata dai giornalisti in quanto, grazie al suo operato, la regione in cui sorge la miniera prospera, le donne trovano lavoro, vengono costruite scuole, gli animali sono protetti, ecc., ecc…
Onestamente la cosa mi suona un po’ come retorica propagandista, forse in contrapposizione ai recenti scandali che il trattato di Kimberley ha tentato di arginare. Vi allego pertanto copia dell’articolo suddetto, per sottoporlo alla vostra competenza che senz’altro è ben più meritoria della mia! Se lo riterrete opportuno, potreste inserire un piccolo dibattito nella rivista…!
Cordiali saluti e… continuate così!
Carlo Occhiena
Genova

La joint venture tra Botswana, dove si trova la miniera citata, e De Beers, la compagnia che vi sfrutta tre miniere diamantifere, viene presentata come modello di cooperazione per lo sviluppo del paese. Speriamo che sia così. Nel passato, però, la suddetta compagnia ha fatto affari con i «diamanti insanguinati», sfruttando e alimentando la guerra in vari paesi africani (Angola, Congo-Zaire, Sierra Leone…). Che «il Kimberley Process abbia azzerato la circolazione dei cosiddetti blood diamonds», come afferma il giornalista, è da dimostrare. Se ne può discutere.

Diamanti… veri

Gentile Direttore,
da quando ho capito che quello di cui ci chiederà conto il Signore sarà cosa avremo fatto per il prossimo sofferente, il mio impegno è rivolto soprattutto verso i missionari, vera punta di diamante della chiesa, che testimoniano il Signore con la parola e con l’esempio. Devo dire che il suo periodico è fra i migliori, se non il migliore, di quelli missionari per la ricchezza di argomenti, la chiarezza e indipendenza nella denuncia dei misfatti e ingiustizie contro i poveri nel mondo.
Mi sorprende molto il fatto che qualche volta ci siano lettori che, solo perché un articolo denuncia la sopraffazione dei potenti e dei ricchi sulla povera gente, tacciano l’autore come comunista, cattocomunista, prete compagno, ecc.
Mi chiedo: «Ma non sono i cristiani quelli che si devono occupare e combattere per primi per la giustizia sociale di aiutare i bisognosi?».
Caro direttore, vada avanti tranquillo, Missioni Consolata dà forza ai coraggiosi e scuote le coscienze degli indifferenti.
Buon lavoro. Con stima.
Dante Bersetti
Montemarciano (AN)

Grazie per la stima e incoraggiamenti! Andremo avanti come sempre, senza guardare né a «destra» né a «sinistra».

Legge sull’amianto

Gentile Redazione,
ho letto e apprezzato l’articolo del dott. Roberto Topino e della dott.sa Rosanna Novara nel numero di Maggio 2007 dal titolo: «Quelle infide fibre d’amianto». Nell’articolo, a proposito delle coperture in eternit, è scritto che,    «…. quando i danni del materiale sono evidenti, la legge prevede la bonifica e la sostituzione delle coperture…». Sapreste indicarmi nello specifico quale legge?
Colgo l’occasione per fare i miei complimenti a tutta la redazione e augurarvi un buon proseguimento di lavoro.
Giuseppe D’Amico
Via e-mail

Risponde il dott. Topino: «Si tratta del Decreto ministeriale 06/09/1994. Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto. La legge è molto dettagliata e precisa, purtroppo raramente viene applicata in modo corretto». L’intero testo del «Decreto ministeriale del 06/09/1994» è reperibile su internet.

Uno solo è il maestro

Cari missionari,
anche se non ne hanno bisogno, desidero ugualmente esprimere al dott. Topino e alla dott.sa Novara il mio apprezzamento per il loro dossier «Tira proprio una brutta aria» (M.C. n.2/2007) e la mia solidarietà, dopo le aspre critiche, dall’avvocato di Palermo (cf. M.C. n.4/2007 p.7).
A mio modo di vedere, il chiamarsi Veronesi, Rossi, Bianchi o Topino non dice nulla sul valore di un professionista della sanità e sulla capacità di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita di un individuo, di una città, di una nazione. A fare la differenza non sono i cognomi, numero di libri e articoli pubblicati e, men che meno, quello delle apparizioni televisive, ma le azioni sul campo, i comportamenti quotidiani, la fedeltà al codice deontologico e agli impegni che si sono presi davanti a Dio e alla collettività.
In particolare, chi è medico dovrebbe cercare di mantenersi il più possibile fedele al Giuramento di Ippocrate e, di conseguenza, anche a quel passo che dice: «A chiunque mi chiederà un veleno glielo rifiuterò, come pure mi guarderò dal consigliarglielo. Non darò a nessuna donna dei farmaci antifecondativi o abortivi».
Ora, se il Veronesi a cui fa riferimento l’avv. Cuccia è il professor Umberto Veronesi, luminare di fama internazionale, non mi pare che, almeno per ciò che riguarda aborto e contraccezione, la sua fedeltà al Giuramento di Ippocrate sia il non plus ultra. Al contrario, innumerevoli sono state le volte che è intervenuto per esprimere la sua posizione favorevole all’interruzione volontaria della gravidanza, all’uso delle pillole abortive (come la devastante RU 486, prodotta, guarda caso, da quella stessa Roussel Uclaf che, durante la II Guerra mondiale, metteva a disposizione dei nazisti le sostanze tossiche da impiegare nelle camere a gas, che causarono la morte di centinaia di migliaia di innocenti…), favorevole alla sperimentazione con cellule staminali ricavate da embrioni umani appositamente uccisi.
Ora, se c’è la libertà, per chi porta cognomi così altisonanti, di esprimere queste convinzioni, immagino ci sia anche quella di dire che per un cattolico che vuol restare fedele a Cristo, al vangelo, alla legge naturale e al magistero della chiesa, un uomo come il pur rispettabilissimo prof. Veronesi non può costituire un punto di riferimento affidabile.
Quindi, se il prof. Veronesi non possiamo considerarlo un buon maestro per ciò che riguarda la tutela della vita nascente, se non ci piacciono le sue posizioni in materia di eutanasia, perché dovremmo considerarlo infallibile quando si pronuncia su altri temi, quali le polveri sottili e i cambiamenti climatici?
Per me, Veronesi (potrei dire anche Zichichi, Dulbecco, Levi Montalcini, Rubbia) è una persona come tante altre, che ora dice cose giuste, ora meno giuste. È allo Spirito Santo che dobbiamo affidarci per esercitare la difficile, ma irrinunciabile, arte del discernimento. Solo lo Spirito Santo può condurci alla verità tutta intera.
Domenico Di Roberto Ancona

Diciamo NO … ai nuovi Claudio e nuovi Torlonia

Dopo aver letto le affermazioni dell’avvocato palermitano sugli anandroecologisti che, secondo lui, «se ci fossero stati al tempo dei romani non avremmo il Colosseo e l’acquedotto», desidero fare alcuni rilievi.
1° Gli ecologisti non hanno mai avuto nulla in contrario agli acquedotti; anzi, sono in prima linea nel denunciare le carenze delle reti idriche (abbiamo acquedotti che perdono fino al 70% dell’acqua) e nel chiedere che i fondi per le grandi opere pubbliche vengano innanzitutto impiegati per garantire un’efficiente distribuzione dell’acqua potabile.
2° Se è vero che gli acquedotti costruiti dai romani godono dell’ammirazione universale, è altrettanto vero che non tutte le opere idrauliche da essi realizzate furono cose buone e giuste. Mi riferisco ad esempio agli sciagurati interventi sul Fucino, le cui disgrazie, come ci racconta Tacito nei suoi Annales, iniziarono proprio sotto gli imperatori romani, in particolare sotto Claudio. Il disastro fu poi completato nella seconda metà del xix secolo dal banchiere Alessandro Torlonia.
Per molto tempo si è creduto che il prosciugamento del Fucino (per estensione era il terzo lago italiano) fosse una cosa oltremodo necessaria; ricordo benissimo gli anni in cui i testi scolastici tessevano le lodi del principe Torlonia e degli uomini che lavorarono per trasformare la grande conca in una zona agricola di pregio, dopo averla liberata dalle zanzare, dalla malaria, ecc… Poi, uno studio più attento degli scrittori classici e l’evoluzione di una coscienza civile, meno succube dei miti del passato, hanno aiutato a capire che gli interventi sul Fucino furono un gravissimo errore, perché costarono la perdita di un patrimonio idrico, biologico e naturalistico di incalcolabile valore. Tra l’altro, è falso che le acque del povero lago fossero sozze e malsane. Virgilio, per esempio, parla di «vitrea unda» (onda cristallina) del Fucino (Eneide vii,759) e i curatori del Dizionario enciclopedico italiano assicurano che, prima di essere strapazzato dagli uomini, il Fucino «non era affatto un lago malarico». Esondazioni, febbri e altri problemi legati alla presenza del Lago Fucino erano solo conseguenza degli abusi patiti dal territorio nel corso dei secoli.
3° Il Colosseo non è solo una grande opera architettonica di indiscutibile originalità. È anche il luogo dove migliaia di persone venivano barbaramente uccise o fatte uccidere dalle belve (che a loro volta morivano tra atroci sofferenze per soddisfare gli insaziabili capricci dei potenti di Roma), perché si rifiutavano di tributare agli imperatori quell’adorazione che credevano di dover riservare solo al Dio di Gesù Cristo. Se il loro martirio ci ha insegnato qualcosa, cerchiamo anche noi di dare sempre a Dio quel che è di Dio, negando ai modei Cesari quel che non è e non potrà mai essere dei Cesari. E, quando vediamo l’immagine del Colosseo impressa sul retro della monetina da 0.05 euro, ricordiamoci che si tratta pur sempre di opere di uomo e che Dio sa fare di meglio, di molto meglio.

