
«È a causa di quello che hanno fatto i vostri parenti che siete qua. Voi pensate di poter prendere tutto il Burkina Faso. È la vostra fine», urla in moore (la lingua dei mossì, l’etnia maggioritaria in Burkina Faso) una voce fuori campo, presumibilmente della stessa persona che sta girando un rudimentale video con il telefono.
Nelle immagini si vede una donna a terra morta con la testa sanguinante, e vicino a lei un bimbo piccolo, visibilmente scioccato. Decine di video terrificanti hanno invaso i social media dei burkinabè un paio di settimane fa. Sono stati girati nei pressi della città di Solenzo, nella provincia Banwa, l’estremo Ovest del Burkina Faso.
Documentano i massacri avvenuti tra il 10 e l’11 marzo, riporta Human rights watch (Hrw), l’organizzazione per la difesa dei diritti umani basata a New York. Nei video si vedono decine di uomini, donne e anche alcuni bambini uccisi o feriti. Sono ammucchiati a terra o su mezzi di trasporto. Cadaveri e feriti senza distinzione. A girare i video sono stati gli stessi autori dei crimini, i «Volontari per la difesa della patria» (Vdp), che hanno così firmato la carneficina. Sulle loro maglie si legge «Gruppo di autodifesa di Mahouna», oppure «Forza rapida di Kouka», tutte località della zona di Solenzo.
I Vdp sono gruppi paramilitari, presenti in tutto il Paese e sostenuti dal Governo, nati alcuni anni fa, con il presunto obiettivo di difendere la popolazione dall’attacco dei gruppi armati jihadisti, penetrati in Burkina fino dal gennaio 2016.
I ricercatori di Hrw hanno esaminato gli spezzoni di video e hanno contato, con approssimazione per difetto, almeno 58 cadaveri.
Secondo diverse testimonianze locali, il massacro è avvenuto ai danni della popolazione di etnia Peulh (Fulani). Questo gruppo è genericamente accusato di favoreggiamento dei jihadisti, a causa della stessa appartenenza etnica di molti membri degli islamisti (è a questo che si riferisce la voce del video citato sopra). Secondo fonti di Hrw, «il 10 e l’11 marzo, l’esercito burkinabè e le milizie alleate hanno compiuto una vasta operazione nelle campagne di Solenzo e colpito dei Peulh sfollati, apparentemente in rappresaglia contro la comunità che il Governo accusa di sostenere i combattenti islamisti». L’odio etnico pare essere oramai penetrato, anche in quest’area dell’Africa dove non si era mai verificato.
Incitazione allo sterminio
Intanto il 21 marzo, il procuratore della Repubblica, Blaise Bazié, ha aperto un’inchiesta per «incitazione all’odio» a causa dei molti messaggi circolanti sui social network inneggianti allo sterminio dei Peulh. Testi del tipo: «Lanciare operazione zero Peulh nelle 45 provincie del Burkina Faso». Amnesty International fa notare che sono circa quattro anni che avvengono queste inchieste, ma alcuna sanzione è stata mai imposta: «Ci sono denunce, richiami alla legge, ma purtroppo non seguite da sanzioni. […] Questa impunità si manifesta come una normalizzazione della violenza verso la comunità Peulh e facilita la sua perpetuazione».
Un comunicato del portavoce del Governo, datato 15 marzo riporta che «una vasta campagna di disinformazione fa seguito ai recenti avvenimenti di Solenzo, con l’obiettivo di discreditare i nostri valorosi combattenti e impaurire la popolazione pacifica». La giunta militare, al governo dall’ottobre 2022, considera questi video dei falsi, montati ad arte e diffusi allo scopo di screditare il suo operato per la sicurezza.
I civili nel mirino
Il massacro di Solenzo, purtroppo, non è un fatto isolato. Dal 2023 si contano oltre 500 i civili trucidati nelle campagne burkinabè. Quelli maggiori sono stati: Karma, aprile 2023, 150 morti; Zaongo, novembre 2023, 100 morti; Soro, febbraio 2024, 220 morti e Gayeri, tra il 2023 e il 24, diverse decine di vittime.
