Venezuela. Una distrazione chiamata Esequibo

Le strategie del governo Maduro

Nella mappa è evidenziata (in verde) la zona contesa tra Venezuela e Guyana, ex colonia britannica.
Venezuela - Guyana
Paolo Moiola

L’oggetto del contendere si chiama Esequibo. È un territorio di 159mila chilometri quadrati ricchi di risorse naturali e forestali. Scarsamente abitato (125mila persone), ospita vari gruppi indigeni: Sarao, Arawako, Kariña, Patamuná, Arekuna, Akawaio, Wapishana, Makushi, Wai Wai e Warao. Costituisce due terzi della superficie della Guyana, paese che è stato una colonia britannica fino al 1966. Il Venezuela reclama l’Esequibo come proprio e per questo ha indetto un referendum consultivo per il prossimo 3 dicembre.

Un’immagine dell’Esequibo (oggi appartenente alla Guyana), grande territorio con risorse naturali (sopra e sotto), abitato da popoli indigeni. Il Venezuela lo reclama come proprio. Giusta rivendicazione o furba distrazione? (Immagine da cuatrof.net)

Quella dell’Esequibo è una disputa vecchia di quasi due secoli. Tuttavia, la sua recrudescenza proprio in questo periodo di grave crisi – economica, sociale, politica – per il paese venezuelano induce a ritenere che la questione sia utilizzata dal governo di Nicolás Maduro come «arma di distrazione di massa». Anche se gli ultimi eventi hanno aperto – o parevano aver aperto – piccoli ma significativi squarci di ottimismo nella complicata vicenda venezuelana.

Nicolás Maduro conduce un proprio programma – «Con Maduro+» – sulla televisione statale. (foto Prensa presidencial – Correo del Orinoco)

Infatti, lo scorso 17 ottobre, a Barbados e sotto gli auspici della Norvegia, governo di Caracas e opposizione hanno raggiunto un accordo sul percorso per garantire che le elezioni presidenziali del 2024 siano libere e democratiche. In risposta a questo passo, l’amministrazione Biden ha immediatamente allentato le sanzioni sul settore petrolifero venezuelano autorizzando il paese, membro dell’Opec, a produrre ed esportare petrolio nei mercati prescelti per i prossimi sei mesi e senza limitazioni. Una potenziale, enorme boccata d’ossigeno per le esangui casse pubbliche di Caracas.

Il 22 ottobre si sono poi tenute le primarie dell’opposizione, alle quali – secondo i dati degli organizzatori – avrebbero partecipato 2,5 milioni di venezuelani. Ne è risultata vincitrice la dama de hierro (la signora di ferro) Maria Corina Machado (56 anni, tre figli, ex deputata di destra, ingegnere) con quasi il 93 per cento dei voti.

Maria Corina Machado, vincitrice delle primarie dell’opposizione tenute lo scorso 22 ottobre. (Foto da diarioelregionaldelzulia.com)

Le cose si sono però subito complicate: prima con la conferma di una sentenza di inabilitazione per la Machado a ricoprire cariche pubbliche per 15 anni e la conseguente esclusione dalle elezioni del 2024 e poi (il 30 ottobre) con la sospensione del risultato delle primarie da parte del Supremo tribunale del Venezuela per violazioni elettorali, crimini finanziari e cospirazione. In questo quadro generale già confuso, è arrivata la deflagrazione della contesa con la Guyana per l’Esequibo.

I media venezuelani stanno dando molto rilievo alla questione Esequibo.

Come avviene per quasi tutte le questioni internazionali in questa difficile epoca storica, anche in Venezuela le situazioni paiono cristallizzate. Lo confermano anche le risposte ricevute da alcuni nostri interlocutori di Caracas, vicini al governo Maduro: «La vicenda della Guyana – ci hanno spiegato – è molto semplice: il territorio è nostro, però gli Occidentali se lo vogliono rubare (come hanno fatto in tutta la storia degli ultimi 600 anni). Le primarie dell’opposizione sono state annullate per un sacco di dati falsi. È realmente triste che questa gente sia tanto disonesta. Infine, con riferimento a Maria Corina Machado non può essere candidata alle elezioni presidenziali semplicemente perché è stata inabilitata a rivestire cariche pubbliche da una precedente sentenza».

Paolo Moiola

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Paolo Moiola
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