Beirut, giovedì, 9 gennaio 2025. È festa nel quartiere cristiano maronita della capitale. Dopo due anni di vuoto, il Libano ha un nuovo presidente: il sessantunenne Joseph K. Aoun. Non in tutti i quartieri però, questa elezione è stata presa con lo stesso entusiasmo.
In uno dei caffè della zona centro-sud di Beirut, dove molti intellettuali si riuniscono per discutere e lavorare, incontriamo alcuni ragazzi che, animatamente, commentano la nuova presidenza. Uno di loro ci dice: «Si parla di “elezione” del presidente, ma sarebbe meglio dire “selezione”. Aoun è un candidato voluto da Stati Uniti, Israele, Francia, e supportato direttamente dall’Arabia Saudita. Teoricamente, la sua elezione è anticostituzionale. Aoun era capo delle forze armate e, secondo la nostra Costituzione, un militare non può diventare presidente. A meno che non sia già in pensione e da almeno due anni. Ma, in realtà, la nostra Costituzione viene violata di continuo. Aoun è il quarto ex militare di fila che diventa presidente».
Un altro ragazzo continua: «È stato fondamentalmente un ricatto. Le nazioni straniere che lo supportano hanno mandato una comunicazione agli schieramenti politici: o si sceglieva Aoun, oppure non sarebbero arrivati i fondi per ricostruire il Libano. C’era poca scelta. Per questo, anche il candidato di Hezbollah si è ritirato. La mia rabbia sta nel fatto che chi usa la storia degli aiuti come merce di scambio, sono gli stessi che ci hanno bombardato: Israele con le armi degli Stati Uniti».
Una ragazza appartenente al gruppo ci spiega: «In questo momento, sappiamo benissimo di avere poche risorse e dover essere dipendenti dagli Stati stranieri. Avere un presidente ex militare, e supportato da chi vuole solo consolidare la sua presenza qui, non è per me la situazione ideale. Ma adesso, dopo la crisi economica, dopo la guerra, forse lui è il male minore. A suo vantaggio, posso dire che è più giovane dei suoi predecessori e, almeno, non è mai stato coinvolto in scandali o corruzione. Anche se l’idea non va a genio a molti libanesi, il fatto che lui abbia l’appoggio dell’Occidente e buone relazioni internazionali, è qualcosa che serve per risollevare economicamente le sorti del Paese».
La politica in Libano è molto complessa e vige un sistema settario. Il parlamento è formato in modo da dare a tutte le confessioni religiose (ben 18) una rappresentanza. Così, i seggi sono divisi proporzionalmente tra cristiani (suddivisi in 13 gruppi) e musulmani (5). Il presidente deve essere sempre un cristiano maronita, il primo ministro deve essere sunnita, il presidente del parlamento, sciita.
Subito dopo le elezioni, Aoun ha ricevuto auguri e congratulazioni da ogni parte del mondo, soprattutto da quegli Stati che, in una riunione tenutasi in Qatar nel 2022, lo avevano già appuntato come candidato ideale per il Libano. In particolare, quegli stati erano Francia, Egitto, Arabia Saudita e Israele.
Chi esce sicuramente sconfitto dagli ultimi eventi è Hezbollah, il «partito di Dio». L’organizzazione sciita deve fare i conti con le gravi perdite subite durante la guerra, il vuoto lasciato dalla perdita di Nasrallah, ucciso in un attacco israeliano il 27 settembre 2024, e il ritiro del proprio candidato dalle elezioni. Sempre più incerto pare essere il suo futuro, anche per le accuse di offrire rifugio ai gerarchi del deposto Bashar al-Assad, fuggiti dalla Siria e ricercati dal nuovo governo.
Nel suo primo discorso da presidente, Aoun ha detto che perseguirà una politica positiva e neutrale, volta soprattutto a migliorare le relazioni con gli altri Stati arabi.
Angelo Calianno da Beirut