Pensiamo a tutte le stragi inutili di uomini e animali che provochiamo in nome delle grandi opere pubbliche, dello sviluppo, della ricerca scientifica, ma anche in nome della sicurezza, lotta al terrorismo e difesa della nostra civiltà.
Ristabiliamo rapporti corretti con il mondo naturale e con i nostri simili, vicini e lontani. Diciamo NO ai nuovi Claudio e nuovi Torlonia, che pretendono di trattare laghi, fiumi, montagne, foreste, abissi oceanici, spazi aerei… come se fossero loro proprietà privata.
Francesco Rondina
Fano (PU)




Cari missionari

Diamanti sporchi

Spett.le Redazione,
innanzitutto complimenti per l’ottima rivista, siete davvero un faro in mezzo alla tempesta! Leggervi mi fa sempre venire voglia di «combattere»!
Vorrei segnalarvi questo: su «Venti4uattro», rivista in allegato al Sole 24 Ore di sabato 14 aprile, era riportato un articolo nel quale una nota società, che opera nel commercio e nella lavorazione dei diamanti, veniva elogiata dai giornalisti in quanto, grazie al suo operato, la regione in cui sorge la miniera prospera, le donne trovano lavoro, vengono costruite scuole, gli animali sono protetti, ecc., ecc…
Onestamente la cosa mi suona un po’ come retorica propagandista, forse in contrapposizione ai recenti scandali che il trattato di Kimberley ha tentato di arginare. Vi allego pertanto copia dell’articolo suddetto, per sottoporlo alla vostra competenza che senz’altro è ben più meritoria della mia! Se lo riterrete opportuno, potreste inserire un piccolo dibattito nella rivista…!
Cordiali saluti e… continuate così!
Carlo Occhiena
Genova

La joint venture tra Botswana, dove si trova la miniera citata, e De Beers, la compagnia che vi sfrutta tre miniere diamantifere, viene presentata come modello di cooperazione per lo sviluppo del paese. Speriamo che sia così. Nel passato, però, la suddetta compagnia ha fatto affari con i «diamanti insanguinati», sfruttando e alimentando la guerra in vari paesi africani (Angola, Congo-Zaire, Sierra Leone…). Che «il Kimberley Process abbia azzerato la circolazione dei cosiddetti blood diamonds», come afferma il giornalista, è da dimostrare. Se ne può discutere.

Diamanti… veri

Gentile Direttore,
da quando ho capito che quello di cui ci chiederà conto il Signore sarà cosa avremo fatto per il prossimo sofferente, il mio impegno è rivolto soprattutto verso i missionari, vera punta di diamante della chiesa, che testimoniano il Signore con la parola e con l’esempio. Devo dire che il suo periodico è fra i migliori, se non il migliore, di quelli missionari per la ricchezza di argomenti, la chiarezza e indipendenza nella denuncia dei misfatti e ingiustizie contro i poveri nel mondo.
Mi sorprende molto il fatto che qualche volta ci siano lettori che, solo perché un articolo denuncia la sopraffazione dei potenti e dei ricchi sulla povera gente, tacciano l’autore come comunista, cattocomunista, prete compagno, ecc.
Mi chiedo: «Ma non sono i cristiani quelli che si devono occupare e combattere per primi per la giustizia sociale di aiutare i bisognosi?».
Caro direttore, vada avanti tranquillo, Missioni Consolata dà forza ai coraggiosi e scuote le coscienze degli indifferenti.
Buon lavoro. Con stima.
Dante Bersetti
Montemarciano (AN)

Grazie per la stima e incoraggiamenti! Andremo avanti come sempre, senza guardare né a «destra» né a «sinistra».

Legge sull’amianto

Gentile Redazione,
ho letto e apprezzato l’articolo del dott. Roberto Topino e della dott.sa Rosanna Novara nel numero di Maggio 2007 dal titolo: «Quelle infide fibre d’amianto». Nell’articolo, a proposito delle coperture in eternit, è scritto che,    «…. quando i danni del materiale sono evidenti, la legge prevede la bonifica e la sostituzione delle coperture…». Sapreste indicarmi nello specifico quale legge?
Colgo l’occasione per fare i miei complimenti a tutta la redazione e augurarvi un buon proseguimento di lavoro.
Giuseppe D’Amico
Via e-mail

Risponde il dott. Topino: «Si tratta del Decreto ministeriale 06/09/1994. Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto. La legge è molto dettagliata e precisa, purtroppo raramente viene applicata in modo corretto». L’intero testo del «Decreto ministeriale del 06/09/1994» è reperibile su internet.

Uno solo è il maestro

Cari missionari,
anche se non ne hanno bisogno, desidero ugualmente esprimere al dott. Topino e alla dott.sa Novara il mio apprezzamento per il loro dossier «Tira proprio una brutta aria» (M.C. n.2/2007) e la mia solidarietà, dopo le aspre critiche, dall’avvocato di Palermo (cf. M.C. n.4/2007 p.7).
A mio modo di vedere, il chiamarsi Veronesi, Rossi, Bianchi o Topino non dice nulla sul valore di un professionista della sanità e sulla capacità di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita di un individuo, di una città, di una nazione. A fare la differenza non sono i cognomi, numero di libri e articoli pubblicati e, men che meno, quello delle apparizioni televisive, ma le azioni sul campo, i comportamenti quotidiani, la fedeltà al codice deontologico e agli impegni che si sono presi davanti a Dio e alla collettività.
In particolare, chi è medico dovrebbe cercare di mantenersi il più possibile fedele al Giuramento di Ippocrate e, di conseguenza, anche a quel passo che dice: «A chiunque mi chiederà un veleno glielo rifiuterò, come pure mi guarderò dal consigliarglielo. Non darò a nessuna donna dei farmaci antifecondativi o abortivi».
Ora, se il Veronesi a cui fa riferimento l’avv. Cuccia è il professor Umberto Veronesi, luminare di fama internazionale, non mi pare che, almeno per ciò che riguarda aborto e contraccezione, la sua fedeltà al Giuramento di Ippocrate sia il non plus ultra. Al contrario, innumerevoli sono state le volte che è intervenuto per esprimere la sua posizione favorevole all’interruzione volontaria della gravidanza, all’uso delle pillole abortive (come la devastante RU 486, prodotta, guarda caso, da quella stessa Roussel Uclaf che, durante la II Guerra mondiale, metteva a disposizione dei nazisti le sostanze tossiche da impiegare nelle camere a gas, che causarono la morte di centinaia di migliaia di innocenti…), favorevole alla sperimentazione con cellule staminali ricavate da embrioni umani appositamente uccisi.
Ora, se c’è la libertà, per chi porta cognomi così altisonanti, di esprimere queste convinzioni, immagino ci sia anche quella di dire che per un cattolico che vuol restare fedele a Cristo, al vangelo, alla legge naturale e al magistero della chiesa, un uomo come il pur rispettabilissimo prof. Veronesi non può costituire un punto di riferimento affidabile.
Quindi, se il prof. Veronesi non possiamo considerarlo un buon maestro per ciò che riguarda la tutela della vita nascente, se non ci piacciono le sue posizioni in materia di eutanasia, perché dovremmo considerarlo infallibile quando si pronuncia su altri temi, quali le polveri sottili e i cambiamenti climatici?
Per me, Veronesi (potrei dire anche Zichichi, Dulbecco, Levi Montalcini, Rubbia) è una persona come tante altre, che ora dice cose giuste, ora meno giuste. È allo Spirito Santo che dobbiamo affidarci per esercitare la difficile, ma irrinunciabile, arte del discernimento. Solo lo Spirito Santo può condurci alla verità tutta intera.
Domenico Di Roberto Ancona

