In memoria di sr Serafina Sergi, Missionaria delle Consolata


Il pomeriggio del 29 maggio 2017 nella cappella della casa generalizia delle Missionarie della Consolata a Nepi (Viterbo, diocesi di Civita Castellana) si sono radunati ancora una volta – avevano fatto un convegno in comune il 25-26 maggio sulla Missione e la figura della beata Irene Stefani – i due capitoli generali, quello delle suore e quello dei missionari, per accompagnare nella preghiera il ritorno di suor Natalina Sergi alla casa del Padre e condividere la consolazione di essere uniti come famiglia soprattutto nei momenti di prova.


Il ricordo della missionaria nelle parole di suor Simona Brambilla, superiora generale delle suore.

Suor Serafina Sergi, missionaria della Consolata

Sr Serafina Sergi nasce il 3 ottobre 1947 a Gagliano, in provincia di Lecce.
Entra nell’istituto nel 1965 e nel 1968, in questa casa di Nepi, emette la prima professione religiosa divenendo Missionaria della Consolata. Nel 1973 parte per gli Stati Uniti dove nel 1975 emette i voti perpetui a Belmont (Michigan). Nel 1977 termina gli studi universitari laureandosi in Matematica e Scienze e nel 1978 è inviata dagli Stati Uniti in Liberia dove si dedica principalmente all’insegnamento. Nel 1983 è richiamata in Italia per svolgere il servizio di Maestra delle Novizie in questa casa di Nepi. Nel 2003 è inviata in Kenya dove dà inizio alla scuola secondaria di Karare, nella diocesi di Marsabit, dedicando tutta se stessa alle studenti. Nel 2012 viene nominata Superiora maggiore della regione Kenya e nel 2015 è nominata Superiora maggiore della Regione DELK che comprende le nostre presenze sui territori di Kenya, Liberia, Etiopia e Djibouti.

Sr Serafina era in Italia per partecipare al nostro XI Capitolo generale (in corso a Nepi, Viterbo, diocesi di Civita Castellana, dal primo maggio scorso, ndr). Poco più di un mese fa aveva subito un intervento chirurgico da cui si era ripresa bene. Partecipava al capitolo con impegno, gioia, senso di responsabilità e di famiglia. La notte del 28 maggio, già nella festa dell’Ascensione del Signore, sr Serafina si sente male e viene trasportata in ambulanza all’Ospedale di Civita Castellana, dove decede dopo pochi minuti dall’arrivo.

Ci ha lasciato in fretta, sr Serafina. Aveva trascorso la sua ultima giornata impegnata nei lavori capitolari che l’avevano vista attivamente partecipe, sempre entusiasta e pronta a dare il meglio di sé per la nostra famiglia religiosa, a cui la legava un fortissimo vincolo di appartenenza. Sì, sr Serafina ama molto l’Istituto, continua a amarlo ora dal Cielo e da lì a offrire il suo prezioso e appassionato contributo di donna consacrata missionaria della Consolata autenticamente innamorata di Cristo, della missione, del carisma che sentiva scorrere in sé come linfa vitale.

Sr Serafina è stata la mia maestra di noviziato, 26 anni fa. E rifarei volentieri il noviziato con sr Serafina. Ogni volta che la incontravo le ricordavo alcuni delle sue massime proverbiali, attraverso cui in qualche modo condensava il suo stile formativo. Una di queste era: “libere e responsabili”: lo diceva spesso a noi novizie! La formazione alla libertà interiore per compiere scelte sempre più responsabili davanti a Dio, a se stesse e agli altri era il filo conduttore della sua opera educativa, che svolgeva con semplicità, acutezza, intuito femminile e materno, passione, flessibilità, amore vero per le persone che le venivano affidate. Sr Serafina sapeva prendersi cura della persona, con sensibilità e cuore materno, anche a costo di molto sacrificio. Lo sanno le tante sorelle che lei ha accompagnato nel percorso formativo del noviziato; lo sanno i tanti ragazzi e ragazze che l’hanno avuta come insegnante e direttrice nelle scuole in Italia, Stati Uniti, Liberia e Kenya; lo sanno le Sorelle per le quali svolgeva il servizio di autorità.

Ora per sr Serafina è giunto il momento di “passare all’altra riva”, quella definitiva, quella dell’abbraccio senza fine con il Cristo il cui Volto ha cercato, desiderato, amato. Dopo una vita spesa a facilitare, attraverso l’umile e vibrante mediazione della sua umanità consacrata, l’incontro di tante persone con Lui, la notte dell’Ascensione Lui l’ha voluta incontrare pienamente e definitivamente. È avvenuto tutto così improvvisamente che è difficile per noi renderci conto dell’accaduto. Ci fermiamo in silenzio e accogliamo il mistero sacro di questo Incontro. La fede è lampada ai nostri passi e illumina questo segreto di dolore e di amore, introducendoci alla logica dell’abbandono in Dio in cui ogni morte è resa feconda e portatrice di infinita benedizione, in cui ogni consegna diviene possibilità inaudita di vita, ogni dolore apre il passaggio alla luce dell’Amore.

Grazie, sr Serafina! Ti affidiamo alla nostra Madre tenerissima, la Consolata, perché ti introduca pienamente nell’abbraccio Consolatore di suo Figlio e appaghi la tua sete ardente del Suo Volto. Da lì, da quell’abbraccio, continua a accompagnarci come sorella in questo cammino di rinascita, di rigenerazione a una vita consacrata missionaria sempre più autenticamente “della Consolata”.

Grazie, nostra sorella!

Sr Simona Brambilla, MC
Nepi, 28 maggio 2017

Suor Simona condivide i suoi ricordi all’inizio della celebrazione funebre.

Il vescovo di Civita Castellana, mons Romano Rossi, presiede la cerimonia funebre.

Membri del capitolo generale dei Missionari della Consolata durante la celebrazione

Ultimo commiato alla presenza delle Consorelle e confratelli.




Cardinal Tagle:

La missione è di Dio


I Missionari della Consolata partecipanti al XIII Capitolo Generale a Roma, hanno ricevuto, la mattina del 23 maggio, il cardinale filippino Mons. Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila e presidente della Caritas Internazionale, per una mezza giornata di riflessione teologica e missionaria sugli Apostoli Paolo e Barnaba.

Ordinato vescovo nel 2001 e creato cardinale nel 2012, da Papa Benedetto XVI, Tagle è uno dei più importanti teologi dell’Asia, autore di libri come: “Gente di Pasqua”, “Raccontare Gesù” e “Ho imparato dagli ultimi. La mia vita, le mie speranze” (dell’EMI, Editrice Missionaria Italiana).

“Mi sento in famiglia”, ha detto il vescovo salutando l’assemblea capitolare composta da 45 missionari rappresentanti di 18 regioni dell’Istituto Missioni Consolata in Europa, Africa, America e Asia.

Davanti ai profondi e rapidi cambiamenti del mondo globalizzato, il presidente della Caritas Internazionale difende una continua riflessione sulla missione evangelizzatrice della Chiesa. “Quando si sente dei 65 milioni di rifugiati sparsi in tutto il mondo, dei 20 milioni di persone che a causa della siccità, in alcune parti dell’Africa, soffrono la fame, delle guerre in corso, della diffusione dell’odio verso gli stranieri e dell’uso sbagliato della religione, e questo solo per citarne alcuni, non possiamo aspettarci che la Chiesa e la sua missione rimangano “il business” di sempre”

Secondo il cardinale, “la Nuova Evangelizzazione è urgente e richiede nuovo fervore, nuovi metodi e nuove espressioni. Abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere un forte impulso missionario da Papa Francesco con il suo famoso detto “una Chiesa in uscita verso le periferie esistenziali”.

Nonostante tutto, ha chiesto che non siano lasciate cadere “le sue espressioni o termini ripetuti costantemente come slogan o formule, ma portarle alla riflessione teologica concreta nelle diverse esperienze della missione”.

A riguardo di Paolo e Barnaba, apostoli ispiratori del XIII Capitolo Generale in corso, il cardinal Tagle ha sottolineato la “loro saggezza missionaria”. Per questo ha citato ciò che P. James Kroeger, MM (Paul’s Mission Principles, Bible Today 2009) chiama i 10 Principi Missionari di Paolo:

1) una profonda consapevolezza della vocazione: la missione che ha origine nella chiamata di Dio; 2) impegno radicale con Cristo: la missione suppone una vita centrata totalmente in Cristo; 3) l’accettazione volontaria della sofferenza: la vulnerabilità e l’accettazione della croce autenticano la missione; 4) penetranti metodi di missione: la missione richiede creatività, in culturalizzazione, approcci all’evangelizzazione sempre rinnovati ; 5) urgente annuncio del Vangelo: la missione non ha perso la sua urgenza nel mondo contemporaneo; 6) un profondo amore per la Chiesa: la missione e l’amore del popolo che costituiscono la Chiesa vanno di pari passo; 7) stretta collaborazione fra i suoi membri: tutto il ministero apostolico è rafforzato dagli sforzi di collaborazione; 8) impegno nella trasformazione della società : il messaggio evangelico della dignità e dell’uguaglianza umana, se abbracciato, porta alla trasformazione sociale; 9) efficaci e esemplari stili di vita: la testimonianza di una vita cristiana è la prima e spesso la più efficace proclamazione del Vangelo; 10) il totale abbandono nella provvidenza di Dio: la missione rimane sempre “il progetto di Dio” e gli evangelizzatori devono cercare di essere umili strumenti pieni di fede in Dio.

