Viaggio di solidarietà a Kherson e dintorni
La città di Kherson si trova nel sud del paese (foto 1). È costruita interamente sulla sponda occidentale del fiume Dnieper che lì vicino sfocia nel mar Nero. La città e stata occupata all’inizio della guerra alla fine di febbraio del 2022 e liberata l’11 novembre. La liberazione della città purtroppo non ha coinciso con la ritrovata pace. I soldati russi hanno arretrato sulla sponda orientale del fiume e da li costantemente colpiscono la città a poche centinaia di metri, separati soltanto dal fiume.
Qui vive don Massimo, parroco dell’unica parrocchia cattolica della città dedicata al Sacro Cuore, insieme al suo vicario anche lui don Massimo. Lì, con don Leszek Krzyża, direttore dell’ufficio di aiuto per le chiese dell’Est presso la conferenza episcopale polacca, abbiamo incontrati nell’ultimo nostro viaggio avvenuto tra il 17 e il 21 marzo. Don Massimo è giovane, ha solo 36 anni ed è nativo proprio di Kherson, guida la parrocchia nella quale e cresciuto da bambino. Abbiamo deciso di venirlo a trovare perché sappiamo che sono poche le persone che qui vengono, cosa da lui molto apprezzata. Ci diamo appuntamento in macchina fuori dalla città per essere da lui accompagnati. Occorre infatti passare diversi check point per entrare. Nell’ultimo controllo dopo aver mostrato i documenti e l’aiuto umanitario che trasportiamo: generatori di corrente e una stufa a legna, il soldato, indicandoci con un cenno che potevamo proseguire, ci dice in inglese «good luck», buona fortuna. La città di Kherson prima della guerra contava circa 300.000 abitanti, oggi ne ha circa 20.000. Il coprifuoco inizia alle 17.00 col divieto di uscire per le strade, ma in realtà ci spiega don Massimo già dalle 14.00 nessuno si vede più in giro. C’è un silenzio strano, profondo e triste, interrotto soltanto dai colpi sparati a pochi chilometri che risuonano nell’aria (video 2).
A distanza di un anno chi vive qui riesce a capire dal rumore chi e stato a sparare. Piu volte siamo tranquillizzati, non vi preoccupate questi sono i nostri.
Non potendo uscire, trascorriamo il pomeriggio e la serata nella casa parrocchiale (foto 3).
Facciamo lunghe chiacchierate alternando temi allegri che ci fanno sorridere a racconti più seri su quanto accade qui. Ci accorgiamo quanto sia importante l’esserci, l’ascoltarci e il guardarci, molto piu prezioso di tanti aiuti materiali che comunque, ringraziando il cielo, non mancano e che sono vitali per le persone che qui vivono (foto 4). In questo luogo anche la distribuzione degli aiuti e problematica. Il problema non è la mancanza di aiuti quanto il fatto che le persone si radunano insieme durante la distribuzione diventando cosi un possibile ed invitante bersaglio. Per questo motivo il giorno e l’ora vengono sempre cambiati. Nonostante la pericolosità e i divieti, alcuni, per essere tra i primi a ricevere gli aiuti, trascorrono la notte all’aperto aspettando.
Don Massimo ci accompagna nel solaio e ci mostra il buco lasciato dal razzo inesploso che è entrato nella soffitta a dicembre e oggi custodito come ricordo dopo essere stato messo in sicurezza lì vicino. Era il 23 dicembre. Le donne stavano preparando la chiesa per il Natale quando improvvisamente il rumore dal tetto. La notizia del “miracolo” aveva fatto velocemente il giro, amplificata dal web. E veramente inspiegabile quello che era accaduto. Tuttavia, la pubblicità fattasi attorno a questo ha preoccupato non poco chi abita qui perché il web e visto anche da coloro che sono dalla parte opposta del fiume…
La notte riusciamo a riposare e al mattino di buon’ora ci mettiamo in macchina per visitare la città. Qualche persona cammina per le strade principali per fare un po’ di spesa. Con sorpresa notiamo che funzionano gli autobus anche se non quelli elettrici perché i cavi sono stati tagliati. Tuttavia, l’impressione è quella di una citta vuota e triste. Andiamo sulla piazza centrale (foto 5) luogo prima di proteste e poi dei festeggiamenti. Il grande edifico del governatore ha sulla sinistra una parte completamente distrutta, centrata da un razzo, le finestre dell’ultimo piano che si affaccia sulla piazza sono tutte saltate e alcune penzolano nel vuoto. La parete laterale e stata centrata e distrutta (video 6).
Nel parco della città camminando con attenzione solo sui vialetti cementati colpiti dalle schegge dell’esplosioni (foto 7) ed evitando di calpestare l’erba dei giardini nascondiglio insidioso delle mine sparse dappertutto, ci avvinciamo alla grande torre televisiva che giace sul prato. Sarà lunga oltre 60 metri (video 8). Si avvicina a noi una macchina della polizia attirata forse del fatto che stiamo facendo fotografie, ma dopo pochi secondi prosegue oltre. Dai vialetti raccogliamo alcune schegge lasciate dai razzi, sono di metalli molto affilate e toccandole si può immaginare il danno che provocano lanciate all’impazzata dalla forza dell’esplosione.
