Noi e Voi, dialogo lettori e missionari

Gigi Anataloni (a cura)

«Grande cuore» è andata in Cielo

«Ltau sapuk» (cuore grande), questo il nome dato dai Samburu a Mirella Menin (1941 – 2023), la laica missionaria di Collegno (Torino) che in tanti abbiamo conosciuto nei suoi viaggi in Kenya per oltre quarant’anni e per il suo infaticabile lavoro e dedizione per aiutare i più poveri e i bambini in particolare. Il Signore l’ha chiamata a sé il 29 maggio 2023 in modo inaspettato.

La sua vita è stata un vulcano di iniziative, attività, incontri, viaggi. Tutto fatto con passione, dedizione missionaria e spirito profetico. Oltre all’esperienza del Kenya aveva vissuto anche quella in El Salvador negli anni in cui era vescovo san Oscar Romero che lei accompagnava nei villaggi dei campesinos e che ha visto morire, ucciso, mentre celebrava l’Eucarestia.

Mirella tante volte era scomoda perché diceva la verità senza mezze misure e con coraggio. Aveva «fame e sete di giustizia» come è scritto sul ricordino del suo funerale.

Durante il rosario che si è pregato nella sua parrocchia di Collegno (To), la sera prima del funerale, il parroco, don Teresio Scuccimarra, ha voluto fermarsi su quattro misteri e momenti evangelici vedendone la realizzazione nella vita di Mirella: il suo amore ai bambini, la cura e assistenza delle persone con handicap psichici, il suo desiderio di giustizia ricordando la sua esperienza in El Salvador e la dedizione alla sua comunità.

Mirella, nel suo «darsi da fare» per la missione, ha raccolto e donato molto. Come dice l’Allamano, è stata un canale che ha fatto sempre scorrere ciò che riceveva senza trattenere nulla per sé, vivendo la sua vita nella semplicità ed essenzialità. Ha compiuto le «opere più grandi» (Gv 14,12) che Gesù ha promesso ai suoi discepoli perché era una donna di fede, una fede non bigotta, ma tenace e concreta. La fede che sa vedere Gesù in ogni persona, che ha compreso e vissuto il «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

Per tutto questo, e per quello che lei è stata, le siamo grati.

Completiamo queste note con due testimonianze significative che sono state lette al suo funerale: quella di Agata Lekimencho, già catechista a Maralal, e quella di mons. Virgilio Pante, vescovo emerito di Maralal.

padre Michelangelo Piovano,
Torino 03/05/2023

Omaggio alla nostra amata mamma Mirella

È con profondo dolore e tristezza che abbiamo appreso la notizia della scomparsa della nostra grande amica e madre.

Per noi Mirella è stata una madre amorevole che ha condiviso con noi tutta la sua vita qui nel Samburu: soldi, tempo, vestiti, e persino il sapone e prodotti di igiene personale.

Molti hanno potuto studiare grazie al sostegno economico che proveniva dal suo grande cuore. Si occupava delle spese ospedaliere ed era sempre preoccupata per il benessere delle persone bisognose.

Ha sostenuto le spese per l’educazione di oltre 250 bambini che, grazie a quello, hanno poi aiutato a migliorare il tenore di vita delle loro famiglie. Alcuni ora sono insegnanti, dottori, meccanici, falegnami, ecc. Ha anche aiutato i loro genitori che hanno potuto iniziare attività che hanno permesso loro di avere una vita dignitosa.

Mirella ha davvero toccato vite e le sue azioni si vedranno per sempre nelle nostre comunità. È stata mandata dal cielo e nessuna parola può descrivere appieno il suo amore per l’umanità.

Nonostante le condizioni ambientali qui da noi siano molto dure, il suo grande cuore compassionevole la faceva camminare instancabilmente per visitare i malati, gli anziani e le persone meno fortunate e i bambini nei villaggi e nelle scuole.

Le piaceva passare il tempo con i bambini, giocare e scattare foto insieme con loro. Mirella era una specie di figura che senti di volere sempre vicino.

Abbiamo davvero visto come Dio usa le persone per aiutare gli altri, Mirella era davvero una sua serva.

Ltau sapuk, riposa in pace. Ci mancherai senza dubbio. Mentre riposi, prega per noi di emulare il tuo cuore in modo che possiamo anche noi aiutare gli altri nel modo in cui tu hai amato.

 da Agata Lekimencho
tutore dei bambini Maralal, Samburu, Kenya

Ciao, Mirellona

Mirella, che io chiamavo Mirellona, è entrata nella mia vita una quarantina di anni fa, durante i suoi viaggi in Kenya. Un dono di Dio per me e per tanti altri, specialmente i più poveri della società. Aveva un cuore grande, sempre al servizio degli ultimi.

