Oggi in Sudafrica si tengono le elezioni nazionali e provinciali. Oltre a scegliere le autorità locali, i cittadini eleggono i membri dell’Assemblea nazionale, ai quali spetterà scegliere il futuro presidente.
Il voto è considerato il più importante da quando il Paese è tornato alla democrazia nel 1994 dopo la fine dell’apartheid. Per la prima volta in trent’anni, l’African national congress (Anc), il partito di Nelson Mandela, rischia di perdere la maggioranza in Parlamento e di dover costituire un inedito governo di coalizione.
Gli schieramenti
Il leader dell’Anc e presidente uscente, Cyril Ramaphosa, è ancora il candidato di punta del partito. Se l’Anc dovesse superare il 50% dei consensi, Ramaphosa si confermerà alla guida del Paese anche per i prossimi cinque anni. In caso contrario (secondo i sondaggi l’Anc si fermerà al 40%), il partito di governo dovrà creare una coalizione con almeno un’altra tra le forze che siederanno nel nuovo Parlamento. Una prospettiva complessa, vista la distanza ideologica e politica con molte di esse.
Gli Economic freedom fighters (Eff) di Julius Malema sono un partito di sinistra dal programma radicale, stimato all’11,5%. Nonostante Anc ed Eff si siano già alleati in passato a livello provinciale, la distanza è forte, soprattutto per quanto riguarda le nazionalizzazioni su ampia scala al centro del programma degli Eff.
La Democratic alliance (Da), movimento di centrodestra dato al 22%, è l’attuale principale oppositore dell’Anc a livello nazionale. Il suo leader è John Steenhuisen. Durante la campagna elettorale, il partito ha rilasciato un video dove la bandiera sudafricana bruciava. Descritto come un avvertimento di quanto accadrà nel Paese se l’Anc dovesse creare una coalizione con altri partiti, il filmato mostra le profonde tensioni che attraversano il Sudafrica.
L’ultima forza principale dell’opposizione è l’Inkantha freedom party (Ifp). Il partito conservatore – che dovrebbe fermarsi al 4,5% – è guidato da Velenkosini Hlabisa. Espressione del nazionalismo zulu, l’Ifp ha la propria roccaforte nella regione del KwaZulu-Natal.
L’Mk e Zuma
A queste forze, che costituiscono la fetta maggiore dell’attuale opposizione parlamentare, si aggiunge un nuovo movimento che probabilmente si aggiudicherà una propria quota di seggi: l’uMkhonto we sizwe (Mk), attualmente all’8,5%. Il suo leader è Jacob Zuma, ex presidente dell’Anc e del Sudafrica tra il 2009 e il 2018.
Il ritorno sulla scena di Zuma – figura tanto controversa quanto ancora apprezzata – ha creato scompiglio nel Paese e contribuito a erodere il consenso dell’Anc. Accusato di corruzione, nel 2018 Zuma era stato costretto a dimettersi da capo dello Stato e leader del partito. In entrambi i casi era stato sostituito da Ramaphosa. Condannato a quindici mesi di carcere, ne ha scontati tre prima di essere graziato dal suo successore.
La Costituzione sudafricana impedisce l’elezione di chi ha ricevuto sentenze superiori a dodici mesi. Per questo, il 20 maggio, la Corte costituzionale ha escluso Zuma dalla lista dei candidati dell’Mk. Il volto dell’ex presidente apparirà comunque sulla scheda elettorale in quanto leader del partito, ma non potrà essere eletto.
Trent’anni di speranze disattese
Nell’immaginario comune, le elezioni del 1994, vinte dall’Anc di Mandela, dovevano segnare la nascita di uno Stato dove tutti avrebbero avuto pari dignità e diritti, indipendentemente dal colore della pelle. Trent’anni dopo, molte speranze sono state disattese.
La corruzione dell’élite politica è un fenomeno endemico. Diversi leader dell’Anc – tra cui Zuma e lo stesso Ramaphosa – si sono appropriati di fondi pubblici, impedendo che venissero destinati a servizi, lotta alla povertà e riduzione delle disuguaglianze.
Nel 2022, la Banca mondiale aveva definito il Sudafrica lo Stato con la maggiore disuguaglianza nel mondo. Il 10% più ricco (perlopiù bianco) possedeva l’80% della ricchezza del Paese. Mentre la popolazione nera (l’80%) era ed è ancora oggi in condizione di forte svantaggio economico e sociale.
La disoccupazione, un problema strutturale, a fine 2023 riguardava il 32% dei sudafricani, la metà dei quali giovani. Mentre più del 60% della popolazione viveva al di sotto della soglia nazionale di povertà. Tassi elevati anche a causa della stagnazione economica (dal 2012, la crescita media del Pil è dello 0,8% annuo) e del debito in ascesa (stimato al 74% del Pil a fine 2024).
Elevati livelli di violenza, xenofobia nei confronti dei lavoratori stranieri e costanti blackout della rete elettrica sono altre problematiche del Paese.
Sono queste le reali questioni a cui la classe politica sudafricana dovrebbe porre attenzione.
Aurora Guainazzi