Africa dell’Ovest. Via le basi della Francia

 

«No, non ci stiamo ritirando dall’Africa, la Francia è semplicemente lucida e si riorganizza. Abbiamo scelto noi di andare via dall’Africa perché era necessario farlo». A pronunciare queste parole è Emmanuel Macron, presidente francese, durante la tradizionale conferenza con gli ambasciatori il 6 e 7 gennaio.

L’inquilino dell’Eliseo poi prosegue: «Credo che abbiano dimenticato di dirci grazie». E chiude, accusando di «ingratitudine» tutti «quei governanti africani che non hanno avuto il coraggio di riconoscere che non sarebbero al potere oggi se l’esercito francese non fosse intervenuto».

A dettare le parole di Macron è stata una rapida catena di eventi: tra novembre e dicembre 2024, Ciad, Senegal e Costa d’Avorio – tre ex colonie, storiche alleate di Parigi – hanno chiesto il ritiro dei militari francesi dai loro territori. Causando la risposta – frustrata e fuori contesto storico – del presidente francese.

Dal canto loro, i governi africani hanno reagito in modo veemente. A riassumerne il pensiero è stato il presidente del Ciad, il militare Mahamat Déby Itno: «Queste parole rasentano il disprezzo per l’Africa e gli africani». Il Primo ministro senegalese, Ousmane Sonko, invece ha puntualizzato che «la decisione [di chiedere il ritiro] è frutto della volontà del Senegal, in quanto Paese libero, indipendente e sovrano».

Ma questa è solo l’ultima tappa di una lunga storia. Quella dell’erosione graduale e inevitabile della Françafrique, l’insieme dei legami che la Francia ha a lungo mantenuto con le sue ex colonie. Negli ultimi anni, i sentimenti antifrancesi in Africa sono crescenti. Parte del malcontento deriva dalle ferite lasciate aperte dalla colonizzazione: ad esempio, Parigi si è assunta solo di recente la responsabilità della violenta repressione dei Tirailleurs sénégalais, avvenuta esattamente 80 anni fa. Si tratta di soldati africani che furono obbligati a combattere per la Francia nella Seconda guerra mondiale e che protestavano per i ritardi nel pagamento dei salari.

Molto altro risentimento invece è frutto delle politiche predatorie delle aziende francesi. Nel continente sono più di 200, tra cui TotalEnergies, colosso degli idrocarburi, e Orano, leader mondiale nell’estrazione di uranio. Ma più che lavorare insieme ai Paesi africani per la loro crescita economica, queste compagnie difendono gli interessi di Parigi, privando l’Africa di risorse e mezzi utili allo sviluppo.

Anche i militari che, negli anni, la Francia ha inviato per assistere e formare i soldati locali spesso sono accusati di debolezza e scarsa determinazione, soprattutto contro i jihadisti nel Sahel. Così, tra il 2022 e il 2023, dopo colpi di stato, Mali, Burkina Faso e Niger hanno chiesto il ritiro di 4.300 soldati francesi, accogliendo al loro posto i mercenari della russa Wagner. Poi hanno interrotto i rapporti diplomatici con Parigi, espellendo gli ambasciatori e sospendendo, tra le altre, «Radio France International» e «France 24».

Il 28 novembre 2024, poche ore dopo la visita del ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot, anche il Ciad ha chiesto il ritiro dei francesi. A dettare la decisione diversi fattori (tra cui la volontà di rivendicare la propria sovranità), ma soprattutto la consapevolezza che la Francia aveva nascosto informazioni vitali, che avrebbero evitato la morte di 40 soldati ciadiani per mano di Boko Haram (gruppo terroristico nato del Nord della Nigeria).

La perdita dell’ultimo avamposto nel Sahel è stata un duro colpo per Parigi. Ma neanche il tempo di rendersene conto che il presidente senegalese, Bassirou Diomaye Faye, ha avanzato la stessa richiesta, dicendo: «La sovranità non ammette la presenza di basi militari straniere sul nostro territorio». Niente di inaspettato: già in campagna elettorale, Faye e Sonko avevano fatto leva sulla difesa della sovranità senegalese e sulla riduzione della presenza straniera.

Infine, la Costa d’Avorio. Nel discorso di fine anno, il presidente Alassane Ouattara ha dichiarato che i militari francesi dovranno andarsene entro fine gennaio. Tra tutti, il suo annuncio, forse, è stato il più inaspettato per Parigi: il presidente ivoriano era considerato molto vicino a Macron, tanto da ipotizzare che parte delle truppe in Ciad e Senegal venisse riallocata proprio in Costa d’Avorio. Ma anche lì i sentimenti antifrancesi crescono, mentre si avvicinano le elezioni di ottobre: Ouattara non ha ancora annunciato se cercherà un quarto mandato, ma la possibilità è concreta.

Ad oggi, alla Francia in Africa resta ben poco. Sul piano militare, al di là di qualche contingente qua e là, Parigi ha un’ultima base con 1.500 soldati a Gibuti. A livello politico, invece, la rottura con molte ex colonie sta spingendo la Francia a cercare nuovi alleati, al di fuori della sfera storica della Françafrique. È proprio per questo che, negli ultimi mesi, Parigi ha iniziato a intessere relazioni sempre più forti con una delle maggiori economie del continente, la Nigeria.

Aurora Guainazzi