Romena un porto terra
Da un’esperienza personale di crisi, don Luigi Verdi fa nascere, 25 anni fa, la Frateità di Romena. Un luogo in cui pellegrini modei fanno tappa per ritrovare se stessi. Romena è anche un luogo di incontro e di confronto per personalità della Chiesa e della comunità culturale italiana e non. Tutti, semplici credenti, cardinali, scrittori, pensatori, trovano in Romena un luogo di pace e riposo in cui sono forti i pungoli per la vita.
Ci sono fasi della vita, e arrivano per tutti, in cui ci sentiamo girare a vuoto, siamo inquieti, persi per un dolore, per una ferita. In quelle fasi è impensabile individuare subito una meta, una direzione, un senso che possa convogliare le nostre forze. Può bastare un porto, dove far attraccare la nostra barca malconcia. Un porto dove sostare per riprendere fiato e da cui, poi, ripartire.
La frateità di Romena è uno di questi porti: non è segnato sulle mappe navali, ma è indicato dal cuore e dagli occhi di chi ci è passato. Un porto che vive intorno a un’antica bellissima pieve nella campagna toscana. Un porto senza mare. Un porto di terra.
Come un fiore di pietra
«In questo piccolo spazio vorrei che ogni uomo si sentisse a casa sua e, libero da costrizioni, potesse raggiungere la conoscenza di se stesso e incamminarsi nella sua strada forte e fiducioso. Vorrei che fosse una sosta di pace, di riflessione per ogni viandante che vi giunge, un posto dove l’ideale diventa realtà e dove la gioia è il frutto spontaneo». In una lettera scritta nel 1969 un monaco servita, padre Giovanni Vannucci, descriveva così il sogno comunitario che aveva in mente di realizzare alle Stinche, nel cuore del Chianti fiorentino. Quelle parole sono oggi bussola per chi si è lasciato impollinare dal seme dello stesso sogno creando Romena.
Siamo in Casentino, l’alta valle dell’Ao, terra di foreste antiche che respirano di fede. Un itinerario spirituale in questi luoghi punterebbe istintivamente a Camaldoli, all’eremo di San Romualdo, alla Vea, il monte di Francesco, ma nella geografia dei siti che fanno respirare il cuore dell’uomo da qualche tempo c’è anche questa antica chiesa di campagna. Ci si arriva, da Firenze, dopo un ingombro di curve. Ma è solo l’ultima, quasi a gomito, che libera la vista: la pieve appare bellissima, piantata sul verde di quella terra come un fiore di pietra non colto.
Per far riposare Dio e l’uomo
Questa pieve, edificata 900 anni fa, negli anni ’80 viveva da tempo nell’oblio, frequentata solo da qualche turista e da una manciata di parrocchiani, ultimi superstiti di una campagna spopolata. La bellezza non frequentata dall’uomo è una bellezza spenta, addormentata. Per risvegliarla ci voleva il bacio di una vita ferita, di un giovane prete in cammino.
Don Luigi Verdi, di san Giovanni Valdao (Ar), dopo alcuni anni da prete a Pratovecchio, a due passi da Romena, aveva cominciato a fare i conti con la sua vocazione, con le sue ferite, con la sua timidezza, tanto da cercare strade nuove tra il deserto e la Bolivia. Ma aveva trovato un po’ di pace solo fermandosi oltre quella curva a gomito.
Dal suo travaglio personale è nata Romena, capace di tenere insieme la vocazione di quel luogo e la sua di prete.
La scintilla l’aveva offerta un capitello della pieve: c’era scritto che quel luogo era stato edificato «in tempore famis». Dunque quella bellezza era originata da una carestia, da una crisi. Una crisi che conteneva un’opportunità. Come le crisi personali, perché la crisi smaschera, mette a nudo, chiama all’autenticità, a guardare oltre.