Diciamo no … ai nuovi Claudio e nuovi Torlonia

Dopo aver letto le affermazioni dell’avvocato palermitano sugli anandroecologisti che, secondo lui, «se ci fossero stati al tempo dei romani non avremmo il Colosseo e l’acquedotto», desidero fare alcuni rilievi.
1° Gli ecologisti non hanno mai avuto nulla in contrario agli acquedotti; anzi, sono in prima linea nel denunciare le carenze delle reti idriche (abbiamo acquedotti che perdono fino al 70% dell’acqua) e nel chiedere che i fondi per le grandi opere pubbliche vengano innanzitutto impiegati per garantire un’efficiente distribuzione dell’acqua potabile.
2° Se è vero che gli acquedotti costruiti dai romani godono dell’ammirazione universale, è altrettanto vero che non tutte le opere idrauliche da essi realizzate furono cose buone e giuste. Mi riferisco ad esempio agli sciagurati interventi sul Fucino, le cui disgrazie, come ci racconta Tacito nei suoi Annales, iniziarono proprio sotto gli imperatori romani, in particolare sotto Claudio. Il disastro fu poi completato nella seconda metà del xix secolo dal banchiere Alessandro Torlonia.
Per molto tempo si è creduto che il prosciugamento del Fucino (per estensione era il terzo lago italiano) fosse una cosa oltremodo necessaria; ricordo benissimo gli anni in cui i testi scolastici tessevano le lodi del principe Torlonia e degli uomini che lavorarono per trasformare la grande conca in una zona agricola di pregio, dopo averla liberata dalle zanzare, dalla malaria, ecc… Poi, uno studio più attento degli scrittori classici e l’evoluzione di una coscienza civile, meno succube dei miti del passato, hanno aiutato a capire che gli interventi sul Fucino furono un gravissimo errore, perché costarono la perdita di un patrimonio idrico, biologico e naturalistico di incalcolabile valore. Tra l’altro, è falso che le acque del povero lago fossero sozze e malsane. Virgilio, per esempio, parla di «vitrea unda» (onda cristallina) del Fucino (Eneide vii,759) e i curatori del Dizionario enciclopedico italiano assicurano che, prima di essere strapazzato dagli uomini, il Fucino «non era affatto un lago malarico». Esondazioni, febbri e altri problemi legati alla presenza del Lago Fucino erano solo conseguenza degli abusi patiti dal territorio nel corso dei secoli.
3° Il Colosseo non è solo una grande opera architettonica di indiscutibile originalità. È anche il luogo dove migliaia di persone venivano barbaramente uccise o fatte uccidere dalle belve (che a loro volta morivano tra atroci sofferenze per soddisfare gli insaziabili capricci dei potenti di Roma), perché si rifiutavano di tributare agli imperatori quell’adorazione che credevano di dover riservare solo al Dio di Gesù Cristo. Se il loro martirio ci ha insegnato qualcosa, cerchiamo anche noi di dare sempre a Dio quel che è di Dio, negando ai modei Cesari quel che non è e non potrà mai essere dei Cesari. E, quando vediamo l’immagine del Colosseo impressa sul retro della monetina da 0.05 euro, ricordiamoci che si tratta pur sempre di opere di uomo e che Dio sa fare di meglio, di molto meglio.

P ensiamo a tutte le stragi inutili di uomini e animali che provochiamo in nome delle grandi opere pubbliche, dello sviluppo, della ricerca scientifica, ma anche in nome della sicurezza, lotta al terrorismo e difesa della nostra civiltà.
Ristabiliamo rapporti corretti con il mondo naturale e con i nostri simili, vicini e lontani. Diciamo NO ai nuovi Claudio e nuovi Torlonia, che pretendono di trattare laghi, fiumi, montagne, foreste, abissi oceanici, spazi aerei… come se fossero loro proprietà privata.
Francesco Rondina
Fano (PU)




Cari missionari …

Avanti «in Domino»!

Gentile Direttore,
da quando ho capito che quello di cui ci chiederà conto il Signore sarà cosa abbiamo fatto per il prossimo sofferente, il mio impegno è rivolto soprattutto verso i missionari, vera punta di diamante della chiesa, che testimoniano il Signore con la parola e con l’esempio. Devo dire che il suo periodico è fra i migliori, se non il migliore, di quelli missionari per la ricchezza di argomenti, la chiarezza e indipendenza nella denuncia dei misfatti e ingiustizie contro i poveri nel mondo.
Mi sorprende molto il fatto che qualche volta ci siano lettori che, solo perché un articolo denuncia la sopraffazione dei potenti e dei ricchi sulla povera gente, tacciano l’autore come comunista, cattocomunista, prete compagno, ecc.
Mi chiedo: «Ma non sono i cristiani quelli che si devono occupare e combattere per primi per la giustizia sociale e aiutare i bisognosi?».
Caro Direttore, vada avanti tranquillo: Missioni Consolata dà forza ai coraggiosi e scuote le coscienze degli indifferenti.
Buon lavoro! Con stima,
Dante Bersetti
Montemarciano (AN)

Grazie di cuore per l’incoraggiamento ad «andare avanti tranquilli». Il nostro beato Fondatore diceva: «Avanti in Domino!» (nel Signore).

Multinazionale Gisas

Gentile redazione,
in riferimento al vostro articolo «Multinazionale Gisas» (M.C. settembre 2003, ndr), vorrei distanziarmi da quanto detto. Sono in generale d’accordo sulla critica fatta a Benny Hinn e all’emittente Tbne. Ma affermate anche, spero in buona fede: «Per chi volesse conoscere cosa pensa il mondo evangelical italiano che conta 300 mila persone, la Tbne rappresenta un buon strumento, anche se non tutti vi si riconoscono». La realtà è un’altra! Pochi credenti evangelici, inclusi quelli che chiamate «caldi», cioè i carismatici (ai quali io non appartengo, ma che è un movimento trasversale comune al mondo cattolico), si identificano con Benny Hinn o l’emittente di cui parlate.
Credo che sia un atto di diffamazione affermare questo di persone che credono sinceramente nella bibbia. Una caratteristica degli evangelici è (o dovrebbe essere) il non conformarsi agli uomini e a non idolatrare altri esseri umani, ma di coltivare un rapporto personale con Gesù Cristo e a comportarsi come tempio dello Spirito Santo. Certo, è una caratteristica della fallacia umana, il voler avere altri esempi oltre a quello supremo di Gesù Cristo e questo può portare a innalzare eccessivamente persone e non Dio. Ma ciò è comune a ogni religione… Citando un’altra frase: «Un’impresa commerciale quindi? Quando ci troviamo davanti a cifre da capogiro, viene il dubbio che qualcuno lucri alle spalle dei fedeli», ricordo che essa è applicabile anche al mondo cattolico, in cui molti fanno affari a costo dei fedeli…
Vi chiederei quindi, di correggere suddetto articolo in quanto non conforme alla realtà evangelica italiana e, mi auguro, neanche a quella americana…
Annegret Martella
Via e-mail

Fin dall’inizio l’autore dell’articolo distingue chiaramente tra «evangelical» ed «evangelico». Col primo termine viene indicato chi, come Benny Hinn e Tbne, riducano la religione a spettacolo teatrale e prodotto di consumo emotivo. Per cui niente di personale contro gli «evangelici» in generale e quanti seguono Cristo crocifisso e risorto.

