Dai gabbiani ai maiali


L’influenza colpisce anche gli animali, in particolare con il virus di tipo «A». Le più diffuse sono l’influenza aviaria e quella suina. In queste pagine, cerchiamo di capire le modalità di trasmissione del virus e le conseguenze sull’uomo.

Da oltre un anno si è avuta in tutto il mondo una recrudescenza dell’influenza aviaria, una malattia degli uccelli causata da un virus dell’influenza di tipo A (vedi sotto: H1N1 versus H5N1). Può essere a bassa (Lpai) o ad alta patogenicità (Hpai).

L’influenza aviaria può contagiare praticamente tutte le specie di uccelli, ma le manife-

stazioni possono essere molto diverse: dalle forme leggere a quelle altamente patogene e contagiose, capaci di causare rapidamente epidemie acute. Se la malattia è causata da una forma virale altamente patogena, può insorgere in modo improvviso e portare rapidamente a morte quasi il 100% degli animali colpiti.

Nel pollame

Tra l’estate e l’autunno 2022 in Italia si è osservato il prolungamento dell’epidemia iniziata nell’autunno 2021, che ha coinvolto diverse colonie di uccelli selvatici marini appartenenti all’ordine dei suliformi (uccelli acquatici). Il 22 settembre 2022, il Centro di referenza nazionale (Crn) per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle ha confermato la prima positività del secondo semestre per virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai, sottotipo H5N1) nel pollame e questo ha portato a un’aumento delle misure di controllo generali e specifiche.

In tutta Europa sono stati confermati nuovi casi di influenza aviaria ad alta patogenicità tra dicembre 2022 e marzo 2023, per un totale di 522 casi nei domestici e 1.138 nei selvatici.

Particolarmente rilevante è stata l’epidemia di influenza aviaria che ha colpito il gabbiano comune nel Nordest dell’Italia, in Belgio, Francia e Olanda.

Il virus responsabile di questi casi è sempre stato il sottotipo H5N1 e le analisi genetiche virali effettuate in Italia su uccelli selvatici hanno dimostrato che esso sta circolando anche nelle nostre specie stanziali. Da settembre 2022 ad aprile 2023, in Italia sono stati confermati quaranta focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità nei domestici, riguardanti in parte gli allevamenti rurali di piccole dimensioni.

Il virus H5N1, attualmente circolante tra i volatili selvatici e domestici, si è dimostrato capace di attaccare anche i mammiferi.

Tra gennaio e febbraio 2022 si sono verificati numerosi episodi di mortalità nelle colonie di leoni marini in Perù. Un focolaio è stato confermato nell’ottobre 2022 in un allevamento di visoni in Spagna, mentre in Italia, nell’aprile 2023, sono stati confermati due casi nelle volpi, dovuti probabilmente all’ingestione di volatili morti per influenza aviaria e, inoltre, cinque cani e un gatto sono stati contagiati all’interno di un allevamento avicolo rurale.

Sorveglianza aumentata

Per tale motivo, il ministero della Salute quest’anno, oltre il mantenimento della sorveglianza sugli uccelli selvatici, ha disposto la sorveglianza anche sui carnivori selvatici.

Il dispositivo del ministero prevede il rafforzamento della biosicurezza negli allevamenti avicoli nazionali, con rilevamento precoce dei casi sospetti di Hpai, che necessitano approfondimenti rapidi in laboratori ufficiali, per effettuare diagnosi differenziali nei confronti di virus influenzali. Inoltre, in caso di accertata circolazione di virus Hpai nell’avifauna, le regioni devono mettere in atto piani di sorveglianza attiva riguardanti gli uccelli acquatici presenti in aree di particolare rilevanza epidemiologica, come i siti di raduno dei volatili lungo le principali rotte migratorie.

La sorveglianza attiva prevede l’effettuazione di controlli sanitari regolari, mediante tamponi tracheali e cloacali su campioni significativi dell’avifauna acquatica per gli esami virologici o, in alternativa, mediante il prelievo di campioni di feci (dal momento che questo virus si annida nell’intestino dei volatili, ad esempio in quello delle oche).

Zoonosi e mutazioni

Perché l’influenza aviaria, che finora ha colpito prevalentemente gli uccelli e sporadicamente gli umani, è fonte di grande preoccupazione?

Perché un virus influenzale A originatosi in un volatile potrebbe trasformarsi in un agente infettivo capace di passare da una persona all’altra, dopo un eventuale passaggio in una terza specie, il maiale.

I suini, infatti, possono funzionare da serbatoio per una ricombinazione tra i virus propri, quelli aviari e quelli umani, creando dei virus ibridi capaci di passare da persona a persona. Se poi nell’essere umano, tali ibridi dovessero subire ulteriori e casuali modifiche potrebbe sempre originarsi un nuovo ceppo virale, potenzialmente potente e letale.

