Da Hun Sen a Hun Manet, di padre in figlio. Nulla di strano se fosse la successione a capo di un’azienda familiare, ma in questo caso la successione riguarda la guida di un paese, la Cambogia, nazione asiatica con 16,5 milioni di abitanti.
Hun Sen (71 anni) è stato primo ministro di Phnom Penh per la bellezza di 38 anni, avendo ricoperto la carica dal 1985 (con un periodo di cinque anni – dal 1993 al 1998 – in condivisione con Norodom Ranariddh, figlio del re Norodom Sihanouk). A luglio 2023 Hun Sen si è (finalmente) dimesso ma è stato sostituito dal figlio maggiore, Hun Manet (41 anni, studi negli Stati Uniti), dopo elezioni fraudolente.
Nel suo ultimo report, Human rights watch inizia così il capitolo dedicato al paese: «La Cambogia – si legge – è effettivamente uno stato a partito unico con elezioni fisse e controllate, mancanza di media indipendenti, interferenza del partito al governo e controllo di tutte le istituzioni statali, controllo politico della magistratura, sistematica persecuzione dei critici sia nell’opposizione politica che nella società civile». La situazione è ulteriormente peggiorata nel periodo precedente alle elezioni nazionali del luglio 2023.
Dopo gli anni drammatici della guerra civile e dei Khmer rossi, il paese ha cercato un po’ di normalità. Nel 2023 la crescita economica ha superato il 5 per cento annuo, una delle più alte della regione. Tuttavia, le condizioni della maggioranza della popolazione – soprattutto di quella rurale – rimangono improntate alla precarietà. Ad esempio, si calcola che il 70 per cento dei cambogiani non abbia accesso all’acqua potabile e il 63 per cento a servizi igienici sicuri. Inoltre, il paese – attraversato dal grande fiume Mekong – è fortemente soggetto ai cambiamenti climatici con l’agricoltura, comparto produttivo di primaria importanza, che ne patisce le conseguenze.
Tutti gli altri settori dell’economia nazionale sono saldamente nelle mani della vasta famiglia Hun, che possiede circa 120 società, dall’energia alle comunicazioni, dalle miniere al commercio. Peraltro, il capostipite Hun Sen non è andato in pensione. Lo scorso 25 febbraio si sono tenute le elezioni per il senato (la camera alta del parlamento) del Paese. Il Partito del popolo cambogiano (Kpk), partito di cui Hun Sen è presidente, ha ottenuto 55 seggi sui 58 disponibili (mentre altri quattro sono appannaggio della camera bassa e di sua maestà, re Norodom Sihamoni). La vittoria permetterà a Hun Sen di diventare presidente del senato (e, quindi, di rappresentare il paese quando il sovrano si trova all’estero). Insomma, la Cambogia più che una democrazia continua a essere un paese a gestione familiare.
Paolo Moiola