Lun, 12 luglio 2021

Es 1,8-14.22; Sal 123; Mt 10,34-11,1

Il nostro aiuto è nel nome del Signore

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

Se durante la meditazione sopravvengono distrazioni, e non possiamo evitare che questo accada, pensiamo che la nostra presenza davanti a Dio, già in sé, ha un suo valore.




Dom, 11 luglio 2021 – XV DOMENICA TEMPO ORDINARIO

Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13

Mostraci, Signore, la tua misericordia

“Prese a mandarli”. Gli esperti direbbero che si tratta di un verbo incoativo, cioè che indica l’inizio di un’azione. In questo brano contempliamo il primo atto di un movimento che non ha fine. Venendo per primo vale come punto di riferimento, come modello, non ci può essere missione diversa da questa: ogni invio dovrà essere così, povero, centrato sull’essenziale, decisivo. La missione è una cosa seria, non accetta riduzioni o semplificazioni; è un mistero di amore, da contemplare e da vivere.

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

Dobbiamo impegnarci affinché si faccia il bene, Non importa se sono altri i protagonisti. Il bene che si fa non è mai troppo. Dobbiamo godere di tutto il bene e soffrire per il male che c’è nel mondo.




Sab, 10 luglio 2021

Gen 49,29-33; 50,15-26a; Sal 104; Mt 10,24-33

Voi che cercate Dio, fatevi coraggio

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

I nostri due grandi amori sono l’Eucaristia e il Crocifisso. L’Eucaristia non possiamo averla sempre con noi, ma il Crocifisso sì: deve essere sempre a portata di mano.




Ven, 9 luglio 2021

Gen 46,1-7.28-30; Sal 36; Mt 10,16-23

La salvezza dei giusti viene dal Signore

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

Nelle comunità si sente, a volte, il lamento che non c’è più il fervore del tempo della fondazione. Invece di mormorare, di pretendere la perfezione dagli altri, ognuno pensi seriamente alla sua perfezione. Se tutti facessero così, il fervore degli inizi non … tarderà a tornare in comunità.




Haiti. Esecuzione del presidente avvolta dal mistero

aggiornamento dell’8 luglio 2021


La notte tra il 6 e il 7 luglio, verso le 7 in Italia, un commando ben equipaggiato si è introdotto nella residenza del presidente Jovenel Moise, uccidendolo e ferendo la moglie (poi ricoverata a Miami). Il primo ministro ad interim Claude Joseph (doveva essere sostituito proprio il 7 luglio da Ariel Henry, nominato da Moise due giorni prima), assume di fatto il controllo, dichiara lo stato di assedio, che concede al governo poteri straordinari, chiede la calma e afferma che polizia ed esercito (Moise aveva rifondato un nucleo di esercito, istituzione soppressa da J.B. Aristide nel1995) manterranno la sicurezza.

Moise, in carica dal febbraio 2017, governava per decreto da gennaio 2020 dopo aver fatto scadere il parlamento e non aver indetto nuove elezioni. Stava inoltre per modificare la Costituzione in modo unilaterale e illegale. Il suo disegno era una modifica delle istituzioni democratiche del paese senza precedenti. La sua deriva autoritaria era contestata da opposizione politica e ampi settori della società civile.

L’esecuzione – perché di questo si tratta – resta avvolta nel mistero. Come è possibile che un commando (di mercenari stranieri dice Joseph) assalti la residenza del presidente, eludendo la sicurezza, e non risultino scontri, morti e feriti? Perché ci si affretta subito a dire che si tratta di mercenari stranieri, che parlano inglese e spagnolo? Il capo della polizia dice, in serata, che gli agenti ne hanno uccisi quattro e arrestati due. Come mai le gang, che controllano il territorio in capitale e nelle maggiori città del paese, rimangono tranquille?

Secondo noi, chi ha voluto la morte del presidente è da cercare nel paese.

Intanto, Ariel Henry prende la parola per dire che il primo ministro sarebbe lui, e quindi occorre trovare un accordo.

Nazioni Unite, Usa e Ue chiedono che si svolgano le elezioni generali previste il 26 settembre prossimo (Moise aveva da poco firmato il decreto per indirle). Scadenza che pare irrealistica per un paese senza guida, e in mano alle gang criminali.

