Da Oriente a Occidente
Per ricordare il viaggio di papa Francesco in Mongolia, il polo culturale (Cam) dei Missionari della Consolata ha allestito a Torino una mostra multimediale. In una piazza della città è stata anche montata una tenda tradizionale mongola. Nei prossimi mesi la mostra sarà ospitata in diverse altre località.
Vent’anni fa, alcuni missionari e missionarie della Consolata partivano per un’avventura di cui conoscevano poco o nulla. Sul volo verso Ulaanbaatar, sentendo parlare le hostess in mongolo, si chiedevano l’un l’altra: «Chissà se un giorno riusciremo a capirci qualcosa». Oggi, dopo vent’anni, la visita del papa (dal 31 agosto al 4 settembre) è venuta a suggellare il lavoro fatto e a dare nuovo slancio ai tanti missionari e missionarie, non solo della Consolata, che si prendono cura del piccolo gregge dei cristiani mongoli. Fin dagli inizi l’impegno profuso nel raccontare la fatica e la bellezza della scoperta delle steppe sconfinate, della caotica capitale, dell’incontro con donne e uomini forti e accoglienti, della gioia provata di fronte alla freschezza di chi sceglie di diventare cristiano, hanno appassionato molti altri all’annuncio del Vangelo in terra asiatica.
Il papa in Mongolia
Il viaggio, fortemente voluto da papa Francesco, è stato un’occasione per far conoscere la Mongolia a molti che ne erano digiuni. Quando ha visto atterrare l’aereo papale sulla pista di Ulaanbaatar, il cardinale Giorgio Marengo ha gioito profondamente: un sogno si stava realizzando. Negli ambienti governativi c’erano molti interrogativi riguardo alla venuta del papa che il presidente e i suoi consiglieri avevano voluto e richiesto: «Come verrà accolta questa presenza? Gli altri leader vedranno di buon occhio la visita del responsabile ultimo della Chiesa cattolica?». Dopo il primo discorso in diretta streaming, i social media mongoli registravano approvazione: la semplicità di papa Francesco, il suo accostarsi in punta di piedi apprezzando la cultura e la forza del popolo mongolo avevano colto nel segno.
La mostra e la «gher»
Come Cam, Cultures and mission, abbiamo così pensato di realizzare una mostra sulla Mongolia che potesse fare da cassa di risonanza per il viaggio del papa e i vent’anni della nostra presenza in quel Paese. Pensavamo a come avvicinarci in qualche modo allo spirito e alla bellezza dei popoli delle steppe e abbiamo cercato una gher, la tenda caratteristica dei nomadi mongoli. Ci è venuta in aiuto Paola Giacomini che nel 2018 aveva compiuto un viaggio di pace a cavallo dall’antica capitale mongola Karakorum, fino a Cracovia e poi a Torino. Abbiamo montato la gher il 30 settembre in piazza Bernini, vicino al Cam, e in essa sono avvenuti incontri toccanti e inaspettati. Molte persone si fermavano per guardare, entrare, chiedere, confidarsi, o per scoprire un pezzo di oriente tra i palazzi di Torino. Suor Lucia Bortolomasi, superiora delle missionarie della Consolata, Paola Giacomini e Raima, una giovane mongola che abita in città, ci hanno aiutati a volare con la fantasia e a scoprire come la gher sia un luogo accogliente, sempre aperto a chi si trova di passaggio nella steppa.
La tenda è stata smontata il giorno dopo, ma la mostra, è rimasta aperta fino al 10 novembre. È poi stata esposta in altri luoghi e sarà ancora visitabile anche nei prossimi mesi.
Ascoltare i movimenti profondi di un popolo allarga il respiro e ci fa sentire cittadini del mondo, desiderosi di amicizia e di pace.
Piero Demaria