Sorino, chi è costui? Come don Abbondio con Carneade, forse ci facciamo questa domanda, visto che oggi il suo nome è sulla bocca di tutti dopo che Giuseppe Allamano è stato riconosciuto santo per aver guarito proprio lui.
Ma al tempo del miracolo, trent’anni fa, Sorino era per noi un signor nessuno. Uno Yanomami inesistente, uno dei tanti indigeni dell’Amazzonia che l’anagrafe del suo Paese ignorava (e continua a ignorare). Un signor nessuno, che però è diventato segno di vita e speranza per tutti gli ultimi della terra.
Come lui, anche quel bambino nato 2030 anni fa in una stalla di Betlemme era nessuno. Amato, però, curato e protetto dai suoi genitori e accolto dai marginali della storia, i pastori. Era un bambino inerme, Gesù. Eppure da subito ha dato fastidio ai potenti del tempo che hanno cercato di eliminarlo.
Quel nessuno, finito in croce come uno schiavo, è oggi Luce del mondo, Parola di vita, Via alla più vera e autentica umanità, quella a misura di Dio.
Sorino era un nessuno per il mondo, ma un unico per Dio il quale, complice Giuseppe Allamano, lo ha fatto rinascere alla vita dopo un terribile incontro con un giaguaro nel fitto della foresta amazzonica, lontano dagli occhi di tutti.
Là il Signore ha voluto porre un segno della santità di Giuseppe Allamano, per confermare ancora una volta il senso più vero del suo sogno missionario: un miracolo in favore di un nessuno e un non cristiano per ricordare che la Buona Notizia trova la sua realizzazione nei più poveri, umili e dimenticati della terra. È là, nella piccolezza e nel nascondimento, che nasce il mondo nuovo, non nei palazzi degli Erode di ieri e di sempre e neppure nei templi (stadi, arene, platee social) dei nuovi idoli di oggi.
Il piccolo seme del futuro cresce in mezzo agli ultimi della terra. Come un tempo la più radicale rivoluzione è iniziata con un bambino figlio di umili lavoratori di un villaggio di periferia, che da adulto è stato ucciso come uno schiavo su una croce piantata fuori dalle mura della città, così ora la guarigione di Sorino ci ricorda che la vera luce per il mondo continua a germinare nella piccolezza e nelle periferie.
I piccoli e i «nessuno» del mondo diventano maestri di vita, come la bimba di nove anni che si carica sulle spalle la sorellina di cinque ferita dalle bombe a Gaza per portarla all’ospedale.
Dio ha sempre avuto un occhio speciale per i nessuno di questo mondo. Grazie a essi ha scritto la storia della nostra salvezza. Basta ricordare Noè, Abramo, Giuseppe, Davide, Geremia, Ester, e tanti altri fino a Maria e Giuseppe, Giovanni Battista, gli apostoli, e fino a noi.
Mi colpisce la bellezza della logica del nascondimento e della piccolezza che unisce la nascita di Gesù e il miracolo accordato a Sorino.
È una potente contestazione dell’apparire, dell’ostentazione, del protagonismo, della voglia di imporsi e dominare che ha contagiato il nostro mondo. È l’antidoto alla tentazione di richiudersi in se stessi, di difendere i propri confini, di vedersi al centro di tutto. È un invito a guardare oltre, ad aprirsi alla sorpresa, a superare le paure dell’altro.
Sorino, una volta guarito, è diventato, insieme a sua moglie, «casa di accoglienza» per tanti bambini orfani, spesso resi tali da malattie e uccisioni provocate dall’invasione dei territori indigeni da parte di chi vuole rapinarne le risorse. Una risposta di squisito amore ai bisogni del suo popolo.
Il bambino di Betlemme ha portato nel mondo una nuova proposta di vita che insegna agli uomini a scoprirsi veri fratelli e sorelle, tutti figli e figlie dello stesso Padre.
San Giuseppe Allamano ha mandato nel mondo i suoi missionari e missionarie per continuare questa rivoluzione, per rendere reale il sogno di Dio di un’umanità che viva nella pace e nell’amore qui e ora, nell’attesa della grande festa di famiglia che ci aspetta in cielo, la sua casa.
Una rivoluzione senza armi e violenze, nella quale «il bene è fatto bene» a favore di tutti da persone che «prima sono sante e poi missionarie».