Uno sguardo panoramico alla sintesi di P. Kroeger ci permette di concentrarci su alcuni aspetti specifici della saggezza missionaria di Paolo e di Barnaba e ci potrebbero aiutare a diventare una Chiesa in uscita per i nostri tempi.

Incontro del cardinal Luis Antonio Tagle di Manila con il 13° capitolo generale IMC

Preghiera, digiuno, comunità e organizzazione

Paolo e Barnaba hanno iniziato il servizio alla missione per cui Dio li ha scelti in una comunità che era in preghiera e nel digiuno (At 13,1). Lì hanno capito la volontà di Dio, perchè “la missione di Dio si manifesta in una comunità che prega e digiuna. Con la preghiera e il digiuno (cioè la disciplina dello spirito e del corpo) hanno poi fondato e formato le comunità. “Abbiamo bisogno di preghiera e digiuno. D’altra parte, la vera preghiera comunitaria e il digiuno portano l’organizzazione della comunità e la sua missione ad essere ispirata e diretta dalla Spirito Santo”.

Capitolo generale IMC in ascolto del Card. Tagle

Mettere la Missione al centro, non il proprio ego

Citando l’amicizia tra Paolo e Barnaba, il cardinale di Manila ha messo in risalto la necessità di “riconoscere la forza e la fragilità delle relazioni personali”, che non devono mai “distruggere la missione”.

Commentando la seprazione tra Paolo e Barnaba, il vescovo ha osservato che gli Atti degli Apostoli riconoscono la “fragilità della comunione, ma mostrano anche che la separazione per qualsiasi motivo non deve distruggere la missione comune. Anche se il lavoro è fatto separatamente, è lo stesso lavoro che si sta facendo. Impariamo (da Paolo e Barnaba) che comunione significa aggrapparsi a ciò che abbiamo in comune e non permettere che le differenze personali rovinino l’impegno verso gli obiettivi comuni”, che la Parola di Dio deve andare avanti anche se le persone sono diverse e agiscono in modi diversi. Paolo e Barnaba non hanno perso tempo nel distruggersi a vicenda (come invece rischiamo di fare noi cristiani di oggi per difendere le nostre differenze), perché Il loro obiettivo era quello di proclamare la Parola di Dio, ha sottolineato il cardinale.

Impegnarsi nel discernimento delle sorprendenti vie dello Spirito

Incontro del carrinal Luis antonio Tagle di Manila con il 13° capitolo generale IMC

Barnaba e Paolo hanno sperimentato che lo Spirito ha detto diversi “No” ai loro piani personali. Ma ciascuna di queste esperienze li ha portati a cercare i “sì dello Spirito”.

Nella sua relazione, il cardinale di Manila ha aggiunto: “È difficile accettare un ‘no’ da Dio. Ma quello è il suo modo di ricordarci che la missione è di Dio e non di nostra proprietà. I missionari hanno bisogno della leggerezza del cuore, di un sano umorismo e di una santa libertà o ‘indifferenza’ che permette di accettare le porte chiuse. Non possiamo attaccarci alle nostre idee e progetti come se fossero l’unico e finale percorso disponibile”.

Davanti alle “porte chiuse”, il cardinal Tagle dice che “non dobbiamo rimanere arrabbiati o amari”, ma “dobbiamo sentirci spinti a cercare le porte che lo Spirito vuole aprire per noi, porte che noi non abbiamo mai pensato. La Chiesa in uscita è pronta a provare porte, tetti (cfr. Mc 2,4), strade che lo Spirito vuole offrire ma che noi ignoriamo perché siamo fissi sui nostri modi di vedere le cose. Ciò richiede una spiritualità missionaria di umiltà che continua a stupirsi di ciò che Dio fa”.

“La missione è un atto di fede nella presenza permanente del Signore Risorto. Questa fede cura l’orgoglio. L’orgoglio distrugge la missione. L’orgoglio distrugge i missionari. La fede nel Risorto salva e dirige la missione. “Dominust est” (Il Signore è vivo), ha concluso citando il suo motto episcopale.

Con vena umoristica, il cardinale ha risposto a varie domande dell’assemblea insistendo sulla “leggerezza personale e istituzionale”, condizione fondamentale per rendere possibile “una Chiesa o una congregazione in uscita missionaria”.

In seguito il Cardinal Tagle ha celebrato con noi l’Eucarestia ed ha concluso la sua visita con il pranzo.

La programmazione del XIII Capitolo Generale dell’Istituto, iniziato il 22 maggio, si concluderà il 20 giugno, giorno della festa della Vergine Consolata, Patrona della Congregazione.

Segreteria di comunicazione

Padre Stefano Camerlengo, superiore generale degli IMC, in colloquio con il card. Tagle

Dopo la messa del cardinal Luis Antonio Tagle di Manila con il 13° capitolo generale IMC




Missionari in cammino per il futuro della Missione


Inizia il XIII Capitolo Generale dei Missionari della Consolata

Cerimonia di apertura del 13mo capitolo generale dei Missionari della Consolate a Roma

Rivitalizzare e ristrutturare l’Istituto Missioni Consolata (IMC) per qualificare maggiormente la missione. Con questo obiettivo, la Congregazione dei Missionari della Consolata, ha iniziato, lunedì 22 maggio, il suo XIII Capitolo Generale. L’incontro internazionale, che si realizza ogni sei anni, raduna in Roma 45 rappresentanti di 18 circoscrizioni dell’Istituto presenti nei continenti dell’Europa, dell’Africa, dell’America e dell’Asia.

“Il Capitolo Generale è un momento particolare nella vita della nostra Famiglia. È una occasione per prendere coscienza della nostra situazione, verificare il nostro modo di essere missionari ad gentes e acquistare energie per dar forza alla missione, che è il cuore della nostra vita”, ha messo in risalto Padre Stefano Camerlengo, Superiore Generale, nell’accogliere i delegati capitolari. Questi sono: 21 africani, 14 europei e 8 latino-americani che rappresentano 231 comunità religiose presenti in 28 paesi.

Il Capitolo è una celebrazione pasquale che include croce e speranza, morte e risurrezione. Questo lo spirito con il quale si è vissuta la celebrazione di apertura iniziata all’ingresso della Casa Generalizia. Guidati dal Superiore Generale che portava il cero pasquale, i missionari hanno seguito in processione fino alla sala capitolare.

Cerimonia di apertura del 13mo capitolo generale dei Missionari della Consolata a Roma

Dopo aver invocato lo Spirito Santo con il canto del “Veni Creator”, i delegati, chiamati ad uno ad uno per nome dal Superiore Generale, hanno acceso una candela alla luce del cero pasquale e promesso di “compiere con fedeltà il compito di capitolari avendo come unico proposito la gloria di Dio ed il bene dell’Istituto”.

Ricordando gli Apostoli Paolo e Barnaba, scelti come ispiratori per il Capitolo, il padre Generale ha sottolineato l’importanza “dell’imitare la loro passione missionaria, la loro amicizia nella missione ed in modo speciale il loro entusiasmo per la missione ad gentes.

Con questo Capitolo vogliamo entusiasmare tutto l’Istituto per la missione che il Signore ci ha affidato e per la quale il Fondatore ha formato i primi missionari”, ha ricordato Padre Camerlengo.

“Siamo consacrati per la missione. Il cuore di questo Capitolo e di tutta la nostra vita è la missione, come voleva il Beato Giuseppe Allamano, che ripeteva sempre le parole dell’apostolo Paolo: “tutto ho fatto per il Vangelo”, ha ancora aggiunto il padre Generale.

Nella prima sessione dei lavori sono stati approvati il regolamento del capitolo, l’agenda e l’orario. Come moderatori sono stati eletti i padri Francisco Pinilla, Antonio Rovelli e Mathews Owuor. In seguito, si sono formate le varie commissioni: segreteria, redazione, liturgia e comunicazione.