Marco Bello




Gio, 8 luglio 2021

Gen 44,18-21.23b-29; 45,1-5; Sal 104; Mt 10,7-15

Ricordiamo, Signore, le tue meraviglie

Gesù invia con un programma ben al di là delle nostre capacità: guarire, risucitare, purificare, esorcizzare. Chi può farcela? È proprio qui il bello: dev’essere lui con noi, altrimenti sarebbe presunzione. Nessuno con un minimo di auto-consapevolezza può attribuirsi queste prerogative. È la divina sproporzione della missione, che esige povertà e distacco totali. Noi purtroppo scegliamo spesso come mezzi quello che Gesù nel deserto ha scartato come tentazione: potere, ricchezza, prestigio…

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

Senza raccoglimento interiore non possiamo fare nulla di buono. La dissipazione è come il vento: porta via tutto con sé, distrugge tutta la nostra giornata




Mer, 7 luglio 2021

Gen 41,55-57; 42,5-7a.17-24a; Sal 32; Mt 10,1-7

Su di noi, Signore, sia il tuo amore

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

I vostri miracoli devono essere la pazienza, la carità e lo spirito di sacrificio. Da questo sarete riconosciuti come ambasciatori di Dio.




Mar, 6 luglio 2021

Gen 32,23-33; Sal 16; Mt 9,32-38

Nella giustizia, Signore, contemplerò il tuo volto

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

Certi religiosi pensano di stare al servizio totale di Dio, ma non è così. Gli donano nove decimi, manca ancora un decimo da donare.




Lun, 5 luglio 2021

Gen 28,10-22a; Sal 90; Mt 9,18-26

Mio Dio, in te confido

Da Punti Luminosi, un pensiero al giorno del Beato Giuseppe Allamano

Non possiamo attirare le persone a Dio con durezza e esigenza esagerate, meno ancora riprendendo e umiliando le persone per i loro errori. Questo modo di agire abitualmente fa più male che bene.




Eswatini: il vescovo chiama alla calma e al dialogo in mezzo a proteste e violenze

testo dii Inés San Martín, capo dell’ufficio romani di Crux
Originale inglese – nostra traduzione da:
Crux, taking the Catholic pulse


L’unico vescovo (cattolico) dello Swaziland implora la calma tra l’aumento delle proteste e della violenza

ROMA, 4 luglio 2021 – Mentre i disordini continuano a crescere nell’unica monarchia assoluta dell’Africa, l’unico vescovo cattolico di Eswatini chiede calma e dialogo. Almeno 21 manifestanti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza dello Stato nei giorni scorsi nella nazione sudafricana precedentemente nota in inglese come Swaziland.

“Come ho affermato in passato, combattere il fuoco con il fuoco porterà il nostro paese in cenere”, ha detto il vescovo argentino José Luis Ponce de León di Manzini in una dichiarazione rilasciata il 2 luglio. “Il ripristino della calma non deve farci pensare che le ragioni dei disordini siano state affrontate. Un dialogo aperto e all-inclusive, senza escludere alcun stakeholder, è l’unica via possibile per andare avanti.

Il prelato ha anche chiesto il ripristino dei servizi Internet nel Paese “senza i quali dipendiamo dalle informazioni offerte dai media stranieri, e non dalla nostra stessa gente”. Questo – ha detto – permetterebbe alla Chiesa, alle Ong e organizzazioni politica di pubblicare i loro appelli alla pace e al dialogo,

Le proteste a favore della democrazia sono state scatenate il 24 giugno, ma fonti locali hanno detto a Crux che i disordini possono essere collegati alla morte di uno studente universitario all’inizio di maggio, con agenti di polizia sospettati del crimine. Questi si sono trasformati in appelli per riforme politiche, che hanno portato re Mswati III, che è il monarca assoluto dal 1986, a rilasciare alla fine della scorsa settimana un decreto che vieta le petizioni al governo che chiedono riforme democratiche.

La situazione si è ulteriormente aggravata a Eswatini a partire da lunedì sera, quando uno dei supermercati fuori Manzini, il più grande centro urbano del paese, è stato bruciato e un camion saccheggiato.

