Aleppo, nella Siria martoriata dalla guerra, è di nuovo preda della violenza. I cristiani si preparano al Natale anche con la solidarietà.
Il cardinale Zenari: «Non abbandonate la Siria». Padre Karakash, «manca tutto ma noi restiamo con la nostra gente. E prepariamo il Natale».
Nella parrocchia di San Francesco ad Aleppo, i fedeli hanno deciso di non cancellare il Natale. Manca tutto, il pane e la benzina, l’acqua e l’energia elettrica. Manca soprattutto la sicurezza che si era faticosamente ricostruita dopo quattordici anni di guerra. Eppure, nonostante l’occupazione della città da parte dei ribelli, la comunità cristiana non vuole perdere la speranza.
«Per un attimo i nostri giovani hanno dubitato di poter fare il presepe, che quest’anno ha come tema il Giubileo della speranza. Ma proprio questo tema li ha spinti a riprendere le forze per continuare la loro opera», racconta da Aleppo padre Bahjat Karakach, frate della Custodia di Terra Santa. Le linee telefoniche siriane da qualche giorno non funzionano, ma resta ancora possibile, almeno per il momento, comunicare via web.
Quindi, nonostante il rumore degli spari fuori dalle finestre, e il fatto che la maggior parte delle persone, coprifuoco o no, resta chiusa in casa per la paura, in questi giorni «decine di persone si sono offerte per pulire la chiesa e così prepararla alle prossime feste, questo aumenta il senso dell’appartenenza alla comunità e infonde sicurezza nei cuori, perché la vita non si ferma ma va avanti», dice padre Bahjat che della chiesa di San Francesco è il parroco.
Con la stessa determinazione, i francescani, dopo che domenica primo dicembre è stato bombardato il Terra Santa College, hanno riaperto, proprio lì, il panificio che distribuisce pane gratuitamente a chi ha bisogno: «Quando si tratta di fare il bene, nessuno ci deve fermare», dice padre Samhar che, insieme al confratello fra Bassam, per primo ha dato l’allarme del raid in arrivo sul college.
Loro due, poi, dopo l’attacco, sono stati gli ultimi ad andarsene dal luogo distrutto. Volevano assicurarsi, insieme ai vigili del fuoco, che l’incendio causato dalle bombe fosse completamente spento.
Ad Aleppo, la situazione ora è calma e drammatica allo stesso tempo. I religiosi raccontano di file di persone per prendere il cibo che ormai scarseggia nei punti vendita. I prezzi sono alle stelle: «Un litro di benzina costa l’equivalente di uno stipendio», spiega padre Bahjat. Nelle file dei disperati ci sono gli impiegati pubblici «ai quali non è stato pagato lo stipendio di novembre e che per il momento sono senza impiego».
Fuggire da Aleppo è difficile, se non impossibile: è percorribile un’unica strada, ma ci può volere anche una intera giornata per riuscire a uscire dalla città.
I ribelli che hanno preso possesso della città «mandano messaggi di tolleranza, istituiscono commissioni di sicurezza, si rendono disponibili a ogni richiesta», racconta ancora il religioso, ma la gente non si fida. Le cicatrici degli ultimi anni di guerra, con i bombardamenti sui civili e anche le restrizioni imposte dai jihadisti alle minoranze religiose, tra le quali quella cristiana, fanno ripiombare in un incubo.
Di qui l’appello del Nunzio, il cardinale Mario Zenari, che da Damasco chiede: «Non dimenticate la Siria, purtroppo il Paese era scomparso dai radar dei media, adesso è tornato. E allora vi chiedo: non abbandonate la Siria che sta soffrendo enormemente. In quattordici anni di guerra c’è stato mezzo milione di morti e tredici milioni di sfollati. Ora aumenteranno. Non dimenticate la Siria», ripete l’ambasciatore del Papa.
La voce, via telefono, va e viene, ma Zenari ci tiene a scandire più volte il suo appello al mondo: «Rivolgo un pressante appello alla comunità internazionale perché la Siria ha un ruolo importante nel Medio Oriente. Se non è aiutata, questa instabilità rischia di propagarsi», avverte. E deve essere aiutata anche la comunità cristiana che «ha un ruolo importante, ed è qui da prima dell’islam. Ha fondato scuole, ospedali, e i politici cristiani hanno dato un apporto significativo al progresso del Paese. Adesso bisogna aiutarli a restare, ma senza lavoro, senza un futuro, è difficile.
Benché non perseguitati, due terzi dei cristiani, negli anni di questa guerra, sono partiti. E questo è un fatto grave, un guaio per l’intera società siriana», conclude il cardinale Zenari.
Non sono mai andati via invece i religiosi, suore e frati, sacerdoti e vescovi. Restano lì anche i diversi missionari, dai religiosi del Verbo Incarnato alle suore di Madre Teresa di Calcutta. Sempre accanto alla loro gente, anche nei momenti più difficili.
Sabato 30 novembre, quando la situazione stava chiaramente per precipitare, tutti i vescovi di Aleppo, dei vari riti e confessioni, nel mosaico delle tradizioni religiose che in Medio Oriente è sempre stato una ricchezza, si sono rapidamente consultati per decidere il da farsi. «Abbiamo deciso di rimanere tutti con la nostra gente», ha riferito monsignor Hanna Jallouf, vescovo dei cattolici di rito latino. Si va avanti insieme sperando che anche ad Aleppo il Natale porti pace e serenità.
Manuela Tulli