I jihadisti, dal canto loro, compiono attacchi selettivi, sovente contro le forze dell’ordine, nelle zone più remote del Paese. Ma non solo. Attaccano anche villaggi e uccidono civili inermi e creano vasti movimenti di popolazione in fuga.
Circa due milioni di persone, quasi il 10% della popolazione, sono state costrette a fuggire dalle proprie case a causa di scontri armati e problemi di sicurezza negli ultimi anni (riporta il Consiglio norvegese dei rifugiati).
Da ricordare tra tutti il massacro di Barsalogho, il 24 agosto 2024, quando il «Gruppo di sostengo all’islam e ai musulmani» (Gsim o Jnin, in arabo Jama’at al-Islam wa al-Muselimeen), una delle sigle dei movimenti jihadisti presenti in Sahel, legata questa ad al Qaeda, è stato responsabile dell’uccisione dalle 300 alle 400 persone. Il maggiore eccidio avvenuto ad oggi nel Paese.
Questo gruppo è stato particolarmente attivo proprio nella provincia di Banwa, tra fine 2024 e inizio 2025.
Hrw ha verificato che le forze armate burkinabè e i Vdp hanno commesso abusi generalizzati durante le operazione di contro insurrezione in tutto il Paese, comprese uccisioni illegali di civili che accusano di sostenere i combattenti islamisti.
Repressione politica
D’altro lato il governo della giunta militare guidata da Ibrahim Traoré, spinge su una retorica militarista e sovranista. E non ammette dissenso. Uomini, spesso in borghese, prelevano e fanno scomparire giornalisti e attivisti per i diritti umani, che poi ricompaiono nelle prigioni di Stato settimane dopo il sequestro.
È così che il 17 marzo scorso è stato preso in un ufficio dove lavorava il giornalista Idrissa Barry, membro del coordinamento del movimento politico Sens (Servir et non se servir). Il 22 marzo altri quattro membri dello stessa associazione sono stati sequestrati e non si conosce dove siano stati portati.
Il 24 marzo, poi, il presidente e il vice presidente dell’Ajb (Associazione giornalisti burkinabè, la maggiore del Paese), rispettivamente Guézouma Sanongo e Boukari Ouoba, sono scomparsi, e la stessa sorte è toccata a Luc Pagbelguem (giornalista di BF1 Tv). Il giorno dopo, l’Ajb è stata addirittura sciolta, con un comunicato del ministro dell’Amministrazione territoriale (equivalente al nostro ministro dell’Interno).
Il movimento Sens, in un comunicato, ha dichiarato: «Denunciamo fermamente questa nuova ondata di repressione politica e chiediamo al Governo di impedire i massacri di popolazioni innocenti piuttosto che prendersela con chi li denuncia. […] Chiediamo inoltre alla comunità internazionale, alle organizzazioni di difesa dei diritti umani e a tutte e personalità di buona volontà di fare pressioni sul regime per il rispetto della legalità e della dignità dei cittadini. Chiediamo infine, al popolo resiliente del Burkina Faso che si mobiliti sempre di più per opporsi alla deriva dittatoriale del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione (la giunta, ndr)».
Crimini di guerra
Hrw, nel suo rapporto ricorda che «Tutte le parti in conflitto armato in Burkina Faso sono tenute a rispettare il diritto internazionale umanitario, che comprende l’articolo 3 della Convenzione di Ginevra. Esso proibisce l’uccisione, la tortura e i maltrattamenti di civili e di combattenti catturati. Chi commette violazioni […] è responsabile di crimini di guerra».
Hrw e Amnesty international chiedono, inoltre, alle autorità un’inchiesta indipendente che «porti a giudizio tutti i responsabili di questi gravi crimini».
Marco Bello