Eucarestia con il Card Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano

Incontro col Card. Parolin

Il giorno è terminato con la visita del Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, che ha presieduto l’Eucarestia.

Negli ordini religiosi, i capitoli generali sono “segnali messi ai bordi della strada per indicare costantemente la strada”, ha detto il cardinale nella sua omelia. “Sono autentici momenti di grazia nei quali siete invitati a navigare nel grande libro che narra la vostra vita missionaria, tra le pagine dove fluisce il carisma ereditato dal vostro Fondatore, vissuto per più di un secolo dalla storia di molti confratelli”.

“Parte del vostro Progetto Capitolare è dedicato a riavvicinare la missione alla realtà, perché l’annuncio venga seminato con pazienza, nasca e cresca nel silenzio quasi inconsapevole del seme del Regno, venga sussurrato e non gridato a coloro ai quali si vuole donare la Buona notizia”.

Riferendosi agli obiettivi del Capitolo, il cardinale ho osservato: “Credo che il desiderio di “ristrutturare” il vostro Istituto vada inteso in quest’ottica: non deve essere un semplice restyling (riparazione), come si fa con le autovetture quando iniziano a perdere valore sul mercato, ma deve essere un modo autentico per portare realmente la missione “ad gentes”, alle persone.

Fondato dal Beato Giuseppe Allamano nel 1901, a Torino, nel nord dell’Italia, l’Istituto Missioni Consolata conta oggi con 982 missionari: 14 diaconi, 47 fratelli religiosi, 35 novizi, 743 sacerdoti, 130 seminaristi e 15 vescovi. Nel 1910, l’Allamano ha fondato anche la Congregazione delle Missionarie della Consolata, con lo stesso carisma ad gentes.

Il 5 giugno i capitolari saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco in Vaticano, un incontro programmato insieme alle Missionarie della Consolata, radunate anche in Capitolo. I lavori del XIII Capitolo Generale dell’IMC andranno fino al 20 giugno, giorno della celebrazione della Festa della Consolata, patrona della Congregazione.


Testo pubblicato in contemporanea anche su www.consolata.org

Momento conviviale a cena con il cardinal Pietro Parolin, segretario di stato del Vaticano

Video finale dopo la cena, con bellissimo messaggio da parte del Cardinale. Tutto spontaneo, anche il rumore dei piatti nel sottofondo!

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Cattolici disinvestono dai combustibili fossili


In vista del vertice del G7 e della conferenza della convenzione UNFCCC di Bonn, diverse istituzioni da tutto il mondo si uniscono nel più ampio annuncio congiunto cattolico di disinvestimento dai combustibili fossili finora realizzato.

Ulteriori informazioni disponibili al link:
http://catholicclimatemovement.global/divest-and-reinvest/

Mercoledì 10 maggio 2017 – Nove organizzazioni cattoliche provenienti da tutto il mondo hanno annunciato oggi la decisione di disinvestire i propri portafogli dalle industrie del carbone, petrolio e gas con il più ampio annuncio congiunto cattolico di disinvestimento finora realizzato. I diversi soggetti che si uniscono nell’annuncio – compresi ordini religiosi e diocesi dal Regno Unito, Stati Uniti e Italia – hanno rilasciato la dichiarazione di disinvestimento in vista dei negoziati internazionali di questo mese sulle misure di attuazione dell’accordo di Parigi sul clima. Combustibili fossili come carbone, petrolio e gas sono la causa principale delle emissioni di gas a effetto serra che stanno cambiando il clima e aggravando la situazione di povertà in cui versano le comunità più povere del mondo. A livello mondiale, il 2016 è stato l’anno più caldo sinora registrato , un triste record attribuito precedentemente anche al 2015 e il 2014.

L’annuncio è anche significativo per il numero e la varietà delle istituzioni cattoliche coinvolte, compresi i Gesuiti e i Francescani, che si ancora una volta per far fronte comune sul disinvestimento, tema che sta guadagnando un crescente supporto a tutti i livelli della Chiesa Cattolica. La notizia del disinvestimento giunge dopo la conferenza “Laudato Si’ e investimenti cattolici” del Gennaio 2017 – cui hanno partecipato il cardinale Turkson, Prefetto del Dicastero dello Sviluppo Umano Integrale nonché intimo consigliere dell Papa sui temi ambientali, e l’ex capo negoziatore ONU sul clima Christiana Figueres – centrata proprio sul tema dell’investimento alla luce dei principi della Laudato Si’.

Quella dei Gesuiti Italiani è la seconda provincia gesuita a disinvestire a livello mondiale, segno di una profonda reazione all’appello per la cura della casa comune lanciato da Papa Francesco, anch’egli gesuita. La Comunità Monastica di Siloe è la prima comunità monastica cattolica del mondo a disinvestire. La Diocesi di Pescara diventa la seconda diocesi ad aver disinvesto finora, mentre la Diocesi di Bologna insieme alla Conferenza episcopale italiana e alla FOCSIV promuoverà un approfondimento sulle questioni del disinvestimento durante una conferenza l’8 giugno alla presenza del ministro italiano dell’ambiente Gian Luca Galletti il quale, due giorni dopo, si troverà a dirigere i lavori del G7 ambiente a Bologna. Sette sono le organizzazioni che hanno preso parte al precedente annuncio cattolico di disinvestimento nell’ ottobre 2016 e, considerando l’annuncio odierno, sono 27 le istituzioni cattoliche che hanno aderito in totale a questa iniziativa. L’annuncio giunge poco più di un mese prima del secondo anniversario dell’Enciclica Laudato Si’ del Giugno 2015, lettera con cui Papa Francesco ha invitato cattolici e non cattolici alla cura della nostra casa comune. Con i leader più potenti del mondo riuniti per il summit G7 in Sicilia dal 26 al 27 maggio per discutere le maggiori minacce alla stabilità globale, e con quasi 200 paesi che si riuniscono a Bonn dall’8 al 18 maggio per i negoziati UNFCCC per aggiungere importanti informazioni tecniche al quadro dell’accordo di Parigi, l’annuncio di disinvestimento invia un potente segnale di slancio e sostegno popolare per un’azione ambiziosa sul cambiamento climatico.

Quest’ ultimo annuncio giunge anche nel mezzo della Settimana di Mobilitazione Globale sul Disinvestimento organizzata dalla ONG 350.org , un’iniziativa in cui persone da tutto il mondo agiscono per chiedere a città, università, chiese, fondi pensione, musei e altre istituzioni di dimostrare la propria leadership sul clima rompendo i propri legami finanziari con le industrie dei combustibili fossili.

Referente programma Disinvestimento&Investimento Cattolico: Cecilia Dall’Oglio (Roma, Italia); European Programs Coordinator, Global Catholic Climate Movement; Email: cecilia@catholicclimatemovement.global ; Tel: +39 3331271680 +39 06 6877867 Referente media Italia: Marta Francescangeli; Ufficio stampa FOCSIV – Volontari nel mondo; Email: comunicazione@focsiv.it ; Tel: +39 3384731082 +39 06 6877867 Referente media USA: Christina Leano; Associate Director, Global Catholic Climate Movement; Email; christina@catholicclimatemovement.global ; Tel: +1-786-459-5667

ALLEGATI:

Lista delle istituzioni che annunciano il disinvestimento (10 Maggio)

  1. Congregazione missionaria delle Serve dello Spirito Santo (Internazionale, Curia generale)
  2. Arcidiocesi di Pescara – Penne (Italia);
  3. Il Dialogo (Italia);
  4. Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù (Italia);
  5. Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita (Italia);
  6. Comunità Monastica di Siloe (Italia);
  7. MGR Foundation (USA);
  8. Suore Francescane Wheaton, Provincia di Santa Chiara delle Sorelle Francescane, Figlie del Sacro Cuore di Gesù e Maria (USA);
  9. Provincia di San Giuseppe della Congregazione della Passione di Gesù Cristo – Provincia Inglese dei Passionisti (Regno Unito).

Dichiarazioni sulle decisioni di investimento

“”La reazione dei cattolici al cambiamento climatico sta avanzando in maniera esponenziale. Dal rifiuto di investire in combustibili fossili all’installazione di pannelli solari sui tetti delle chiese, un numero sempre maggiore di cattolici sta adottando azioni concrete per proteggere il creato e le persone vulnerabili nelle proprie comunità e non solo. Questo slancio cattolico è qualcosa che non dovrebbe passare inosservato dai leader mondiali riuniti per il vertice G7, prima che essi tornino nei propri paesi per trasformare politiche di convenienza in politiche ambiziose di lungo periodo.”

Tomas Insua, Direttore, Global Catholic Climate Movement.

