Pochi, tanti, troppi: il dilemma demografico

La popolazione mondiale

In sala parto; nel 2024, in Italia le nascite hanno toccato il livello più basso di sempre: 374mila nati. Foto FoundrayCo-Pixabay.
Mondo
Paolo Moiola

I paesi africani e l’India spingono verso l’alto la popolazione mondiale. Questa continuerà a crescere fino al 2100. Allo stesso tempo, molti paesi stanno sperimentando una rapida decrescita. Proviamo a dare un senso ai dati e a capirne le conseguenze.

Quando si parla di popolazione, lui – Thomas Malthus (1766-1834) – viene sempre evocato. Economista, demografo e anche pastore anglicano, il suo An essay on the principle of population, uscito per la prima volta nel 1798, rimane un caposaldo della tematica demografica. L’incremento della popolazione – spiegava il reverendo Malthus – andrebbe regolato perché esso eccede l’incremento delle risorse disponibili. Utilizzando le sue parole: «La popolazione, se non controllata, aumenta in proporzione geometrica. La sussistenza aumenta solo in proporzione aritmetica». Successivamente, si vide che calcoli e previsioni di Malthus erano errati, ma era corretto e antesignano il suo ragionamento di base: la correlazione tra popolazione e risorse disponibili.

Santiago Cilemauro-mora-unsplash

Numeri che parlano

All’epoca di Malthus la popolazione mondiale era stimata tra uno e 1,2 miliardi di persone. Oggi siamo arrivati a 8,2 miliardi e tale cifra raggiungerà un picco di 10,3 miliardi verso il 2085 per iniziare poi a decrescere. Non è però questo il dato fondamentale per comprendere quanto i tempi siano cambiati.

Quello su cui concentrarsi è il tasso di fertilità, che esprime il numero medio di figli per donna in età feconda (15-49 anni). Ebbene, a livello mondiale il tasso è passato da 5 figli per donna nel 1960 a 2,2 nel 2024.

Questo numero è vicinissimo a un altro chiamato tasso di sostituzione, che indica il numero di figli per donna necessario per sostituire i morti con nuovi nati e mantenere stabile la popolazione complessiva. Attualmente, il numero è pari a 2,1 figli per donna.

Venendo all’Italia, negli anni fra il 1955 e il 1975 sono nati ogni anno fra 800mila e un milione di bambini. Nel 2024 sono stati 374mila, segnando un nuovo record negativo.

Il tasso di sostituzione è stato raggiunto per l’ultima volta nel 1976. Poi è iniziata una rapida discesa arrivando all’attuale 1,2 figli per donna. Questo dato è ulteriormente distinguibile in 1,1 per le mamme italiane e 1,9 per le mamme straniere residenti in Italia. Queste ultime stanno però seguendo lo stesso percorso delle donne italiane con il loro tasso di fecondità in lenta ma costante riduzione (era 2,8 nel 2002).

La bassa fertilità è stata accompagnata da un graduale rinvio della genitorialità, come mostra l’aumento dell’età media delle donne che diventano madri per la prima volta, che oggi si situa sui 32 anni per le italiane e sui 29 per le madri straniere. D’altra parte, in tanti paesi del Sud del mondo avviene anche l’opposto: si diventa madri troppo presto.

«Nel 2024 – racconta il rapporto Onu World population prospects -, 4,7 milioni di bambini, ovvero circa il 3,5% del totale mondiale, sono nati da madri di età inferiore ai 18 anni. Di questi, circa 340mila sono nati da ragazze di età inferiore ai 15 anni, con pesanti conseguenze negative per la salute e il benessere sia delle giovani madri che dei loro figli».

Le motivazioni del calo delle nascite nei Paesi più sviluppati sono plurime, ma forse quella principale è una: la profonda modificazione di quella che un tempo veniva chiamata «famiglia tradizionale» (la donna vista soprattutto per il suo ruolo di madre e meno come soggetto con proprie ambizioni), a cui si aggiunge la motivazione economica («i figli costano»).

Un cimitero; nel 2023, ci sono stati 6 nati e 11 decessi ogni 1.000 abitanti (dati Istat). Foto Patricia Prudente – Unsplash.

«Sostituzione etnica»?

Si parla – soprattutto a livello giornalistico – d’«inverno demografico», o di «tempesta demografica perfetta». È sicuramente vero che un Paese con un tasso di fertilità inferiore al tasso di sostituzione avrà problemi importanti perché meno lavoratori e più anziani cambiano la società e il suo funzionamento.

In altri termini, un simile livello di denatalità potrebbe produrre una doppia conseguenza: da una parte una mancanza di lavoratori, dall’altra un’insufficienza di risorse per pagare le pensioni a una platea sempre più vasta di persone e sostenere le spese sanitarie e assistenziali per una popolazione più anziana e, quin- di, più fragile.

Appurato questo, soluzioni se ne possono trovare, visto che nel mondo di esseri umani non ne mancano e ci sono aree nelle quali il sistema sociale ed economico non regge la crescita numerica della popolazione.

Per esempio, dove ci fossero carenze demografiche si potrebbero indirizzare maggiori flussi migratori, anche se in questo caso – lo sappiamo bene – la questione diventerebbe soprattutto politica. In particolare, verrebbe paventato il fenomeno della «sostituzione etnica». Come, in un convegno dell’aprile 2023, ha sostenuto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. «Non possiamo – ha spiegato – arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada».

