Sommario MC agosto-settembre 2033

Tutti gli articoli e rubriche sono online dal mattino del 14 agosto. Buona lettura.


Editoriale

Perché partire? Perché restare?

All’alba del 3 ottobre del 2013 un’imbarcazione carica di migranti somali ed eritrei, già in vista dell’isola di Lampedusa, prende fuoco. Sul ponte ci sono centinaia di persone. Alcune si buttano in acqua, altre resistono. Saranno 155 i sopravvissuti, e 368 i morti. Si parla subito della «più grande tragedia dell’immigrazione», ma sarà presto superata da altre.

Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, un altro barcone proveniente dalla Turchia, si incaglia non lontano da Steccato di Cutro (Calabria). L’impatto è violento e il mare forza 5 completa l’opera distruggendo il battello. Su di esso viaggiano 180 migranti di diversi paesi (Afghanistan, Pakistan, Siria, Tunisia, Palestina). Ottanta saranno i sopravvissuti. Tra le vittime, sono in aumento le donne e i minori.

È il 13 giugno 2023. Al largo di Pylos, Grecia, un peschereccio stipato di persone si ribalta. Sono circa 700. Ne vengono salvate 104. Nella parte interna dello scafo ci sono donne e bambini. In generale, chi paga di meno occupa i posti peggiori.

Dossier

L’isola bivalente. Islanda, miti e realtà

Viaggio nell’isola del nord Europa. Ma non è il paradiso

Piccola, sperduta, spopolata. I boschi sono scomparsi da secoli. I ghiacciai stanno sparendo rapidamente a causa dei cambiamenti climatici. L’energia a disposizione è tanta, ma i turisti sono forse troppi. E anche i casi di
depressione tra i suoi abitanti. L’Islanda è bella, ma non idilliaca come retorica racconta.

L’aria «si distingue per via di rarefazione e di condensazione nelle varie sostanze. E rarefacendosi diventa fuoco, condensandosi invece diviene vento, poi nuvola, e ancora più condensata, acqua, poi terra, e quindi pietra».

L’Islanda sarebbe stata la terra che il filosofo di Mileto, Anassimene (586-528 a.C.), da cui sono tratti questi versi, avrebbe probabilmente amato. I quattro elementi costituenti la materia da lui per primo teorizzati e che poi Empedocle (V secolo a.C.) avrebbe fissato in una concezione scientifica che avrebbe resistito fino al Medioevo, si scatenano da millenni nelle viscere di quest’isola per poi liberarsi sulla sua superficie plasmandone il territorio.

Articoli

Un rio rosso sangue. Il litio della Serbia

La multinazionale mineraria Rio Tinto ha una lunga storia di conflitti ambientali e sociali. Uno degli ultimi riguarda la valle del Jadar in Serbia, dove, insieme al governo, ma senza consultare le popolazioni locali, vuole estrarre litio per la «transizione energetica».

Qual è il filo che unisce un villaggio spagnolo dell’Andalusia latifondista di fine Ottocento, una caverna nello Juukan Gorge dell’Australia occidentale e il fiume Jadar in Serbia?

La multinazionale mineraria anglo australiana Rio Tinto. Una delle più grandi al mondo, con 150 anni di storia, tutti tristemente macchiati da conflitti e ripetute violazioni di diritti umani e ambientali.

I guatemaltechi al voto, ma senza convinzione
Democrazia in affanno

Il paese è andato al voto senza troppe speranze di cambiamento. Le possibili candidature innovative sono state bloccate da cavilli. La stampa è sempre più imbavagliata e il sistema di lotta alla corruzione è stato smantellato. I guatemaltechi sono in fuga da miseria e violenza verso gli Stati Uniti. Eppure, dal primo turno elettorale, è arrivata una sorpresa.

Reportage dal «nuovo» Vietnam
Nemici ieri, partner oggi

Le tensioni tra Washington e Pechino spingono i paesi asiatici a schierarsi. In Vietnam i segni della guerra con gli Usa, conclusa nel 1975, sono talvolta ancora visibili, ma i rapporti con la Cina non sono mai stati distesi. E anche il principale fornitore di armi, la Russia, sta dando forfait. Così Hanoi guarda sempre più oltre il Pacifico.

Il racconto della rielezione di Erdoğan
Nelle mani del sultano

Foto Angelo Calianno.

Lo scorso maggio si sono chiuse le elezioni presidenziali. Da vent’anni al potere, Recep Tayyip Erdoğan ha vinto ancora. Le speranze di molti, soprattutto giovani e intellettuali, di vedere il tramonto del sultano si sono infrante. Tra crisi economica, politica estera ondivaga, islamizzazione e restrizioni delle libertà individuali, il futuro del paese rimane molto incerto.