Più testimoni

Caro padre Pozzoli,
desidero inviarle i miei più cordiali auguri di buon lavoro per il nuovo incarico di direttore della rivista Missioni Consolata che tanto amo.
L’occasione mi è propizia per esprimerle un desiderio, da me profondamente sentito e condiviso da un numeroso pubblico che giorno dopo giorno testimonia il suo affetto al mondo dei missionari. Per favore dedicate, sulla rivista, molto più spazio alla testimonianza e alla vita dei missionari della Consolata (e dei loro amici) nel mondo. Abbiamo tutti bisogno del loro esempio e di conoscere il loro pensiero e la loro opera.
Apprezzo anche i vari dossier/inchieste che spesso pubblicate. Tuttavia trovo che, alcune volte, tali servizi troverebbero spazio più confacente su altre riviste. Per esempio, il dossier sulla Tv, pubblicato sul numero di aprile di quest’anno, pur se condiviso da me, non ha nulla di pertinente con la rivista. È come se su una rivista di finanza venisse pubblicato un articolo di moda per bambini.
Mi scusi di questi piccoli suggerimenti e buon lavoro!
Giovanni Pirovano
Via e-mail

Grazie per l’amore alla nostra rivista e grazie anche per i suggerimenti. Siamo pienamente d’accordo che, come diceva Paolo vi, «oggi il mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri»; e i missionari sono testimoni qualificati e credibili. Purtroppo, non sono molti quelli che osano raccontare la loro vita. Da parte nostra cerchiamo di sfruttare anche le letterine di natale che inviano i nostri missionari.
A riguardo del dossier sulla Tv, ricordiamo la campagna condotta lo scorso anno dalle riviste missionarie in Italia: «Notizie, non gossip», che sembra aver ottenuto qualche risultato (vedi M.C. maggio 2007 p.3). Soprattutto, la Tv fa parte del «primo areopago moderno» da evangelizzare (Redemptoris missio 37).

Il cuore della missione

Cari missionari,
mi capita spesso che la lettura di Missioni Consolata mi provochi l’amarezza di non trovare in essa un aiuto alla mia vita, a ciò in cui credo.
Faccio un piccolo esempio. L’editoriale del numero di aprile del nuovo direttore, come in tante altre occasioni, dopo alcune considerazioni sulla violenza in Colombia che arriva a uccidere anche i missionari, ripone la speranza di una soluzione in strategie etico-sociali, pur necessarie e alle quali non può mancare il contributo di tutti, anche di chi è impegnato direttamente o meno nell’azione missionaria, ma che non rappresentano, a mio avviso, il cuore della missione.
Da una rivista missionaria mi aspetterei che mi ricordasse sempre le ragioni della missione, il nesso concreto tra la fede e l’impegno quotidiano sia dei missionari in paesi lontani, sia del mio qui, dove vivo.
Vorrei che mi venisse confermata la speranza che dà senso al mio sforzo di «servo inutile». «Mia forza e mio canto è il Signore: egli mi ha salvato» si prega nella liturgia delle Lodi con le parole dell’Esodo.
Di questa non corrispondenza mi dispiace, perché i missionari della Consolata sono anche parte della mia famiglia. Spero e prego che lo Spirito, che certamente ha mosso il Fondatore, possa trasparire con sempre maggior chiarezza dalle pagine della rivista, come accade, ad esempio nello stesso numero di aprile, nella presentazione della figura della beata madre Laura Montoya Upegui.
 Carlo Viscardi
Via e-mail

Siamo convinti anche noi che le motivazioni di fede e di speranza sono alla base dell’azione missionaria e costituiscono «il cuore della missione», anche se molte volte le diamo per scontate o troppo sottintese.

VIVERE SENZA TV … SI PUO’

V orrei esprimere i miei complimenti per la qualità della rivista che, senza dover ricorrere necessariamente a confronti, non sfigura certo paragonata ad altre di maggior fama e fortuna.
Scrivo a commento del dossier sulla televisione, direi necessario e riuscito. Nella mia famiglia non abbiamo Tv, e non ne sentiamo la mancanza; premetto che la scelta è avvenuta per caso: appena sposati e trasferiti, tra le tante cose da fare «la» abbiamo lasciata fra le ultime necessità. Poi ci siamo accorti che anche «senza di lei» il tempo per fare tutto ciò a cui avremmo tenuto scarseggiava, senza contare la necessità di sacrificarle uno spazio in casa. Con l’arrivo dei figli tempo e spazio si sono ridotti in loro favore e, pur non escludendone l’acquisto, questo viene rimandato a quando «ce ne sarà bisogno».
Non rifiutiamo i Dvd di film, cartoni e i tanto invocati documentari; ma lo schermo del Pc, non collegato a internet, non troneggia come un grande idolo al centro di ogni luogo di vita domestica – cucina, camera da letto – né dove vengono ricevuti gli ospiti.

O ra, un interrogativo che aleggia inespresso nel vostro dossier, ma che non è stato formulato: si può fare a meno di passare ore incollati allo schermo? Vivere senza le fiction, i reality,  gli aggioamenti quotidiani sugli amori dei divi, è possibile? E soprattutto senza comprare la Tv?
Spesso mi viene chiesto come faccia a informarmi. Io chiedo di definire l’informazione. Sapere che, ad esempio, in Indonesia si è rovesciato un autobus, causando decine di morti, è importante per la mia «informazione»? Ma anche nell’ambito nazionale, che importanza ha sapere, a distanza di anni dal fatto oltretutto, se effettivamente la perizia psichiatrica fatta e rifatta ha finalmente stabilito se quel determinato assassino era pazzo veramente, o fingeva soltanto, una volta portato in tribunale? Opprimere il nostro cuore di sciagure (in tempi evidentemente altrettanto duri, qualcuno ha detto «il bene è tanto, ma non fa notizia») è informazione? Sapere, o formarsi questa impressione, che in Italia vivono persone che non aspettano altro che esca di casa per truffarmi, cominciando dai comuni che operano false raccolte differenziate dei rifiuti, mi aiuta a proteggermi o alimenta l’emulazione dei disonesti e la sfiducia nel sistema?

D ieci anni or sono il monopolio televisivo era del calcio, fra partite e approfondimenti pre-durante-post. Ora ci sono i reality. Nulla di grave da parte di chi li produce, meglio per chi vi partecipa, grave e colpevole è chi li alimenta: chi è disposto a rinunciare al proprio tempo libero in favore della demenzialità, chi si porta sempre dietro conduttori e partecipanti, chi li elegge a modelli.
Se poi l’invocato documentario è un modo poco faticoso per tentare di colmare lacune liceali, dandoci l’impressione di sapere o affinché l’uomo della strada possa discutere dei «quanti» mi fermo a riflettere anche sulla sua utilità.
Ma spesso osservo che tra la demenzialità, per non dire di peggio, televisiva e quella cartacea c’è poca differenza. Il «buon libro» quale sarebbe? Anche la carta stampata predilige il best seller da spiaggia all’opera ricercata, è massificata, le porcherie dello schermo arrivano in romanzi scritti male e viceversa; nella carta patinata le riviste pseudo scientifiche danno l’impressione di sapere senza dover fare la fatica di imparare. Non credo che oggi i tempi siano più duri, per la Cultura, di secoli or sono: Machiavelli era famoso nella sua epoca per due commedie (Mandragola e Clizia) sboccate e sciatte, dalla trama volgare, non certo per il De Principatibus; e del Decameron ci ricordiamo solo Bruno e Buffalmacco, che ordiscono truffe ai danni del più debole e sprovveduto Calandrino.
Senza perdere la speranza, il vostro richiamo a rimanere sempre vigili è utilissimo, ma domando: fra i teledipendenti che anelano ai muscoli o alle linee perfette, quanti avranno letto il vostro dossier?