Invece, la strada è proprio quella visto che fare risalire il tasso di fertilità è un’impresa difficile e, comunque, di lungo periodo.

Popolazione e ambiente

Attorno al tema demografico ruota anche un’altra questione, sempre più attuale.

Può essere riassunta in un quesito: più popolazione significa più pressione antropica? Sicuramente sì, ma la risposta non può esaurirsi qui.

Secondo uno studio scientifico (Environmental research letters del 12 luglio 2017), nei paesi sviluppati fare un figlio in meno ridurrebbe, in media, l’impronta ecologica di 58 tonnellate di CO2 all’anno.

Questo risultato non deve però indurre a conclusioni frettolose. Affrontiamo il problema da un punto di vista diverso, comparando la percentuale delle emissioni di anidride carbonica (il maggiore tra i cosiddetti gas serra) tra Paesi poveri ad alta crescita demografica e Paesi ad alto reddito con una crescita della popolazione bassa o nulla.

Scopriamo così che la Nigeria – paese africano con una popolazione in forte aumento – contribuisce alle emissioni mondiali di CO2 soltanto per lo 0,73 per cento e la Repubblica democratica del Congo, altro paese africano in crescita demografica, per lo 0,05 per cento. Molto diversi sono i dati dei paesi sviluppati. Per esempio, gli Stati Uniti (secondo paese più inquinante dopo la Cina) sono responsabili del 14,45 per cento delle emissioni e l’Italia del 5,32 (fonte: Statista, 2023).

Questo significa che, oltre alla pressione antropica, risulta determinante il modello economico e di consumo adottato ed è su quello che sarebbe necessario intervenire.

In caso contrario, se i Paesi del Sud globale (dove la popolazione cresce) volessero avere – come loro diritto – il livello di consumi di quelli del Nord, la crisi ambientale (già molto grave) esploderebbe.

La demografia modella il mondo

Secondo l’Onu, sono quattro le grandi tendenze demografiche che modellano il mondo: la crescita della popolazione, il suo invecchiamento, l’urbanizzazione e le migrazioni internazionali.

La sua lettura della situazione rimane improntata all’ottimismo: «I cambiamenti nella dimensione, nella struttura per età e nella distribuzione spaziale delle popolazioni – si legge nel rapporto – portano sia sfide che opportunità. Gestendo le sfide e sfruttando le opportunità, possiamo accelerare il raggiungimento di uno sviluppo inclusivo e sostenibile, creare opportunità per sradicare la povertà, migliorare l’accesso alla protezione sociale, all’assistenza sanitaria e all’istruzione, promuovere l’uguaglianza di genere, promuovere modelli più sostenibili di produzione e consumo e salvaguardare l’ambiente».

Paolo Moiola

uomini in cammino; i flussi migratori possono essere una risposta al calo demografico, ma questa soluzione trova l’opposizione dei partiti di destra. Foto Sebastien Goldberg – Unsplash.

La popolazione a livello mondiale

popolazione mondiale                               8,2 miliardi
A livello mondiale, il picco della popolazione sarà raggiunto verso il 2085 con 10,3 miliardi di persone.

tasso di fertilità                                             2,2
È il numero medio di figli per donna in età fertile. Nel 1960 era di 5 figli per donna.

tasso di sostituzione                                  2,1
Detto anche «tasso di rimpiazzo», è il numero  medio di figli per donna
che consente alla popolazione di restare numericamente costante.

aspettativa di vita                                       73,3 anni
Detta anche «speranza di vita» alla nascita. La più alta è in Giappone (84,4 anni),
la più bassa in Ciad (53 anni) e altri paesi africani.

Paesi in decrescita demografica      63 paesi
Comprendono il 28 per cento della popolazione mondiale.
Ne fanno parte i paesi europei (eccetto Francia e Gran Bretagna) e asiatici.
Tra essi anche Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud.

Paesi in crescita fino al 2054                48 paesi
Comprendono il 10 per cento della popolazione mondiale.
Vi fanno parte anche il Brasile, l’Iran, la Turchia e il Vietnam.

Paesi in crescita fino al 2100                126 paesi
Record di crescita demografica per l’Africa con i paesi subsahariani,
il Congo Rd, l’Etiopia e la Nigeria. Al gruppo appartengono anche gli Stati Uniti
per via dei flussi migratori. L’India raggiungerà il picco di popolazione nel 2060.

            Fonti: United Nations, World population prospects, 2024;
United Nations, World fertility report, 2024.

La popolazione a livello italiano (dati 2024)

popolazione italiana           59 milioni
Gli stranieri residenti in Italia sono 5,3 milioni, r
appresentando circa l’8,9% della popolazione complessiva.

tasso di fertilità                    1,20
Nel 2024 ci sono stati 374mila nuovi nati, 5mila in meno rispetto al 2023.
Lontanissimi gli anni del baby boom: nel 1946, 1947, 1948 e 1964
nacquero più di un milione di bambini per anno.

aspettativa di vita                  84,01 anni
L’aspettativa di vita delle donne italiane è pari a 85,97 anni, quella degli uomini italiani è di 81,90 anni.

età media                                  48,4 anni
L’Italia ha la popolazione più vecchia tra i paesi dell’Unione europea. In Ue, la media è di 44,5 anni.

Fonti: Istat ed Eurostat. Tabelle: a cura di Paolo Moiola.

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