“Siamo estremamente preoccupati che il vertice del G7 non assuma impegni ufficiali sul clima, adottando obiettivi meno ambiziosi rispetto a quelli di Parigi, e con l’uscita degli Usa dagli accordi. Di fronte a questo impasse politico, diverse organizzazioni cattoliche si impegnano in nome della Laudato Si’ a promuovere la giustizia sociale e climatica tramite dei concreti impegni di disinvestimento dai combustibili fossili. Auspichiamo che tale azione possa costituire sia un richiamo ai leader internazionali per impegnarsi nel contrastare il cambiamento climatico e allo stesso tempo un supporto alla presidenza italiana del G7 affinché continui nel suo lavoro di prioritarizzazione della questione climatica nell’agenda del vertice. FOCSIV insieme alla Diocesi di Bologna e alla Conferenza Episcopale Italiana coinvolgeranno ulteriormente le diocesi al disinvestimento e al reinvestimento in fonti pulite per la promozione di un accesso universale all’energia in occasione del G7 Ambiente a Bologna, l’otto giugno, con Mons Zuppi e il Ministro Galletti”

Gianfranco Cattai, Presidente, FOCSIV (Italia)

“La diversità organizzativa e geografica delle organizzazioni che partecipano a questo annuncio congiunto mostra la leadership delle comunità cattoliche nel prendere azioni concrete in risposta alle ripetute richieste di Papa Francesco per preservare la nostra casa comune. Celebriamo questo annuncio e speriamo che il suo messaggio raggiunga le persone di tutte le fedi e induca altre istituzioni cattoliche, tra cui il Vaticano stesso, a porre fine all’influenza dannosa dell’ambizione dell’industria dei combustibili fossili sulle nostre economie e società e a sostenere fonti energetiche giuste e pulite per tutta l’umanità.”

Yossi Cadan, 350.org Senior Divestment Campaigner.

“Dichiaro di voler aderire alla Campagna per il disinvestimento dalle fonti fossili e l’investimento in energie rinnovabili, promossa da FOCSIV. Questa dichiarazione desidera essere un primo impegno concreto nella logica di una ecologia integrale e della cura della casa comune, a cui ci ha richiamati tutti Papa Francesco nella lettera enciclica Laudato si’, in vista di un progressivo ed effettivo processo di disinvestimento

Tommaso Valentinetti, Arcivescovo di Pescara-Penne (Italia)

“The monastic community of Siloe, in the Diocese of Grosseto, starting from the building of the new monastic complex, in 2000, has been building on good practices of building with the use of renewable energy resources. Strongly committed on the issues of caring and safeguarding the creation, we consider it is important to be part of an initiative that is in very deep harmony with the value in which we believe and that gives a concrete answer to Pope Francis’s Call in his encyclical Laudato Si’ asking for a real ecological conversion and a new way to inhabit the Earth. On behalf of the community of Siloe, which I represent as a superior, I express my commitment to the fossil fuels divestment campaign.”

“La comunità monastica di Siloe, nella diocesi di Grosseto fin dall’inizio della costruzione del nuovo complesso monastico (a partire dall’anno 2000) ha messo in atto le buone pratiche del costruire con l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Impegnati sui temi della cura e custodia del creato, riteniamo importante aderire oggi ad una iniziativa che è in profonda sintonia con i valori in cui crediamo e che cerca di dare una risposta concreta all’appello di Papa Francesco nella su Enciclica Laudato Si’, che tutti ci convoca ad una “conversione ecologica” e a mettere in atto una nuova modalità dell’abitare la terra. A nome della comunità di Siloe che come superiore rappresento, esprimo volentieri la mia adesione alla campagna Disinvestimento dai combustibili fossili”

P.Mario M.Parente, Priore della Comunità monastica di Siloe (Italia)

“I express the adhesion of the Italian province company of the Society of Jesus to the divestment campaign. With this adhesion I announce the intention to start a more detailed process about the different ways of removing our investments from fossil, progressively, within the next 5 years.”

  1. Gianfranco Matarazzo, Padre Provinciale dei Gesuiti Italiani (Italia)

“Noi, come Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita, esprimiamo la nostra adesione alla Campagna Disinvestimento dalle fonti fossili. Noi siamo impegnati da tempo nella custodia della casa comune, che è la nostra sorella e madre terra, secondo le indicazioni dell’enciclica Laudato si’. Riteniamo importante aderire ad una iniziativa che è in profonda sintonia con i valori in cui crediamo e che cerca di dare una risposta concreta all’appello del Papa Francesco nella sua più recente enciclica Laudato Sii, in cui ci chiede di fare una conversione ecologica, passando dalle energie fossili a quelle rinnovabili”

Adriano Sella, coordinatore nazionale della Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita (Italia)

“Il direttore e il responsabile della sezione Ambiente de Il Dialogo sono da lustri impegnati nella difesa dei diritti umani e dell’ambiente. Aderire pertanto al prossimo annuncio cattolico congiunto di disinvestimento che si terrà il 10 Maggio 2017, nell’ambito della mobilitazione globale per il disinvestimento, è per noi naturale e genuino perché significa aderire ai valori in cui crediamo. Pertanto uniamo la nostra voce al messaggio del disinvestimento che FOCSIV sta portando avanti con partner nazionali ed internazionali (assieme alle organizzazioni che fanno parte della Campagna #DivestItaly e del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima ). Pertanto ci uniamo alle oltre 100 entità in tutto il mondo tra chiese ed organizzazioni cristiane che hanno recepito positivamente il messaggio del disinvestimento dalle fonti fossili. L’annuncio di disinvestimento dalle fonti fossili è un modo concreto per mettere in pratica la Laudato Si’ e farsi testimoni del suo messaggio. Nell’enciclica LAUDATO SI’, Papa Francesco scrive “Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili [..]deve essere sostituita progressivamente e senza indugio. (Laudato Si’, 165) “Sul cambiamento climatico abbiamo un chiaro, definitivo e ineluttabile imperativo etico ad agire” (Papa Francesco). Siamo convinti che l’unione porterà ad una finanza più sostenibile ed ad un mondo più giusto e vivibile. Pertanto aderiamo e invitiamo tutti ad aderire.”

Giovanni Sarubbi, (Direttore ) Michele Zarrella (Responsabile sezione ambiente) de Il Dialogo ( Italia)

Noi, Provincia di San Giuseppe della Congregazione della Passione di Gesù Cristo (Provincia Inglese dei Passionisti) ci impegniamo in un disinvestimento completo dai combustibili fossili, da iniziare il più presto possibile e completare nei prossimi 4 anni, al massimo entro il 2021” P. Martin Newell CP, Provincia di San Giuseppe della Congregazione della Passione di Gesù Cristo (Regno Unito) “Come comunità siamo impegnate da molto tempo nell’esaminare le radici della violenza. Attraverso il nostro studio e il nostro discernimento rispondiamo con compassione bisogni immediati e sistemici tanto a livello locale che mondiale. Riteniamo che sia imperativo il nostro allontanamento dai combustibili fossili a causa dell’impatto che hanno sull’ambiente.”

Sr. Sheila Kinsey, Suore Francescane Wheaton, Provincia di Santa Chiara delle Sorelle Francescane, Figlie del Sacro Cuore di Gesù e Maria (USA)

“Noi Suore Francescane Wheaton, Provincia di Santa Chiara delle Sorelle Francescane, Figlie del Sacro Cuore di Gesù e Maria (USA), annunciamo oggi con integrità di non avere investimenti correnti in combustibili fossili e di aggiungere questa decisione nel nostro piano di investimento socialmente responsabile così da assicurare l’assenza di futuri investimenti in combustibili fossili. In questo modo intendiamo enfatizzare l’urgenza della crisi climatica ed approfondire il nostro impegno per la cura della nostra casa comune

Sr. Melanie Paradis,osf, Sr. Lynn Schafer,osf, Sr. Trish Villarreal,osf, Sr. Alana Gorski,osf, Consiglio provinciale delle Suore Francescane Wheaton

Nota

Istituito nel 2014, il Movimento Cattolico Mondiale per il Clima è una coalizione di oltre 100 organizzazioni Cattoliche impegnate a rispondere all’imperativo morale della crisi del cambiamento climatico. Ulteriori informazioni disponibili al link:
http://catholicclimatemovement.global/divest-and-reinvest/




Bolzano: Beatificato

Josef Mayr-Nusser


Beatificato Josef Mayr-Nusser,
il giovane altornatesino dell’Azione Cattolica
che si rifiutò di giurare a Hitler.

Nella luminosa mattinata di sabato 18 marzo nel duomo di Bolzano con una intensa e suggestiva celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione Vaticana per le cause dei Santi e con la presenza dell’Ordinario della diocesi di Bolzano – Bressanone, Mons. Ivo Muser e di numerosi vescovi sia italiani che austriaci, è stato beatificato Josef Mayr-Nusser, il giovane altornatesino membro dell’Azione Cattolica che durante la Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di giurare a Hitler.