Gionata Visconti
Via e-mail




Cari missionari

Lula: il «calamaro»

Cari missionari,
per l’attuale presidente del Brasile avete avuto sempre un debole e anche nel 1° numero del 2007 non vi siete smentiti, riproponendo tra l’altro un’immagine dell’allora candidato premier Lula il giorno che venne a farvi visita (1999). Come darvi torto? Anche a me Lula è simpatico: ho sempre sperato che, con lui, i brasiliani potessero aprire un nuovo corso nel segno della giustizia, della pace e, data la sua predilezione per san Francesco, della salvaguardia del creato.
Come sappiamo, Lula oltre agli amici, ha sempre avuto tanti nemici: i media hanno provato più volte a screditarlo, a presentarlo come uno smidollato incapace, giocando sul fatto che, in portoghese, «lula» significa «seppia, calamaro», ossia animali invertebrati, privi di spina dorsale.
Questo tipo di attacchi non deve sorprenderci… La sorpresa invece – e non è stata una sorpresa gradevole – è venuta quando ci siamo accorti che, con il ministro dell’Ambiente, Marina Silva (un’altra persona per la quale chi ama il Brasile, indios e giungle amazzoniche non può non provare simpatia) Lula i contrasti li aveva eccome: contrasti sulle autorizzazioni da rilasciare per le piantagioni di soia ogm e, più in generale, sulla gestione sostenibile delle foreste.
Non so se, come asserisce qualcuno, in Amazzonia le cose siano andate peggio sotto Lula che sotto i suoi predecessori, ho l’impressione però che il premier qualche grosso errore l’abbia fatto: per questo è tempo di far qualcosa per rimediare a tali errori.
Spero vivamente che il secondo quadriennio del presidente sia migliore del primo: Lula pensi al suo nome, che non è semplicemente il nome di un invertebrato, ma di creature fantastiche, dotate di occhi e sistemi di adattamento alle condizioni estreme, che non hanno eguali in natura. Grazie ad essi i calamari giganti degli oceani riescono in imprese che sono precluse a tutti gli altri animali: anche il Lula presidente dunque, usi i suoi occhi per vedere le sofferenze di quell’oceano, ahimé sempre meno verde, che è l’Amazzonia, li usi per circondarsi di collaboratori leali, onesti, coerenti, in grado di resistere alle lusinghe dei potenti, e dotati a loro volta di occhi grandi, che li mettano nelle condizioni di disceere la luce dalle tenebre, la verità dalla menzogna, tecnicismo e sviluppismo dall’autentica civiltà e autentico progresso.
Ludovico Torrigiani
Fano (PU)

Anche noi speriamo e auguriamo a Lula di usare tutto il suo coraggio per realizzare i suoi programmi nel segno della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato, per il bene dei brasiliani, degli americani e altri popoli del globo.

«Usati»… a scuola

Caro Direttore,
qualche anno fa, mi capitò di imbattermi in uno scritto di padre Pietro Parcelli a Cava dei Tirreni (SA), quando insegnavo alle elementari in località Pregiato. Non l’ho conosciuto personalmente, ma idealmente è scattata una molla e da allora sono un Parcelli boy.
Mi si è aperto anche un mondo attraverso la vostra rivista, che stampa reportage sconvolgenti, che non trovano spazio da nessuna parte. Perché seguendo il dettato evangelico «la verità vi farà liberi» continuate per la vostra strada, io continuo con caparbietà la mia opera alle scuole medie e cerco di «usarvi», per comprendere il mondo attraverso occhi diversi da quelli dell’ufficialità, dove i silenzi superano la verità.
Anche io spero in un mondo migliore e di dare sempre il massimo, seguendo l’esempio dei miei genitori e di quanti mi hanno preceduto. Forse non farò mai carriera, ma è certo che i miei ideali non sono in vendita; come il senatore Bob Kennedy, deploro questa insensata violenza che non ci permette di cogliere il senso pieno e ultimo della nostra esistenza, che non si può ridurre e banalizzare di continuo, mentre c’è qualcosa di Alto che è da sempre lì e ci aspetta.
Come giornalista a voi il mio totale apprezzamento, come cattolico la mia stima, come insegnante il mio rispetto.
Vi auguro buon lavoro.
Giuseppe Bonavita
Saleo

Continui pure a «usarci», prof. Bonavita. Da parte nostra continueremo «la nostra strada» con altrettanta «caparbietà», per difendere e proporre gli ideali del regno di Dio: giustizia, pace e frateità.

Complimenti di… autore

Caro Paolo,
sono riuscito finalmente a dare uno sguardo organico al mio articolo (dossier di febbraio 2007: «Vivere e sopravvivere in tempi di Inteet. Nuove tecnologie e sud del mondo, ndr). Debbo farti i complimenti per l’ottima qualità del lavoro redazionale. Avete impaginato e trattato il mio pezzo in modo mirabile. La tua rivista conferma la mia posizione per un giornalismo di qualità, con una grafica accattivante e raffinata, che non uccide il testo, ma anzi lo esalta. In quanto a presentazione e impaginazione del testo, è di gran lunga l’articolo più bello sul tema, tra tutti quelli che ho potuto vedere finora. Le immagini non sono mai state banali e ho visto che hai corredato il tutto con opportuni link e didascalie.
 Mi è piaciuta molto soprattutto la titolatura che, oltre a essere efficace e attraente, denota anche una perfetta comprensione degli elementi davvero salienti del testo. Così come i sommari che hai scritto. Mi è piaciuta in particolare la doppia titolatura degli articoli: sei riuscito ad assegnare a ogni articolo un titolo accattivante pur mantenendo in background il vecchio titolo da me suggerito (più libresco).
Ho preso poi dei brani a campione per verificare il testo e non ho trovato alcun refuso.
Infine mi è piaciuta davvero molto la tua introduzione, che sottoscrivo in pieno per la lucidità e la lungimiranza della prospettiva. Inutile dire che hai fatto venire voglia anche a me di rinunciare al telefonino…!
Visto il risultato, mi piacerebbe avere il più alto numero possibile di copie della rivista, in modo da poter divulgare il dossier ogni volta che me ne capiti l’occasione.
GianMarco Schiesaro
Roma

Ringraziamo dei complimenti e ricambiamo di cuore, poiché il primo a meritarli è l’autore del dossier. E passiamo i complimenti anche alle nostre collaboratrici che hanno corretto le bozze nei vari passaggi e prove di stampa.

Troppo… bravi!

Carissima Redazione,
sono un vostro abbonato e leggo sempre con molto interesse la vostra rivista. Ho anche consigliato l’abbonamento a vari amici e amiche e ne ho fatto regalo ad altri. Finalmente mi è arrivato il numero di gennaio, con un mese di ritardo; mentre altri amici di Prato, anche loro abbonati, l’hanno ricevuto puntualmente.
Sono abbonato a 4 riviste missionarie e ogni tanto ne leggo anche altre, ma la vostra è fra quelle che più apprezzo.  Grazie per il vostro lavoro, il vostro servizio, la vostra sensibilità, l’equilibrio: siete proprio bravi!
Carlo Faggi
Prato

Rivista… a ruba

Sto tenendo un corso di storia delle religioni presso l’Università popolare di Torino; ho portato copie della vostra rivista con il dossier sulle religioni (gennaio 2007) e sono andate a ruba… Grazie e complimenti per la lodevole iniziativa.
Piergiacomo Oderda
Torino

Ecologista anandro… sarà lei!

Egregio Direttore, da ragazzo sono vissuto a pane e… missionari della Consolata (padri Broggi, De Agostini e tanti altri che vivevano nella chiesa di  san Matteo). Sono cattolico e ho il nonno materno di cui è in corso il processo di beatificazione.
Prossimo ai 65 anni, non posso essere tacciato di spirito polemico; ma non sono d’accordo con quanto pubblicato da Bellesi a pag. 3 del numero di febbraio 2007 (Occhio ai Poli, ndr), né in parte con quanto si legge alle pagine 53 e seguenti (articolo sugli inquinanti atmosferici nelle città, ndr).
Il fatto è che oggi si fa terrorismo, anche da parte dei media, parlando di cose di cui non si sa nulla, così per sentito dire e per egocentrismo. Il famoso antropologo Carapezza ebbe a dire che ci sono troppi «anandro ecologisti» (io dico che se ci fossero stati al tempo dei romani non avremmo il Colosseo e l’acquedotto).
Non sono i mari che si sollevano per lo scioglimento dei poli (mettete in un bicchiere cubetti di ghiaccio e acqua fino all’orlo: quando il ghiaccio si liquefarà il livello diminuirà e non traboccherà una goccia); è la terra che si rattrappisce! Vi accludo quanto detto dal prof. Zichichi.
Quanto alle polveri sottili apprezzo lo sfoggio di erudizione (troppo ridondante e magari in parte copiato), ma si dà il caso che il prof. U. Veronesi ha sostenuto, anche in tv, che sono irrilevanti per il tumore ai polmoni (Milano ha meno casi statistici di tale affezione rispetto a Torino). E le mascherine, con le quali tanti ridicolamente  vanno in giro, non le fermano!
avv. Vittorio Cuccia – Palermo

Lasciamo la risposta (né polemica, né offensiva) agli autori dell’articolo, che scrivono né per sentito dire, né copiando, ma in base alla loro esperienza trentennale. 

