È già accaduto: la soglia di 1,5 gradi centigradi è stata superata. Nei giorni scorsi, più organizzazioni scientifiche hanno annunciato che la temperatura media della Terra è salita oltre quel valore limite che, nel 2015, quasi 200 paesi avevano accettato firmando l’accordo di Parigi sul clima.
Lo scorso 10 gennaio, Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, ha divulgato un report drammatico sul clima del 2024: «Sono stati battuti – si legge – molteplici record globali, per i livelli di gas serra e per la temperatura dell’aria e della superficie del mare, contribuendo a eventi estremi, tra cui inondazioni, ondate di calore e incendi boschivi. Questi dati evidenziano gli impatti accelerati del cambiamento climatico causato dall’uomo».
Secondo gli scienziati, anche i recenti devastanti incendi di Los Angeles sono stati favoriti dai cambiamenti climatici. La rivista «Nature», una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo, ha commentato (10 gennaio) che «il mondo si sta muovendo in territorio pericoloso, forse più rapidamente di quanto si pensasse in precedenza». Tuttavia, ha osservato che la media decennale rimane ancora sotto il limite di 1,5 gradi. Ma per non indulgere in ottimismo precisa che, quando anche la media decennale sarà superata, «il pianeta avrà accumulato ancora più calore, amplificando ulteriormente violente tempeste e incendi, danni all’ecosistema e innalzamento del livello del mare».
Sulla stessa linea l’ultimo rapporto di «The Lancet» su salute e cambiamento climatico (datato 9 novembre 2024) secondo il quale «in tutto il mondo le persone stanno affrontando minacce da record per il loro benessere, la loro salute e la loro sopravvivenza a causa del rapido cambiamento climatico. Dei 15 indicatori che monitorano i rischi per la salute, le esposizioni e gli impatti correlati al cambiamento climatico, dieci hanno raggiunto nuovi record preoccupanti nell’ultimo anno di dati». Per esempio, la mortalità correlata al calore per le persone di età superiore ai 65 anni è aumentata del 167% rispetto agli anni Novanta. Allo stesso modo, è aumentato il rischio di stress da calore per le persone che praticano attività fisica all’aperto e le ore di sonno perse.
Inoltre, si legge ancora nel rapporto di The Lancet, le condizioni meteorologiche più calde e secche hanno contribuito ad aumentare il numero di persone esposte a concentrazioni di particolato pericolosamente elevate. Nel frattempo, i cambiamenti delle temperature e delle precipitazioni stanno favorendo la trasmissione di malattie infettive come la dengue, la malaria, la malattia correlata al virus del Nilo occidentale e la vibriosi, «esponendo le persone al rischio di trasmissione in luoghi precedentemente non colpiti».
Insomma, la comunità degli scienziati e dei ricercatori sta facendo quanto di sua competenza per mettere in guardia e affrontare il cambiamento climatico. Anche papa Francesco lo ripete praticamente in ogni occasione pubblica. «Abbiamo il dovere – ha detto nel discorso al corpo diplomatico (9 gennaio) – di esercitare il massimo sforzo per la cura della nostra Casa comune e di coloro che la abitano e la abiteranno». Molto meno attenta e reattiva è, invece, la parte politica.
Donald Trump, il nuovo presidente Usa, è da sempre un negazionista climatico. Dal canto suo, anche l’Europa, il continente con le normative ambientali più stringenti, pare avere un ripensamento sulla spinta dei partiti sovranisti. Per tutto questo, per la questione climatica le prospettive presenti e future non appaiono per nulla incoraggianti.
Paolo Moiola