L’attuale influenza aviaria, data dal virus A H5N1, si è originata nel 2003 nel Sudest asiatico. Successivamente ha invaso tutta l’Asia da cui si è propagata al resto del mondo. Finora ha colpito oltre 150 milioni di volatili e si sono contate decine di vittime umane, per lo più tra gli addetti agli allevamenti e al commercio di pollame. Sebbene attualmente l’influenza aviaria sia diffusa soprattutto tra gli uccelli e solo poche decine di persone ne siano state colpite per passaggio diretto, senza una trasmissione da persona a persona, tuttavia la circolazione continua di alcuni virus dell’influenza A (H5) e A(H7) nel pollame è preoccupante per la sanità pubblica. Questi virus non solo causano forme gravi di malattia, ma hanno il potenziale di mutare e di aumentare la trasmissibilità tra le persone.

Le mutazioni del virus

La capacità di mutare è una caratteristica peculiare di tutti i virus influenzali e in particolare degli A. Essa è strettamente legata alle caratteristiche del loro genoma, costituito da Rna segmentato e suddiviso in otto frammenti. Ciò comporta la possibilità che si verifichi, in due virus che abbiano infettato contemporaneamente la stessa cellula, il fenomeno noto come riassortimento antigenico (antigenic shift), dovuto all’associazione in nuove combinazioni dei segmenti genomici di Rna appartenenti a due ceppi virali geneticamente distinti. Da questi processi di riassorbimento prendono origine i «virioni» che presentano un corredo proteico di superficie significativamente diverso da quello di entrambi i virus parentali.

Anticorpi (sistema immunitario e vaccinazione)

Gli anticorpi sono grandi proteine (a forma di Y) che aiutano a difendere le cellule dell’organismo dall’intromissione di corpi estranei come batteri e virus.

Le proteine di superficie virali sono il principale bersaglio degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario durante un’infezione naturale o a seguito di un’immunizzazione artificiale (cioè di una vaccinazione). Gli anticorpi preesistenti nell’organismo nulla possono contro le nuove forme virali.

Oltre al riassortimento antigenico, i virus dell’influenza sono caratterizzati anche dalla deriva genetica (antigenic drift) dovuta alle frequenti mutazioni nei geni che codificano per emoagglutinina (HA) e neuroaminidasi (NA). Le alterazioni delle proprietà di superficie dei virus influenzali rendono, pertanto, necessaria la produzione di nuovi anticorpi ad hoc. Questo spiega la necessità di produrre nuovi vaccini antinfluenzali ogni anno.

Nel caso dell’influenza aviaria, attualmente non esiste un vaccino specifico per uso umano. La raccomandazione è di effettuare la vaccinazione contro l’influenza stagionale, in modo da non correre il rischio di stressare oltremodo l’organismo a seguito di una coinfezione da parte di entrambi i virus. Inoltre, la riduzione delle coinfezioni riduce la probabilità che i virus possano acquisire la capacità di diffondersi da persona a persona.

Per quanto riguarda i farmaci attualmente a disposizione per il trattamento dell’influenza aviaria, alcuni farmaci antivirali (come gli inibitori della neuroaminidasi) si sono dimostrati efficaci nel ridurre la durata della replicazione virale, con miglioramento delle prospettive di sopravvivenza. Purtroppo è stata segnalata l’insorgenza di resistenza da parte dei virus ad alcuni di essi.

Carne e uova

Nell’Ue, i focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità nel pollame, causati dai sottotipi H5 e H7, prevedono l’attuazione di strette misure di controllo che comportano l’abbattimento e la distruzione dei volatili negli allevamenti colpiti, nonché l’istituzione di zone di controllo intorno ai focolai, dove la movimentazione è consentita solo a seguito di rigidi controlli sanitari che abbiano dato esito favorevole.

Come regola generale, inoltre, i volatili inviati al macello sono sottoposti a visita prima e dopo la macellazione, in modo da assicurare l’eliminazione dalla catena alimentare dei casi sospetti.

Tanti potrebbero chiedersi se è sicuro consumare carne e uova provenienti da aree con focolai di influenza aviaria.

Innanzitutto, va precisato che il virus dell’influenza aviaria viene inattivato dal calore. Quindi, dopo adeguata cottura, i prodotti a base di carne e le uova possono essere consumati. Del resto, il consumo di carne e uova crude o non completamente cotte dovrebbe essere sempre evitato, per potere escludere contaminazioni di qualsiasi genere.

Rosanna Novara Topino


H1N1 versus H5N1:

Le conseguenze sull’uomo

Le malattie causate da virus dell’influenza suina (H1N1) e aviaria (H5N1)  possono essere di lieve entità, con interessamento delle vie respiratorie superiori (febbre, tosse) oppure presentare una rapida progressione fino alla polmonite grave, alla sindrome da distress respiratorio acuto, allo shock e alla morte. Possono essere presenti sindromi intestinali come nausea, vomito e diarrea, soprattutto durante le infezioni da influenza A H5N1, così come congiuntivite. Le caratteristiche della malattia come il periodo d’incubazione, la gravità dei sintomi e il quadro clinico variano a seconda del virus, che ha causato l’infezione, con una netta prevalenza dei sintomi respiratori. Si è visto che i pazienti con virus dell’influenza A (H5) o A (H7N9) presentano un decorso clinico più aggressivo. Inizialmente essi presentano febbre alta (>38°C) e tosse, a cui fa seguito l’interessamento da dispnea delle basse vie respiratorie. Mal di gola o raffreddore, in questi casi sono meno comuni. In alcuni pazienti sono stati riportati anche altri sintomi come quelli intestinali, sanguinamento dal naso o dalle gengive, encefalite e dolore toracico.