Josef Mayr-Nusser era nato nel 1910 a Bolzano in una famiglia di contadini profondamente credenti. Iscritto fin dall’adolescenza all’Azione Cattolica di lingua tedesca della diocesi di Trento ne divenne ben presto un dirigente qualificato e preparato. In occasione della scelta decisionale riservata agli abitanti dell’Alto Adige del 1939 si schierò con i “Dableiber”, ovvero i “no optanti” coloro che, contrari all’emigrazione verso il Terzo Reich, vollero rimanere in Italia e aderì segretamente al movimento antinazista “Andreas Hofer Bund”. Dopo l’annessione dell’Alto Adige al Reich tedesco, fu arruolato forzosamente nelle SS. Al momento di prestare il giuramento, nonostante i consigli contrari di camerati e superiori, si rifiutò di pronunciarlo, per motivi di coscienza. Agli allibiti ufficiali e sottoufficiali delle SS presenti disse: “Io non posso giurare a Hitler, sono cristiano, la mia fede e la mia coscienza non me lo consentono”. Con queste parole Josef Mayr-Nusser, decretò la propria condanna a morte. Il suo no, venne infatti pronunciato davanti all’ufficiale superiore del centro reclute delle SS di Konitz, in Prussia. E per lui la corte marziale emanò una sentenza inappellabile: condanna a morte, per fucilazione, da eseguirsi nel lager di Dachau. Ma sul patibolo Josef non arrivò mai: morì per le botte, i maltrattamenti, la fame, la sete e le sofferenze fisiche subiti sul vagone piombato durante il viaggio di trasferimento al campo di sterminio. Davanti a migliaia di fedeli nel Duomo di Bolzano, il cardinale Amato ha esaltato le virtù del primo beato contemporaneo della diocesi di Bolzano e Bressanone, che grazie alla sua fede adamantina divenne una “fiaccola di luce, seguendo fino alla fine la propria coscienza”. Mayr-Nusser, aveva ben chiaro il primato della coscienza, nell’omologazione generale dei suoi tempi, diede ascolto alla sua coscienza. Non solo: giorno dopo giorno ha lavorato alla formazione della sua coscienza, confrontandosi continuamente con il Vangelo in modo da essere capace, di fronte a una scelta, anche la più dura, da che parte stare.

Il vescovo Ivo Muser ha evidenziato la gioia della diocesi di Bolzano e Bressanone per la beatificazione di un laico, padre di famiglia, esempio cristallino per l’impegno socio-politico dei cristiani, questo martire scomodo, per troppo tempo dimenticato, ci stimola al coraggio civile e a fare i conti con le pagine più oscure della nostra storia. Mons. Muser, ha poi aggiunto: “Rimarrà scomodo anche da Beato”. Ci abbiamo messo tanto, come società e come Chiesa, a guardarlo in faccia. Il suo tempo è stato un tempo di scelte coraggiose e chi scelse in modo sbagliato, di fronte a lui non può che rimanere in rispettoso silenzio. Alla fine Mons. Muser ha ricordato che ancora oggi c’è chi non accetta fino in fondo il suo messaggio, ma grazie a lui possiamo dire: “no alle scelte facili, sì invece alla convivenza tra i nostri gruppi etnici, tra tedeschi, ladini e italiani”. L’iter burocratico legato alla figura di Mayr-Nusser è rimasto inspiegabilmente bloccato per anni. Una buona spinta la data Papa Francesco, il cui ruolo è stato fondamentale per far camminare un altro processo di beatificazione che rischiava di insabbiarsi, quello di monsignor Romero.

Josef Mayr-Nusser proclamato Beato nel duomo di Bolzano dall’inviato papale, cardinale Angelo Amato, in una radiosa giornata primaverile altornatesina offre un messaggio attualissimo alla comunità dei cattolici non solo italiani: la sua testimonianza contro l’idolatria del potere – ieri come oggi – ha un valore civile e politico enorme. La Chiesa lo ha riconosciuto ufficialmente, ora l’impegno per tutti è che la sua figura non venga ridotta ad un innocuo “santino”, da tenere nel cassetto o nel portafoglio, ma grazie alla coerenza evangelica della sua vita sia additato alla comunità civile ed ecclesiale come un testimone coraggioso di non violenza e di pace.

Mario Bandera
20 marzo 2017

Leggi anche “Franz Jägerstätter e Josef Mayr-Nusser” di Mario Bandeta per “4 Chiacchiere con”.




Bangui, Centrafrica: sono tornati a casa!


Cari amici
vi scrivo per comunicarvi una notizia importante: tutti i profughi sono rientrati a casa! Sì, avete letto bene: proprio tutti. Dopo tre anni e tre mesi termina qui la nostra avventura iniziata il 5 Dicembre del 2013. E questa è l’ultima puntata della storia del nostro convento diventato improvvisamente un campo profughi.

Dal mese di gennaio, infatti, un progetto finanziato dall’Alto Commissariato per i profughi dell’ONU, in collaborazione con il Governo Centrafricano e altri partner, ha permesso a tutti i nostri profughi (e a quelli, molto più numerosi, ancora accampati nei pressi dell’aeroporto di Bangui) di poter rientrare finalmente nei quartieri della città e di riprendere una vita normale. Ogni famiglia ha ricevuto un piccolo sostegno economico alle sole condizioni di trasportare tutte le proprie masserizie nella nuova residenza, smantellare la propria tenda e abbandonare definitivamente il campo. La partenza era libera e nessun è stato obbligato ad abbandonare il campo; ma, di fatto, tutti hanno accettato volentieri di partire. Tutto si è svolto in modo ordinato e senza particolari intoppi. Anzi: siamo rimasti stupiti della maniera rapida, serena e disciplinata con la quale il nostro campo profughi si è svuotato e ha terminato la sua esistenza. Ovviamente tutto questo è stato possibile non solo grazie al piccolo incentivo economico, ma soprattutto per la situazione di tranquillità e sicurezza che ormai si è creata nella capitale. Questo nuovo clima ha incoraggiato i nostri profughi a compiere il grande passo e a iniziare una nuova vita nel quartiere di origine oppure in un altro quartiere della città.

Per giorni, al Carmel, è stato un via vai di carretti stracarichi, che ritornavano vuoti per essere ancora caricati e ripartire; poi un risuonare di colpi di martello per smontare i pali delle tende: una musica che non dimenticheremo mai. Erano arrivati correndo, scappando dalla guerra, con la paura sul volto e poche cose in mano o sul capo, raccolte di corsa, per sopravvivere chissà come e chissà fino a quando. Ora, invece, ripartivano con più calma, quasi come convinti dalla pace, con la speranza sul volto, qualche figlio in più e spingendo carretti carichi di sogni e progetti. I profughi erano contenti di partire. E anche noi eravamo contenti; ma, inevitabilmente, c’è stata anche un po’ di tristezza per non averli più tra noi. C’eravamo così abituati e affezionati alla loro presenza, alle loro esigenze e a loro rumore che, i primi giorni, abbiamo tutti percepito un senso di vuoto e un silenzio a cui non eravamo più abituati. Ma questo capitolo intenso e straordinario della storia del Carmel doveva comunque concludersi. Il sindacato dei bambini ha protestato un po’; ma poi anche i più piccoli hanno dovuto arrendersi alle decisioni dei grandi. Non si cresce bene in un campo profughi; lo capiranno da grandi. Ma è vero che abbiamo faticato un po’ a uscire dal portone senza essere più attesi, circondati e quasi spiati da frotte di bambini. Alcuni di loro erano poi fedeli e puntuali alla nostra preghiera della sera. Quanto ci mancheranno!

Osservare adesso la zona in precedenza occupata dai profughi, ormai deserta e disabitata, è po’ impressionante. Sembra quasi sia passato un tifone. Soltanto dopo la partenza dei nostri ospiti ci siamo accorti di quanto il nostro campo profughi fosse vasto e popolato (e di quante cose, per evitare i saccheggi nei quartieri, erano state raccolte e accumulate nelle loro tende). In questi giorni alcune persone stanno lavorando per rimettere tutto in ordine, raccogliere l’immondizia, colmare i solchi creati per il drenaggio dell’acqua piovana, riempire le buche delle latrine e delle docce, disinstallare l’impianto e i serbatorni per la distribuzione dell’acqua potabile… in attesa che arrivi la stagione delle piogge per rivedere l’erba che c’era un tempo, dove ora c’è solo terra rossa, dura come il cemento. Di quanto c’era prima è rimasto soltanto il mercato (con bar, cinema e una piccola officina meccanica), notevolmente ridotto rispetto ad un tempo, situato all’ingresso della nostra proprietà e ormai frequentato soltanto da clienti provenienti dai quartieri limitrofi.