Facciamo ancora un salto davvero breve fino alla sponda del fiume in una delle tante piazze della città che vi si affacciano. Si vede a poche centinaia di metri la sponda opposta coperta prima dai canneti che galleggiano sull’acqua e poi la terra ferma. Qui inizia la zona occupata (video 9).
Per motivi di sicurezza acceleriamo le operazioni, giusto il tempo di fare qualche foto e un breve video per poi tornare alla macchina e dirigersi in parrocchia. Essendo domenica mattina si celebra la Messa coi fedeli. Sono circa 20. Tra questi ci sono 3 bambini molto allegri e sorridenti quasi incuranti del luogo e delle condizioni in cui abitano (foto 10-11). Gli doniamo della cioccolata che apprezzano tanto. Quel giorno e la 4a domenica di quaresima chiamate laetare (gioire). La chiesa invita alla gioia nel cammino quaresimale perché le feste di Pasqua sono vicine. Un invito che anche qui risuona accolto nella fede e nella speranza.
Mikołajów
A poche decine di chilometri in direzione ovest quasi sulla sponda del mar Nero si trova la città di Mikołajów che raggiungiamo la domenica stessa. Qui si trova il Santuario di S. Giuseppe che oggi celebra la festa patronale. La città a differenza di Kherson non è stata occupata anche se porta i segni e le ferite dei tentativi di occupazione.
Dopo la celebrazione solenne, presieduta dal vescovo locale della diocesi di Odessa, a cui hanno partecipato decine di fedeli, ci troviamo coi sacerdoti. Tra loro siedono non solo i cattolici ma anche i greco cattolici e un prete ortodosso della chiesa ucraina. Il clima e piacevole e interessanti sono gli argomenti che scambiamo (foto 12).
È presente anche il «mer», il sindaco della città anche lui cattolico. Nella piazza principale della città si affacciano due grandi palazzi, uno del sindaco e l’atro opposto del governatore della regione. Il palazzo della regione si presenta con un gigantesco buco causato dallo scoppio di un razzo che lo ha centrato (foto 13).
Era le 8.30 di mattina quando avvenne lo scoppio. Per quel giorno era convocata una riunione di ufficio. Il presidente fece ritardo e si scusò mandando un messaggio. Nel frattempo, avvenne l’attacco che causò la morte di oltre 40 persone. Quel ritardo gli salvò la vita. Nel pomeriggio passeggiamo in centro recandoci in quel luogo. Il clima, a differenza di Kherson, è diverso. Sono molte le persone che passeggiano, giovani e bambini corrono con le biciclette in una domenica con le temperature già primaverili. Se non fosse per gli allarmi che di tanto in tanto risuonano, sembrerebbe quasi un ritorno alla normalità.
Fastow
Il giorno successivo sulla strada per Kiev ci fermiamo a Fastow, una cittadina a circa 100 km di distanza. Qui vive una comunità di Domenicani. Sono molto attivi. Lavorano con un gran numero di laici, giovani soprattutto. Ci accoglie padre Marco, ucraino. Dopo aver mangiato nel locale gestito dai giovani della comunità, visitiamo l’asilo e la scuola elementare. Quasi cento bambini provenienti dalle zone del fronte dove si combatte a Est, hanno trovato qui alloggio e l’accesso alla scuola. Le classi sono ben attrezzate e le insegnati garantiscono un ottimo lavoro (video 14).
Nel seminterrato sono allestiti tre piccoli locali rifugio. La procedura impone che ad ogni suono di allarme i bambini devo essere qui condotti fino al termine del cessato allarme (video 15). Questo purtroppo spesso accade, come nella giornata odierna e alcuni di essi manifestano un disagio e una sofferenza ogni qualvolta che devono qui scendere.
Nel giardino è allestita una tenda da campo sotto la quale ognuno, gratuitamente e in ogni momento, può qui venire e ricevere qualcosa di caldo, scaldato dalla cucina di campo posta all’esterno (video 16). Sul fondo della tenda si trova un gran presepio che dà il nome alla tenda.
Questa comunità e impegnata non solo qui, ma anche organizza viaggi al fronte per raggiungere i villaggi e portare aiuti alle famiglie che ancora là vivono. La sfida, ci racconta padre Marco, e quella di poter ricevere sempre gli aiuti da distribuire, mensilmente circa 200 tonnellate. Ci impegniamo anche noi a organizzare un nuovo trasporto di aiuto che possa qui arrivare (foto 17).
A margine di questo viaggio ci raggiunge la notizia della arrivo del tir che abbiamo spedito alla citta di Zaporoze costantemente sotto attacco. Riceviamo un calso ringraziamento del Vescovo locale (video 18),
Ringrazia anche la comunità dei frati cappuccini (foto 19) a Dnieper ai quali abbiamo mandato un altro trasporto contente aiuti e sistemi fotovoltaici che dovrebbero assicura l’energia elettrica.
Preghiamo per la pace, costruiamo la pace.
padre Luca Bovio
23 marzo 2023