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I virus influenzali A, B, C e D

Le quattro tipologie

  • I virus influenzali A – alla cui categoria appartiene quello dell’aviaria – infettano l’uomo e diversi animali. La comparsa di un nuovo virus influenzale di tipo A capace d’infettare le persone e con trasmissione da persona a persona può causare una pandemia influenzale.
  • I virus influenzali B sono suddivisi in due linee, cioè il B/Yamagata e il B/Victoria; essi sono presenti solo nell’uomo, sono meno temibili degli A e sono responsabili delle epidemie stagionali.
  • I virus influenzali C possono infettare sia le persone che i suini e solitamente danno un’infezione asintomatica o una forma lieve di malattia simile a un comune raffreddore.
  • I virus influenzali D sono di recente identificazione e sono stati isolati solo nei bovini e nei suini. Al momento non è chiaro se possano infettare anche l’essere umano.

I virus influenzali di tipo A sono particolarmente importanti per la sanità pubblica per via del loro potenziale zoonosico, cioè la trasmissione dagli animali all’uomo. Data l’elevata trasmissibilità che li caratterizza, se fossero in grado di trasmettersi da uomo a uomo, essi potrebbero scatenare una pandemia influenzale (spillover o salto di specie). Questi virus sono classificati in sottotipi in base alle diverse combinazioni di due glicoproteine di superficie del virus, cioè l’emoagglutinina (HA) e la neuroaminidasi (NA). Allo stato attuale, solo i virus influenzali che presentano in superficie le molecole H1, H2, o H3 e N1 o N2 possono passare da persona a persona. Soltanto alcune combinazioni possono passare da persona a persona. Tutte le altre possono contagiare le persone, ma non trasmettersi da una all’altra.

I virus influenzali responsabili delle grandi pandemie o epidemie del passato sono stati quello della «spagnola», quello dell’«asiatica» e di «Hong Kong». Il primo, l’H1N1, l’agente eziologico della «spagnola», nel 1918-19 causò da 20 a 50 milioni di morti in tutto il mondo, con un’elevata mortalità tra i giovani adulti sani (quasi la metà dei deceduti) e con il decesso che sopraggiungeva nei primi giorni dall’inizio della sintomatologia o per complicanze. Il secondo, l’H2N2, virus responsabile dell’«asiatica», fu inizialmente identificato in Cina nel febbraio 1957 e si diffuse in tutto il mondo tra il 1957-58. In Italia provocò 70mila decessi. Questo ceppo subì una serie di modifiche genetiche a partire dal 1960 che lo portarono a produrre le epidemie periodiche fino alla sua scomparsa dopo una decina di anni. Fu sostituito con l’H3N2, che, nel 1968, diede origine alla pandemia influenzale «Hong Kong», che lì si originò per raggiungere gli Stati Uniti nell’arco di un anno. Quest’ultimo virus è tuttora presente e provoca epidemie stagionali, ma attualmente è possibile prevenirlo con il vaccino antinfluenzale. Peraltro la mortalità sia dell’«asiatica» che della «Hong Kong» è stata inferiore rispetto a quella della «spagnola» non solo grazie alla produzione di vaccini, ma anche grazie all’avvento degli antibiotici (la penicillina fu scoperta da Fleming nel 1928).

Nel 2009 comparve un nuovo sottotipo del virus A H1N1 (quello della «spagnola»), che diede origine, a partire dal Messico e poi in diversi paesi del mondo, all’influenza «suina» che causò tra i 100mila e i 400mila morti solo nel primo anno, soprattutto tra bambini e giovani. Del resto, una caratteristica dei virus pandemici è quella di colpire soprattutto persone giovani, o comunque al di sotto dei 65 anni, risparmiando gli anziani, che sono più facilmente colpiti dai virus stagionali.

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Accortezze in cucina

Anche in cucina vanno adottati alcuni accorgimenti. Innanzitutto bisogna sapere che il congelamento lento intorno a -18/-20°C dei congelatori domestici non è in grado di debellare il virus dell’influenza aviaria eventualmente presente nei prodotti alimentari.

Per evitare contaminazioni, bisogna sempre separare la carne cruda e le uova dai cibi cotti o pronti da consumare.

Non si devono mai utilizzare lo stesso tagliere e lo stesso coltello usati per la carne cruda anche per altri alimenti, e la carne, una volta cotta, non va messa nello stesso piatto dove era stata posta prima della cottura.

È buona norma lavarsi sempre accuratamente le mani con acqua e sapone, sia prima che dopo avere maneggiato la carne cruda.

Lavare accuratamente tutte le superfici e gli utensili che sono stati a contatto con carne cruda.

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