«La lettera dell’avvocato Vittorio Cuccia offre l’occasione per alcune utili precisazioni.
Il prof. Veronesi non ha detto che le polveri sottili non fanno male, ma che c’è di peggio nei cibi. Il problema non sta nelle polveri in generale, ma nella loro dimensione e composizione. Ad esempio, il prof. Veronesi ha lanciato l’allarme per le polveri di amianto, che sono cancerogene e che, notoriamente, fanno parte delle polveri sottili.
Sulle mascherine comunemente utilizzate l’avvocato ha ragione, servono solo per fermare le polveri grossolane, ma sono inutili per vapori, CO2, ecc.
Il prof. Zichichi non dice che l’uomo non può modificare il clima, ma che le attività dell’uomo possono influire sull’ambiente per una percentuale ipotizzabile fino al 10%, che è un valore sicuramente non trascurabile!
Il ghiaccio che si scioglie e che preoccupa è quello dei ghiacciai: l’acqua che si forma va a finire in mare e può aumentae il livello.
Infine, Torino è una delle città più inquinate d’Italia ed è quella dove si riscontra il maggior numero di tumori polmonari da amianto: se l’avvocato vuol venire a trovarci potrà rendersene conto di persona!
Non è terrorismo su cose di cui non si sa nulla, ma un’attenta analisi basata su dati scientifici incontestabili».
dr. Rosanna Novara e dr. Roberto Topino




Cari missionari

Continuiamo… la buona «battaglia»

Caro don Farinella,
grazie per i suoi interventi, dei suoi appelli e le sue «battaglie» (mi
perdoni il termine così brutto) di questi mesi. La prego: continui ad
essere voce profetica di una chiesa di comunione, capace di abbracciare
e amare il mondo, senza inchinarsi davanti ai potenti, né vagheggiare
nostalgicamente un passato così lontano dal cuore dell’evangelo.
Continui a insegnarci che la chiesa del Concilio, di papa Giovanni non
è una parentesi, ma il popolo di Dio in comunione con il resto
dell’umanità.
Un caro augurio, cui si associano mia moglie e il piccolo Lorenzo.
Affidandoci alle sue preghiere, l’abbracciamo con affetto. Shalom!
Andrea Fedeli
Roma

Rev.do Paolo Farinella,
tempo fa mi sono imbattutto in un suo articolo su Missioni Consolata
titolato «Nel giardino di Eden» (settembre 2005): è un’autentica pietra
miliare!
Dopo averlo letto ho avuto un pensiero di scriverle; tale pensiero si è
fatto decisione anche a seguito delle recenti affermazioni del nostro
Santo Padre in materia ambientale. Sino ad allora osservavo con
dispiacere quanto il tema ambientale fosse trascurato dalla chiesa o
per lo meno non valutato nella sua assoluta priorità epocale.
Dopo una vita dedicata alla scienza, ho capito che una scienza non
illuminata dalla fede può solo accelerare la devastazione del mondo; è
agli uomini di fede che ora tocca rifiutare le lusinghe di una scienza
tanto evoluta quanto cieca e di una politica senza alcun rispetto per
il mondo. Finalmente l’attuale Papa ci sta provando, non senza enormi
difficoltà.
Credo che la violenza umana sia «maligna», ma anche usata in ultima
analisi da Dio per punire violenze ancora peggiori; è forse il caso del
fondamentalismo islamico e delle derive sataniste di tanti giovani.
Può non apparire lecita o comunque veniale la violenza in un contesto
nel quale l’ipocrisia dei potenti soffoca l’intera creazione in un
abbraccio mortale? Lei è lucido, appassionato, usa la conoscenza delle
scritture per leggere la situazione attuale non per astrarsene.
Io ho accumulato esperienze in più rami della scienza, scrivo, tengo
conferenze e presiedo una piccola associazione ambientalista: mi
coinvolga e sarò lieto di usare le mie armi culturali per un attento
comune, con l’aiuto di Dio.
Con stima
Prof. Vincenzo Caprioli
S. Martino Sicc. (PV)

Le due lettere a don Farinella sono una
testimonianza dei numerosi riscontri che giungono in redazione, a voce
e per telefono, sul gradimento della rubrica biblica da lui tenuta.
Anche per noi sono uno stimolo per continuare a «lottare», alla luce
della parola di Dio, per la giustizia, la pace, la salvaguardia del
creato, parti integranti della missione e dell’evangelizzazione.
Chi volesse avere notizie sull’impegno sociale e culturale del prof. Caprioli può consultare il suo sito: www.iperlogica.it.

Bhopal… in rete

Gentile Redazione,
ho sfogliato la vostra rivista e devo dire con molto interesse, in
particolare mi ha colpito profondamente l’articolo: «Bhopal (India).
Delitto senza castigo» (M.C. dicembre 2006).
Vorrei chiedere il permesso di pubblicare l’articolo sul mio sito
(«www.javascriptenonsolo.org), previa informazione dell’autore e del
vostro sito. In attesa di un vostro riscontro porgo i miei più cordiali
saluti e faccio i migliori auguri affinché la vostra rivista venga
sempre più divulgata.
Vacca Silvano
via e-mail

Naturalmente abbiamo dato il permesso richiesto e
siamo ben felici che i nostri articoli abbiano la maggiore diffusione
possibile.

Russia:  «tempo perso?»

Gentile Direttore,
dopo aver letto il dossier sulla Russia, pubblicato dalla vostra
rivista nel numero di marzo 2001, in cui è riportata l’intervista a
padre Aleksey, parroco della SS. Trinità a Khokhly nel centro di Mosca,
mi sono permesso di scrivere a padre Aleksey  e moglie Masha, ma
le lettere sono tornate indietro per ben due volte.
Non potete dialogare con chi ha sentimenti non solo non-cattolici, ma
anticattolici. È tempo perso. Pensate piuttosto ai fedeli di rito
bizantino russo per far risorgere la chiesa dell’esarca beato Fedorov.
Con l’amicizia ci sarà sempre qualcuno che accetterà di venerare questo
beato. Questa è la propaganda da farsi.
Saluti e ringraziamenti.
don Vito Tedeschi
Carife  (AV)

Grazie, don Vito, per la sua lettera,
accompagnata da due articoli: l’uno sulla persecuzione religiosa in
Russia dal 1920 al 1960; l’altro, scritto dal metropolita cattolico di
Mosca nel 2002, dal titolo eloquente: «Per i cattolici non è cambiato
nulla».
Grazie anche per averci ricordato la figura di Leonid Fedorov
(1879-1935), pioniere dell’ecumenismo con i fratelli ortodossi (con i
quali condivise la dura prigionia), martire della fede, beatificato nel
2001. Siamo convinti che proprio il suo esempio testimoni come
ascoltare la voce dell’altro, anche quando dice cose spiacevoli, non
sia «tempo perso». Altrimenti che dialogo è?  
In questi ultimissimi anni sembra che le acque si siano calmate e si
stia timidamente riprendendo il dialogo con la chiesa ortodossa russa,
come sta avvenendo con quella greco-ortodossa. Ci auguriamo che
continui!