L’8 Gennaio abbiamo celebrato una Messa di ringraziamento al Signore per tutti i benefici di cui ci ha colmato in questi tre anni e per non averci mai fatto mancare la sua protezione e la sua provvidenza. Abbiamo anche ricordato tutti i bambini nati al Carmel come anche tutte le persone che qui hanno terminato – per vecchiaia o per malattia – la loro vita. Sono venuti anche vecchi amici che erano già partiti nei mesi precedenti. Anche molti profughi di confessione protestante hanno voluto unirsi alla celebrazione. Abbiamo terminato la Messa sulla collina al centro della nostra proprietà con la benedizione della città di Bangui e l’implorazione del dono della pace per tutto il paese. In effetti, non bisogna dimenticare che, se la situazione è nettamente migliorata in capitale, non è così in altre zone del paese come Bocaranga o Bambari. Piccoli gruppi di ribelli – non sempre ben identificabili, spesso divisi tra loro e poco chiari nelle loro rivendicazioni – continuano purtroppo a compiere azioni criminali causando vittime innocenti, seminando paura e costringendo la popolazione ad abbandonare i centri abitati. Con molta fatica la missione dell’ONU cerca di arginare questi fenomeni che, si spera, dovranno assolutamente essere sradicati per permettere a tutto il paese – non solo alla capitale – d’imboccare risolutamente il cammino della pace e dello sviluppo.

Prima di lasciarci, davanti a tutti, il presidente dei profughi ha fatto un discorso brevissimo, rivolto alla comunità dei frati, dicendo: “Vi ringraziamo di non averci abbandonati. Non lo dimenticheremo mai”.

E anche noi non li dimenticheremo mai. Come sarebbe possibile? Quasi di ognuno conoscevamo il volto, talmente ci erano divenuti familiari. Quasi ad ognuno – impossibile il contrario in più di tre ani di convivenza – era successo qualcosa che ci aveva permesso di incrociare la nostra vita con le loro vite. Al Carmel, in questi tre anni, c’è chi è nato e chi è morto, chi si è ammalato e chi è guarito, chi ha trovato un lavoro e chi l’amore della sua vita o chi ha ritrovato la fede, o semplicemente la forza di perdonare, perdute nei meandri della guerra…

Quando la mattina del 5 Dicembre 2013 avevamo accolto le prime centinaia di profughi pensavamo che fosse questione di qualche giorno; poi pensavamo che saremmo andati avanti fino a Natale… e poi abbiamo smesso di pensare fino quando sarebbe durata l’avventura, comprendendo che quel pezzo di strada andava fatto insieme. Fuggire o cacciarli sarebbe stato da vigliacchi. Perché lasciarsi sfuggire un’occasione del genere? Accoglierli ci è sembrata da subito la cosa giusta da fare; anche se una cosa del genere, e di tali proporzioni, nessuno di noi l’aveva mai fatta e nessuno di noi poteva prevedere come e quando sarebbe finita o dove ci avrebbe portato.  Se quel giorno ci avessero detto che i profughi sarebbero diventati poi migliaia e che si sarebbero installati per tre anni… forse ci saremmo spaventati e avremmo rifiutato. E invece ci siamo solo un po’ spaventati… Ma non c’è dubbio che quanto abbiamo vissuto sia stato dal punto di vista umano e cristiano un’esperienza che ci ha profondamente segnato e che ricorderemo tra le più belle e intense della nostra vita. Non c’è stato tra noi un eroe; e, tanto meno, quell’eroe sarebbe il sottoscritto. Ognuno ha fatto la sua parte, giorno dopo giorno, permettendo di dare il cambio a chi era un po’ più stanco.

Il sottoscritto ha semplicemente cercato di raccontarvi un po’ cos’è una guerra – una delle tante di cui è purtroppo ammalato il nostro pianeta – e di come un convento possa convivere con 10.000 profughi… con qualche difficoltà logistica, ma anche con una buona dose di divertimento, non poche soprese e qualche soddisfazione. Un buon lavoro di squadra ci ha permesso di venirne sempre a capo, anche nelle situazioni più difficili o imprevedibili.

Devo, infine, riconoscere che è anche grazie a questa guerra se i miei lettori e gli amici del Carmel sono aumentati. È proprio vero che non tutto il male vien per nuocere! Mi sia permesso dirvi ora il mio grazie più sincero per la passione, l’interesse e la generosità con cui ci avete seguito. La nostra missione alla periferia di Bangui ha avuto una visibilità che non abbiamo cercato e la nostra avventura una risonanza che neppure potevamo immaginare, ma che ci hanno permesso di allargare il cerchio delle nostre amicizie e di scoprire quante persone facevano il tifo per noi e perché il Centrafrica vincesse la guerra contro la guerra.

Ora il vostro corrispondente da Bangui avrà probabilmente cose meno interessanti da raccontarvi. Ma non è questo il momento d’abbandonare il Centrafrica che ha ancora bisogno della vostra simpatia e della vostra amicizia. C’è un paese non da ricostruire, ma da costruire per la prima volta e non possiamo farcela senza il vostro contributo. L’Africa è un continente in fermento e che riserva sempre grandi sorprese. Anche al Carmel nuovi cantieri stanno per essere aperti. Non mancherò di aggiornarvi.

Un abbraccio, ancora grazie e alla prossima!

padre Federico, i frati del Carmel di Bangui e tutti i nostri ex-ospiti




Don Aldo Benevelli ci ha lasciati il 19 febbraio 2017


È una lunga vita quella di don Aldo Benevelli, 93 anni, una vita nella quale ha fatto moltissimo tenendo come punto di partenza la sua Cuneo, dove doveva essere uno degli ultimi fucilati dai nazisti se non fosse riuscito a fuggire quando già condannato dalla Gestapo.

Prete, partigiano, combattente e pacifista. È lui che nel 1966 diede vita alla LVIA – Associazione Internazionale Volontari Laici: una novità per l’epoca, quando gli unici a svolgere azioni umanitarie in Africa erano i missionari. LVIA è un’associazione ispirata ai valori del Vangelo e della Cristianità, per operare nel mondo in modo laico.

In questi 50 anni di esistenza di LVIA, sono quasi 700 i volontari, donne e uomini che hanno operato con LVIA nei Paesi più poveri. Le attività realizzate non sono semplicemente “progetti” ma relazioni, condivisione di idee e risorse, impegno al nord e al sud per la costruzione di un mondo più giusto e di una cultura di pace e solidarietà.

Il Presidente LVIA, Ezio Elia

 «LVIA tutta intera si unisce ai parenti e a tutti gli amici nella preghiera e nel dolore per la scomparsa di Don Aldo Benevelli, il nostro fondatore.

Come logiche conseguenze del suo coraggioso impegno civico nella Resistenza e della sua profondissima fede cristiana nacquero da don Aldo moltissimi frutti tra cui l’associazione LVIA. Essa nacque dal volontariato di alcuni giovani che cinquant’anni fa don Aldo seppe convogliare nella costruzione di una delle prime ong di area cattolica finalizzata alla solidarietà e cooperazione internazionale attraverso la realizzazione di concreti progetti di sviluppo. Una piccola ma solida risposta concreta come servizio di pace alla grande chiamata che proprio cinquant’anni fa fece Paolo VI con la Populorum Progressio.

Per LVIA don Aldo non fu solo un ottimo aggregatore di persone e maieuta di tante vocazioni all’impegno e alla solidarietà, al dialogo tra culture e religioni, ma fu anche il Presidente/direttore dell’Associazione dalla nascita fino al 1996, gestendo dunque in prima persona la quotidianità di LVIA nelle piccole e grandi scelte.

Seppe gestire il non facile passaggio di testimone ai successivi presidenti espressi dalla base associativa restando, con discrezione, a fianco di LVIA senza mai venir meno ad un prezioso ruolo di critica costruttiva, fino a poter consegnare, un anno fa, alla “sua” LVIA, il premio dell’Università della Pace.

Il motto da lui scelto per l’anello dei volontari “Ut non perdam”, tratto dal cap. 6 del vangelo di Giovanni sta a significare “Affinché nulla e nessuno vada perduto” in senso di profonda vicinanza con gli ultimi. Queste parole sono ormai incise sulle tessere dei nostri soci, scolpito nei nostri cuori e ci unisce ora nella comunione della preghiera e del ringraziamento.

Con questo arrivederci ti assicuriamo, don Aldo, che il servizio di pace LVIA continuerà ad impegnarsi per produrre frutti di giustizia».




