articolo di Cristina Uguccioni tratto dall’inserto “L’economia civile” di Avvenire, 8 settembre 2021
foto Archivio fotografico Missioni Consolata
Quando si attinge alla compassione di Dio per le sue creature, quando ci si lascia toccare nell’anima dai patimenti altrui, e si cercano soluzioni (anche economiche) per far superare privazioni e sofferenze, chi non c’è la fa più riprende fiato e speranza scoprendo la propria vita benvoluta e accudita. Accade ovunque nel mondo. Anche in Costa d’Avorio: qui, nel nord del Paese, sorge una missione composta da due parrocchie (a Dianrà e a Dianrà Village) e da un centro pastorale (a Sononzo). Fondata nel 2001 dai missionari della Consolata, si estende su un territorio di oltre 3.000 chilometri quadrati ed è abitata da circa centomila persone il 3% delle quali cattoliche. La maggioranza della popolazione è musulmana o seguace della religione tradizionale.
In questa zona del Paese, reduce da un conflitto durato quasi 10 anni, si vive in condizioni di grande povertà, la denutrizione infantile è diffusa, il tasso di analfabetismo è molto elevato come lo è quello della mortalità materna e neonatale. Nel corso degli anni i missionari della Consolata hanno avviato diverse attività in campo educativo, sanitario e sociale, fra le quali un importante progetto di microcredito. «Nato nel 2005, questo progetto legato alla Caritas parrocchiale si propone di accompagnare e sostenere la popolazione femminile, che nella società locale conta assai poco e affronta ogni giorno molte fatiche», racconta padre Matteo Pettinari, alla guida della missione con due confratelli. «In Costa d’Avorio sono le donne, sovente analfabete, a farsi carico della famiglia: lavorano duramente, crescono i figli e li mantengono. I padri sono spesso assenti o disinteressati alle necessità dei bambini e della moglie, dalla quale pretendono sottomissione». Grazie al microcredito le donne (cristiane, musulmane e seguaci della religione tradizionale) riescono ad acquisire autonomia, maggiore stabilità economica e fiducia nelle loro capacità. Per accedere al finanziamento, sono invitate a riunirsi in gruppi di cinque. Ciascuna poi presenta il proprio progetto che deve essere approvato dai membri (di fede diversa) che compongono l’équipe istituita ad hoc presso la missione. Ad ogni donna viene quindi erogato il prestito, che ammonta a circa 130 euro annui e viene offerto per tre anni. Ogni gruppo si impegna a restituire in tre rate, dopo un anno, il 110% di quanto ricevuto. Se una donna non riesce ad effettuare il rimborso, l’anno successivo il microcredito non sarà concesso né a lei né alle altre quattro componenti del gruppo. «Abbiamo fissato questa regola e desideriamo che si costituiscano i gruppi per incoraggiare le donne a fare rete, a sentirsi responsabili le une delle altre e ad aiutarsi reciprocamente», dice padre Matteo. «Il rimborso del 110% ha consentito, anno dopo anno, di continuare ad ampliare il numero delle beneficiarie del credito: attualmente sono 200. I gruppi restituiscono sempre il prestito ricevuto sia perché le donne si impegnano molto per far funzionare le loro attività sia perché sono generose nel soccorrere le amiche inventando soluzioni felici per risolvere le difficoltà. Tra loro nascono saldi legami, che coinvolgono anche le famiglie: il nostro progetto di microcredito sta contribuendo non solo a contrastare la povertà, ma anche a creare comunità più coese e a favorire la serena convivenza tra persone di fede diversa».
In genere i progetti presentati dalle donne riguardano l’avvio o il potenziamento di piccole attività legate al commercio o alla ristorazione: c’è chi chiede il prestito per acquistare il mais e preparare una bevanda locale molto richiesta, chi per avviare un ristorantino, chi per acquistare un maggior numero di prodotti da vendere al mercato. «Le donne si dimostrano sempre molto tenaci, intraprendenti e creative: lavorano per il bene dei figli e ottengono ottimi risultati riuscendo a migliorare la situazione economica della loro famiglia e a mandare i bambini a scuola», dice padre Matteo. «In passato un nostro confratello provò ad avviare il microcredito anche per gli uomini, ma fu un fallimento; gli uomini, infatti, anteponevano le proprie esigenze a quelle della famiglia». Le donne che beneficiano del prestito sono invitate dai missionari della Consolata a partecipare ad alcuni incontri, presso la missione, dedicati alla salute, all’educazione dei figli, all’economia domestica. «Questi momenti formativi, che offrono strumenti per meglio affrontare i problemi della vita quotidiana, sono preziosi: talvolta sono gli unici che le donne frequentano nel corso della loro vita», sottolinea padre Matteo che, pensando al futuro, aggiunge: «Stiamo valutando la possibilità di finanziare progetti più consistenti e di invitare le donne a costituire piccole cooperative. Vedremo se accoglieranno la nostra proposta». L’obiettivo è sempre lo stesso: generare vita buona, mettere al mondo felicità per altre creature.
Cristina Uguccioni – Avvenire 08.09.2021
Inserto: L’economia civile 11