Bielorussia. A scuola di guerra

I minori militarizzati

Bielorussia
Mao Valpiana

Il presidente Lukashenko militarizza il paese sotto la pressione di Putin. E anche i bambini vengono addestrati alla guerra. L’esercito promuove giornate e settimane residenziali per insegnare a obbedire, marciare, sparare. Con l’esca di offrire ai minori in condizioni di povertà cibo, luoghi caldi, una prospettiva di futuro.

Il 24 febbraio 2022 la Russia ha attaccato l’Ucraina anche dal territorio bielorusso.
Minsk non è entrata formalmente in guerra, ma il suo presidente Alexander Lukashenko, al comando del Paese dal 1994, ha sostenuto pubblicamente l’aggressione del suo alleato.

Finora le truppe bielorusse non hanno attraversato il confine ucraino, ma nelle città c’è una chiara consapevolezza che prima o poi Putin vorrà un contingente che combatta al suo fianco.

La Bielorussia è un paese chiuso, con molte nostalgie sovietiche impersonate da Lukashenko.

Al suo interno cresce una minoranza, soprattutto giovanile, con una forte pulsione europeista, ma la repressione del regime, attuata con spietatezza, tiene sotto controllo la popolazione che è sempre più impoverita e sempre meno libera.

Molti dissidenti sono fuggiti e operano in esilio. Il cambiamento per il quale lottano, però, appare ancora lontano.

Screenshot del Campo Doblest

Campi militari per ragazzi

A causa degli eventi legati alla guerra, dall’inizio del 2022 le autorità bielorusse hanno messo tra le loro priorità quella dell’aumento del numero di soldati.

La generale militarizzazione della società ha coinvolto anche i bambini, minori di 16 anni.

Il loro addestramento militare rientra in una strategia a medio e lungo termine che prevede anche l’eventuale coinvolgimento futuro nella guerra in Ucraina.

I contesti nei quali viene messa in atto la formazione militare, con veri e propri addestramenti alla vita di caserma, sono campi estivi, stage di vita all’aperto, corsi sportivi durante l’anno, attività extrascolastiche, come avveniva in Italia durante il ventennio, con l’educazione dei «balilla», organizzazione giovanile paramilitare del fascismo.

Il regime bielorusso sta effettuando un’intensa preparazione di massa dei bambini alla guerra, iniziando fin dall’età di 6-7 anni.

I «campi militari patriottici», ricadono sotto il controllo delle agenzie militari del paese, in primo luogo del ministero della Difesa, ma vedono anche la partecipazione di istruttori ceceni provenienti dalla Russia.

Lo scopo, poi, non è soltanto quello di addestrare tecnicamente i ragazzi alla vita militare, ma anche di formarli secondo l’ideologia del «mondo russo».

Bambini poveri e marginali

Nella sola estate del 2022 si sono tenuti almeno 480 campi ai quali hanno partecipato 18mila minori, pari al 2% della popolazione sotto i 18 anni.

In particolare sono stati coinvolti bambini provenienti da famiglie che vivono in condizioni di marginalità e di degrado sociale, bambini orfani o in precarie situazioni psicofisiche: sono quelli che non hanno una protezione adeguata da parte delle famiglie, le quali non si opporranno al coinvolgimento in future azioni militari.

Una prassi simile l’abbiamo già vista in atto in Russia, dove la base dell’esercito attualmente impegnato sul campo in Ucraina è composta da giovani provenienti da aree depresse, da famiglie marginali, oppure orfani, senza istruzione e senza accesso agli ascensori sociali.

campo forpost sb news

La denuncia di Our house

L’organizzazione pacifista e nonviolenta Our house, fondata in Bielorussia nel 2002 e ora in esilio in Lituania, ha pubblicato di recente un rapporto per denunciare questo processo di militarizzazione dei minori bielorussi.

Le pagine del report, tradotte in italiano e diffuse nel nostro paese dal Movimento Nonviolento (partner di Our house nell’ambito della «Campagna di Obiezione alla guerra per il sostegno agli obiettori di coscienza russi, bielorussi e ucraini»), mettono in evidenza la portata del fenomeno raccogliendo dati e informazioni ufficiali diffusi dai media bielorussi, sia governativi che non.

Il campo Doblest

Nel rapporto di Our house è descritto il tono celebrativo con il quale vengono raccontati i campi patriottici militari.

Si legge, ad esempio, sul campo Doblest (Valore), raccontato dall’agenzia di stampa ufficiale del regime «BelTA», che esso è organizzato negli spazi dell’unità militare 3.214 a Minsk, è attivo durante le vacanze scolastiche ogni giorno dal lunedì alla domenica e fornisce ai bambini che vi partecipano vitto e alloggio per l’intera settimana.

