I rifiuti dell’Europa nel mondo

 

Ogni anno, l’Unione europea esporta milioni di tonnellate di rifiuti in tutto il mondo, in particolare nel Sud globale. Si va dalla semplice spazzatura, ai dispositivi elettronici, passando per il fast fashion (l’industria della moda di massa).

Il business, che ruota attorno alla loro gestione e smaltimento, è enorme ed estremamente redditizio. Soprattutto per le organizzazioni criminali che guadagnano miliardi dall’esportazione illegale di rifiuti in tutto il mondo.

Secondo la Commissione europea, infatti, circa un terzo del totale dei rifiuti inviati fuori dai confini dell’Unione è gestito dalla criminalità organizzata, cioè dalle cosiddette «ecomafie».

Quanti, dove e come

I dati dell’Eurostat (l’Istituto di statistica europeo) mostrano che la maggior parte dei rifiuti prodotti nell’Ue (61 milioni di tonnellate nel 2022) si sposta tra gli Stati membri. Una quota consistente (nel 2022, circa 32 milioni di tonnellate), però, viene esportata oltre confine. Il 60% di questi rifiuti giunge in soli tre Paesi: Turchia (38%), India (17%) ed Egitto (5%).

In più, c’è l’economia sommersa controllata dalle ecomafie. Le disposizioni – che stabiliscono quali materiali possono essere o meno esportati e dove – sono facilmente aggirabili, mentre le sanzioni decisamente scarse.

Così, lo sviluppo di business illegali è semplice, e in diversi Paesi europei sono sorte reti criminali per l’esportazione di rifiuti (sia pericolosi che non) in altre aree del mondo.

L’Europol (l’agenzia dell’Unione europea per il contrasto alla criminalità), infatti, stima che il traffico illegale di rifiuti sia il più redditizio dopo quello di droga, la contraffazione e la tratta di esseri umani.

Nella sola Italia, nel 2021, l’Agenzia delle Dogane ha sequestrato oltre 7mila tonnellate di rifiuti in partenza per l’estero.

Spesso, i prodotti la cui esportazione è illegale sono mescolati ad altri legali, così da renderne difficile l’identificazione. Le norme vengono aggirate con degli escamotage. Ad esempio, la Convenzione di Basilea del 1989 sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione permette l’esportazione solo di quei dispositivi elettronici che sono riparati subito dopo l’arrivo. Dunque, è sufficiente denunciare il trasporto di «prodotti di seconda mano» per eludere i controlli.

Lo smaltimento nel Sud globale

Ogni anno, dai porti europei partono tonnellate di rifiuti inviati illegalmente in tutto il mondo. In particolare, verso il Sud Est asiatico e l’Africa subsahariana, i quali ricevono – tra gli altri – dispositivi elettronici non più funzionanti, vestiti non più utilizzabili e materiali plastici.

In questi Paesi, uno smaltimento adeguato è difficile: mancano strutture efficaci ed efficienti. La plastica è bruciata all’aria aperta e rilascia fumi tossici e materiali inquinanti con effetti estremamente dannosi su ambiente e salute. I dispositivi elettronici si accumulano in enormi discariche a cielo aperto dove gli abitanti dell’area – senza adeguate protezioni – si recano ogni giorno alla ricerca di pezzi rivendibili o componenti minerarie riutilizzabili.

In generale, l’accumularsi di questi prodotti nel Sud globale e le modalità con cui vengono gestiti e smaltiti causano l’inquinamento di aria, acqua e suolo. Oltre a frequenti malattie – soprattutto respiratorie – tra la popolazione locale.

Il regolamento europeo

A fine 2021, la Commissione europea ha avanzato una proposta per l’introduzione di un regolamento (poi approvato l’11 aprile 2024) per combattere il traffico illegale di rifiuti e ridurre l’inquinamento e le emissioni di gas serra correlate.

Per quanto riguarda il commercio legale, la normativa vieta l’invio in Paesi terzi di tutti i rifiuti da smaltire. Così come proibisce l’esportazione di quelli destinati al recupero ma considerati pericolosi in Paesi non appartenenti all’Ocse (cioè tutti quelli africani e quasi tutti quelli asiatici e sudamericani). Verso questi Stati non è più possibile nemmeno esportare materiali plastici «non pericolosi». Quest’ultima disposizione completa il divieto (in vigore dal 2021) di inviare al di fuori dei Paesi dell’Ocse i rifiuti plastici considerati «difficili da riciclare» e «pericolosi».

Il regolamento si pone anche l’obiettivo di contrastare le esportazioni illegali. Ma in realtà su questo fronte non cambia molto rispetto alle normative già vigenti. Sebbene siano state introdotte regole ancora più stringenti su ciò che può essere esportato o meno, eluderle continua a essere molto semplice. Mentre le sanzioni restano limitate e non incentivano l’abbandono di attività criminali.

Il regolamento si limita a invitare gli Stati europei a collaborare maggiormente tra loro nel contrasto ai traffici illegali, aumentando gli sforzi di indagine e la comminazione di sanzioni. Ma nei fatti non è niente di nuovo rispetto a quanto già in vigore.

Aurora Guainazzi