La Commissione europea vuole fare sul serio nei confronti delle big tech californiane. Alphabet (Google), Apple e Meta (Facebook, Instagram e WhatsApp) sono sotto indagine ai sensi del Digital markets act e se non dimostreranno di essersi adattate in conformità alle nuove leggi europee rischiano pesanti multe.
Il primo novembre 2022 è entrato in vigore il Digital markets act (abbreviato Dma), la legge europea sui mercati digitali che punta a regolamentare l’azione delle grandi aziende tecnologiche cercando di costruire un panorama più equo garantendo una libera concorrenza.
La Commissione europea ha identificato le grandi aziende che ha deciso di definire «gatekeeper», ossia con una importante capacità di controllo degli accessi a contenuti e servizi, e a queste ha affidato nuovi obblighi da rispettare in modo da garantire condizioni e opportunità più eque a fornitori di contenuti, prodotti e servizi terzi, spesso oscurati dai monopoli delle big tech.
Sono state designate come gatekeeper sei aziende: Alphabet (proprietaria di Google e dei servizi collegati), Amazon, Apple, ByteDance (proprietaria di TikTok), Meta (Facebook, Instagram e WhatsApp) e Microsoft.
Adesso, a marzo 2024, sono scaduti i termini entro i quali queste grandi aziende avrebbero dovuto adattarsi alla legge e la Commissione europea ritiene che alcune di esse non abbiano fatto abbastanza. Per questo nella mattina del 25 marzo è stato annunciato l’inizio di un’investigazione in particolare su alcune presunte inadempienze di Alphabet, Apple e Meta.
Uno dei primi punti in questione riguarda la libertà, sancita dal Dma, degli sviluppatori di promuovere e far conoscere le proprie app in maniera libera. Alphabet e Apple sono sotto indagine perché l’Unione europea teme che pongano veri e propri ostacoli a sviluppatori terzi e ad altre modalità di scaricamento che esulino dai loro app store ufficiali.
La seconda questione riguarda i risultati del motore di ricerca Google, l’azienda è sospettata di favorire i propri servizi di ricerca verticale – come Google shopping per gli acquisti o Google flights per i voli aerei – a discapito di servizi terzi, falsando quindi la concorrenza che dovrebbe essere libera ed equa.
Apple è anche accusata di rendere difficoltosa e sconveniente la disinstallazione delle app proprietarie e la modifica di alcune impostazioni predefinite, limitando la libera scelta degli utenti.
Infine Meta – azienda proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp – è sotto accusa per il modello «pay or consent» con cui obbliga gli utenti dei suoi social network a pagare un abbonamento nel caso vogliano proteggere la loro privacy e limitare il numero di dati ceduti. Questo metodo non sembra fornire infatti una vera e propria libertà agli utenti per il controllo dei propri dati personali.
L’indagine dovrebbe concludersi in 12 mesi e, in caso di violazione, la Commissione può imporre multe fino al 10% del fatturato globale delle società, che possono salire al 20% in caso di violazione reiterata. Stiamo quindi parlando di miliardi di dollari a rischio.
Mattia Gisola