Al campo, proposto in sei sessioni, partecipano gli scolari di tutti i distretti della capitale.

I bambini fanno esercitazioni nelle quali imparano a usare e smontare armi, a capire i propri punti di forza e a muoversi, ad esempio, in un bosco.

Ogni giorno vengono addestrati al combattimento, si esercitano a fornire cure mediche militari, imparano a sparare con armi airsoft, pistole ad aria compressa e armi da fuoco vere.

Partecipano a lezioni su come comportarsi in diverse situazioni di emergenza. Inoltre, familiarizzano con i sistemi d’arma e si cimentano nel combattimento corpo a corpo.

In pochi giorni, i bambini imparano ad allinearsi, a costruire rudimentali nascondigli e a prestare il primo soccorso in caso di ferite. Si esercitano a montare una tenda e ad accendere un fuoco senza accendino o fiammiferi. Imparano l’uso delle mappe attraverso attività ludiche come cercare oggetti nascosti in un certo spazio.

Sono gli stessi addestratori a riportare alcune opinioni dei bambini dopo la prima settimana di formazione paramilitare. Tommy, di 7 anni, afferma: «Sappiamo già come montare una tenda, sparare con un fucile ad aria compressa e un’arma airsoft. Ora sappiamo come preparare correttamente un letto militare, abbiamo imparato come un soldato deve tenere in ordine le cose. Qui impariamo la lotta libera e la medicina. Mi ha particolarmente colpito il fatto di aver sparato con una vera pistola».

Il campo Forpost

Un altro campo descritto nel report di Our house che fa riferimento a un articolo apparso sul sito «Sb news», legato direttamente all’ufficio della presidenza della Repubblica, è il campo Forpost (Avamposto) nel quartiere Zavodskyi di Minsk.

Nel sommario, l’articolo di Sb news scrive: «Il gioco “Zarnitsa”, l’apprendimento delle armi e l’orientamento notturno: un ricco programma attende gli scolari al campo Forpost. Per nove giorni, gli studenti dei distretti Zavodskyi e Leninskyi di Minsk seguiranno un corso accelerato di giovani combattenti. I nostri corrispondenti hanno assistito all’inizio della loro insolita vacanza», e prosegue descrivendo il «gioco di simulazione» proposto ai ragazzi il primo giorno: «Confezioni esplosive e granate fumogene in azione. Il nemico sta minando la strada lungo la quale si muove la colonna. L’auto deve spostarsi sul ciglio della strada. I combattenti del dipartimento di ingegneria e guerra sul veicolo corazzato leggero Drakon respingono l’attacco. Viene catturato un sabotatore, ma poi viene scoperto un oggetto esplosivo.

I militari distruggono il dispositivo con una carica superficiale.

Già nel primo giorno del turno militare patriottico, i ragazzi “hanno sentito odore di polvere da sparo” – prosegue Sb news -. Gli studenti erano felicissimi».

English: President of Russia Vladimir Putin meeting with President of Belarus Alexander Lukashenko at the Constantine Palace in Saint Petersburg, Russia. Date 25 June 2022. Source Meeting with President of Belarus Alexander Lukashenko. Author Presidential Executive Office of Russia

L’appello all’Ue

Alla pubblicazione del rapporto sulla militarizzazione di massa dei minori in Bielorussia, Our house ha affiancato un appello all’Unione europea e alle organizzazioni internazionali per i diritti umani affinché avviino immediatamente una seria campagna contro questa pratica perché, scrive, «se l’Unione europea non compie una serie di passi decisivi, nel giro di 3-5 anni in Bielorussia crescerà un esercito deviato con giovani […] combattenti professionisti che sanno usare le armi da fuoco, fanatici […] [dell’]ideologia del “mondo russo”, giovani senza legami sociali e senza famiglia, ma ossessionati dal desiderio di vendetta […]. La costruzione di muri al confine o altre misure restrittive, come il divieto di rilascio dei visti, non [li] fermeranno […]. Dobbiamo agire immediatamente».

A Vilnius per sostenere i bielorussi

L’organizzazione pacifista che inizialmente lavorava in clandestinità a Minsk, ma poi ha dovuto espatriare per sfuggire alla repressione e ora opera in esilio a Vilnius in Lituania, è guidata da una coraggiosa femminista nonviolenta, Olga Karach (intervista a pag. 58).

Olga è un’attivista, giornalista e politica bielorussa. È stata lei a fondare Our house nel dicembre 2002: inizialmente era un giornale autoprodotto, stampato in uno dei condomini di via Tereshkova a Vitebsk. Nel 2004 si è trasformato in una campagna per i diritti civili nella città.

Mai riconosciuta in Bielorussia, è stata registrata come organizzazione della società civile nel 2014 in Lituania, con il nome di Centro internazionale per le iniziative civili Our house.