Storie ed esperienze di Epidermolisi bollosa
In volo con Camilla

Un po’ per caso, un’insegnante scrittrice s’imbatte in una storia su una malattia rara. Con grande sensibilità ne scrive un romanzo. Un’associazione di genitori di piccoli malati lo legge e lo fa suo. Invita l’autrice a un incontro nazionale, cambiando per sempre la sua vita.

A fine dicembre 2022 ho pubblicato un libro dal titolo «La farfalla nella bolla di sapone». L’idea di questo romanzo breve è nata quasi per caso meno di un anno fa, pensando a tanti bambini e bambine che soffrono di qualche malattia, e alle loro famiglie che ogni giorno con costanza e amore combattono affinché possano vivere una vita normale e soprattutto possano guarire.

Quella che ho raccontato è la storia di Matilde, una bimba dalla pelle fragile come le ali di una farfalla. Matilde rappresenta simbolicamente tutti i bimbi colpiti dall’epidermolisi bollosa (Eb), che vengono appunto chiamati «Bambini farfalla».

Missione Reu
Operatori di perdono

Nata in Colombia venti anni fa, in un contesto di guerra civile, la scuola di perdono e riconciliazione «Espere» oggi è diffusa in 20 paesi nel mondo. Anche in Portogallo, grazie a padre Albino Brás che l’ha sperimentata nei suoi anni di favela a Rio de Janeiro.

In un tempo di conflitti a ogni livello, il perdono e la riconciliazione sono una strada di evangelizzazione.

I conflitti e la violenza sono all’ordine del giorno nella favela della parrocchia Nossa Senhora da Consolata a Rio de Janeiro. Per questo nel 2003, dopo sei anni di presenza sul territorio, padre Albino Brás decide di partecipare a un corso di «Espere» (Escuelas de perdón y reconciliación), la scuola di perdono e riconciliazione fondata in Colombia e poi diffusa in diversi paesi nel mondo dal confratello padre Leonel Narváez Gómez.

La voce delle donne dei «bateyes» dominicani
Ribaltare la prospettiva

Esiste un luogo, nei Caraibi, dove il tempo sembra essersi fermato. Nelle piantagioni di canna da zucchero lavorano gli haitiani, quasi in schiavitù. In questa società le donne hanno un ruolo centrale. Ma spesso non è tenuto in conto, perché non lavorano nel campo. Un giovane antropologo ci porta a incontrarle.

«Non so cosa sia l’amore – afferma Nora -. Non mi sono mai innamorata in vita mia. Ogni volta che poteva capitare mi fermavo a pensare e mi dicevo: non posso innamorarmi, perché chi mi aiuterà? Chi si farà carico di me? Nella mia vita ho sempre avuto paura di fallire e ho sempre pensato ai miei figli».

«Il futuro? – si domanda Anabel – Non saprei… Penso solo a come vivere oggi, a come crescere i miei figli, perché è già molto duro il presente e non ho tempo per pensare al futuro. E poi quello che vogliamo noi non conta: puoi desiderare una bella vita, una casa grande con un giardino e tante belle cose, ma sono solo sogni e i sogni ci rovinano la vita, te la rendono amara, perché non si avverano mai». Nora e Anabel sono due delle donne che hanno «scritto» insieme a Raúl Zecca Castel, il libro «Mujeres. Frammenti di vita dal cuore dei Caraibi».

Da schiavo a primo missionario della Consolata africano: Marzuk, il beniamino

Il 13 maggio 1903, arrivando al porto di Mombasa, Kenya, la terza spedizione dei Missionari della Consolata e la prima delle Vincenzine del Cottolengo ricevono un dono speciale: Selmi, Angior e Marzuk, tre piccoli schiavi
appena liberati. Qui la storia del più piccolo.

La foto del bimbo in mezzo ai cavoli (a destra), non si sa bene se scattata per evidenziare quanto sia piccolo lui o quanto siano grandi i cavoli, pur apparsa più volte su questa rivista, mantiene sempre la sua innegabile simpatia. E come ogni foto di oltre cento anni fa, porta in sé una storia.

Il bambino dei cavoli, presto battezzato Giacomino in onore del canonico Giacomo Camisassa, aiutante e amico del beato Giuseppe Allamano, si chiama Marzuk (che significa il beniamino) e ha più o meno quattro anni quando schiavisti somali provenienti dal Benadir (zona della Somalia vicino a Mogadiscio, allora colonia italiana) lo rapiscono dal suo villaggio nel sud dell’Etiopia per venderlo nella penisola arabica. Con lui sul dhow (la grande barca a vela tipica di quei mari) ci sono altri due bambini un po’ più grandicelli, Selmi e Angior, e diverse ragazze.