Mozambico: Il Ciclone Tropicale Dineo colpisce le Provincie di Inhambane e Gaza


Guiua, Mozambico – (16 febbraio 2016) – Il ciclone tropicale Dineo, di categoria 4, ha colpito il Mozambico nella notte di mercoledì (15/02) con forti piogge (più di 150 millimetri in 24 ore), temporali e venti oltre 120 chilometri all’ora. «Da qui fino a Massinga», scrive da Guiúa padre Sandro Faedi, missionario della Consolata, «migliaia di persone sono rimaste senza tetto. Le case di canne e paglia sono letteralmente volate via; quelle di mattoni con tetto di lamiera o di eternit sono state scoperchiate». I forti venti hanno anche sradicato diversi alberi e distrutto il tetto delle casette usate dalle famiglie di chi partecipa ai corsi residenziali del Centro di formazione di Guiúa. Delle 14 cappelle nel territorio della missione solo 3 sono rimaste indenni, tutte le altre sono gravemente danneggiate.

Il vento ha inoltre pesantemente danneggiato i tetti della scuola primaria, alcune case dei catechisti, il tetto dell’edificio che ospita la biblioteca e la sala computer, scoperchiato il dormitorio e l’asilo infantile, volate via le lastre di zinco della copertura del magazzino e strappati i cavi di distribuzione dell’elettricità. Il Centro Catechistico è da ieri al buio. Oltre alle famiglie dei catechisti in formazione, il Centro stava ospitando 60 catechisti delle parrocchie della diocesi di Inhambane impegnati in un corso di formazione che ha dovuto essere interrotto. Rientrati ai loro villaggi, i catechisti hanno segnalato preoccupazione per lo stato in cui hanno trovato le loro abitazioni.

 

Fonte: sito dei missionari della Consolata in Mozambico 

 




Trump, Scalabriniane: Davanti a un muro si dimenticano pietà e misericordia


“Gli Stati Uniti d’America sono sempre stati un esempio di integrazione. Sono cresciuti e si sono sviluppati proprio grazie ai migranti. Quelli stessi migranti che oggi vengono respinti e contro i quali viene posto un muro. Non è cristiano, non è umano, immaginare che esseri di questo pianeta si respingano. Tornando ai concetti del Vangelo, quel muro fisico sarà abbattuto, come è sempre stato nella storia. Cristo che ci ha fatti passare dall’ostilità all’amicizia tra i popoli e abbattendo il muro di separazione ci ha regalato pace e riconciliazione”. Lo ha detto in una nota suor Neusa de Fatima Mariano, Superiora generale delle Scalabriniane, Congregazione di suore missionarie che sin dalla loro fondazione si occupa di migrazione. “La politica internazionale ora dovrebbe concentrare la propria attenzione su scelte miti, concilianti, di dialogo – ha aggiunto – Uno scontro, soprattutto in questo momento, può essere visto come una vera e propria dichiarazione di ostilità. E le vittime, anche in questo caso, sono i più bisognosi. Sono quelle tante, tantissime persone che con gli occhi pieni di speranza lasciano le proprie famiglie e fuggono da crisi economiche, politiche, sociali, ambientali. Non si può restare ciechi a tutto questo. Ci sono bambini che nell’età in cui loro coetanei in Europa e negli Stati Uniti sono in casa a guardare i cartoni animati diventano adulti all’improvviso. Si trovano a dover superare oceani e deserti guardando dal basso verso l’alto i loro traghettatori, che spesso senza scrupoli li lasciano morire”. Poi, ha proseguito suor Neusa: “I muri realizzati per dividere non sono mai una buona scelta e lo sono meno quando si tratta di respingere una categorie di persone che hanno edificato un paese come gli Stati Uniti d’America. Non è possibile associare i migranti ai criminali: non lo sono. Tutti abbiamo la stessa dignità nonostante non si abbia le stesse opportunità. Il dovere di tutti è di lavorare verso una umanità unita e non divisa. Davanti a un muro non c’è quella pietà cristiana che è il fondamento di una mano testa verso gli altri. Davanti a un muro si dimentica la misericordia del nostro Credo e del nostro ultimo Giubileo. Davanti a un muro si dimentica che davanti a un creato infinitamente grande, noi restiamo comunque infinitamente piccoli. Su tutto questo Donald Trump dovrebbe riflettere. Così come ha fatto scelte per la vita, scelga per quelle anime disperate che migrano nel mondo e che cercano difendere la propria vita e la propria famiglia”.

Suore missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane
Congregazione generale
Via Monte del Gallo, 68 – Roma
Ufficio stampa
Tel. 06.2118508



Frammenti di Luce


Frammenti di Luce | Annare perannareque commode: trascorrere piacevolmente tutto l’anno (Ovidio, Fasti, III) |

Riflessioni di padre Giuseppe Ronco, pubblicate su Da Casa Madre 1/2017 pp. 3-7, rivista ad uso interno dei Missionari della Consolata.

La Cattedrale dei Santi Pietro e Maria, a Colonia, è un capolavoro dell’architettura gotica mondiale e patrimonio dell’Umanità. Per i suoi 157 metri di altezza è la terza Cattedrale più alta del mondo. A Colonia però, l’architettura religiosa che predomina è quella romanica, con le sue 12 chiese costruite tra l’inizio del Millennio e la metà del XII secolo. Tra queste c’è la chiesa di San Cuniberto, costruita nel 1247 in onore del novo vescovo di Colonia e per ospitae la tomba. La pala dell’altare, risalente al IX secolo, raffigura il dio Chronos venerato come Annus, l’Anno. Le decorazioni che arricchiscono la sua bellezza sono i simboli del tempo: la rappresentazione del giorno e della notte, il susseguirsi delle stagioni, e i dodici segni zodiacali. Per cristianizzare Chronos, però, sono stati aggiunti i simboli dell’alfa e dell’omega, dell’inizio e della fine, richiamati dall’Apocalisse (cfr Ap 22,13).

L’idea teologica chi vi soggiace è di mostrare come Gesù Cristo abbia potere sul tempo e sulla storia, trasformando l’evolversi cronologico del mondo in tempo salvifico. È un Dio che si incarna nello spazio e nel tempo per farlo lievitare dal di dentro e portare così la storia al suo compimento. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Ebr 13, 8).

Nel paragrafo conclusivo su “La missione della Chiesa nel mondo contemporaneo”, dal titolo Cristo alfa e omega, il Concilio recita: “Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l’uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno col disegno del suo amore: “Ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10). Dice il Signore stesso: “Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le opere sue. Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine (Ap 22, 12-13)” (GS 45).

È con questa certezza che diamo in benvenuto all’anno nuovo. Apparentemente sarà un anno come tutti gli altri, con le sue afflizioni e delusioni, ma in realtà sarà un anno di Dio, foriero di speranza e di salvezza, di futuro che vuole diventare eternità. Per i Greci Chronos divorava crudelmente i propri figli, e al suo passare tutto diventava morte. Per noi cristiani il tempo è utero di futuro, di vita eterna, spazio da riempire di contenuti e di opere buone, luogo di responsabilità dove si gioca il bene dell’intera umanità.

Lo accogliamo con il canto del Maranatha, facendo spazio a quel Dio che, solo, ci libererà dalla dittatura mortale di Chronos.

Siamo noi stessi il tempo

Perché il tempo appartenga a Dio, occorre la nostra collaborazione. “Un giorno, Agostino ebbe a dire ai suoi contemporanei, che si lamentavano dei loro brutti tempi: siamo noi stessi i tempi. Infatti, quando parliamo dello stile Biedermeier o del Barocco, oppure della rivoluzione francese, ci riferiamo sempre agli uomini che insieme hanno fatto di quegli anni un’epoca ben determinata. Gli uomini sono il tempo, nella mutevole natura del loro essere.

Per esprimerci in termini più concreti: che sarebbero un mondo e una chiesa senza la fede serena, leale e schietta dei bambini? Che sarebbero un mondo e una chiesa senza l’inquietudine sollecitante, le domande progressiste con cui ci assalgono i giovani? Che sarebbero senza la forza e la decisione di coloro che sono al culmine della loro vita? Che sarebbero senza la maturità dell’esperienza, senza la tranquilla pazienza e la remissiva serenità degli anziani? E che cosa saremmo noi tutti senza la fiducia degli uni verso gli altri, la disponibilità a guardarci e accettarci a vicenda?” (J. Ratzinger, Dogma e predicazione, 1974).

L’atteggiamento vincente per vivere al meglio l’anno nuovo è l’ottimismo, l’agire saggio e cosciente di chi sa confrontarsi con il dolore, la paura, le difficoltà della vita e decide di farvi fronte. E anche dalle esperienze negative potranno scaturire degli insegnamenti positivi, che aumenteranno la fiducia e la speranza.