C’era poi un altro segno: per i pellegrini del Medio Evo in marcia verso Roma, la pieve rappresentava un punto di riposo dove fermarsi per una notte, rifocillarsi e ripartire. Allo stesso modo la futura frateità avrebbe potuto offrire un luogo di sosta ai viandanti. Una sosta per ritrovarsi e riscoprire la bellezza della loro unicità e per riprendere e proseguire il loro cammino, una sosta «per far riposare Dio e l’uomo».
Semplicità, accoglienza, calore
La porta della canonica di Romena si è aperta nel maggio 1991 per accogliere i primi viandanti. Erano giovani, per lo più del luogo, ma evidentemente la proposta sapeva toccare il cuore delle persone, perché da quel momento è cominciato un passaparola che non si è più fermato e che, negli anni, ha portato a Romena migliaia di persone provenienti da tutto il paese, da ogni storia, di ogni età, convinzione, condizione sociale.
«Siamo partiti – spiega don Luigi – dalla convinzione che oggi non ci sono necessarie né teorie, né ideologie per spiegare la vita, ma che tutti abbiamo bisogno di un po’ di silenzio, di una pausa, di un tempo per riallacciare i rapporti con la nostra autenticità. Ed è questo ciò che proviamo a offrire a Romena».
I tre corsi base
Alla base della proposta di Romena c’è un cammino suddiviso in tre corsi, che ha come riferimento la parabola del figliol prodigo. Quando una persona vive una crisi (per il figliol prodigo è il momento in cui prende consapevolezza di ciò che è diventata la sua vita) il primo gesto concreto da fare è quello di guardarsi dentro per ritrovare la propria autenticità. Questa è, in sintesi, la proposta del primo corso.
Il passaggio successivo è quello di far pace col Padre, con Dio: nel secondo corso, attraverso esperienze di gesti, di semplicità, di ascolto, l’invito è quello di percepire che c’è un Padre pronto ad abbracciarci.
Il terzo passo è semplicemente quello di trasferire nella vita di tutti i giorni, nel tessuto del nostro quotidiano, la nuova consapevolezza di sé e dell’abbraccio con l’infinito. Perché l’esperienza di umiltà e di semplicità devono poter «fare casa» dove viviamo. Questo è il terzo corso.
Ogni persona, secondo le sue esigenze e in piena libertà, può compiere uno o più tratti del cammino. E può, se vuole, anche continuare: la Frateità propone anche corsi a tema per approfondire quegli argomenti che ciascuno sente più vivi dentro di sé.
Uno spazio per sostenere il cammino della vita
I corsi, che si sviluppano ogni fine settimana, dal venerdì alla domenica, sono stati per molto tempo l’architrave della proposta di Romena. Ma negli ultimi dieci anni l’attività si è allargata a ventaglio, stimolata dal vento dei viandanti, dai loro bisogni, dalle loro richieste. Così oggi si può essere accolti a Romena, in semplicità, anche al di fuori dei percorsi di gruppo, per trascorrervi un po’ di giorni in silenzio, nell’ascolto della propria voce e di quella degli altri.
Dal suo porto di terra, inoltre, Romena lascia costantemente partire nuove «navi»: sono convegni cui partecipano diverse centinaia di persone, sono veglie itineranti per l’Italia, sono gruppi legati al cammino della frateità. Tra questi ultimi c’è il gruppo Nain, formato da alcune decine di famiglie unite nel dramma più grande, la perdita di un figlio. Esse hanno trovato nella condivisione il sostegno fondamentale al loro cammino di vita.
Negli anni la Frateità ha allargato i suoi spazi: dalla canonica della pieve alla fattoria che le è accanto. In questi spazi ospita, tra l’altro, la libreria in cui vengono proposte le pubblicazioni edite dalla Frateità, un auditorium per incontri, spettacoli, concerti, varie sale per ospitare gruppi e perché ciascuno trovi il luogo in cui stare insieme agli altri o dove rimanere solo con se stesso.