Rubriche

Camminatori di Speranza

Samuele, modello del «chiamato»

In qualsiasi percorso vocazionale e in tutte le proposte pastorali e catechetiche per ragazzi e giovani prima o poi si deve per forza incontrare la storia del ragazzo Samuele, esempio di disponibilità ad ascoltare la chiamata di Dio anche senza comprenderla appieno.

L’episodio della chiamata divina nel cuore della notte, rivolta a un ragazzo che non la capisce, e tuttavia dice sì sulla fiducia, è senz’altro impressionante, ed è giustamente apprezzato e utilizzato. Tuttavia è l’intera vita di Samuele che si muove sulla linea della fiducia, dell’ascolto, della disponibilità serena a rimettersi in discussione per continuare a essere un tramite autentico e trasparente dell’intenzione divina.

Noi e voi: dialogo lettori e missionari

  • Tanti pregano per voi
  • Perplessità
  • Voglia di volontariato
  • Contributi
  • Impantanato nel guado
    Carissimi, vorrei condividere con voi una piccola parte delle memorie di missionari che ho incontrato ad Alpignano, nella loro casa di riposo.

E la chiamano economia

Non tutti i debitori sono eguali

Foto F1Digitals – Pixabay.

Tutti i paesi sono indebitati. Al Nord come al Sud del mondo. Eppure, le conseguenze del debito sono molto diverse. Per pagare i creditori i paesi poveri non forniscono ai propri cittadini neppure i servizi minimi di salute e istruzione.  Oppure, semplicemente, falliscono. Come sta accadendo.

Tutti i governi del mondo sono indebitati, quelli ricchi più di quelli poveri, ma i primi se ne preoccupano di meno perché sono capaci di farcela meglio. Secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), a fine 2021, il debito pubblico complessivo ammontava a 90mila miliardi di dollari. Una somma enorme, che non dovrebbe far dormire la notte se pensiamo che tocca a noi cittadini restituirla. Eppure, impallidisce se la mettiamo a confronto con l’intero debito che grava sul mondo. Questo perché, oltre agli stati, anche le famiglie e le imprese hanno i loro debiti che, messi assieme a quelli pubblici, a fine 2021 ammontavano a 235mila miliardi di dollari. Di questi quelli riconducibili ai governi rappresentano solo il 38%.

Coopera

Mozambico e Angola: due paesi, uno stile

Raccogliamo in questo articolo le chiacchierate con padre Sisto Elias, superiore della regione Mozambico, e padre Fredy Gomez, responsabile del gruppo di missionari in Angola, che restituiscono un’immagine di un modo di fare missione basato soprattutto sulla collaborazione con le comunità locali.

Allamano

«I laici poi non mancheranno…»

Siamo nel 1891, dieci anni precisi prima della fondazione dell’Istituto missioni Consolata, Giuseppe Allamano, sebbene impegnato in Torino come rettore del Santuario della Consolata e nel Convitto ecclesiastico, pensa, prega e si consulta per capire se la fondazione di un istituto esclusivamente missionario in Piemonte sia nella volontà di Dio e nei disegni della Chiesa. Scrive a questo riguardo al padre Carlo Mancini, religioso lazzarista residente a Roma, perché esplori presso la congregazione di Propaganda fide la possibilità e l’opportunità di questa nuova avventura missionaria. Nella lettera così si esprime: «Anche oggi ho un certo numero di sacerdoti (i laici poi non mancheranno) che mi stanno ora giornalmente attorno sollecitandomi di metter mano a quest’opera».

Librarsi

La via di Capitini

È il filosofo che ha portato la teoria e la prassi della nonviolenza gandhiana in Italia. È stato, tra le altre cose, fondatore del Movimento nonviolento e ideatore della marcia Perugia-Assisi. Una serie di volumi ne
ripropongono il pensiero.

Aldo Capitini (Perugia 1899 – 1968) è il grande maestro della nonviolenza del Novecento italiano. È suo il contributo determinante per l’introduzione nel nostro paese del pensiero e della prassi nonviolenta secondo la lezione gandhiana.

La sua figura, rimasta marginale per decenni nella cultura italiana, nell’ultimo trentennio ha conosciuto un rinnovato interesse da parte di un certo numero di studiosi.

Tra questi, Mario Martini occupa un posto di indiscussa centralità. Egli, infatti, allo studio del pensiero di Capitini ha affiancato una vasta attività divulgativa tesa, da un lato, a farlo conoscere tramite incontri pubblici e, dall’altro, a promuovere nuove edizioni dei suoi scritti.