Dopo le elezioni presidenziali del 2020 in Bielorussia e le successive proteste, e, ancora di più, dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, un numero enorme di persone in Bielorussia e Lituania ha avuto bisogno di assistenza umanitaria. Our house si è quindi fatta carico di fornirla. Inoltre, continua a monitorare le violazioni dei diritti umani in collaborazione con altre organizzazioni.

Tra queste violazioni, assume un peso sempre maggiore quella del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, aggravata da programmi di militarizzazione di ragazzi e giovani.

Obiettori incarcerati

In Bielorussia gli obiettori di coscienza e i disertori sono perseguitati e incarcerati. Questo ha fatto sì che più di 20mila giovani non abbiano avuto altra scelta se non quella di lasciare il loro Paese e cercare rifugio all’estero.

Un tale movimento di massa di obiettori invia un forte messaggio anche alla Russia: la Bielorussia di Lukashenko finora è stata il più solido alleato di Putin, ma il fatto che i suoi cittadini si rifiutino di partecipare alla guerra è un segno che le narrazioni nazionaliste e militariste, in Bielorussia come in Russia, non sono invincibili.

Mao Valpiana
presidente del Movimento
Nonviolento italiano

Siti:

Intervista a Olga Karach

Rubare l’esercito dalle mani di Lukashenko

«Il mio nome in bielorusso vuol dire “libertà”, e mi sono data una missione speciale: rubare l’esercito dalle mani di Lukashenko».

Pensi che l’esercito bielorusso possa partecipare alla guerra in Ucraina?

«Lukashenko sta subendo la pressione politica della Russia, e si sta preparando a farlo, ma incontra una forte opposizione. Sta crescendo, infatti, il numero di pacifisti e obiettori di coscienza nel Paese, sebbene sia molto rischioso. Si va incontro anche alla tortura. Ci sono obiettori di coscienza in carcere per motivi politici e di opinione. Chi può, esce dal paese.

Crediamo che sia ancora possibile rubare l’esercito dalle mani di Lukashenko. Come potrebbe partecipare alla guerra senza soldati?

Chiedo il vostro supporto e la solidarietà internazionale per promuovere il diritto all’obiezione di coscienza e alla diserzione dei bielorussi, per fermare la guerra e impedire il secondo fronte militare contro l’Ucraina».

Quali azioni state mettendo in campo?

«Dal primo marzo, con il supporto delle reti internazionali, noi di Our house abbiamo promosso la campagna “No vuol dire no”, un motto femminista che però si rivolge anche agli uomini che reclamano il diritto di non toccare le armi, di fare obiezione di coscienza o di disertare.

Posso fare un esempio sull’efficacia del nostro lavoro. Il ministro della Difesa ha inviato oltre 43mila cartoline di chiamata alle armi ai giovani bielorussi. Noi abbiamo fatto una campagna di comunicazione forte, e solo 6mila giovani si sono arruolati. È un risultato straordinario, ma pensate a quanto di più potremmo fare con più forze».

Però il regime sembra fortemente nelle mani del dittatore che lo regge con il pugno di ferro.

«Lukashenko ha paura di noi, ha paura di me. Io sono un’attivista per la pace e i diritti umani, una femminista, ma nel mio paese sono considerata una terrorista e un’estremista di alto livello.

Se tornassi adesso non solo andrei in prigione, ma rischierei la condanna a morte.

Lukashenko ha paura di una persona normale come me, di una donna che non ha altro se non una profonda persuasione per la nonviolenza.

Ha paura di altri come me, ha paura dei movimenti pacifisti, ha paura degli obiettori di coscienza e ha paura delle donne del mio paese che possono essere una grande forza contro questa guerra».

In Italia sentiamo parlare poco di Bielorussia. Cosa succede nel Paese?

«Il 20 febbraio scorso abbiamo lanciato un’iniziativa davanti alle ambasciate bielorusse in diverse grandi città europee per chiedere il supporto e il riconoscimento dei nostri obiettori di coscienza e disertori. È stata un’iniziativa di successo che si è svolta anche a Berlino, Amsterdam, Vilnius, Atene. Il giorno seguente Lukashenko ha presentato in Parlamento un decreto, subito approvato, sul tradimento della patria che prevede per i disertori la condanna a morte.

È un fatto gravissimo. Tuttavia, esso ci fa capire che Lukashenko riconosce che il rifiuto della guerra è il vero grimaldello che può togliere consenso al suo regime e a quello di Putin».

Cosa possiamo fare per aiutarvi?

«Sono in esilio in Lituania, tutti noi lavoriamo soprattutto dall’estero e abbiamo bisogno non solo che la nostra voce venga ascoltata, cosa di cui vi ringraziamo, ma di risorse economiche e strutturali per organizzare le nostre attività».

M.V.

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