Le otto parole chiave
Quest’anno Romena compie 25 anni: un anniversario speciale in cui si è deciso non di celebrare quanto fatto, ma di rimettersi in gioco per abbandonare certezze acquisite e esplorare terre sconosciute. «Perché – dicono a Romena – negli ultimi anni la Frateità è cresciuta, sono aumentati gli spazi fisici, si sono moltiplicate le iniziative e le richieste di parteciparvi. Ma l’anima di Romena ha faticato a seguire il ritmo di questi cambiamenti, non ha avuto modo di consolidarli, di armonizzarli: e quindi il cammino che stiamo compiendo deve servire a ritrovare e riarmonizzare l’essenza del nostro percorso».
Ed ecco che la ricorrenza si trasforma in un viaggio nei valori fondanti di Romena. Valori che don Luigi ha sintetizzato in quelle che per lui sono le otto parole chiave di ogni cammino di rinascita: umiltà, fiducia, libertà, leggerezza, fedeltà, perdono, tenerezza e amore. A ciascuna di queste parole che incidono sul modo di vivere di ciascuno di noi, durante questo anno di cammino iniziato nell’aprile scorso e che terminerà nell’estate 2017, vengono dedicati due mesi. Chiunque, passando da Romena, potrà offrire il suo contributo.
Il futuro di Romena nasce da questo anno di cammino. Un futuro che don Luigi, con i suoi occhi profondi e profetici, immagina nel segno di una delle otto parole chiave, la leggerezza. «“Siate leggeri come gli uccelli, non come le piume”, diceva Paul Valéry. Leggero è chi coglie il nocciolo della vita. La leggerezza richiede un lavoro profondo, una disciplina interiore e vorrei che qui aiutassimo a coglierla».
Storie che si abbracciano
Al porto di terra nuove storie attraccano ogni giorno. Ed è meraviglioso star qui, nella bellezza riposante di questa campagna, magari seduti su una panchina spalancata sugli Appennini, e incrociarle. Sono storie comuni, storie di tutti, fatte di fragilità, di bellezza, di umanità. Qui, nella calma tenue di questo porto, tutte le storie che attraccano sembrano abbracciarsi. È questo il senso più profondo di Romena.
«Spero – conclude don Luigi – che chiunque venga qui possa trovare sempre un posto dove imparare a guardare alle sue fragilità, e dove riconoscere che l’amore di Dio è più grande delle sue miserie».
Massimo Orlandi
Intervista a don Luigi Verdi
Dio è un abbraccio
Don Luigi, come sei arrivato a pensare Romena?
«In modo naturale. Non ne potevo più di quei luoghi dove a Dio si chiede sempre un miracolo, o di quelli dove lo si vive come qualcuno che dall’alto sottomette o giudica. Ho sempre immaginato Dio come un abbraccio. Così ho pensato a un posto dove io appoggio la testa sulle spalle di Dio e Dio su di me e semplicemente si trova un po’ di pace».
Cosa vuole essere Romena?
«Uno spazio per la lettura, il silenzio, per mangiare, per camminare, in cui chiunque si possa trovare a casa. Non a caso abbiamo collocato all’ingresso una poesia di Rumi: “Vieni, vieni, chiunque tu sia, sognatore, devoto, vagabondo, poco importa. Vieni, anche se hai infranto i tuoi voti mille volte. Vieni, vieni, nonostante tutto, vieni”».
La frateità è nata dopo un tuo periodo di crisi personale. Cosa ti ha insegnato quel periodo?
«Alla fine di quella fase trovai un Salmo (117, 22): “La pietra scartata è diventata la pietra angolare”. I due motivi veri della crisi, il nocciolo, erano la mia timidezza e queste mani imperfette. Ma perché, mi sono detto, questi punti deboli non possono diventare il meglio di me? E ho cominciato una lotta con me stesso: ho preso a guardare negli occhi le persone senza scappare, ho cominciato a dipingere e a creare con queste mie mani. Il messaggio è tutto qui. A Romena vengono tante persone ferite dalla vita: la cosa più bella è quando hai una ferita e, invece di maledire, benedici, quando riesci a trasformare la maledizione in benedizione».