A proposito del «prete-compagno»

Sig. Direttore,
mi ha rattristato molto leggere nella pagina delle lettere, nel numero
di dicembre 2006, la risposta sul «prete-compagno»: non è costruttiva.
Non mi ha rasserenato. Volevo che lo sapesse.
Cordiali saluti.
Sac. Renzo Cortese
Sarzana (SP)

Cari missionari,
ho ricevuto il numero di dicembre di Missioni Consolata, ma purtroppo
non ancora il numero monografico di ottobre-novembre. È possibile che
sia in ritardo?
Nel ringraziare, vorrei approfittare nel congratularmi con il direttore
per la risposta «Il solito prete-compagno», condividendone in pieno il
contenuto. Bravo!
Grazie, cordiali saluti e i migliori auguri per il nuovo anno.
Paolo Zanella
 Malé (TN)


Le frecce tricolori … inquinanti

Cari missionari, sono rimasto esterrefatto, alcuni mesi fa, dalla
disinvoltura con cui gli uomini del centrosinistra, d’intesa con i loro
colleghi del centro destra, hanno silurato la senatrice Lidia Menapace,
«rea» di dichiarazioni «antipatriottiche» per aver criticato la
«pattuglia acrobatica nazionale» (Pan). Lungi da me la pretesa di fare
l’avvocato difensore della senatrice; se questa è la ragione della
mancata nomina alla guida della Commissione difesa del Senato, ebbene
consentitemi di dire che questa critica mi trova molto d’accordo. Non
sono per niente convinto che gli MB 339A/Pan rappresentino il meglio
del made in Italy.
Sicuramente c’è chi è affascinato dalla bravura dei piloti e dallo
spettacolo del cielo striato di verde, bianco e rosso; ma c’è anche
chi, da questo tipo di eventi, trae lo spunto per fare altre
considerazioni.
Innanzitutto, come precisano le stesse fonti dell’Aeronautica militare,
gli MB 339A/Pan sono stati concepiti per svolgere, oltre all’attività
acrobatica, anche missioni operative nel ruolo di cacciabombardieri
leggeri: sono in grado di trasportare cospicui carichi di armamenti e,
grazie alla loro manovrabilità, possono essere impiegati sia nei
cosiddetti «conflitti a bassa intensità» sia in operazioni belliche che
su più vasta scala.
In secondo luogo, gli aerei sono il mezzo di trasporto più inquinante
e, in particolare i bombardieri, consumano kerosene in quantità
allucinanti: tra i 10 e i 20 mila litri per ogni ora di volo.
Dunque è più estremista la Menapace o chi continua a parlare e agire
come se non fosse vero che l’ambiente è sempre più degradato anche per
colpa dei troppi aerei (civili e soprattutto da guerra) e delle troppe
agevolazioni di cui godono coloro che li costruiscono, li acquistano e
li usano: basti dire che, mentre tutti i tipi di combustibile, a
cominciare da quelli per il riscaldamento delle abitazioni, sono
supertassati, il kerosene per gli aerei resta esentasse, anche quando
il prezzo del petrolio sale alle stelle.
È più irrispettosa la Menapace, quando dice che di certe risorse
bisogna fare un uso meno ludico e più responsabile, o è più
irrispettoso l’ufficiale del Pan, quando, «sorvolando» (è proprio il
caso di dirlo) la questione del kerosene e del petrolio, crede di poter
tranquillizzare tutti, affermando che gli MB 339 non inquinano, perché
il bianco del tricolore altro non è che glicerina, mentre il rosso e il
verde sono pigmenti assolutamente in regola con la normativa Ue?
T rovo esagerato l’uso che si sta facendo dei cacciabombardieri a scopo
ricreativo: non sono giocattoli; non possono essere impiegati per
divertirsi o far divertire. Chi pensa il contrario, prima o poi, espone
se stesso e gli altri a rischi enormi. Non mi riferisco solo ai tragici
airshow di Ramstein 1988 e di Leopoli 2002 (155 morti e centinaia di
feriti), ma anche all’incidente della funivia del Cermis e a due
collisioni, avvenute non molto tempo fa, nei cieli del mare Egeo, tra
un top gun greco e uno turco, e nei cieli del mare di Sardegna, tra due
top gun italiani. Ho la sensazione che, in parecchi piloti, sia venuto
meno il senso del limite: quel limite che né l’uomo né la macchina
possono varcare.
Anche le esibizioni delle pattuglie acrobatiche stanno proliferando a
dismisura e i media riservano loro sempre più spazio: ormai anche tra i
tifosi più sfegatati c’è chi ammette che, con gli airshow, è ora di
darsi una calmata. «Se andiamo avanti così, tra un po’ le frecce
tricolori le chiameremo per festeggiare compleanni, cresime, matrimoni»
mi diceva uno di questi tifosi, riferendosi, tra l’altro, all’eccessiva
indulgenza che i vertici di un certo mondo ecclesiale hanno verso
l’elicotteromania, di certi novelli sposi e altre forme di
consumismo… «aeronautico».
Credo che un po’ di circospezione da parte dei cristiani, sia
necessaria anche in questo campo. Penso in particolare ai cristiani
della mia regione, le Marche, dove sorge il santuario della Vergine
Lauretana, la protettrice degli aviatori; penso ai bollettini diocesani
marchigiani, che sono sempre in prima fila quando si tratta di
magnificare le gesta della Pan.
È vero che le frecce tricolori non girano l’Italia e il mondo per fare
la guerra e che il cielo spruzzato di rosso, bianco e verde è sempre un
bellissimo spettacolo: ma è questo che il Signore vuole da noi? Siamo
sicuri che le evoluzioni acrobatiche degli MB 339 stiano favorendo il
compimento delle profezie di Isaia e Michea: «Forgeranno le spade in
falci e le lance in vomeri»? Profezie che i nostri pastori hanno
riproposto in tanti documenti e noi abbiamo tante volte meditato nei
tempi forti dell’anno liturgico e nelle veglie di preghiera per la pace.
Siamo sicuri che Raul Follereau non si riferisse anche alle pattuglie
acrobatiche, quando invitava a riflettere sul fatto che, se si
investisse in medicina e sanità ciò che si spende per un solo
cacciabombardiere, si potrebbe infliggere un colpo decisivo a una
malattia come la lebbra?

Domenico Di Roberto  – Ancona




Cari missionari

Alla scoperta del…
Tanzania

Cari missionari,
in questi giorni ho avuto occasione di mostrare a degli amici e conoscenti alcune fotografie del Tanzania e di parlare del viaggio… con entusiasmo.
Voglio ringraziarvi di cuore per averlo organizzato e averci accompagnati, direi quasi per mano, alla scoperta di un paese, una cultura diversa, una natura bellissima, un mondo che ci ha stupito, spesso commosso e incantato.
Come avremmo potuto diversamente venire a conoscenza, vedere con i nostri occhi, le meraviglie di Baba Camillo, la tenerezza dell’orfanotrofio di Tosamaganga, «la Svizzera» di Ikonda, con il suo complesso ospedaliero, scuola per infermieri e tecnici di laboratorio, supporto e ospitalità per le famiglie dei malati? E poi, nelle varie missioni, scuole  matee e ancora orfanotrofi, dispensari, allevamenti, laboratori per trasformare caffè, olio, mais; elettricità e acqua potabile per decine e decine di villaggi; sostegno agli anziani soli nelle loro capanne… Laboratori di falegnameria, fabbricazione artigianale di stufe, calzolerie, scuole tecniche… e quanto altro occorre per tenere in vita e far prosperare missioni con dispensari e case per bambini… Come avremmo potuto scoprire un mondo di generosità, di entusiasmo, di altruismo, vedere con i nostri occhi tanta bellezza sia naturale che spirituale?
Grazie anche da parte dei compagni di viaggio, che certamente sono pieni di gratitudine per quanto ci è stato dato di vivere in quei giorni. Un conto è leggere Missioni Consolata e altro conto è constatare di persona.
Grazie  anche a tutti i missionari che ci hanno accolto con disponibilità e gioia. Che nostalgia della messa domenicale, vissuta davvero come «la festa», così ricca di canti, danze e allegria…
Il Tanzania è un paese bellissimo, a cui ci si deve avvicinare in punta di piedi, con estremo rispetto, con cuore e occhi di bimbo, capaci di meravigliarsi e apprezzare quanto il Signore continua a disseminarvi.
Agnese Lorenzini Valleri
Torino

Iniziativa
da continuare

Cara Redazione,
a nome del gruppo missionario della parrocchia di San Giuseppe di Vicenza, ringrazio per le riviste missionarie inviateci, che ci hanno permesso di realizzare una iniziativa missionaria, che ha raggiunto tutte le famiglie credenti e non del quartiere. La distribuzione della stampa ha permesso ai componenti il gruppo missionario di contattare molte persone, orientandole a seconda della loro sensibilità e interesse. Ci auguriamo di continuare l’esperienza, per sviluppare e approfondire la coscienza missionaria nel piccolo contesto del nostro quartiere.
Annamaria Colombaro
Vicenza

Anche noi vi auguriamo di continuare e saremo felici di aiutarvi.