“In ogni inizio si trova, infatti, un incanto che ci protegge e ci aiuta a vivere”, fa dire Hermann Hesse al protagonista del suo romanzo II giuoco delle perle di vetro. In ogni cuore, anche nel più spento e disilluso, una fiamma nuova riprende vita, quando qualcosa di nuovo incomincia.

“Indovinami, indovino tu che leggi nel destino: l’anno nuovo come sarà? Bello, brutto, o metà e metà? Trovo stampato nei miei libroni che avrà di certo quattro stagioni, dodici mesi, ciascuno al suo posto, un carnevale e un ferragosto, e il giorno dopo del lunedì avrà sempre un martedì. Di più per ora scritto non trovo nel destino dell’anno nuovo: per il resto anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno” (Gianni Rodari, Anno nuovo).

L’anno nuovo incomincia quando vuoi tu

C’è una buona notizia per chi vuole incominciare bene l’anno nuovo: il tuo nuovo anno incomincia nel giorno in cui vuoi incominciare un cammino di cambiamento. Non esiste nessun riferimento scientifico sicuro, nessuna considerazione astrale, che permetta di stabilire in modo preciso quando l’anno inizi e quando finisca.

La scelta di una data precisa è arbitraria ed è mutata più volte con il passare del tempo. Al tempo dei Romani l’inizio del nuovo anno veniva festeggiato il 15 marzo durante le Idi, in occasione dell’equinozio di primavera. In un boschetto sulla Via Flaminia, lungo il fiume Tevere, si celebrava la festa in onore di una delle divinità più antiche e misteriose del pantheon romano: Anna Perenna. L’anno nuovo incominciava, tra gozzoviglie, giochi e orge di sesso, abbandonando ogni rigidità morale. Doveva esserci solo godimento e l’augurio che ci si faceva era Annare perannareque commode: trascorrere piacevolmente tutto l’anno.

Anche nel Tibet sciamanico e pre-buddhistico, al tempo dei Bo Murgel, l’ anno iniziava con una festa chiamata Losar. Era una grande celebrazione in cui si offrivano doni agli spiriti e alle divinità tutelari a scopo propiziatorio, bruciando incensi e profumi e offrendo una bevanda alcornolica ricavata dalla fermentazione dell’orzo. La tradizione vuole che nel 127 a.C., anno in cui ascese al trono il mitico re Nyatri Tsenpo, primo sovrano della dinastia Yarlung, si incominciasse a contare gli anni seguendo le fasi della luna. Il calendario diventò così lunare.

Nella storia dei popoli mancò a lungo una data accettata da tutti. “Soltanto nel 1564 l’allora tredicenne Carlo IX, re di Francia, rese obbligatoria la data del primo gennaio come primo giorno dell’anno. Questa scelta venne via via accettata anche dagli altri Paesi cattolici mentre in quelli protestanti la resistenza fu più lunga perché non si voleva acconsentire a una decisione presa da un sovrano straniero. In Gran Bretagna si continuò quindi a festeggiare l’inizio dell’anno il 25 marzo fino al 1751, anno in cui venne accettato il calendario gregoriano, ordinato da Gregorio XIII nel 1582 per ristabilire la concordanza dell’anno con le stagioni” (Rivista Focus, 28 giugno 2002).

Prendere Gesù come compagno nel cammino della missione

L’anno nuovo inizia, ma il nostro cammino nella missione continua. Un anno che inizia può essere l’occasione per rivedere le nostre posizioni e aprirci a spazi non prima frequentati.

“La missione nella sequela di Gesù è cambiamento, apertura alla novità, ricerca inquieta e di speranza, di impegno a qualsiasi costo. Richiede rotture e rinunce, ma suscita e genera anche molta gioia ed entusiasmo e manifesta tutto il suo fascino. Avviene a noi come a quel tale che trovato un tesoro nel campo, lo nascose e per la gioia vendette tutto quello che aveva per comperarlo. Così è la missione e questa la sua attrattiva: aperta alla novità dello Spirito che è sempre libero, creativo e persino sconcertante, che crea e ricrea, trasforma e fa nuove tutte le cose, appassiona per Cristo e il suo Regno” (Da Casa Madre, 11, 2015).

Se gli elementi fondamentali che compongono la missione rimangono sempre uguali, le modalità e le scelte concrete variano sempre con il mutare dei tempi e delle situazioni. Rimane basilare il principio che la nostra missione sarà solida nella misura in cui avremo Gesù come compagno nella nostra barca. La missione è opera sua e solo in sua compagnia la nostra opera sarà efficace.

Camminando con Gesù, ogni cristiano è portato ad aprire gli occhi sull’altro: sul viaggiatore ferito dai banditi e lasciato ai margini della strada, come su quelli che sono malati, nudi, carcerati, affamati con i quali Gesù identifica sé stesso. Sui bambini che il Maestro vuole vicino a sé e sul cieco mentre le folle tentano di allontanarlo da lui; il pagano, la cui fede è inaspettatamente più grande di quella dei figli d’Israele, come su quella donna che viene ad attingere acqua e che ha dentro di sé una sete che nessuno riesce ad intuire. Il servizio che Dio chiede al suo popolo implica precisi impegni nei confronti di quanti sono esclusi al suo interno: orfani, vedove, poveri, forestieri. Ma, nella sua storia, ben presto prende coscienza che la compassione di Dio abbraccia anche tutti i popoli.

Sali sulla mia barca, Signore!
Tante volte ho avuto l’impressione che la mia vita
sia come una notte trascorsa in una pesca fallita.
Allora mi assale la delusione, mi prende il senso dell’inutilità.

Sali sulla mia barca Signore, per dirmi da che parte devo gettare le reti,
per dare fiducia ai miei gesti,
per capire che non devo lavorare da solo,
per convincermi che il mio lavoro vale niente senza di te, senza la Tua presenza.

Sali sulla mia barca Signore, per donare calma e serenità.
Prendi tu il timone: accetto di essere tuo pescatore.
Insieme pescheremo, Signore, e giungeremo sicuri al porto della vita.

La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente. Colpisce il carattere inglobante della missione di Gesù. Riguarda i ricchi e i poveri, gli oppressi e gli oppressori, i peccatori e le persone pie. La sua missione mira a sbloccare le separazioni e a far crollare i muri di inimicizia tra le persone e i gruppi. Come Dio gratuitamente ci perdona, anche noi dobbiamo perdonare chi ci ha fatto dei torti, senza limiti. Conviene riprendere in mano la Evangelii Gaudium.

Per portare Gesù e il suo Vangelo al mondo dobbiamo uscire, metterci in cammino. Per incontrare la gente bisogna lasciare le proprie certezze, gli ambienti conosciuti, le dottrine che a volte sono più ideologie che verità e farci prossimi di chi è alla ricerca o nel bisogno.

Annunciare diventa un bisogno. La sollecitudine di Paolo verso i pagani si manifesta nella coscienza acuta dell’obbligo, che sa di avere, di proclamare loro il Vangelo. È una anangke, una necessità ineludibile. “Guai a me se non annuncio il Vangelo” (1Cor 9,16). “Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” (EG 23).

“Annunciare” però non significa soltanto “enunciare o proclamare”, ma testimoniare con la vita. “Possa il mondo del nostro tempo ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo” (EG 10).

Per costruire un mondo nuovo bisogna saper abitare là dove si annuncia e si testimonia. È la dimensione essenziale che l’Incaazione suggerisce: «il Verbo si fece carne e pose la sua dimora in mezzo a noi». L’ambiente nel quali ci si inserisce, casa comune in cui viviamo con gli altri, va coltivato con relazioni umane e cristiane dignitose, va plasmato e formato, sia nel dialogo con la cultura, sia con la purificazione dalle scorie che offuscano la vita vera.

Compito fondamentale è saper far nascere in chi incontriamo la passione per ciò che è vero e bello. È il compito tipico dell’educare, aiutando le persone a vedere il bene presente in ognuno e a coltivarlo per il bene di tutti.

Si diventerà capaci, con il passare del tempo, di saper trasfigurare tutta la realtà che ci circonda, vedendo e interpretando le cose con gli occhi di Dio e andando oltre i limiti umani che appaiono. La via della trasfigurazione è via di bellezza, che rivela l’unità profonda di tutto e ci apre al dono della grazia.

“Per loro io consacro me stesso” (Gv 17,19).

Giunta l’ora di compiere l’ultimo atto della sua vita, Gesù prega. La sua è una preghiera sacerdotale e missionaria nello stesso tempo, atto di consacrazione di sé stesso al Padre e ai suoi discepoli. “Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (vv. 17-19).

Buon Anno e buon viaggio!

Giuseppe Ronco, IMC

(Da Casa Madre 1/2017, pp. 3-7)
Immagini simboliche di Gigi Anataloni, Ennio Massignan e Adriano Coletto