Tra le iniziative della Frateità c’è un gruppo, chiamato Nain, composto da genitori che hanno perso un figlio. Tu cosa provi a fare per loro?
«Non cerco di dare alcuna risposta. Cerco solo di stare loro accanto. Come Gesù non è venuto a dare una risposta al dolore, l’ha riempito di una presenza. Ha detto “io ci sono”. In genere arrivano con domande crude: “Dov’eri quel giorno?”, “Da dove ricomincio?”. All’inizio vengono e non piangono, sono arrabbiati con la vita. Poi cominciano a piangere e le lacrime le asciugano subito. Poi, quando scendono le lacrime, le lasciano andare. Vuol dire che quel dolore comincia a addolcirsi. Ho un ricordo indimenticabile di una mamma che beveva le lacrime: bere le lacrime perché nemmeno quelle posso buttare via, anzi possono servirmi».
Bisogna per forza toccare il fondo per sentire la carezza di Dio?
Bisogna toccare la vita vera. Quella c’è quando sei innamorato o anche disperato. Quando abiti davvero la vita.
Cosa offre Romena?
Io credo che a ognuno di noi servano solo tre cose: un pezzo di pane, di un po’ d’affetto e di sentirsi a casa. Quello che vogliamo dare è questo.
Ma.Or.
L’essenzialità è possibile
Romena è frequentata abitualmente da figure spirituali importanti e diverse.
Ecco cosa pensano.
Ermes Ronchi (frate, teologo, scrittore)
«Quando vengo a Romena percepisco un piccolo miracolo, quello del lievito. E tutti voi mi trasmettete questo sapore di lievito e di sale di cui oggi c’è tanto bisogno. Oggi, in una società e in una Chiesa che cambiano, Romena è uno dei posti dove si forza l’aurora della Chiesa, del futuro, del mondo».
Franco Loi (poeta)
«La poesia è periferia della letteratura, è luogo nascosto, pochi scaffali nelle librerie più foite. Così anche Romena era e resta periferia, confine, soglia, possibilità per chi ha un’angoscia, un dolore, un sogno, e cerca un terreno dove lasciarlo posare. Romena è un posto dove trovare una pagina bianca su cui scrivere di sè. E magari leggere a voce alta, senza sentirsi sbagliati».
Sharzad Houshmand (teologa musulmana)
«Sento Romena come un luogo dei primi discepoli di Gesù. Un luogo semplice, pulito, un luogo di ricerca per la propria spiritualità».
Antonietta Potente (domenicana, teologa)
«A me piace molto il romanico, non solo come stile architettonico, ma per quello che evoca. Evoca l’essenzialità e l’autenticità, ciò che stiamo cercando tutti e tutte in tutte le parti del mondo. Penso che chi ha familiarità con Romena, cerchi questo luogo per sentire che l’essenzialità è possibile».
Lidia Maggi (pastora battista e teologa)
«Romena è uno spazio di incontro, dove puoi prendere una pausa, ritrovare ossigeno, nutrirti di bellezza e, finalmente, iniziare ad ascoltare te stesso. Mi colpisce come le persone che vengono qui abbiano la pazienza e la voglia di mettersi in gioco, di mettere sul piatto della narrazione la loro storia e accettare di fare dei percorsi. Mi colpisce la passione di Romena per dare voce a voci differenti».
Roberto Mancini (filosofo)
«Romena è un’esperienza che trasmette un senso di leggerezza, di una leggerezza non intesa come superficialità, ma come l’esperienza di chi si toglie il peso di una maschera, di un’abitudine, di tutte quelle forme di compensazione con cui si prova a vivere. Qui a Romena non servono difese, si può essere così come si è».
Luigi Ciotti (Gruppo Abele e Libera)
«La “nostra” Frateità di Romena è e dovrà essere il filtro grazie al quale continuare a individuare ciò che davvero è importante per il cammino verso una società fratea e a tenere fuori ciò che non serve, che non alimenta la nostra autenticità e la nostra gratuità di fronte alla vita».
Frateità di Romena
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