Nel Medio Oriente in fiamme per colpa di Hamas e dell’eccesso di difesa da parte del governo israeliano guidato dal Benjamin Netanyahu, agisce anche l’Iran degli ayatollah sciiti.
Sabato 28 ottobre è stata annunciata la morte di Armita Geravand, la ragazza di neppure 17 anni picchiata nella metro di Teheran dalla polizia morale (Gasht-e Ershad) per non indossare lo hijab, il velo islamico. Secondo l’agenzia governativa Irna (the Islamic republic news agency), la ragazza avrebbe invece avuto un mancamento (a causa di un abbassamento della pressione) mentre saliva sulla metro sbattendo a terra la testa.
Alla cerimonia funebre di domenica 29 ottobre, numerosi partecipanti – tra cui Nasrin Sotoudeh, nota avvocata dei diritti umani (già condannata a molti anni di carcere) – sarebbero stati picchiati e arrestati.
La vicenda di Armita ricorda quella di Masha Amini, la giovane curda di 22 anni uccisa in circostanze analoghe il 16 settembre 2022. Da allora le donne iraniane lottano contro il regime oscurantista, maschilista e violento di Ali Khamenei, la «guida suprema» del paese. Protestano sotto lo slogan «Donna, vita, libertà» (Zan, zendegi, azadi). O cantando in lingua farsi Bella ciao, la canzone per eccellenza della resistenza italiana.
La protesta è molto costosa in termini personali: si rischia la vita o la prigione. Le ultime a sperimentarlo sono state Nilufar Hamedi e Elaheh Mohammadi, due giornaliste iraniane che, all’epoca, fecero conoscere la tragedia di Masha Amini. Dopo essere state incarcerate, il 22 ottobre (guarda caso proprio nei giorni in cui Armita era in coma in ospedale) sono state condannate a sette e sei anni di carcere. Secondo Iran Human Rights (gruppo con sede a Oslo), nel 2023 in Iran sono state giustiziate – per impiccagione o lapidazione – almeno 589 persone (tra cui 14 donne), molte per l’accusa di moharebeh (in farsi, «fare la guerra a Dio» e, per estensione, all’ordine costituito, cioè alle autorità islamiche al potere), alcune per blasfemia, (ovvero per insulti al profeta Maometto o al Corano).
Per capire meglio le connessioni geopolitiche (e giudicare con cognizione di causa), vale la pena di ricordare tre fatti riguardanti la teocrazia sciita. Il primo: da tempo la Cina di Xi Jinping è il primo partner commerciale dell’Iran: nel 2022, il commercio tra i due paesi è cresciuto del 7%, secondo fonti cinesi. Il secondo: lo scorso 26 ottobre, il viceministro degli esteri iraniano Ali Bagheri Kani è volato a Mosca per un incontro con omologhi russi e una delegazione di Hamas. Infine, non va dimenticato che Teheran dovrebbe essere un nuovo membro dei Brics, l’associazione economica di alcuni paesi del Sud alternativa a quella dell’Occidente, un’alternativa guidata dalle dittature di Cina e Russia. Tutti fatti che evidenziano un similia similibus, un’attrazione tra simili.
Paolo Moiola