Il 2007 con la
Populorum Progressio

Caro Direttore,
grazie come sempre per il numero di Missioni Consolata di ottobre-novembre dedicato all’Europa.
Ma grazie soprattutto per il calendario: mi ha commosso la scelta della Populorum Progressio e il ricordo di quel grande profeta di pace che fu Paolo vi: «Voce che grida nel deserto», anticipando l’aspirazione di giustizia degli uomini e dei popoli d’oggi.
Andrea Fedeli
Roma

Che l’anno del Signore 2007 porti la pace vera a tutti i popoli e aiuti tutti noi ad essere costruttori di pace!

Un lettore… confuso

Egregio Direttore,
a seguito di un’offerta inviata per una vostra missione, avete fatto invio del n. 10-11 della rivista Missioni Consolata. Vi ringrazio, ma vi pregherei di sospendee l’invio, perché sono invaso da stampa cattolica-missionaria.
Ma l’altro motivo per cui vi scrivo la presente è l’articolo «Europa: terra di speranza millenaria» a firma di un certo Paolo Farinella. Questi è riuscito, per ben 11 pagine, a disquisire dai regimi atei alle orde di immigranti, dalla difesa della civiltà occidentale ai «riformatori» cattolici Don Milani, don Mazzolari e altri. E non poteva certo mancare il richiamo a Marx, Engels e Darwin e via dicendo, raccontando con affastellamento di argomenti, opinioni che hanno finito per creare nel lettore una confusione incredibile.
Tant’è che il lettore, infine, si è chiesto cosa volesse raccontare l’insigne biblista, dove intendeva parare, quale è stata la filosofia di vita suggerita e le conclusioni. Poiché la sua sintesi in 9 punti è, per alcuni, quantomeno discutibile, è ferma restando la via maestra dettata dal vangelo.
Luciano Girardi
S. Vito al Tagliamento (PN)

Concordo con il sig. Girardi sulla lunghezza dell’articolo in questione. Ma non penso che gli altri lettori di M.C. siano rimasti confusi: da due anni essi conoscono e apprezzano gli scritti di don Farinella; soprattutto, sanno che, per comprenderli bene e gustarli, bisogna leggerli con calma e più di una volta.
Sono anche d’accordo che la strada maestra è quella del vangelo, seguita anche da don Milani, Mazzolari e altri «riformisti». Il loro messaggio, oggi, è valido più che mai; è soprattutto scomodo; per questo i loro nomi, solo al pronunciarli, causano una specie di urticaria in certi settori della società e della stampa che si ritengono «cattolici».


Acqua sprecata… nei campi da golf

Cari missionari. Nel bel dossier sull’acqua (cfr. M.C. n. 6/2006) si parla, tra l’altro, dell’incidenza che certe nostre cattive abitudini hanno sul bilancio idrico globale. In particolare M. De Paoli stigmatizza gli eccessivi consumi domestici degli italiani (250 litri d’acqua potabile al giorno, contro 159 degli svizzeri e 119 degli svedesi…) e il fatto che appena l’1% di quest’acqua viene bevuta, mentre «il 39% se ne va in igiene personale, il 20% per il wc, il 12% per la lavatrice…».
È un tipo di approccio sul quale anche le amministrazioni locali puntano molto. Chi non ha mai sentito il proprio sindaco e gli assessori competenti raccomandare un uso più limitato, più sano e  responsabile dell’acqua? Chi non ha mai partecipato ad assemblee e dibattiti organizzati dal comune, provincia o regione, in cui il relatore di tuo supplicava di fare la doccia piuttosto che il bagno in vasca, chiudere il rubinetto mentre spalmiamo il dentifricio sullo spazzolino, dare alle piante del giardino solo l’acqua realmente necessaria, non usare il tubo quando laviamo l’auto o la moto e persino di ridurre al minimo l’uso dello sciacquone della tornilette?
Sono esortazioni e consigli ineccepibili, che però una parte considerevole della popolazione mostra di tenere in bene misera considerazione. E mi domando: se tanta gente continua a sprecare acqua, non è anche perché è venuto meno il senso di appartenenza alla comunità civile, al territorio, allo stato? Stato e amministratori locali non potrebbero essere più coerenti? Come si può pensare di incentivare il risparmio idrico, se si rinuncia a dare il buon esempio e si cede alla suggestione di un business come quello del golf? Che testimonianza di serietà e rigore danno quelle giunte che rilasciano permessi per la realizzazione di campi da golf di dimensioni enormi, pur sapendo che enorme sarà anche la quantità d’acqua che se ne andrà per mantenere queste superfici in buone condizioni?

«Nel mondo – scriveva nel 1993 Renzo Garrone, fondatore di RAM, associazione di turismo responsabile – esistono circa 24 mila campi da golf e altre migliaia in costruzione o già pianificati. In media uno di essi misura circa 100 ettari di superficie. La loro proliferazione implica severi contraccolpi per le comunità locali: perdita forestale, sottrazione dei terreni agricoli, spoliazione delle risorse idriche, contaminazione dei suoli con pesticidi e diserbanti.
Per mantenere l’erba florida e verde, un campo da golf necessita di 4-5 mila metri cubi d’acqua al giorno: l’equivalente di quanto viene usato in un villaggio thailandese di 1.200 persone per bere e lavare, eccettuando gli scopi agricoli. Un’estensione a golf consuma, per mantenersi verde, tanta acqua quanto un uguale campo di riso. È ammissibile che terre buone, spesso le migliori terre agricole, e acqua in quantità enormi debbano essere destinate così massicciamente all’industria dello svago, specie in paesi dove i problemi di sussistenza quotidiana sono lungi dall’essere risolti?
Sotto il manto erboso va scavato un complesso e ramificatissimo intrico di canaletti, che servono all’irrigazione: il territorio da trasformare in campo da golf va quindi rivoltato come un guanto e poi continuamente curato. Massiccio è l’impiego di erbicidi e pesticidi, poi dilavati nelle acque della zona.
Altri risvolti sociali vengono messi sotto accusa. Nelle aree destinate a campi da golf, esplodono i prezzi della proprietà fondiaria, mentre una  modalità aliena al vivere locale (col golf arriva il resto dello sviluppo legato al turismo d’evasione) portano sempre con sé corruzione, ulteriore disuguaglianza economica, violazione dei diritti umani, criminalità. Se autorità e governi accolgono generalmente con favore questa ondata di investimenti, solo le élites ne beneficiano davvero, mentre la gente comune viene privata della terra».

Tra il 1993 e il 2005 il numero dei campi da golf nel mondo è passato da 24 mila a 30 mila con un aumento del 25%. Il numero complessivo dei golfisti ha superato quota 50 milioni: di questi, 5 milioni sono europei e 70 mila italiani. Di questi italiani, secondo Fulvio Golob, direttore di Golf  turismo, almeno 10 mila periodicamente «migrano» in cerca «di sole e nuovi scenari con cui confrontarsi…».
«I nuovi scenari» sono proprio quelli denunciati da Garrone: paesi africani, del sud-est asiatico, dell’America Latina. Paesi poveri e indebitati, dove l’elevato Pil è un indicatore di degrado, frutto di sciagurate politiche economiche, che hanno calpestato i diritti umani più elementari (a cominciare dal diritto alla vita…) e portato gli ecosistemi al collasso.
Non mi risulta sia stata trovata una formula magica in grado di rendere i campi da golf meno esigenti in fatto di acqua. Quando  qualcuno l’avrà trovata… forse potremo cominciare a parlare di «golf etico», come parliamo di caffè etico, cacao etico, banane etiche… Per ora, se ci teniamo davvero a essere etici, equi e solidali anche su questo versante, se desideriamo che la risorsa acqua sia ovunque gestita in maniera responsabile e rispettosa dei diritti di ognuno, l’unica cosa che possiamo fare è opporci con decisione al golf, senza demoralizzarci quando ci accorgiamo di essere in minoranza e senza farci spaventare dalle solite accuse di «oscurantismo», «estremismo», «comunismo», «ecoterrorismo»…, lanciate da uomini e donne che, pur militando in partiti che sembrano acerrimi nemici, quando di mezzo ci sono certi business, riescono a raggiungere un’identità di vedute praticamente perfetta e a costruire alleanze inaffondabili.

Luciano Montenigri, Fano (PU)