Per me prete missionario e poi vescovo, era una sfida e una voce profetica, molto scomoda. Sia in America Latina che in Africa ha mandato «milioni» per sfamare e per far studiare i più svantaggiati del mondo.

Sapeva anche essere affettuosa, sotto una scorza dura, e si commuoveva per i piccoli, i disabili mentali (ne sanno qualcosa quelli della casa di Collegno che ha servito con amore per tanti anni).

Mirella non sapeva misurare le parole contro le ingiustizie e le falsità nella società e, talvolta, nella chiesa stessa.

Ciao Mirellona. Grazie di avermi incontrato nella vita. Ci ritroveremo in Paradiso circondati dal sorriso dei piccoli.

+ Virgilio Pante
01/05/2023, Maralal, Kenya

Creazione da reinterpretare?

Leggo sempre con molto interesse la rubrica «Camminatori di speranza» del biblista Angelo Fracchia. Mi sembra di capire che egli tenti di spiegare la maggior parte dei cosiddetti miracoli in chiave naturalistica, essendo il primo aspetto frutto della mentalità del tempo di redazione. Alla luce dell’accettazione sempre più profonda delle coppie omogenitoriali da parte di varie correnti cristiane, della Chiesa Valdese e della stessa Chiesa cattolica, dobbiamo forse aspettarci una rilettura dell’atto di creazione della donna come atto di creazione di una persona a cui ciascuno attribuisce il sesso che desidera?
Grato dell’attenzione porgo cordiali saluti.

Saverio Compostella
01/04/2023

Abbiamo girato la domanda ad Angelo Fracchia. Ecco la sua risposta.

Ringrazio intanto della generosa attenzione. Provo a rispondere in tre punti.

1) La lettura «naturalistica» dei miracoli è in effetti quella preferita oggi, per ragioni anche culturali, in quanto fatichiamo ad ammettere la presenza di eventi inspiegabili, laddove l’antichità era molto più pronta ad accoglierli. L’interpretazione preferita dall’approccio storico critico è tuttavia quella che cerca di cogliere che cosa un testo antico volesse effettivamente significare, al di là delle interpretazioni e premesse culturali di chi scriveva.

2) Leggere in questo modo il racconto della creazione della donna in Gen 2 porta a cogliere che il cuore di quell’episodio è individuare come fondamentale per gli esseri umani non solo un rapporto verso l’alto (con Dio) e il basso (con gli animali, la creazione), ma anche alla pari, in una relazione che è segnata dall’affinità («osso delle mie ossa, carne della mia carne») e insieme dalla chiara differenza (a essere chiamati a diventare «una carne sola» sono «i due»).

3) Restando dentro la logica del testo, a porre come differenti e complementari i due è l’opera divina, ossia qualcosa che gli esseri umani non decidono. Ci sono molti aspetti della nostra esistenza che semplicemente ci troviamo a gestire (dove e da chi nasciamo, il nostro aspetto, persino il nostro carattere…) senza averli scelti.

Consapevolezza culturale e ascolto di situazioni umane complesse portano anche le chiese, sempre più, a rendersi conto che la stessa condizione omosessuale, o come ci si percepisce, sono un «dato» non scelto da chi la vive. Per questo si sta uscendo dalla condanna di persone che sono autenticamente in questa realtà, perché se non c’è scelta non c’è colpa. Non è però che queste persone abbiano «deciso» di essere come sono. Piuttosto, si tratta di riconoscere chi siamo e decidere come gestire questa nostra esistenza che non abbiamo stabilito noi.

Poi, dal rispetto e accoglienza piena di una persona omosessuale e della sua dimensione di compimento di sé non consegue per forza accettare l’omogenitorialità. È altra cosa che merita di essere rimeditata con calma, ricordandoci che nel generare, il centro non sono i genitori, ma i figli.

Angelo Fracchia
13/05/2023

È chiaro che la questione dell’omogenitorialità è tutt’altro che semplice, con differenze profonde a seconda che si tratti di una coppia gay o lesbica. La posizione della Chiesa, ribadita sia nel Catechismo che nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa cattolica, è che le unioni di fatto (tra persone omosessuali) non sono equiparabili al matrimonio tra uomo e donna.

Ovvio che non è questo il luogo per approfondire il tema. A noi sta certamente a cuore il rispetto e l’amore per ogni persona, contro ogni discriminazione di sesso, etnia, cultura, posizione sociale o colore della pelle.

Assalto all’occidente?

