Venezuela. Maduro succede a Maduro

Il voto contestato da opposizioni e comunità internazionale

Nicolás Maduro riceve l'investitura per succedere a se stesso, il 10 gennaio a Caracas. (Screenshot da Cnn in spagnolo)
Venezuela
Simona Carnino

 

Il presidente del Venezuela è Nicolás Maduro. Di nuovo, per la terza volta e da quasi 12 anni, senza soluzione di continuità, è alla guida del Paese a partire dal 9 aprile del 2013. Venerdì 10 gennaio a Caracas, c’è stata la cerimonia di investitura del vecchio-nuovo presidente in un clima di grande isolamento da parte della comunità internazionale, che in buona parte non ha riconosciuto il risultato elettorale del 28 luglio scorso a causa delle denunce di brogli mosse contro il leader chavista, o più correttamente «madurista».

Nonostante Maduro abbia pronunciato le seguenti parole: «Delegati di 125 paesi, giuro, di fronte al popolo del Venezuela, che adempirò a tutti gli obblighi dello Stato», alla cerimonia erano presenti pochi diplomatici e ancora meno capi di Stato. Ad accompagnarlo nel suo terzo giuramento, c’erano solamente il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega e Miguel Díaz-Canel presidente di Cuba, oltre ai delegati di pochi altri Paesi, tra cui Cina, Russia e India alleanze chiave per il Venezuela.
Nessun altro capo di Stato è arrivato dall’America Latina, né da Paesi con leader di destra, come l’Argentina o Costa Rica – le cui delegazioni diplomatiche erano già state espulse lo scorso anno da Maduro – né di sinistra. Queste assenze, a cui si aggiungono quelle ovvie e politicamente significative di Stati Uniti, Canada e dell’Unione europea, dimostrano l’isolamento internazionale a cui Maduro sta costringendo il Venezuela e la crisi di legittimità che circonda la sua figura.

Secondo il suo avversario alla presidenza, Edmundo González Urrutia, e la leader della coalizione di opposizione Mesa de la Unidad Democratica, Marina Corina Machado, in Venezuela si sarebbe consumato un colpo di Stato. «Maduro si è autoproclamato dittatore», ha dichiarato González, per il quale il leader del madurismo non avrebbe affatto vinto le elezioni.
Secondo un conteggio realizzato partito di opposizione e avvallato da vari analisti indipendenti, il voto del 28 luglio scorso avrebbe dato come risultato la vittoria di González con il 67% contro il 30% di Maduro. Tuttavia, il Consiglio nazionale elettorale, istituzione teoricamente indipendente ma controllata dal potere in carica, avrebbe dichiarato una vittoria piuttosto netta del leader madurista con il 51,20% contro il 44,2% di González. Anche l’osservatorio internazionale e indipendente Carter Center ha dichiarato che le elezioni elettorali non si sono adeguate a standard di integralità e non possono essere considerate democratiche. Maduro, nonostante le richieste internazionali, non ha mai presentato gli atti elettorali che avrebbero potuto confermare la regolarità del voto. Di fronte a questo rifiuto, L’Unione europea ha comunicato di non riconoscere il risultato elettorale.

I due presidenti
Negli ultimi mesi, Edmundo González Urrutia, in esilio politico in Spagna, sotto mandato di arresto in Venezuela per falsificazione e altri presunti reati da parte del governo, è stato riconosciuto come legittimo presidente da numerosi stati, tra cui Canada, Panama, Argentina, Stati Uniti ed Ecuador. González non era presente nel paese al momento dell’investitura di Maduro, nonostante avesse dichiarato non solo sarebbe ritornato in Venezuela ma avrebbe assunto il ruolo di presidente in quella stessa giornata, secondo la volontà popolare dimostrata dagli unici atti elettorali pubblici e disponibili. Tuttavia, il mandato di arresto nei suoi confronti e il massiccio dispiegamento militare di Caracas non ha reso possibile un suo ritorno in sicurezza.

L’arresto di Machado
Il giorno precedente al giuramento di Maduro, Marina Corina Machado ha fatto la sua prima apparizione pubblica dopo mesi di assenza, partecipando alla manifestazione di piazza a Caracas contro il chavismo. Proprio al termine di un comizio, la leader dell’opposizione sarebbe stata detenuta dalle autorità e liberata nelle ore successive. Sebbene le dinamiche siano ancora da verificare il Governo neghi la detenzione, Machado ha assicurato di essere stata assalita alle spalle, strattonata e fatta scendere dalla moto su cui si stava spostando verso un altro punto della città. Il giorno successivo ha dichiarato alla Cnn di essere stata trasportata a un centro de detenzione di Caracas, dove avrebbe registrato un video per confermare la sua identità e assicurare di essere viva.
«Mi sarebbe successa la stessa cosa di Machando se fossi tornato», ha dichiarato González sul Clarín, quotidiano argentino, tuttavia ha confermato che, sebbene non nell’immediato, si sta preparando a un ritorno per mettere fine a quella che chiama «tragedia» del Venezuela, riferendosi al governo di Maduro.

Intanto, gli Stati Uniti hanno aumentato le sanzioni contro il Paese e portano a 25 milioni di dollari la taglia, sul leader del Venezuela – inizialmente di 15 milioni – per crimini legati al narcotraffico, accuse che il Governo di Maduro ha sempre respinto.
In Venezuela in queste ore la situazione è sempre più tesa. Secondo la Ong Foro Penal, come riportato anche dal quotidiano spagnolo El Pais, dal primo all’11 gennaio, sono 75 le persone incarcerate per opposizione politica al regime di Maduro. Il numero totale dei prigionieri politici al 9 gennaio ammonterebbe a 1.697. Tra di loro ci sarebbe anche il genero di Edmundo González.

Simona Carnino

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Simona Carnino

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