Mentre i figli di Mswati ostentano le loro opulente feste di compleanno sui social media, 6 cittadini su 10 di questa piccola nazione senza sbocco sul mare, incuneata tra Sudafrica e Mozambico, vivono in povertà, e gli osservatori ritengono che la disparità della situazione in cui vivono gli 1,1 milioni di persone del paese rispetto a quella del loro sovrano abbia portato ai disordini civili più esplosivi dall’indipendenza dello Swaziland 53 anni fa.

I manifestanti sono scesi in strada nella capitale esecutiva, Mbabane, a Manzini e altrove e il governo ha reagito in modo aggressivo. Ci sono testimoni, attivisti e personale ospedaliero che hanno riferito che l’esercito e la polizia hanno sparato contro i manifestanti e i saccheggiatori.

Martedì, (monsignor) Ponce de León, nell’ambito di una delegazione del Consiglio delle Chiese, ha incontrato il Primo Ministro del paese, perché temeva che i violenti disordini potessero presto intensificarsi, nonostante un apparente stato di quiete che più il risultato della forte risposta del governo alla protesta che una soluzione ai problemi più profondi.

Nella sua dichiarazione, il prelato ha citato l’enciclica di Papa Francesco sulla fraternità umana, Fratelli Tutti, per dire che “un autentico dialogo sociale implica la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro e di ammettere che può includere legittime convinzioni e preoccupazioni”.

Martedì scorso è stato imposto anche un coprifuoco dal tramonto all’alba e il primo ministro ad interim Themba Masuku ha dovuto negare notizie dei media secondo cui Mswati era fuggito dalla violenza nel vicino Sudafrica.

“Sua Maestà… è nel paese e continua a far avanzare gli obiettivi del Regno”, ha detto Masuku in una dichiarazione. “Facciamo appello alla calma, alla moderazione e alla pace.”

Ponce de León ha anche condiviso su twitter un messaggio pubblicato il 2 luglio dal Consiglio delle Chiese dello Swaziland, di cui è membro come vescovo dei cattolici del paese, dicendo che la domanda da farsi, nel vedere la violenza in atto e il danno alle proprietà della gente, è “cosa sta causando questo e quale potrebbe essere la soluzione?”

“Ciò è dovuto al fatto che ogni persona vuole progredire nella vita e quindi la distruzione cui si sta assistendo ora non sta portando il paese verso i suoi obiettivi”, afferma la dichiarazione, prima di segnalare diversi possibili motivi per la violenza, dalla pandemia di COVID-19 alla mancanza di opportunità di lavoro, che a sua volta ha “reso i giovani vulnerabili e frustrati”.

L’economia del paese, già in crisi prima della pandemia, ed è stata peggiorata da essa, con il lockdown che non ha reso la situazione migliore “poiché abbiamo visto altri problemi sociali, come la violenza di genere, aggravarsi”.

Il disagio causato da questi problemi è stato esacerbato, si legge nella dichiarazione, dalle “priorità sbagliate” del governo quando si tratta di stanziare fondi e “dall’aumento della brutalità delle forze dell’ordine contro la gente”, che ha portato alla perdita di vite umane, e non ha certo migliorato la situazione.

“Attualmente stiamo vivendo alti livelli di violenza sia da parte delle forze di sicurezza che dei manifestanti”, ha detto il Consiglio delle Chiese. “I manifestanti hanno lasciato dietro di sé una scia di distruzione con proprietà vandalizzate o bruciate, negozi saccheggiati e alcune persone ferite. D’altra parte, le forze di sicurezza hanno la loro parte nella violenza, visto che ci viene detto di persone che sono state picchiate, ferite con armi da fuoco o addirittura uccise dalle forze di sicurezza.

Ci sono state anche diverse segnalazioni di persone prese dalle loro case dagli agenti di sicurezza mentre le loro famigli sono tenute all’oscuro di dove sono stati portati.

“Tale violenza non è mai stata vita nel Paese e siamo preoccupati per gli effetti a lungo termine sulla popolazione di Eswatini”, si legge nella dichiarazione, prima di suggerire il dialogo come la migliore soluzione alle impasse, implorando le persone di “seppellire l’ascia di guerra e venire al tavolo per una soluzione negoziata dei problemi”.

Inés San Martín


Vedi anche:

appello di papa Francesco, Violenze in Africa meridionale, servono dialogo e riconciliazione.