Buon giorno,
qualche parolina su cosa dobbiamo imparare dagli indigeni oceanici. Il timore reverenziale verso la natura era terrore degli spiriti che popolavano le foreste i fiumi le montagne. Ma ciò non impediva loro di praticare l’infanticidio quando la foresta aveva esaurito i frutti, di torturare i nemici o stranieri, straziandoli in modo indicibile (i sopravvissuti rimanevano terrorizzati per giorni e giorni), e non diciamo degli stupri, incesti, cannibalismo, promiscuità, ecc. comuni a tutti i primitivi, compresi i popoli amazzonici, campioni di orrori anche peggiori.

Se l’uomo bianco non avesse lavorato modificando la natura infida del caos primordiale, non ci sarebbe nulla sulla terra, né case confortevoli, né elettrodomestici, e cibo ogni giorno dell’anno, scuole, ospedali, strade, neanche i giornali da cui parlate, ecc.

Tutto ciò che chi non è occidentale invidia vorrebbe possedere senza aver mai lavorato, e tenta di depredare insozzando i luoghi in cui vengono accolti per amore fraterno, ma i fratelli uccidono e restano impuniti, vedi Caino.

La povertà materiale si combatte col lavoro, attività sconosciuta per gran parte di africani, indios, asiatici i quali sono ai primi posti per omicidio, stupro, spaccio di droga violenza contro le donne e i bambini, abbandono dei deboli e malati, terrorismo, conflitti tribali, ecc., bei regali del terzo mondo che non si sviluppa soprattutto in etica.

La natura non ha moralità (papa Wojtyla) e chi vive in armonia con essa diventa una bestia. A questa bestia si stanno avvicinando gli europei. Da quando amano la natura infatti sono diventati animalisti, sodomiti legalizzati (pratica diffusa tra i selvaggi), abortisti gratuiti e altre aberrazioni tipiche di questi individui non certo buoni, miti e innocenti.

I volontari continuano ad essere uccisi. Nonostante il Vangelo la luce è ancora lontanissima. Se scompare la cultura occidentale (ancora in maggioranza buona) sarà la fine per tutti, ma siamo a buon punto verso l’abisso grazie alla vile sovrappolazione di Africa, Asia, America Latina, ricchi di risorse ma non di gente che lavora cioè i maschi le donne sono oberate di tutto e nessuno le protegge. Saluti.

Gli occidentali
email di L.V., 29/04/2023

Forse lo spunto di questa email è stato il nostro articolo sul Pacifico come Territorio di caccia (MC 4/2023, p. 10). Sarebbe stato un testo da ignorare, ma non è stato possibile visto che assurdità simili sono oggi anche sulla bocca di politici con responsabilità di governo.

Molte delle accuse fatte ai popoli indigeni sono quelle che, nei secoli, hanno giustificato il colonialismo e anche la cosiddetta «civilizzazione cristiana». In realtà oggi possiamo tranquillamente dire che sono pure fandonie per giustificare una pseudo superiorità culturale e morale che, di fatto, noi occidentali non abbiamo.

Primo. Cocktail di etnie.
Noi occidentali (e noi italiani, in particolare) esistiamo perché siamo il risultato di un’incredibile mescolanza di etnie diverse: dagli indoeuropei agli schiavi nordafricani, asiatici e nordici che i Romani importavano a migliaia; dai popoli dell’Est (Unni, Longobardi, Mongoli, Slavi e affini), che hanno invaso o trovato casa nelle nostre pianure, ai «mori» che hanno scorazzato per anni nelle nostre valli e razziato le nostre coste.

Secondo.  Violenze.
Quanto a violenze ed efferatezze non siamo secondi a nessuno. Basta ricordare l’Olocausto, la bomba atomica, la schiavitù praticata per secoli e che, pur ufficialmente abolita, continua di fatto in tantissime fabbriche delocalizzate e con la tratta di persone per lavoro nero, prostituzione e pornografia, il colonialismo che ha espropriato tanti popoli delle loro terre e delle loro risorse, il cambiamento climatico in corso causato dal nostro stile di vita, il traffico di armi, le guerre dirette e per procura, fino all’attuale follia in Ucraina.

Terzo. Lavoro.
Siamo davvero sicuri che il nostro modo di lavorare sia il migliore e il più umano? Lavoriamo davvero per vivere meglio e creare un mondo più bello o per avere sempre di più anche sulla pelle degli altri e a spese dell’ambiente?

Quanto a tutto il resto: davvero possiamo vantare superiorità su altri popoli e culture? E circa la fola della sovrappopolazione come minaccia per la nostra etnia, siamo seri per favore. Siamo noi che stiamo scegliendo di morire, rifiutandoci di fare figli.

Senza dire del presunto piano di islamizzazione dell’Europa tramite l’invasione degli immigrati. Fosse vero, basterebbe che i cristiani nominali dell’Occidente tornassero a praticare una fede sincera.

 

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Gigi Anataloni (a cura)

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