Di Guatemala, Roma e Senegal
Un prete torinese fidei donum in Guatemala, innamorato dei poveri. Un monsignore guatemalteco martire per la liberazione degli oppressi. Un francescano in missione nella movida di Trastevere. E una donna italiana «expat» felice in Senegal.
Prete con gli ultimi
Si intitola «Don Piero Nota. Un prete dalla parte degli ultimi», lo ha curato e pubblicato il gruppo famiglie della parrocchia Gesù Redentore di Torino; è un tributo a un sacerdote che in quella comunità si è speso a lungo lasciando un ricordo che andava raccolto, organizzato e condiviso.
Don Piero è morto il 18 gennaio del 2021, dopo una vita in missione: in Italia, nella periferia operaia della ex capitale dell’automobile, e in Centro America, in un quartiere della periferia di Ciudad Guatemala, in anni nei quali gli squadroni della morte, indisturbati, mietevano vittime in nome della presunta lotta al comunismo. Anni bui, di minacce di morte, che hanno costretto don Piero, prete fidei donum della diocesi, a far ritorno in Italia. Di nuovo a Torino, stesso quartiere.
Don Piero aveva fatto sua la «scelta preferenziale per i poveri» della chiesa latinoamericana, e il suo apostolato si è svolto sempre attorno a essa.
L’antologia di racconti e ricordi che il gruppo famiglie mette insieme nel libro è di grande intensità, e rende omaggio a don Nota come meglio non si potrebbe. La biografia è accompagnata da molte foto, documenti, ricostruzioni. Otto capitoli, duecento pagine, decine di amici che raccontano il loro don Piero.
Chi scrive lo ha incontrato per la prima volta nel 1987 nella sua parrocchia di El Limon, avevo poco più di vent’anni. Mi misurai per la prima volta con la chiesa missionaria e non lo scordai più.
Juan Gerardi
Rimaniamo in Guatemala grazie ad Anselmo Palini, saggista e insegnante che per la casa editrice Ave ha scritto la biografia Juan Gerardi uscita nella collana Testimoni.
Non è un caso se in esergo l’autore scriva «In memoria di don Piero Nota, che è stato un segno di speranza per i poveri e gli emarginati del Guatemala».
Monsignor Juan Josè Gerardi Conedera è stato uno dei vescovi latinoamericani più importanti dell’era post conciliare. Guatemalteco di nascita, dedicò la sua vita di sacerdote a fronteggiare la dittatura militare che devastò il paese per decenni.
Si espose in prima persona e fu la voce più alta nel chiedere giustizia per le vittime della violenza politica, perpetrata senza limite e pietà. Raccolse in un volume di migliaia di pagine, Guatemala, nunca mas («Guatemala mai più»), i nomi e le storie di 50mila donne e uomini uccisi dalla dittatura. Il libro venne presentato il 25 aprile del 1998. Due giorni dopo gli fracassarono la testa con un blocco di cemento. Aveva 75 anni.
Alla rivista online korazym.org Anselmo Palini ha recentemente dichiarato: «Questo libro si inserisce in un lungo percorso che ho avviato con l’editrice Ave di Roma, l’editrice dell’Azione cattolica, sul tema della memoria del bene, ossia sul proporre le storie e il pensiero di quanti, nella notte delle dittature e dei totalitarismi, hanno operato per la pace, per la giustizia, per la libertà».
Palini ha scritto di dom Helder Camara, di mons. Romero e delle stragi di gesuiti in Salvador. Gerardi è l’ultimo pezzo del puzzle. «La testimonianza di questo vescovo martire, ancora poco noto in Italia, continua oggi a interpellare la Chiesa e ognuno di noi e ci indica la strada per un altro mondo possibile, dove finalmente, come afferma il testo biblico, “sia osservato il diritto e praticata la giustizia”».
Frate Movida
Cambiamo scenario e arriviamo nel cuore della Roma di oggi grazie a Frate Movida. Mission possible sulle banchine del Tevere, scritto da Paolo Fiasconaro, frate francescano, e pubblicato da Edizioni Messaggero.
Per sei anni, dal 2014 al 2019, nei mesi estivi, padre Paolo Fiasconaro è andato in «missione» nei luoghi della movida romana, una «periferia esistenziale», nel divertimento, nel relax serale e in mezzo alle passeggiate di migliaia romani e di turisti sulle sponde del Tevere.
Il Sud America e il Guatemala di don Piero e mons. Gerardi sono lontani anni luce, eppure anche questa è missione.
Padre Paolo ha vissuto tra e con la gente, e ha condiviso le vacanze come un momento di crescita e di promozione, come un tempo da valorizzare.
Il libro racconta alcuni incontri, dialoghi, lunghe conversazioni, momenti non convenzionali, per costruire ponti e relazioni. In fondo il carisma francescano è affascinante proprio per la sua capacità di vivere inserito nella contemporaneità.
Al giornalista di Radio Vaticana Fabrizio Mastrofini che lo ha recentemente intervistato, padre Fiasconaro ha detto: «Credo che la movida romana sia una periferia. E mi piacerebbe un maggiore coinvolgimento della Chiesa locale. Ne ho parlato col vescovo di settore già a suo tempo. Oggi a Trastevere ci sono otto parrocchie. Vorrei che la Chiesa locale facesse di più. Il Centro missionario si è mosso, sarebbe bello coinvolgere le parrocchie e celebrare la messa sulle banchine».
My beautiful Senegal
Chiudiamo facendo un salto in Senegal.
Segnaliamo il sito www.mybeatifulsenegal.com, da poco on line, costruito e curato da Fabrizia Galvagno, una giovane donna italiana, giornalista «afroentusiasta» (la definizione è sua), che da qualche anno vive in Senegal, a Dakar.
Lì si è sposata, ha avuto due figli, ha avviato una sua attività, ma soprattutto ha deciso di raccontare la vita di una expat (espatriata) in terra d’Africa. «My Beautiful Senegal – scrive Fabrizia Galvagno – nasce dalla curiosità che i miei amici e famiglia hanno sempre dimostrato per la mia vita di expat e dalla difficoltà che ho sempre incontrato a rispondere alle loro domande sul Senegal. Quando vivevo a New York era più facile, tutti avevano visto i film, letto i libri, un mucchio di gente ci era già stata almeno una volta nella vita. Raccontare di New York non è mai stato difficile. Ma il Senegal… è un altro pianeta!».
E nel suo pianeta Fabrizia ci accompagna con un blog che aggiorna spesso, una pagina dedicata alle Faq e un’altra ai preconcetti (da «Vivere in Africa costa poco» a «Sei sempre in spiaggia»). Fate un giro nel mondo di un’italiana a Dakar, ne vale la pena.
Sante Altizio